REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi - Presidente -
Dott. MATERA Lina - rel. Consigliere -
Dott. BIANCHINI Bruno - Consigliere -
Dott. PARZIALE Ippolisto - Consigliere -
Dott. FALASCHI Milena - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 27103-2008 proposto da:
CONDOMINIO VIA ____ in persona dell'Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V.VITO GIUSEPPE GALATI 100-C, presso lo studio dell'avvocato GIARDIELLO ENZO, rappresentato e difeso dall'avvocato COLELLA EUGENIO ANTONIO;
- ricorrente -
contro
CONDOMINIO CORSO ____, in persona dell'Amministratore pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TERENZIO 7, presso lo studio dell'avvocato RAFFAELE TITOMANLIO, rappresentato e difeso dall'avvocato VETRANO GIUSEPPE;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 2970/2007 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2014 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
udito l'Avvocato COLELLA Eugenio Antonio, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato VETRANO Giuseppe, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 27-2-1997 il Condominio di Corso ____ conveniva in giudizio il Condominio di via _____, esponendo che i due Condomini esercitavano una servitù reciproca di passaggio su un'area interclusa tra i due fabbricati, costituita con atto per notaio De Feo del 14-10-1958; che non tutto lo spazio intercluso tra i due fabbricati era disponibile per il concreto esercizio della servitù, in quanto nei pressi di una vecchia scala che conduceva al piano cantinato del fabbricato attoreo erano piantati alcuni alberi; che l'attore aveva ricostruito il proprio fabbricato, e che la concessione edilizia rilasciata dal Comune di Avellino aveva autorizzato la realizzazione di 8 garages nel piano interrato, con una rampa di accesso delle dimensioni di m. 2,50 x 6,70; che tale rampa riduceva leggermente l'area sulla quale veniva esercitata la servitù di passaggio da parte del Condominio di via ____, senza che tale servitù fosse resa più incomoda. Ciò posto e in considerazione dei contrasti sorti con il convenuto, l'attore chiedeva che venisse accertato che l'esercizio della servitù da parte del Condominio di via ____ non veniva limitato o reso più difficoltoso dalla realizzazione della rampa di accesso al piano interrato del fabbricato attoreo, così come autorizzata dalla concessione edilizia rilasciata dal Comune di Avellino; in subordine, che venissero accertati i limiti entro cui era possibile realizzare la rampa di accesso al piano interrato del fabbricato attoreo senza rendere più incomodo l'esercizio della servitù da parte del Condominio convenuto.
Nel costituirsi, il convenuto eccepiva l'improcedibilità, inammissibilità ed infondatezza della domanda.
Con sentenza in data 12-11-2003 il Tribunale di Avellino accoglieva la domanda, dichiarando che "l'allargamento fino a m. 2,50 e l'allargamento fino a m. 6,70 della rampa di accesso ai garage sita nel piano interrato del fabbricato dell'attore Condominio di Corso ____, in conformità della concessione edilizia originariamente rilasciata dal Comune di Avellino, non infrange, in danno del convenuto Condominio di via ____, il divieto imposto dall'art. 1067 c.c., comma 2 al proprietario del fondo servente".
Avverso la predetta decisione proponeva appello il Condominio del fabbricato di via ____.
Con sentenza in data 25-9-2007 la Corte di Appello di Napoli rigettava il gravame. La Corte territoriale, in particolare, nel premettere che dall'analisi del titolo negoziale costitutivo della servitù (atto di permuta del 14-10-1958) non era dato affermare che l'utilitas fondiaria fosse stata prefigurata in rapporto ad una determinata larghezza ed allocazione del tracciato, dava atto, sulla scorta delle risultanze delle indagini tecniche espletate, che la sagoma d'ingombro della programmata rampa non comportava una maggiore incomodità per il transito veicolare e pedonale rispetto alla situazione preesistente.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Condominio di via ____, sulla base di tre motivi.
Il Condominio di Corso _____ ha resistito con controricorso.
In prossimità dell'udienza entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivazione

1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta la contraddittorietà, omissione o insufficienza della motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia. Deduce che l'atto di permuta del 14-10- 1958 individuava sufficientemente il locus servitutis ("l'area posta a sud e ad est" del fabbricato attoreo) e il tipo di transito consentito (sia quello "a piedi" che quello "con qualsiasi mezzo di trasporto"), specificando che l'area asservita dal fabbricato attoreo era "una piccola striscia di terreno", e che in cambio di tale asservimento, il fabbricato del convenuto dava in permuta al fabbricato attoreo la servitù di passaggio su una propria equivalente striscia di terreno di circa 20 metri quadrati. Sostiene che tra il passaggio dato e quello ricevuto l'area in questione si aggira intorno ai 40 metri quadrati, e che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, non vi è alcuna possibilità di supporre che le parti non abbiano voluto l'asservimento per intero delle rispettive piccole superfici, ma abbiano unicamente voluto prevedere la ricaduta del passaggio in tali superfici.

