REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BOGNANNI Salvatore - Presidente -
Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere -
Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere -
Dott. CARACCIOLO Giuseppe - rel. Consigliere -
Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 7835/2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
- ricorrente -
contro
G.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 16, presso lo studio degli avvocati ZAPPALA' PIER LUIGI e ZAPPALA' ANDREA, che la rappresentano e difendono, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2/7/2011 della Commissione Tributaria Regionale di ROMA del 25.10.2010, depositata il 03/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

Motivazione

La Corte, vista la relazione depositata in cancelleria, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., dal relatore cons. Giuseppe Caracciolo, nella quale si evidenzia che il ricorso può essere definito a mente dell'art. 375 c.p.c.;
esaminati gli atti depositati dalle parti;
considerato che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti e che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie illustrative;
osserva:

La CTR di Roma ha accolto l'appello di G.D., appello proposto contro la sentenza n. 146/27/2009 della CTP di Roma che aveva respinto il ricorso della contribuente anzimenzionata avverso avviso di liquidazione di imposta di registro (e correlate sanzioni)per l'anno 2001, adottato sulla premessa della revoca dei benefici fiscali goduti per l'acquisto - con rogito di data 15.2.2001 - della prima casa di abitazione, per non avere la contribuente (dopo la vendita di detta abitazione in data 27.6.2003 ed il riacquisto di una nuova abitazione in data 25.6.2004) assunto tempestivamente la propria residenza presso l'immobile in tal modo riacquistato.
Appellandosi avverso la sentenza di prima cura, la contribuente aveva protestato di essere esonerata dal rispetto dell'anzidetta condizione per il fatto di essere cittadina italiana emigrata all'estero, e perciò in ragione dell'espresso disposto dell'art. 1, nota II bis, della "Tariffa Parte Prima" allegata al D.P.R. n. 131 del 1986.
La predetta CTR - dopo avere evidenziato, in relazione al primo di detti acquisti, che la contribuente aveva tempestivamente assunto la residenza nel comune di Roma, dove si trovava l'immobile; era emigrata all'estero per motivi di lavoro il 1.5.2003 e quasi contemporaneamente aveva rivenduto il predetto immobile, riacquistandone uno nuovo (sito in Montecatini Terme) entro l'anno dalla precedente alienazione ed invocando in questa sede i benefici fiscali previsti dalla L. n. 448 del 1998, art. 7; era poi rientrata dall'estero ed aveva assunto in data 30.6.2005 la nuova residenza in _____ - affermava che nella specie di causa apparivano rispettati tutti i termini "necessari per godere dell'agevolazione in argomento", atteso che la normativa vigente nel periodo considerato "subordina l'applicazione del beneficio all'acquisto di unità immobiliare da destinare a propria abitazione nel comune di residenza" ed "a maggior ragione compete l'agevolazione come nel caso di specie ove la contribuente risulti cittadina italiana emigrata all'estero....e può quindi acquistare in regime agevolato l'immobile, quale che sia l'ubicazione dello stesso sul territorio nazionale" e senza "che sia necessario per l'acquirente stabilire entro diciotto mesi la residenza nel comune in cui è situato l'immobile acquistato", dovendosi ritenere sufficiente la dichiarazione nell'atto di acquisto di voler adibire l'immobile a propria abitazione principale.

Avverso detta pronuncia, l'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso appare inaccoglibile in relazione ad entrambi i motivi.

Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell'art. 1, nota II bis, della "tariffa parte prima" allegata al D.P.R. n. 131 del 1986) la parte ricorrente assume violata la ora menzionata disposizione per avere il giudicante ritenuto che non sia necessario, per il cittadino non residente, adibire l'immobile "riacquistato" ad abitazione principale, per quanto la menzionata disposizione preveda una deroga a favore dei cittadini non residenti solo ed esclusivamente a proposito del primo acquisto, mentre con riferimento al "riacquisto" impone (al pari di come impone al cittadino residente in Italia) la concreta realizzazione dell'intento di destinare l'immobile ad abitazione principale, e ciò per il fine di impedire che il beneficio volto ad agevolare l'acquisto dell'abitazione si trasformi in agevolazione di intenti speculativi.
Una diversa interpretazione condurrebbe alla irragionevole conseguenza di riservare un trattamento più favorevole a chi acquista per la seconda volta, rispetto a chi, acquistando per la prima volta, è onerato di "fissare la residenza presso l'immobile acquistato" entro il termine di un anno.
Per più chiara evidenza si trascrive di seguito il testo della articolata disposizione valorizzata dalla parte ricorrente, nella lettera vigente per il periodo qui considerato, nei commi che rilevano ai fini di causa:

"1. Ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:
a) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;
b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;
c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero...omissis...
2....omissis...
3....omissis...
4. In caso di dichiarazione mendace, o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonchè una soprattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte....omissis...
Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici di cui al presente articolo, proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale".

