REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE CIVILE DI CATANIA – SEZIONE LAVORO -
Il Giudice Monocratico, in funzione di Giudice del Lavoro, nella persona della dott.ssa Lidia Zingales, all’esito dell’udienza del 13 Maggio 2020, svoltasi con modalità cartolare ai sensi dell’art. 83, comma 7, lett. h), del D.L. n. 17 marzo 2020 n. 18, convertito dalla L 24 aprile n. 27, come da verbale redatto in pari data, ha emesso ex artt. 429 c.p.c. la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. 10338 del ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2019 e vertente
TRA
P. C. elettivamente domiciliato in Catania, via Tripolitania n. 26, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Marzano, che lo rappresenta e difende per mandato allegato all’atto introduttivo del giudizio.
Ricorrente
CONTRO
L’ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante p.t., ed elettivamente domiciliato in Catania, Piazza della Repubblica n. 26, presso l’avvocatura provinciale dell’Istituto e rappresentato e difeso dall’avv. Riccardo Vagliasindi, per mandato generale alle liti n. 80974 del 21.07.2015, a rogito n. 21569 in Notar Paolo Castellini di Roma.
Resistente
OGGETTO: riconoscimento indennità di disoccupazione agricola

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale Ordinario di Catania, in funzione di Giudice del Lavoro, depositato il 04.11.2019, il ricorrente, premetteva di aver svolto attività lavorativa di operaio a tempo determinato con le mansioni di “bracciante agricolo”, in favore della ditta individuale “C. F.” con sede in Paternò, via A., per un numero complessivo di n. 156 giornate di lavoro nel periodo dal 19.06.2017 al 31.12.2017; che ricorrendone i presupposti di legge aveva proposto all'INPS in data 09.01.2018 domanda amministrativa n. 2018767901944 (prot. INPS. 2191.09/01/2018.0000654) per l’erogazione della disoccupazione agricola e degli assegni per il nucleo familiare per l’anno 2017; che la predetta domanda amministrativa non veniva evasa dall'INPS, con nessun tipo di provvedimento amministrativo.
Il ricorrente, precisava, che nell’anno 2017, aveva svolto attività di bracciante agricolo in favore della ditta individuale “C. F.”, espletando svariate tipologie di attività o c.d. lavori di campagna: aratura, concimazione, scevramento erbacce, concimazione, raccoglitore; che l’attività lavorativa era stata svolta, alle dipendenze ed ordini del titolare della ditta, nel territorio di Catania, sui fondi agricoli siti in c.d. Zona Bicocca - Passo del Cavaliere; che egli rispettava il seguente orario: dalle ore 07,00 alle ore 15,00, con pausa pranzo di circa un’ora, dal lunedì al venerdì, percependo una retribuzione giornaliera di € 66,00, circa lordi, corrisposta dalla ditta con acconti bisettimanali in contanti; che l’attività lavorativa era diretta e organizzata dal sig. C. F., in base alle specifiche esigenze di lavorazione, ed il ricorrente eseguiva gli specifici ordini impartiti dal responsabile della ditta, nonché utilizzava esclusivamente mezzi e strumenti messi a disposizione dalla ditta datrice di lavoro. A sostegno dello svolgimento dell’attività lavorativa produceva certificazione di iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli del Comune di Paternò per l’anno 2017, buste paga, comunicazione UNILAV, estratto conto previdenziale-assicurativo.
Assumeva pertanto che l’operato dell’Istituto fosse illegittimo, in quanto la prestazione lavorativa era stata effettivamente svolta e nella ricorrenza degli altri presupposti di legge l’INPS era tenuta ad erogare la prestazione richiesta. Chiedeva, comunque in via incidentale, l’accertamento dell’attività lavorativa.

