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Il contribuente che abbia proposto valido ricorso contro un atto dell'Amministrazione finanziaria non consuma il potere di impugnazione, e non perde, quindi, la possibilità di proporre, finché non sia scaduto il termine, un nuovo ricorso contenente anche motivi diversi da quelli espressi nell'atto introduttivo. Lo ha ribadito nuovamente, per il processo tributario, la Corte di Cassazione con Sentenza n. 5295/2023.
Il primo ricorso è inoltre inammissibile nel caso in cui, all'atto della presentazione del secondo, lo stesso proponente abbia chiesto l'annullamento o la sostituzione del primo, verificandosi in tal caso una situazione analoga alla rinuncia del ricorso (Cass. n. 34769/2022).
La Corte nell’esame di questa fattispecie parte normativamente dal principio contenuto nell’ art. 60, D.Lgs. n. 546 del 1992, secondo cui l’appello dichiarato inammissibile non può essere riproposto e dal quale si desume il corollario che tale impugnazione può essere riproposta, nel rispetto del termine, prima che sia intervenuta la declaratoria dell’inammissibilità.
In questi casi, la Cassazione ha più volte affermato che il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di appello, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo (si veda Cass., sez. U, n. 6691/2020; Cass., sez. U, n. 9409/1994; Cass., sez. 3, n. 15721/2011), sempre che la seconda impugnazione risulti tempestiva, dovendo la tempestività valutarsi, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, non in relazione al termine annuale, bensì a quello breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante (Cass., sez. 1, n. 18604/2014, Cass. n. 9569/2000, n. 7791/2002, n. 15524/2004, n. 23220/2005; Cass., 21391/2007).
Con riferimento ricorso introduttivo deve ritenersi poi che, in assenza di specifici riferimenti normativi, non possa prescindersi dalla natura impugnatoria del procedimento tributario, in considerazione della quale, se non possono applicarsi lo regole che disciplinano il giudizio civile ordinario, normalmente introdotto con atto di citazione – che non incontra limiti, se non di natura sostanziale, per quanto attiene ai termini per la sua proposizione -, appare maggiormente adeguato il riferimento al processo amministrativo (caratterizzato, al pari di quello tributario, dalla struttura impugnatoria e dalla previsione di un termine per ricorrere avverso atti del l’amministrazione), nel cui ambito si afferma, in assenza di disposizioni positive che impediscano al ricorrente di frazionare l’impugnazione in più ricorsi, l’ammissibilità – purché notificato entro il termine di decadenza previsto per l’impugnazione dell’atto – di un successivo ricorso, contenente motivi diversi da quelli espressi nell’atto introduttivo del giudizio (Cass. n. 8234/2008).
In considerazione di questo aspetto, nonché dell’assenza di una espressa previsione normativa o di esigenze desumibili dalla natura dell’atto, non è possibile quindi desumere, dal semplice riferimento della norma al ricorso come atto singolo, argomenti per affermare l’irripetibilità o l’infrazionabilità, così indirettamente incidendo sull’ampiezza del termine concesso dal Legislatore al contribuente per esercitare il diritto di impugnare l’atto dell’autorità finanziaria, e quindi sull’esercizio di un diritto costituzionalmente presidiato quale quello di azione.
La Cassazione è quindi ferma nel sostenere che al ricorso introduttivo del procedimento tributario non è applicabile il principio di consumazione dell’impugnazione.
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