>Nullo l'accertamento se il fisco non prova la consapevolezza del cessionario sul disegno evasivo dell'operazione

L’insussistenza di elementi presuntivi tali da negare la buona fede del contribuente nella veste di cessionario, l’assenza di prove tangibili sulla consapevolezza che gli acquisti di carburante per autotrazione fossero inquadrabili nell’alveo di assunte fattispecie evasive, unitamente all’assenza del benché minimo indizio idoneo a sorreggere la falsità del fornitore a monte nella catena di approvvigionamento dei prodotti energetici, toglie enfasi all’azione accertativa del fisco, che ha ritenuto l’indetraibilità dell’Iva assolta dal cessionario.

Sono queste le risultanze emerse dalla decisione n. 262/2022 resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento , sez. 3, il 15/02/2022 e depositata il 25/02/2022, in cui è stato ritenuto nullo l’atto di accertamento, scaturente da una verifica compiuta dalla Guardia di Finanza, che contestava l’indetraibilità dell’Iva, in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti.

In tale scenario, l’Agenzia delle Entrate, facendo proprio l’assunto dei militari verificatori, arguiva che le fatture emesse in relazione alle cessioni di detti combustibili, riguardassero entità diverse da quelle che hanno effettivamente eseguito le relative cessioni e che, il contribuente non aveva compiutamente dimostrato di aver esperito ogni possibile tentativo, per accorgersi che l’emittente la fattura era un soggetto diverso da quello che materialmente ha eseguito l’operazione.

Il Collegio Provinciale ha accolto le censure della parte privata focalizzate sull’infondatezza dell'ipotesi delittuosa a lei ascritta, stante l’acclarata inesistenza di prove concrete sulla perpetrata frode fiscale e la violazione del principio di neutralità dell’Iva, causa patrocinata dall’Avv. Daniele Vitello del Foro di Agrigento.

Sul punto, i giudici provinciali hanno precisato, che non è dato riscontrare la mancanza di alcuna operatività effettiva del fornitore e di una sua adeguata struttura organizzativa, che destasse il sospetto in senso all’acquirente della riconducibilità delle forniture effettive ad un soggetto diverso da quello indicato nelle fatture.

Ad ulteriore corroboramento delle loro statuizioni, i primi giudici trovando il conforto di granitica giurisprudenza di legittimità sulla quaestio, (in primis, Corte di Cassazione, sentenza n. 9851 del 20/04/2018), hanno evidenziato che l’ Ufficio è tenuto fornire la prova, anche in via indiziaria, non solo dell'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche della consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta dimostrando, in base ad elementi oggettivi e specifici, non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l'operazione si inseriva in una evasione fiscale. Da ultimo, i primi giudici, richiamando la giurisprudenza Unionale, (Corte di Giustizia: cfr. sent. 6.7.2006 nelle cause riunite C-439/04 e C-440/04 e sent. 12.1.2006 nelle cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03), hanno precisato che il diritto alla detrazione dell'Iva versata ad un soggetto diverso dal cedente che ha, però, emesso la fattura non può essere negato, se non sulla base di oggettivi elementi presuntivi che inducano ad escludere la buona fede del committente/cessionario.

Pietro Cocchiara

Dottore Commercialista in Agrigento. Esperto in contenzioso tributario, collabora con DirittoItaliano.com dal 2020 E' possibile contattarlo all'indirizzo email

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