Illegittimo l'avviso di accertamento emesso prima dei 60 giorni dal PVC se le ragioni di urgenza non consistono in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'Ordinanza 29143/2017 del 5 dicembre 2017.

LA NORMATIVA IN MATERIA
La materia è disciplinata in via generale dall'art. 12 comma 7 della Legge 27 luglio 2000, n. 212, cd "Statuto dei diritti del contribuente". La disposizione prevede che "Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

La Suprema Corte, chiamata più volte a pronunciarsi sull'ambito di applicabilità della norma, ne ha affermato il principio secondo cui le garanzie fissate nell'art, 12, comma 7, legge n.212/2000 trovano applicazione a qualsiasi atto di accertamento o controllo con accesso o ispezione nei locali dell'impresa, ivi compresi gli atti di accesso finalizzati all'acquisizione della documentazione (sentenza n.15624 del 9/07/ 2014) . Principio questo confermato, direttamente e indirettamente, dalla più recente Sezioni Unite civili di questa Corte n.24823 del 2015 e ribadito, da ultima, da Cass. n. 1007 del 17/01/2017.

Si tratta di un termine di sospensione in favore del contribuente, che determina una momentanea interruzione della potestà di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, superabile solo in presenza di un motivo, non generico, ma “particolare” che imponga di emanare il provvedimento prima della scadenza.

LA FATTISPECIE AL VAGLIO DELLA CORTE
Nel caso di specie, il contribuente si era visto recapitare l'avviso di accertamento ben prima della scadenza dei 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione.

Come spesso accade, con l'approssimarsi delle decadenze che maturano a fine anno, l'Agenzia delle Entrate nella fattispecie esaminata dalla Corte, richiama, per giustificare il mancato rispetto del termine dilatorio, il mero approssimarsi del termine di decadenza.

LA DECISIONE DELLA CORTE
La Suprema Corte, con la sentenza in oggetto, ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui "in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall'Amministrazione finanziaria, consentono l'inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell'ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa" ( cfr.Cass.n.22786 del 09/11/2015; id n.5149 del 16/03/2016).

A voler ragionare diversamente il diritto del contribuente al contraddittorio procedimentale verrebbe degradato a una semplice questione formale subordinata a esigenze dipendenti dalla scelta dei tempi dell’azione accertativa.

Avv. Orazio Esposito
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