>Giudice di pace: quando la pronuncia è secondo equità? Credit:

La Corte di Cassazione, con sentenza n.12686/2021 depositata in data 12 maggio, è intervenuta su alcuni aspetti relativi alla decisione secondo equità davanti al Giudice di pace e alla sua appellabilità.

Il Giudice di pace decide secondo equità, a norma degli artt. 113 e 114 c.p.c., o quando la causa non eccede il valore di 1.100,00 euro o su concorde richiesta delle parti quando la causa riguarda diritti disponibili.
L'art. 339 C.p.c. stabilisce i limiti di appellabilità alle sentenze pronunciate secondo equità dal Giudice di pace.

Nel caso di specie, l'attore convenne in giudizio innanzi al Giudice di pace la Unipol Assicurazione per la condanna a titolo di risarcimento per sinistro stradale al pagamento della somma di €.540,00 o di quell'altra somma maggiore o minore entro i limiti di competenza del giudicante.

Rigettata la richiesta, l'attore propose appello innanzi al Tribunale di Lecce.
Il Tribunale, nel dichiarare l'inammissibilità dell'appello, osservò che l'attore aveva chiesto nelle note conclusive, sia in primo che in secondo grado, la valutazione secondo il principio di equità e la condanna al pagamento della somma di €.540,00 ma entro i limiti di €.1.000,00.

Avverso la dichiarazione di inammissibilità, l'attore ha proposto ricorso in cassazione rilevando che il momento determinante ai fini dell'individuazione della competenza è quello della proposizione della domanda e che ove nella domanda, all'indicazione di un determinato importo inferiore a 1.100,00 euro, segua la richiesta di diversa ed eventualmente maggiore somma, la causa deve ritenersi di valore indeterminato e la sentenza che la conclude è appellabile senza i limiti di cui all'art. 339 c.p.c.

Nell'accogliere il ricorso, la Cassazione sottolinea alcuni importanti principi.

Innanzitutto, afferma che il momento determinante ai fini dell'individuazione della competenza è quello della proposizione della domanda. Pertanto, irrilevante è il riferimento del Tribunale di Lecce alle note conclusive del primo grado o dell'atto di appello. Infatti, la riduzione della domanda, in corso di causa, da parte dell'attore, come non può ricondurre nell'ambito della competenza del giudice adito una domanda che originariamente eccedeva la sua competenza per valore, così non è idonea a far rientrare tra le cause che il Giudice di pace decide secondo equità quella introdotta con una domanda che in base al petitum originario ne era esclusa.
Sottolinea la Corte che la riduzione della domanda è ininfluente ai fini dell'identificazione della regola che disciplina
l'impugnazione
, in quanto l'effetto della riduzione non è quello di sottrarre alla decisione la parte di domanda rinunciata, ma solo quello di determinarne l'automatica infondatezza.

Irrilevante è anche il richiamo del Tribunale alla richiesta di decisione secondo equità formulata dall'attore sempre nelle note conclusive. Difatti, la pronuncia secondo equità ai sensi dell'art. 114 c.p.c., presuppone la concorde richiesta delle parti.

Infine la Corte affronta la tematica del valore attribuire alla richiesta di condanna alla "somma maggiore o minore che risulti dovuta all'esito del giudizio", richiesta che non può essere considerata come meramente di stile.

Afferma in merito la Corte che: "deve darsi continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui nell'ipotesi in cui una domanda di risarcimento danni venga proposta avanti al Giudice di pace con la richiesta della condanna della controparte al pagamento di un importo indicato in una somma inferiore (o pari) al limite della giurisdizione equitativa del giudice di Pace ovvero della somma maggiore o minore che risulti dovuta all'esito del giudizio, la formulazione di questa seconda richiesta alternativa non può essere considerata - agli effetti dell'art. 112 cod. proc. civ. - come meramente di stile, in quanto essa (come altre consimili), lungi dall'avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull'ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all'ammontare della somma determinata che venga indicata nelle conclusioni specifiche; ne discende che la suddetta richiesta alternativa si risolve in una mancanza di indicazione della somma domandata, con la conseguenza che la domanda, ai sensi della seconda proposizione dell'art. 14 cod. proc. civ., si deve presumere di valore eguale alla competenza del giudice adito e che, ai sensi del terzo comma della stessa norma, in difetto di contestazione da parte
del convenuto del valore così presunto, quest'ultimo rimane "fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito", cioè nel massimo della competenza per valore del Giudice di pace sulla tipologia di domande fra cui rientra quella proposta (Cass. n. 15698 del 2006; conformi, fra le altre, Cass. n. 9432 del 2012, n. 11739 del 2015, n. 3290 del 2018)."

Gennaro Esposito

Gennaro Esposito, avvocato, è editor per DirittoItaliano.com dal 2015. Si occupa di diritto commerciale, contenzioso societario, locazioni. E' possibile contattarlo all'indirizzo email

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