REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -
Dott. BARRECA Giuseppina L. - Consigliere -
Dott. CARLUCCIO Giuseppa - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1130-2014 proposto da:
C.M. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CALABRIA 56, presso lo studio dell'avvocato D'AMATO GIOVANNI, rappresentato e difeso dagli avvocati SORGE AMEDEO, CASERTA DANIELE, SORGE ALFREDO, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
e contro
P.P., MILANO ASSICURAZIONI SPA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 8449/2012 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 13/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO

Svolgimento del processo

In riferimento a un sinistro stradale, C.M. convenne in giudizio P.P. e le Assicurazioni Milano Spa: nel 2005, per il risarcimento del danno al motociclo, conclusosi con la sentenza di condanna del Giudice di pace; nel 2006 per il risarcimento del danno patrimoniale, e non, relativo alle lesioni personali. Il Tribunale di Napoli, nel decidere la domanda risarcitoria delle lesioni personali, la dichiarò improponibile, ravvisando un abuso del diritto sulla base dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, anche in riferimento al credito risarcitorio (Sentenza 13 luglio 2012).

2. La Corte di appello di Napoli dichiarò inammissibile l'appello in mancanza di una ragionevole possibilità di essere accolto, pronunciando ordinanza ex art. 348 bis c.p.c.

2. Avverso la sentenza di primo grado, C. propone rituale ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Le parti, ritualmente intimate, non svolgono difese.

Motivazione

1. Con riferimento alle censure, preliminarmente va rilevato che, nonostante nel terzo motivo si deduca una eccezione di incostituzionalità dell'art. 348 bis e dell'art. 360 c.p.c., sulla base della parte esplicativa dello stesso, non può considerarsi prospettata una eccezione di incostituzionalità. L'esplicazione della censura, infatti, si sostanzia in affermazioni apodittiche, scollegate dalla causa, e non vi è alcun riferimento a parametri costituzionali.

2. Il Tribunale ha deciso la controversia applicando la giurisprudenza di legittimità in tema di abuso del diritto nell'ipotesi di frazionamento della domanda di risarcimento davanti a distinti giudici (Sez. Un. n. 23726 del 2007; Cass. n. 28286 del 2011).

2.1. I tre motivi sono strettamente collegati.
Si invoca, con il primo, violazione e falsa applicazione dell'art. 1175 c.c., omesso accoglimento della domanda, erronea valutazione dei fatti e documenti di causa, violazione dell'art. 116 c.p.c..
Con il secondo motivo, l'omesso esame di un fatto decisivo.
In estrema sintesi si sostiene che il Tribunale, nel ritenere integrata l'ipotesi di abuso del diritto per il frazionamento dell'azione di risarcimento sulla base delle sentenze di legittimità, ha violato le norme invocate per aver applicato un principio astratto, senza verificare se il C. avesse tenuto comportamenti tali da giustificare la "sanzione"; per non aver considerato in concreto, sotto il profilo della correttezza, il comportamento della controparte Assicurazione, che avrebbe tenuto comportamenti omissivi e dilatori rispetto al risarcimento del danno per le lesioni personali (primo e secondo motivo).
Con il terzo, nella parte esplicativa, si limita a richiamare delle sentenze di legittimità da cui si desumerebbero incrinature nella giurisprudenza successiva di legittimità nella applicazione del principio fatto proprio dal giudice del merito.

3. Le censure non hanno pregio e vanno rigettate.

La Corte di legittimità, dopo le Sez. Un. 23726del 2007, ha espressamente esteso il principio dell'abuso del diritto all'ipotesi di frazionamento della domanda di risarcimento davanti a distinti giudici (Cass. n. 28286 del 2011).

Con quest'ultima decisione si è affermato che "In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l'azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e ciò neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, in quanto tale disarticolazione dell'unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l'aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale".

Il principio, che il Collegio condivide pienamente, al contrario di quanto sostiene il ricorrente con il non conferente richiamo di alcune sentenze di legittimità, si è consolidato in molteplici pronunce (cfr. Cass. n. 14374 del 2012, n. 4702 del 2015; n. 7195 del 2015). D'altra parte, del tutto non conferente rispetto alla tematica è l'ottica assunta dal ricorrente nel censurarlo.
Infatti, si lamenta che giudice del merito non avrebbe attribuito rilievo a comportamenti non scorretti dell'attore/creditore e a contrapposti comportamenti contrari alla correttezza da parte dell'Assicurazione debitrice. Invece, non vengono in rilievo i contrapposti interessi considerati da una ottica soggettivistica, ma - in un'ottica di sistema generale della tutela processuale - la mancanza di tutela apprestata dall'ordinamento costituzionale al creditore quando l'utilizzo dello strumento processuale è effettuato oltre i limiti della sua funzionalizzazione al perseguimento del diritto per cui è stato conferito (cfr Cass. n. 7195 del 2015, in motivazione).

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non sussistono i presupposti per la pronuncia sulle spese processuali del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile - 3, il 9 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2015


 

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