Il motivo difetta di specificità ed autosufficienza, non trascrivendo, per la parte che qui interessa, il testo dell'atto di permuta del 14-10-1958, di cui lamenta l'erronea interpretazione da parte del giudice di appello; sicchè questa Corte non è posta nelle condizioni di verificare se effettivamente il giudice del gravame abbia omesso di considerare circostanze determinanti ai fini della decisione.
In ogni caso, si osserva che le doglianze mosse dal ricorrente si risolvono in sostanziali censure di merito in ordine alla valutazione espressa dalla Corte di Appello, la quale, nell'accertare l'estensione della servitù convenzionale di passaggio costituita in favore del Condominio di via ____ con il citato contratto di permuta, ha proceduto all'interpretazione del titolo negoziale, giungendo alla conclusione secondo cui il medesimo non valeva a prefigurare l'utilitas fondiaria in rapporto ad una determinata larghezza ed allocazione del tracciato. Il tutto sulla base di un percorso argomentativo privo di vizi logici, con cui è stato spiegato che l'aver previsto che sull'area posta a sud e ad est del fabbricato attoreo fosse costituita una "servitù di passaggio da esercitarsi a piedi e con qualsiasi mezzo di trasporto" non stava a significare che l'intera zona venisse destinata a "locus servitutis", e dovesse cioè costituire il tracciato atto ad assicurare, nelle sue dimensioni, l'utilitas fondiaria; ma che, al contrario, le parti intendevano unicamente assicurare il transito pedonale e veicolare, prevedendosi la ricaduta della servitù all'interno di una determinata area.
L'apprezzamento espresso al riguardo dal giudice del gravame non è censurabile in questa sede.
L'interpretazione del titolo costitutivo, ai fini della determinazione del contenuto, dell'estensione e delle modalità di esercizio della servitù, costituisce, infatti, giudizio di merito sottratto al sindacato di legittimità, se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e corretta motivazione (Cass. 3-4-1999 n. 3286; Cass. 27-1-1983 n. 744).

In conseguenza dell'acclarata mancata individuazione, nel titolo, dell'esatta localizzazione e dimensione del tracciato, la Corte di Appello ha correttamente escluso che l'eventuale riduzione dello spazio di fatto disponibile possa valere di per sè a pregiudicare il diritto convenzionalmente acquisito dell'odierno ricorrente alla servitù di passaggio pedonale e carraio, ove detta modifica non comporti una concreta diminuzione della utilitas costituente il contenuto di tale diritto reale.
Secondo i principi affermati in materia dalla giurisprudenza, richiamati nella sentenza impugnata, infatti, l'estensione di una servitù convenzionale e le modalità del suo esercizio devono di norma essere desunte dal titolo. Ne consegue che, ove la regolamentazione del diritto sia desumibile con certezza dal titolo o dal possesso, è vietata qualsiasi innovazione, questa risolvendosi in un'abusiva imposizione sul fondo servente d'un peso diverso da quello originariamente costituito (Cass. 7-12-1999 n. 13724).
Qualora, al contrario, il titolo contrattuale non consenta di dirimere eventuali incertezze, come quando, nel costituire una servitù di passaggio, esso si limiti a prevedere il diritto di transito senza ulteriori specificazioni, nè quantitative nè qualitative, il giudice non può ritenere che i contraenti abbiano voluto comprendere ogni modalità di passaggio, senza alcuna limitazione, essendo egli tenuto a fare applicazione del disposto dell'art. 1065 c.c., secondo il quale la servitù deve intendersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minore aggravio di quello servente
(Cass. 9-1-1993 n. 145).

