>L'incertezza sul superamento della soglia di 30.000 euro impedisce la declaratoria di fallimento Credit:

L'art. 15, ultimo comma, L.F. prevede che: "Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila."

Secondo pacifica giurisprudenza della Suprema Corte, per accertare il superamento della superiore soglia ostativa alla dichiarazione di fallimento, si deve avere riguardo al complesso dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell'istruttoria prefallimentare (sentenze Cass. n.26926 del 14.11.2017 e n.14727 del 19.07.2016) e accertati alla data in cui il tribunale decide sull'istanza di fallimento (sentenza Cass. n.10952 del 27.05.2015).

Con la recente sentenza n.17216, pubblicata in data 16.06.2021, la Suprema Corte ha affermato che ogni eventuale incertezza in merito al ricorrere di questa condizione, non risolvibile sulla base degli atti dell'istruttoria prefallimentare, impedisce la declaratoria di fallimento.

Nel caso di specie, la società ricorrente era stata dichiarata fallita per l'istanza di un creditore che vantava un credito per soli €.3.957,70.
La Corte d'appello, nel rigettare il reclamo della società, riteneva provato, anche all'esito dell'ulteriore istruttoria svolta in sede di reclamo, che i debiti entro i dodici mesi, per complessivi € 375.784, esposti nel bilancio dell'esercizio 2013 della società (prodotto dal creditore nel procedimento prefallimentare), fossero scaduti quantomeno in parte, avendo il curatore dato atto nella sua relazione che quello ivi emergente, di € 35.675, 34, nei confronti di un creditore, era stato riportato invariato anche nel bilancio del 2014 e nel libro giornale del 2015.

In ricorso, la società lamentava l'intervenuta dichiarazione di fallimento nonostante il credito dell'istante fosse inferiore alla soglia minima di €.30.000 e che i crediti esposti nell'esercizio 2013 erano indicati come "esigibili - entro (o) oltre - l'esercizio successivo", sicché non potevano considerarsi scaduti e non pagati.

La Corte, nell'accogliere il ricorso, rileva come, nel giudizio prefallimentare fosse stato acquisito esclusivamente il bilancio di liquidazione della società nel quale i debiti apposti risultavano esigibili entro dodici mesi. Pertanto, doveva ritenersi esclusa che nel corso dell'istruttoria prefallimentare fosse emersa la prova dell'esistenza dei debiti scaduti e non pagati per un importo superiore ai 30.000 euro. Tale prova, difatti, non poteva essere tratta, secondo quanto erroneamente ritenuto dai giudici del reclamo, da circostanze pacificamente emerse solo in data successiva alla sentenza dichiarativa, in quanto accertate dal curatore.

Così, pertanto, motiva la Corte:
"La norma, espressione di un intento deflattivo, è stata dettata dal legislatore al fine di esentare dal concorso le crisi d'impresa di modeste dimensioni oggettive: l'esigenza che alla data del fallimento consti un'esposizione debitoria di almeno 30.000 euro si configura, infatti, alla stregua di una condizione per la dichiarazione del fallimento e non di un fatto impeditivo, sicché il mancato superamento di tale limite non è oggetto di un onere probatorio a carico del fallendo, a mente dell'art. 2697, comma 2, cod. civ., ma deve essere riscontrato d'ufficio dal tribunale sulla base del complessivo contenuto degli atti dell'istruttoria prefallimentare. Ne consegue che ogni eventuale incertezza in merito al ricorrere di questa condizione, non risolvibile sulla base dagli atti dell'istruttoria prefallimentare, impedisce la declaratoria di fallimento (Cass., 25 giugno 2018, n. 16683)"

Gennaro Esposito

Gennaro Esposito, avvocato, è editor per DirittoItaliano.com dal 2015. Si occupa di diritto commerciale, contenzioso societario, locazioni. E' possibile contattarlo all'indirizzo email

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