Importantissimo provvedimento del Giudice dell’Esecuzione presso il Tribunale di Lecce, nella persona della Dott.ssa Simona Panzera, la quale, in data 13/03/2017, con
Ordinanza, ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale su istanza degli Avv.ti Carmelo Molfetta e Silvio Molfetta del Foro di Brindisi che avevano promosso Incidente di Esecuzione.

La vicenda trae origine su impulso della difesa che, nel promuovere Incidente di Esecuzione, chiedeva la sospensione dell’esecuzione nell'interesse del proprio assistito e la contestuale rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.
A parere degli avvocati, infatti, l’ordine di esecuzione per la carcerazione, era carente del contestuale decreto di sospensione della stessa trattandosi, nel caso di specie, di reato non ostativo.

In effetti, il beneficio della sospensione dell’esecuzione della pena, è riservato soltanto a coloro che sono stati condannati, in via definitiva, ad una pena detentiva inferiore a 3 anni.
Nel caso di specie, invece, il soggetto nel cui interesse era stato promosso Incidente di esecuzione, era stato condannato ad una pena detentiva di anni 4 di reclusione e, a parere della Procura, non avrebbe avuto diritto ad ottenere, contestualmente all’Ordine di carcerazione, anche il Decreto di sospensione dell’esecuzione.

I difensori, al contrario, facevano notare che con la nota legge “svuota-carceri” il beneficio di usufruire della misura alternativa alla pena detentiva dell’Affidamento in prova al servizio sociale è stato esteso, per taluni casi, anche a coloro i quali hanno ottenuto una condanna sino a 4 anni, pertanto, a rigor di logica, la sospensione dell’esecuzione dovrebbe essere riconosciuta anche a questi ultimi estendendo, di fatto, il beneficio di cui all’art. 656 co. 5 c.p.p.

Sul punto, a rinforzare la propria tesi, la difesa, produceva anche un parere del C.S.M., reso sul testo del decreto legge riguardante le misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, che, sebbene non rappresenti una fonte, tuttavia, è indicativo di un’esigenza di coordinamento, con cui faceva presente che: "Ragioni di coerenza sistematica potrebbero suggerire l’allineamento tra le previsioni del riformato art. 47 Ord. Pen. e quelle dell’art. 656, comma 5, c.p.p. in tema di sospensione dell’esecuzione della pena, così come segnalato dalla Commissione Mista per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza nel corso della seduta del 20 gennaio 2014" (Delibera consiliare del CSM del 23/01/2014)

Si insisteva, inoltre, nell’escludere che tale disallineamento tra art. 47 comma 3 bis O.P. e 656 comma 5 c.p.p., potesse rappresentare una scelta del legislatore in quanto, se così fosse:
1) non si comprenderebbe la differenza fra la posizione del condannato, in stato di libertà, con un residuo pena infratriennale e quella del condannato, sempre in stato di libertà, che abbia un residuo pena infraquadriennale, pur potendo usufruire, entrambi, del beneficio della misura alternativa,
2) apparirebbe assolutamente illogico un percorso deflativo della popolazione carceraria unicamente in uscita e non anche in entrata così come anche escluso dal dato testuale della norma di cui al comma 3 bis dell’art. 47 Ord. Pen., che permette la valutazione del comportamento annuale, non solo in espiazione di pena o di esecuzione di misura cautelare, ma anche “in libertà”.
D’altronde, se così non fosse, quest’ultima parte della norma, che prevede la possibilità di essere sottoposti ad osservazione anche in stato di libertà, non troverebbe mai applicazione. Qualora, infatti, anche nei confronti dei condannati ad una pena fra i tre e i quattro anni che ricevono l’ordine di esecuzione per la carcerazione in stato di libertà, vi dovesse essere l’obbligo di transitare dal carcere, non si comprenderebbe quando ed in quale momento si potrebbe usufruire del beneficio dell’osservazione in stato di libertà.
3) in ultimo, l’art. 656 comma V° c.p.p., richiama espressamente l’Art. 47 – ter co. 1 dell’O.P. prevedendo, in tal caso, la sospensione dell’esecuzione per le pene fino a 4 anni e non si comprenderebbe il motivo per cui, non dovrebbe applicarsi tale previsione anche ai casi di cui all’art. 47 comma 3 Bis dell’O.P..

Si evidenziava, in conclusione, che le misure alternative alla pena detentiva assurgono principalmente all’opera di risocializzazione del condannato imposta dall’art. 27 della Cost., pertanto, non si dovrebbe faticare a ritenere che, dalla lettura combinata e costituzionalmente orientata degli artt. 47 comma 3 bis O.P., (che è stato introdotto per ridimensionare il sovraffollamento carcerario) e l’art. 27 della Cost. (che attribuisce a tale strumento lo scopo di reinserire, rieducare e risocializzare il condannato), si possa pacificamente giungere alla conclusione che la sospensione dell’esecuzione di cui all’art. 656 comma V c.p.p. possa essere applicata anche nell’ipotesi dell’affidamento in prova allargato.

È evidente dunque, a parere della difesa, che qualora tale orientamento non dovesse essere condiviso, vi sarebbe una palese violazione dell’Art. 3 e 27 della Costituzione.

Il G.E di Lecce, decidendo sull’incidente di esecuzione per così come innanzi prospettato, ha stabilito che: “ritenuto, preliminarmente che l’istanza per la sospensione dell’esecuzione, così per come proposta, risulta ammissibile”, in riferimento alla sollevata questione di incostituzionalità stabilisce che “Deve ritenersi sussistente la non manifesta infondatezza della questione proposta, sussistendo profili di incostituzionalità dell’art. 656 co. 5 in relazione agli artt. 3 e 27 della Cost. Ed invero, il differente regime tra chi risulti condannato a pena infratriennale, e dunque ammesso all’affidamento in prova, e chi risulti condannato a pena infraquadriennale, ammesso all’affidamento in prova allargato, appare conseguente ad un disallineamento sistematico – non colmato in sede di conversione del D.L. 146/2013 con L. 10/2014 mediante modifica dell’Art. 656 co. 5 cit. - idoneo a determinare una ingiustificata disparità di trattamento tra la prima categoria di soggetti, beneficiari della citata sospensione automatica, e la seconda categoria di soggetti, i quali, benchè parimenti ammessi alla fruizione delle misure alternative alla detenzione, risultano irragionevolmente esclusi dal regime più favorevole dettato dall’art. 656 co. 5 c.p.p.”

Per le ragioni innanzi rappresentate, la Dott.ssa Panzera, in qualità di Giudice dell’Esecuzione presso il Tribunale di Lecce, in accoglimento del ricorso ex art. 666 c.p.p.: “Solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 656 co. 5 c.p.p. in riferimento agli Artt. 3 e 27 terzo comma della Cost. Sospende il procedimento in corso e dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale”.

Avv. Carmelo Molfetta
Avv. Silvio Molfetta
studiolegalemolfetta@gmail.com

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