ORDINANZA
sul ricorso proposto da
P. V., elettivamente domiciliato in Roma viale Bruno Buozzi 99, presso l'avv. Antonio D'Alessio (p.e.c. antoniodalessio@ordineavvocatiroma.org ,fax 06/3217536), dal quale è rappresentato e difeso, per delega a margine del ricorso, unitamente all'avv. Giuseppe Principato (fax 010/5808222, p.e.c. Giuseppe.principato@ordineavvocatigenova.it );
- ricorrente -
nei confronti di
M. R. B., elettivamente domiciliata in Roma, piazza Capranica 78, presso l'avv. Federico Mazzetti It (p.e.c. federicomazzetti@ordineavvocatiroma.org , fax 201706/69799465), dal quale è rappresentata e difesa, unitamente all'avv. Pierluigi Bongiorno Gallegra, giusta procura speciale a margine del controricorso, (fax n. 0185/362814 e alla p.e.c. pbglex@pec.it );
- controricorrente -
avverso il decreto n. 302/14 della Corte di appello di Genova, emesso il 14 marzo 2014 e depositato il 10 giugno 2014, n. R.G. 705/13 RGVG;

Svolgimento del processo

Rilevato che
1. Il Tribunale di Chiavari, con sentenza del 3 - 4 luglio 2013 ha respinto la domanda di M. R.B. di vedersi attribuita una quota pari al 40% di quanto attribuito all'ex coniuge P. V. dal Fondo pensionistico complementare dei dipendenti U.B.I. (Unione Banche Italiane) in seguito all'accantonamento rateale del T.F.R., relativamente al periodo coincidente con il matrimonio. Ha ritenuto il Tribunale la natura meramente previdenziale del Fondo e delle attribuzioni percepite dal V.

2. La Corte di appello di Genova è andata di contrario avviso e ha accolto la domanda della B. quantificando in euro 22.562,72 la
quota spettante ex art. 12 bis della legge n. 898/1970 e successive modificazioni.


3. Ricorre per cassazione P. V. deducendo violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 252/2005.
4. Si difende con controricorso M. R. B. ed eccepisce l'inammissibilità del ricorso oltre a chiederne comunque il rigetto.
5. Le parti depositano memorie difensive.

Motivazione

Ritenuto che
6. Il ricorso è manifestamente infondato. Infatti, oltre ad essere viziato da una indicazione non puntuale della violazione di legge, appare
caratterizzato da una evidente inconferenza rispetto alla ratio decidendi che ha guidato la Corte genovese e che è stata quella di riscontrare che nel Fondo U.B.I. sono affluiti anche gli importi maturati a titolo di trattamento di fine rapporto che il dipendente ha scelto a suo tempo di non mantenere presso il datore di lavoro ma di destinare a incrementare la propria posizione presso il Fondo.

7. Tale impostazione appare coerente con la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. sez. VI-1, ordinanza n. 17883 del 9 settembre 2016) secondo cui il diritto all'attribuzione di una quota della indennità di fine rapporto che sia stata percepita dall'altro coniuge, che è previsto dall'art. 12 bis della l. n. 898 del 1970 a favore del coniuge divorziato che sia titolare di assegno e che non sia passato a nuove nozze, sussiste con riferimento agli emolumenti collegati alla cessazione di un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che si correlino al lavoro dell'ex coniuge.
In materia di quote di fondi previdenziali derivanti dall'accantonamento di parte della retribuzione vanno anche ricordate le sentenze (Cass. civ. sez. V n. 4425 del 24 febbraio 2010 e Cass. civ. sez. V n. 8200 del 2 aprile 2007) secondo cui "le quote del Fondo di previdenza aziendale dell'Isveimer corrisposte agli iscritti, ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge 24 settembre 1996, n. 497, convertito in legge 19 novembre 1996, n. 588, a seguito della messa in liquidazione del predetto ente, non sono assimilabili a prestazioni corrisposte in dipendenza di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, e non sono quindi qualificabili, neppure in via analogica, come
redditi di capitale" e, "in quanto destinate, secondo le intenzioni, ad essere corrisposte dopo la cessazione del rapporto di lavoro, trovano in quest'ultimo la loro fonte giustificatrice, ed essendo volte a compensare la perdita di redditi futuri hanno natura di retribuzione differita e funzione previdenziale, tale da giustificare l'applicazione in via analogica del regime fiscale previsto dagli artt. 16, 18 e 48 del d.P.R. n. 917 del 1986 per il T.F.R. e le altre indennità ad esso equiparabili".


8. Il ricorso va pertanto respinto con condanna alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 2.600 euro di cui 100 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.
Ai sensi dell'art. 13 comma l quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma l bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 aprile 2017.
Depositata in data 22 ,aggio 2017


 

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