Con decreto del 12.11.2019, di fissazione dell’udienza di discussione, il sottoscritto giudicante veniva delegato alla trattazione e decisione del presente giudizio.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva tempestivamente l’I.N.P.S., il quale eccepiva l’intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 4 della L 438/1992 per essere stato proposto il ricorso oltre il termine annuale. Svolgeva, nel merito, ulteriori difese volte al rigetto del ricorso, evidenziando che, la domanda di disoccupazione agricola relativa all’anno 2017, risultava sospesa, poiché il codice fiscale di parte ricorrente era bloccato nella piattaforma SCUP (Sistema Controllo Unificato Pagamenti) ai sensi dell’art. 2, co. 58 e 59, Legge 92/2012, che dispone la revoca di alcune tipologie di prestazioni nei confronti dei soggetti condannati per taluni reati di particolare allarme sociale, quali i reati di associazione terroristica, attentato per finalità terroristiche o di eversione, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, associazione di stampo mafioso, scambio elettorale, strage e delitti commessi per agevolare le associazione di stampo mafioso, tra cui a suo dire rientrava il ricorrente.

Con provvedimento del 03.05.2020, comunicato alle parti il 04.05.2020, questo Giudice ha disposto lo svolgimento dell’udienza del 13.05.2020 secondo le modalità previste dall’art. 83, comma 7, lettera h) del D.L. n. 17 marzo 2020 n. 18, convertito dalla L 24 aprile n. 27, ovverosia “mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni e la successiva adozione
fuori udienza del provvedimento del giudice”.
Entrambe le parti hanno regolarmente depositato le note scritte ai sensi dell’art. 83, comma 7, lettera h) entro il termine assegnato, insistendo nelle rispettive conclusioni; di tale circostanza è stato dato atto nel verbale telematico di “udienza cartolare ex art. 83, co. 7, lett. h), D.L. 17 marzo 2020 n. 18, convertito dalla L 24 aprile n. 27 del 13 maggio 2020”; indi, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivazione

L’eccezione di decadenza del ricorrente dall’azione giudiziaria ex art. 4 della L 438/1992, non può essere accolta.
Sul punto va premesso che con riferimento alle azioni giudiziarie dirette ad ottenere il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione agricola, l’anno di decadenza decorre, alternativamente:
“1. dalla data di comunicazione, al ricorrente o al patronato delegato se la richiesta è patrocinata, della decisione del ricorso da parte del competente Comitato. Tale dies a quo presuppone che sia stato presentato ricorso amministrativo nel termine di 90 giorni dalla notifica del provvedimento e che il ricorso sia stato deciso dal Comitato entro i successivi 90 giorni.
2. dallo scadere del termine di 90 giorni previsto per la decisione del Comitato provinciale. Tale dies a quo presuppone che sia stato presentato ricorso amministrativo nel termine di 90 giorni e che il Comitato non abbia deciso sullo stesso entro i successivi 90 giorni.
3. dallo scadere dei termini prescritti per l'esaurimento di tutto il procedimento amministrativo (300 giorni), computati a decorrere dalla data di presentazione della domanda. Tale dies a quo trova applicazione nel caso in cui, a seguito della domanda, l’Istituto non si sia espresso con alcun provvedimento, oppure nel caso in cui, a seguito della reiezione della domanda, non sia stato presentato ricorso amministrativo nei termini”.

Nel caso di specie, non avendo l’INPS a seguito di domanda emesso alcun provvedimento, l’anno di decadenza decorreva dallo scadere dei termini prescritti per l'esaurimento di tutto il procedimento amministrativo (300 giorni), computati a decorrere dalla data di presentazione della domanda 09.01.2018, quindi esso andava a scadere il 05.11.2019.
Pertanto, il ricorso introduttivo del giudizio, essendo stato depositato il 04.11.2019, risulta proposto nel rispetto del predetto termine.