2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l'illogicità, contraddittorietà ed omissione della motivazione, in ordine all'affermazione secondo cui l'allargamento della rampa non ha comportato maggiore incomodità per il transito pedonale e veicolare e, in particolare, non ha determinato pericolosità per l'esercizio della servitù.
Il motivo deve essere disatteso.
La Corte di Appello ha accertato, in punto di fatto:
a) che la rampa attualmente esistente occupa lo spazio corrispondente ad una preesistente rampa di scale, di larghezza di m. 1,70;
b) che l'aiuola e il filare di alberi posti a margine dell'edificio del Beatrice (dante causa dell'odierno appellato), nonchè i puntoni di sostegno in legno, riducevano ulteriormente lo spazio di manovra;
c) che la presenza di un corpo sporgente, rappresentato dalla gabbia scala, attualmente eliminata, e la modesta ampiezza dell'originario vano di ingresso al secondo box, valevano a rendere, fin dall'inizio, poco agevole la manovra di parcamento di veicoli in tale locale.
Ciò posto, il giudice del gravame, sulla scorta delle risultanze delle espletate indagini tecniche, ha maturato il convincimento secondo cui la realizzazione della rampa per cui è causa non comporta una concreta riduzione delle precedenti modalità di esercizio della servitù di passaggio. A tali conclusioni la sentenza impugnata è pervenuta sulla base di argomentazioni immuni da vizi logici, con cui, dando adeguata risposta a tutti i profili di censura prospettati dall'appellante, ha rilevato, in particolare:
a) che, in relazione alle vetture grandi e agli automezzi speciali (quali furgoni, camioncini, caravan, camper ecc), il programmato ampliamento della rampa non annulla un vantaggio precedentemente fruito, posto che per i predetti veicoli l'accessibilità al primo box era già in origine problematica e al secondo impossibile;
b) che, in relazione alle vetture medie, la sagoma d'ingombro della programmata rampa lascia uno spazio di manovra per accedere al primo box pressocchè equivalente a quello fruibile allorquando sussisteva il filare arboreo allineato al fabbricato del Beatrice (dante causa dell'attore); con la puntualizzazione che l'innovazione non consentita ex art. 1067 c.c. è quella che comporta un danno effettivo per il fondo dominante, il che non ricorre quando da esso derivi un trascurabile disagio nell'esercizio della servitù;
c) che, come sopra evidenziato, l'originaria conformazione dei luoghi rendeva già problematico l'accesso al secondo box;
d) che, con riguardo alla prospettata pericolosità, la programmata rampa, così come progettata ed assentita dalla P.A., non viola alcuna normativa; e, pur imponendo la conformazione dei luoghi particolare cautela nell'esecuzione delle manovre di accesso e fuoriuscita dai locali cantinati, gli accorgimenti suggeriti dal C TU. nella sua relazione suppletiva (predisposizione di congegni acustico-luminosi, integrati da uno specchio su mensola, atto a garantire sufficiente visibilità al conducente) sono sufficienti a garantire un margine di sicurezza.
Si tratta di argomentazioni prive di incongruenze logiche, che valgono a fornire un'adeguata base motivazionale alla decisione impugnata e che, costituendo espressione di tipici apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, sfuggono al sindacato di questa Corte.
E, in effetti, le censure mosse dal ricorrente, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, tradiscono il reale intento di ottenere una rivisitazione delle risultanze processuali, al fine di pervenire a conclusioni diverse rispetto a quelle cui è giunto il giudice di merito. Tale richiesta, peraltro, si infrange contro i limiti propri del giudizio di legittimità, nel quale non è consentito procedere ad un nuovo accertamento dei fatti oggetto della controversia e ad una nuova valutazione delle prove.

3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della contraddittorietà della motivazione, avendo la Corte di Appello nella prima parte della decisione affermato che il locus servitutis non è l'intera area a sud e ad est del fabbricato attoreo, e nella seconda parte detto che la servitù è stata sempre incomoda.
Sostiene che vi è incompatibilità tra le due affermazioni, in quanto, se una servitù ricade all'interno di una certa area, questo significa che l'area è considerata è più ampia di quel che la servitù richieda; se, invece, la servitù è a stento contenuta nell'area considerata, questo significa che l'asservimento investe necessariamente l'intera area.
Il motivo è infondato, non essendovi incompatibilità logica tra il rilievo secondo cui l'originaria conformazione dei luoghi rendeva già problematico l'accesso ai box e l'affermazione secondo cui il titolo negoziale non prevedeva che il locus servitutis coincidesse con l'intera area posta a sud e ad est del fabbricato attoreo.

4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2014


 

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