Restano davvero poche ormai le Commissioni tributarie provinciali che ancora mancano all’appello dei Collegi che hanno convenuto per l’illegittimità della cartella esattoriale notificata con lo strumento della posta elettronica certificata, quando la stessa viene allegata al messaggio in formato .pdf piuttosto che nel più corretto .p7m.

A ribadire il principio più volte affermato di recente, ci ha pensato questa volta la sezione I della Commissione tributaria provinciale di Novara, con la sentenza n. 249/2017 – depositata in segreteria il 29 dicembre scorso.

La vicenda vede la propria genesi nel ricorso depositato da una s.a.s avverso una cartella di pagamento mai ricevuta, della quale la società contribuente veniva a conoscenza solo a seguito di un accesso presso gli uffici del concessionario della riscossione.

A fronte di una simile contestazione, l’allora Equitalia Nord si costituiva in giudizio depositando, a fondamento dell’avvenuta notifica del provvedimento impugnato, copia della “ricevuta di avvenuta consegna rilasciata dal gestore del servizio di posta elettronica certificata”, eccependo, di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso.

Nella fase successiva del giudizio, la ricorrente, con apposita memoria illustrativa depositata ai sensi dell’art. 32, comma 2, D. Lgs. n. 546/92, contestava come oggetto della notifica a mezzo pec avrebbe dovuto essere necessariamente un documento informatico dotato di firma digitale e non – come si rilevava dai documenti depositati da controparte – una semplice copia informatica di un documento cartaceo.

Inoltre, sempre la stessa si doleva del fatto che la copia asserita inviatale non era dotata di alcuna attestazione di conformità all’originale, come tale quindi non munita dei requisiti necessari idonei a garantire la corrispondenza fra il documento presuntivamente inviatole e il provvedimento originale in possesso dell’amministrazione finanziaria.

Investiti della questione, i Giudici piemontesi hanno accolto le doglianze della contribuente, allineandosi totalmente all’orientamento giurisprudenziale maggioritario.

Nel fare ciò, il Collegio giudicante ha avuto modo di precisare quanto segue: “Orbene, nel caso di specie, per come documentato in atti, la cartella di pagamento veniva notificata alla ricorrente, in data 9.2.2016, a mezzo PEC, in formato “pdf’.

Al riguardo occorre rilevare che l’art. 20 del CAD (codice dell’amministrazione digitale) stabilisce che<>. Il successivo comma l bis precisa che<>.

A sua volta l’art. 21 CAD recita<>.

Dunque resta essenziale garantire la provenienza, genuinità e originalità del documento informatico che, pertanto, per fattura e caratteristiche di formazione e trasmissione, non deve porre alcun dubbio sulla provenienza e integrità originaria del medesimo documento trasmesso.

Ne consegue che la notifica via PEC non è valida se avviene tramite messaggio di posta elettronica certificata contenente il file cartaceo con estensione “pdf’, anziché “p7m”,* atteso che sia l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico, sia la firma digitale e l’identificabilità del suo autore, possono essere garantite solo attraverso l’estensione del file “p7m” (c.d. firma crittografica contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica).*

L’allegato in “pdf’ costituisce una mera copia c.d. meccanica, e non un documento informatico dotato di firma digitale che, secondo il CAD, costituisce elemento indefettibile per garantirne l’affidabilità.

Nel caso di specie l’Agente della Riscossione non solo non ha proceduto alla notifica via PEC della cartella con la necessaria estensione “p7m”, ma non ha neppure dimostrato l’attestazione di conformità del file inviato in formato “pdf’ all’originale “p7m”.* Ne discende, quale motivo pregiudiziale ed assorbente su ogni altra questione sollevata, la nullità insanabile della notifica con conseguente accoglimento del ricorso.”.*


La pronuncia in esame merita rilievo, però, oltre che per la questione relativa alla statuizione di illegittimità del file notificato in formato .pdf, anche per un secondo ma non meno importante profilo legato agli aspetti procedurali di una simile eccezione, in relazione alla quale, non di rado, la parte pubblica ne obietta tanto le forme quanto i tempi della contestazione.

Difatti, nel caso in esame, l’agente della riscossione aveva significato alla Commissione tributaria giudicante la circostanza che la ricorrente non avesse denunciato il sopra citato vizio con la formula del motivo aggiunto, ex art. 24, comma 1, D. Lgs n. 546/92, ma, in maniera impropria, con lo strumento della memoria illustrativa.

Da ciò, pertanto, concludeva per l’inammissibilità dell’eccezione.

Richiesta che non ha trovato però accoglimento presso i Giudici novaresi, i quali hanno avuto modo di spiegare come il comportamento processuale della ricorrente fosse tuttavia ineccepibile, dal momento che – aggiungono gli stessi - “le argomentazioni difensive contenute nella memoria di replica non costituiscono motivi aggiunti suscettibili di inammissibilità, come lamentato dall’Ufficio. Invero, con riferimento alle questioni afferenti alle modalità di notifica della cartella di pagamento a mezzo PEC, solo a seguito del deposito di tale atto, in data 16.6.2017, da parte dell’Agente delle Riscossione, la controparte prendeva conoscenza del procedimento notificatorio relativo al provvedimento impugnato, per cui era in grado di controdedurre e motivare sui profili di ritenuta illegittimità dell’atto. Sicché, nei termini previsti dall’art. 24 co. 2° D.L.vo n. 546/92, la contribuente con memoria depositata il 7.9.2017 legittimamente integrava i motivi a sostegno delle eccepita inesistenza/nullità della notifica della cartella di pagamento.”.

Dott. Daniele Brancale

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