Art. 2051 c.c. e Pubblica Amministrazione - Rassegna sulla giurisprudenza di merito
Pubblicato il: 3 Maggio 2010 - 12:15
Sezione: Civile
Art. 2051 c.c. e Pubblica Amministrazione
LA GIURISPRUDENZA DI MERITO
Passando in rassegna alcune recenti decisioni di diverse corti di merito, non può che ravvisarsi il progressivo uniformarsi della giurisprudenza ai principi affermati dalla Suprema Corte che hanno sancito il superamento delle categorie di “insidia e trabocchetto”.
Tribunale di Bari – Sez. III, Sent. del 14.04.2010
È consolidato principio giurisprudenziale, in ordine ai danni subiti dall'utente in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione di strade pubbliche, che il referente normativo dell'art. 2051 sancisce una presunzione di responsabilità inapplicabile nei confronti della P.A. con riferimento ai beni demaniali, solo quando risulti l'oggettiva impossibilità di uh esercizio del potere di controllo sulle strade in custodia, in dipendenza del loro uso generale e diretto da parte dei terzi e della notevole estensione di tali beni. Si è ritenuto, in particolare, che l'ubicazione della strada nel perimetro urbano delimitato dallo stesso Comune sia un elemento sintomatico della possibilità di custodia (cfr., "ex plurimis", Cass. nn. 1583 e 15384/2006). Pertanto nel caso di strada ubicata in pieno centro abitato, non sussiste alcuna situazione di oggettiva impossibilità di custodia da parte dell'ente pubblico proprietario; di guisa che ricorre la presunzione di responsabilità dell'art. 2051 a carico del Comune, rispetto alla quale quest'ultimo non ha dato alcuna prova liberatoria di caso fortuito (comprensivo pure del fatto del terzo o del medesimo danneggiato).
Tribuna dell’Aquila – Sent. del 24.03.2010
Dalla proprietà pubblica del Comune sulle strade poste all'interno dell'abitato, discende non solo l'obbligo dell'ente alla manutenzione, ma anche quello della custodia con conseguente operatività, nei confronti dell'ente stesso della presunzione di responsabilità ex art. 2051 c.c. La responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., si fonda su un rapporto oggettivo del custode con la cosa e prescinde dal carattere insidioso di questa, ossia dalla imprevedibilità ed inevitabilità della cosa dannosa, sicché nel caso di specie l'attore non deve dimostrare tale carattere, come è invece necessario se agisce ai sensi dell'art. 2043 c.c. (cfr. Cass. 6.07.2004 n. 12329).
Corte di Appello di Potenza – Sent. del 19.03.2010
In tema di danni determinati dall'esistenza di un cantiere stradale, qualora l'area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all'esclusiva custodia dell'appaltatore – con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all'interno di questa area risponde esclusivamente l'appaltatore, che ne è l'unico custode; laddove, invece, nell'ipotesi in cui l'area sulla quale sono eseguiti i lavori - e quindi insiste il cantiere - risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, questa situazione denota la conservazione della custodia da parte dell'ente titolare della strada, sia pure insieme all'appaltatore, alla quale consegue che la responsabilità - ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. - sussiste, sia a carico dell'appaltatore sia dell'ente, salva l'eventuale azione di regresso di quest'ultimo nei confronti del primo, a norma dei comuni principi sulla responsabilità solidale (ex plurimis: Cass. 6 luglio, 2006 n. 15383; Cass. 16 maggio 2008, n. 12425).
Ciò vuol dire che - indipendentemente dal rapporto di appalto - se il bene continua ad essere destinato all'uso precedente come, appunto, nel caso in cui la strada resti aperta al pubblico transito di persone e veicoli, permanendo la custodia anche in capo all'ente proprietario, quest'ultimo è chiamato a rispondere, unitamente all'appaltatore, degli eventuali danni a terzi (ex plurimis: Cass. 26 settembre 2006, n. 20825; Cass. 16 maggio 2008, n. 12425).
Pertanto, la persistenza dell'apertura al traffico comporta la continuità dell'obbligo di custodia da parte dell'appaltatore, il quale si risolve anche nel dovere di vigilanza finalizzato all'adozione delle cautele atte ad evitare danni a terzi (da ultima: Cass. 16 maggio 2008, n. 12425). Ne discende la responsabilità civile ex art. 2051 cod. civ. per i danni causati a terzi dall'insufficiente segnaletica di chiusura e delle relative opere interdittive da parte dell'appaltatore.
Tribunale di Potenza – Sent. del 17.03.2010
La norma dell'art. 2051 c.c. si incentra sulla nozione di "custodia": custode della cosa è chi ha l'effettivo potere materiale su di essa. E, quindi, custode non soltanto il proprietario della cosa ma anche il semplice possessore della stessa ovvero il detentore nell'interesse proprio o altrui: tuttavia, il fondamento della ipotesi di responsabilità in esame va ricercato non tanto nella violazione dell'obbligo di custodia e di vigilanza sulla cosa, quanto piuttosto nell'oggettiva attribuzione delle conseguenze dannose derivanti dalla cosa allo stesso soggetto che se ne avvantaggia sulla scorta del principio "cuius commoda eius incommoda". Invero, la questione della natura della responsabilità ex art. 2051 ha per lungo tempo interessato la dottrina, divisa tra quanti ne affermavano il carattere soggettivo, di responsabilità per colpa, sebbene presunta e quanti invece ne riconoscevano la natura oggettiva, sul presupposto che il caso fortuito, elemento cui si assegna la valenza di prova liberatoria, non verrebbe ad incidere sulla colpa quanto piuttosto sulla configurazione del nesso causale.
Di recente, la giurisprudenza di legittimità ha affermato il carattere oggettivo dell'illecito aquiliano di cui all'art. 2051 oc, tale che non occorrerebbe la prova della colpa, quale requisito costitutivo della fattispecie, risultando invero sufficiente l'integrazione dell'elemento materiale (evento dannoso, nesso causale). In particolare, la S.C. ha chiarito che "la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 cod. civ. prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; tale responsabilità prescinde, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno" (così testualmente Cass. 28811/2008; nello stesso senso cfr. anche Cass. civ. 26051/2008), recependo in tal modo quell'orientamento dottrinale secondo cui il caso fortuito (che ricomprende anche il c.d. fortuito incidentale, ossia quello derivante dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato) non esclude la colpa ma eventualmente elide il nesso causale ovvero attenua la portata esclusiva del fattore riconosciuto come antecedente causale dell'evento dannoso. Pertanto, ai fini della configurazione della ipotesi di illecito ex art. 2051 c.c. non rileverà in sé la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non tanto ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata, bensì ad un elemento esterno.
Tribunale di Cassino – Sent. del 16.03.2010
La responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, ai fini della sua configurabilità, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza. La responsabilità del custode, in base alla suddetta norma, deve essere però esclusa in tutti i casi in cui l'evento sia imputabile ad un esso fortuito riconducibile al profilo causale dell'evento e, perciò, quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile, ancorché dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima (Cass. 2563/2007, Cass. 15383/2006, Cass. 20317/2005).
Tribunale di Bari, Sent. del 11.02.2010
Il bordo di un gradino usurato, risulta essere oggettivamente pericoloso, manifesta la cattiva manutenzione del bene custodito dall'ente pubblico e la sua conseguente responsabilità di carattere oggettivo per i danni da esso cagionati ai sensi dell'art. 2051 c.c. (cfr. a riguardo, da ultimo, Cass. 27.3.2007, n. 7403; Cass. 19.2.2008, n. 4279; Cass. 8.5.2008, n. 11227; Cass. 10.10.2008, n. 25029; ecc.).