Nel merito.
Va preliminarmente rilevato come l’INPS non ha contestato in questa sede la sussistenza del rapporto di lavoro intercorso tra il ricorrente e la ditta C.F. ed il suo effettivo svolgimento nell’anno 2017 per complessive 156 giornate, né l’iscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli del comune di residenza; bensì ha soltanto eccepito a fondamento della mancata erogazione della prestazione che il nominativo del ricorrente risulta bloccato dalla piattaforma SCUP (Sistema Controllo Unificato Pagamenti) ai sensi dell’art. 2, co. 58 e 59, Legge 92/2012.
In particolare, l’art. 2, al comma 58, primo periodo, dispone che: “Con la sentenza di condanna per i reati di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca delle seguenti prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, di cui il condannato sia eventualmente titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili”.
Il secondo periodo, del suddetto comma, stabilisce altresì che: “Con la medesima sentenza il giudice dispone anche la revoca dei trattamenti previdenziali a carico degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, ovvero di forme sostitutive, esclusive ed esonerative delle stesse, erogati al condannato, nel caso in cui accerti, o sia stato già accertato con sentenza in altro procedimento giurisdizionale, che questi abbiano origine, in tutto o in parte, da un rapporto di lavoro fittizio a copertura di attività illecite connesse a taluno dei reati di cui al primo periodo”.

Ed ancora, il comma 61 del citato articolo prescrive che “Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, trasmette agli Enti titolari dei relativi rapporti l’elenco dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui al comma 58, ai fini della revoca, con effetto non retroattivo, delle prestazioni di cui al medesimo comma 58 primo periodo”.

Orbene, richiamando il principio del riparto dell’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., va evidenziata la genericità delle allegazioni e degli elementi dedotti dall’Istituto, che di per sé non consentono di ritenere allegati e/o provati (o provabili) le ragioni poste a sostegno della mancata erogazione della prestazione richiesta.
Infatti, l’ente previdenziale non ha dato prova dell’esistenza, ai sensi della suindicata normativa, di una sentenza di condanna emessa nei confronti del ricorrente per i reati di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, con la quale il giudice penale abbia disposto la sanzione accessoria della revoca delle prestazioni di indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili ovvero che a seguito di una tale pronuncia vi sia stata una sospensione dall’attribuzione al ricorrente di tali prestazioni, limitandosi ad una mera enunciazione non suffragata da nessun elemento probatorio, non avendo neppure indicato gli estremi di un tale provvedimento (sentenza).


Viceversa, parte ricorrente ha provato, mediante produzione di certificato del Casellario Giudiziario del 06.05.2020, che non risultano pendenze penali a suo carico (certificato che si acquisisce ai sensi dell’art. 421 c.p.c., la cui produzione scaturisce dalle difese di parte resistente); di essere iscritto nell’elenco dei lavoratori agricoli del comune di residenza per l’anno 2017 (v. elenco nominativo anno
2017 lavoratori agricoli comune di Paternò – n. 1831, pag. 185 elenco); che il rapporto di lavoro risulta denunciato ai fini contributivi (v. estratto contributivo); inoltre, non è contestata dall’Istituto la sussistenza del rapporto di lavoro, che peraltro è comprovato dalla documentazione versata in atti dal ricorrente.
Pertanto, alla luce dalle risultanze probatorie (documenti) in atti, la domanda del ricorrente è meritevole di accoglimento e l’INPS va conseguentemente condannata alla corresponsione della disoccupazione
agricola e dell’assegno per il nucleo familiare in suo favore per l’anno 2017.

Le spese seguono la soccombenza e trovano liquidazione come in dispositivo.

PQM

Il Giudice Monocratico, ritenuta la propria competenza e definitivamente pronunciando sul ricorso depositato in data 04.11.2019 da P. C. contro l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante p.t., disattesa ogni contraria domanda ed eccezione, così provvede:
1) Accoglie il ricorso e per l’effetto condanna l’INPS al pagamento della disoccupazione agricola e dell’assegno per il nucleo familiare per l’anno 2017 nei confronti del ricorrente.
2) Condanna l’INPS a rifondere al ricorrente le spese di giudizio, che liquida in complessivi € 1.775,00 per compenso professionale, oltre rimborso del 15% per spese generali, C.P.A. ed IVA. se dovuta e nelle misure di legge, che distrae in favore del procuratore antistatario, avv. Giuseppe Marzano.
Così deciso in Catania all’udienza del 13.05.2020
Il Giudice Onorario
Dott.ssa Lidia Zingales


 

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