REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI VICENZA
Il Giudice Istruttore in funzione di giudice monocratico, Dott. Massimiliano De Giovanni, ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nelle cause riunite iscritte ai numeri 3562/2012 e 2998/2013 del Ruolo Generale, promosse da:
AG. srl (con l'avv. D.F.),
RICORRENTE
contro
A. srl (con l'avv. C.M.),
CONVENUTA
in tema di: Risoluzione di contratto di locazione commerciale.

CONCLUSIONI DELLE PARTI:
Parte ricorrente si riporta alla memoria integrativa, chiedendo l'accoglimento delle conclusioni ivi formulate; parte convenuta si riporta agli atti di causa e contesta le note conclusive di controparte.

Motivazione

Questa parte della sentenza viene redatta alla luce del nuovo testo dell'art. 118, comma 1, disp. att. Cpc (come riformulato dall'art. 52, comma 5, della legge 69 del 2009).
Le due cause oggi in decisione (e correttamente riunite) ruotano intorno ai medesimi presupposti e alle stesse questioni giuridiche.
Difatti, in entrambe le vertenze la Ag. ha premesso di essere locatrice in favore della A. di un locale ad uso commerciale, e precisamente bar, nel comune di A., ed ha intimato in entrambe sfratto per morosità relativamente a taluni canoni di locazione non pagati: nel primo caso i canoni da novembre 2011 fino a marzo 2012, e nel secondo caso i canoni dal dicembre 2012 al marzo 2013.
Ancora, in entrambi i casi la società convenuta si è costituita all'udienza fissata per la convalida opponendosi alla stessa, ed indicando che, sia pure in epoca successiva alla notifica dell'intimazione di sfratto, essa aveva sanato, in maniera sostanzialmente integrale, la dedotte morosità.
In entrambe le vertenze, allora, si è dato ingresso alla fase di merito, prima della riunione delle cause avvenuta proprio all'udienza di discussione, ed in tale fase di merito:
la ricorrente: ha posto l'accento sull'esistenza in contratto di una clausola risolutiva espressa, per il cui operare il Tribunale dovrebbe oggi prendere atto e dichiarare che il contratto è ormai risolto, ed ha evidenziato che la risoluzione andrebbe in ogni caso dichiarata alla luce della valutazione dell'inadempimento della A., che va comunque ritenuto grave, sia per il numero dei canoni di volta in volta inevasi, sia per l'importo degli stessi, sia per la frequenza con cui si ripetono gli inadempimenti, con la conseguenza che essa ricorrente è stata costretta più volte in questi mesi a fare ricorso al Tribunale;
la convenuta da parte sua, senza poter negare i fatti storici descritti dall'avversaria, si è limitata a rammentare l'attuale momento di crisi economica che si riverbera anche sulle attività commerciali, ed a sottolineare di avere alfine pagato i canoni relativi alle due intimazioni, sia pure in ritardo.

Come ha correttamente dedotto la parte intimante, va dichiarata la risoluzione del contratto per cui è causa già solo per il fatto che era stata pattuita in contratto un'apposita clausola risolutiva espressa, peraltro munita di apposita approvazione specifica in calce, della quale si sono verificati i presupposti di operatività.
Tale clausola, infatti, indicata con il numero 11, stabiliva che il presente contratto s'intenderà risolto nel caso in cui il conduttore si rendesse moroso nel pagamento del canone per un periodo superiore a 30 giorni; in tal caso le parti convengono la risoluzione ipso jure senza obbligo di messa in mora.
Ora, essendo pacifico il fatto che, già alla prima intimazione, che ha dato origine alla causa numero 3562 del 2012, la convenuta ha pagato i canoni in udienza, maturando però un ritardo superiore proprio a quello previsto nella clausola citata, ne deriva che, come detto, la clausola è divenuta operativa ed il contratto va dichiarato risolto. Non occorre, dunque, esaminare l'altra deduzione di parte ricorrente, secondo cui si sarebbe potuti pervenire ad una decisione di dichiarazione di risoluzione sulla base di una più ampia valutazione della gravità dell'altrui inadempimento.

Non va, viceversa, accolta l'ulteriore domanda di parte ricorrente rivolta ad ottenere il risarcimento dei danni patiti, ex articolo 96 c.p.c., per il fatto che la convenuta avrebbe resistito in giudizio in maniera temeraria e cioè pur conoscendo l'esistenza, l'entità e la gravità dei propri inadempimenti.
Difatti, per emettere una pronuncia come quella sollecitata da parte ricorrente occorre la percezione, quantomeno indiziaria, del fatto che la parte soccombente abbia resistito in giudizio almeno con colpa grave, colpa che secondo la ricorrente si individuerebbe nel fatto che la A., pur pagando gli importi all'udienza di convalida, non aveva alcun argomento giuridico ulteriore per determinare il prolungamento della causa anche alla fase di merito.
In realtà, però, questa prospettiva non è esatta.
In linea teorica, infatti, sanando la morosità all'udienza di convalida la A.J.D. poteva impedire, così come ha impedito, una pronunzia immediata di convalida di sfratto, sicché, se essa avesse continuato da quel momento a pagare i canoni in maniera regolare, il rapporto avrebbe potuto continuare con reciproca soddisfazione delle parti: da qui l'esigenza e l'interesse della convenuta ad opporsi alla convalida con l'inevitabile conseguenza che le cause proseguissero anche nel merito.
Né d'altra parte si potrebbe dire che la convenuta avrebbe dovuto astenersi dall'opporsi alla convalida in virtù dello scattare del meccanismo della clausola risolutiva espressa, e ciò in quanto è noto che la parte in cui favore è prevista la clausola potrebbe anche decidere di non avvalersene.
Se poi la convenuta non è stata in grado di proseguire nell'onorare i pagamenti, ciò non esclude che appunto al momento dell'udienza di convalida essa avesse interesse ad evitare la convalida stessa, salvo ipotizzarsi un atteggiamento di preordinata malafede, del quale però in questo caso non vi sono indizi.

PQM

1) dichiara risolto il contratto di locazione per cui è causa, intervenuto tra la Ag. srl e la A. srl,
2) ordina alla convenuta di rilasciare l'immobile in favore della ricorrente entro la data del 15/5/2014,
3) condanna altresì la convenuta a rimborsare alla Ag. srl le spese processuali, che così liquida (DM Giustizia 55/2014) (valore complessivo della morosità euro 20.000 circa): per fase di studio euro 875, per fase introduttiva euro 740, per fase decisoria euro 1.620, per esborsi euro 222, oltre I.V.A. e CPA come per legge.
Così deciso in Vicenza il 10 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2014.


 

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