Conviene trascrivere anche la previsione della L. n. 448 del 1998, art. 7, comma 1, che il giudicante ha riferito essere stato invocato dalla parte contribuente nel contesto del secondo atto di acquisto.
"Ai contribuenti che provvedono ad acquisire, a qualsiasi titolo, entro un anno dall'alienazione dell'immobile per il quale si è fruito dell'aliquota agevolata prevista ai fini dell'imposta di registro e dell'imposta sul valore aggiunto per la prima casa, un'altra casa di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis all'art. 1 della tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, è attribuito un credito d'imposta fino a concorrenza dell'imposta di registro o dell'imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato. L'ammontare del credito non può essere superiore, in ogni caso, all'imposta di registro o all'imposta sul valore aggiunto dovuta per l'acquisto agevolato della nuova casa di abitazione non di lusso. L'agevolazione si applica a tutti gli acquisti intervenuti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, indipendentemente dalla data del primo acquisto".

Va dato atto preliminarmente (per come si desume dalla sentenza impugnata) che nella presente sede si discute esclusivamente della revoca dei benefici fiscali goduti in riferimento al primo dei due successivi acquisti immobiliari, senza che vengano in considerazione i differenti benefici che la parte acquirente risulta avere invocato rispetto al secondo degli acquisti, per quanto risulti esplicitamente dalla norma per seconda trascritta che il fatto di avere goduto legittimamente (e senza successiva revoca) dei benefici della prima categoria sia condizione indispensabile ai fini della conservazione anche dei benefici della seconda categoria.
Ciò posto, va rilevato che - se viene qui in considerazione il tema del riacquisto di un immobile "prima casa" da parte di un cittadino non residente - va anzitutto chiarito quale sia la disciplina generale dettata dalla norma a proposito del riacquisto dell'immobile "prima casa" (nell'ottica dell'integrazione dei requisiti necessari a conservare l'agevolazione originariamente goduta in relazione al precedente acquisto), onde valutare poi se la condizione di cittadino residente all'estero determini, a questo proposito, specifiche circostanze eccettuative. Sul punto questa Suprema Corte ha recentemente insegnato che: "In tema di agevolazioni tributarie per l'acquisto della "prima casa", ai sensi del comma quarto, ultimo periodo, della nota II bis all'art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la relativa decadenza è evitata se il contribuente, pur avendo trasferito l'immobile acquistato con i detti benefici prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto stesso, entro un anno dall'alienazione ne acquisti un altro, da adibire ad abitazione principale; ne deriva che il "dies a quo" della decorrenza del termine triennale di decadenza del potere dell'Ufficio di recuperare l'imposta nella misura ordinaria va individuato nel giorno di scadenza dell'anno successivo all'alienazione, perchè solo allo spirare di tale termine senza avere effettuato un nuovo acquisto il contribuente perde, in via definitiva, il diritto all'agevolazione, provvisoriamente goduta sul primo acquisto" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3783 del 15/02/2013; intimamente contraddittoria, invece, la motivazione di Cass. Sez. 5, Sentenza n. 28880 del 09/12/2008 che ai presenti fini non può considerarsi valido precedente, mentre Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9491 del 21/04/2010 ed altre richiamate dall'Agenzia si riferiscono non già a fattispecie di riacquisto bensì a fattispecie di primo acquisto ovvero a disciplina antecedente e diversa da quella qui in esame).

Se ne deve desumere che, nell'interpretazione attestatasi presso questa Corte, la condizione sufficiente per evitare la decadenza dai benefici goduti in occasione del primo acquisto consiste nel semplice riacquisto infraannuale (rispetto all'atto di rivendita di quello già in precedenza acquistato) di un nuovo immobile in riferimento al quale sia dichiarata (in atto) l'intenzione di adibirlo a propria casa di abitazione, ciò che deve considerarsi (nella valutazione "a posteriori") elemento di fatto idoneo a consentire al contribuente di conservare il beneficio fiscale (aliquota agevolata di tassazione) goduto in relazione all'originario atto di vendita.

Il predetto indirizzo interpretativo è in questa sede da condividersi e corroborarsi con ulteriori argomenti.
Il più immediato degli argomenti esegetici consiste nel fatto che il legislatore - a differenza della condizione correlata con il primo atto di acquisto e consistente nell'acquisizione della residenza (anagrafica) nel comune in cui è sito l'immobile - non abbia fissato alcun termine postumo per il trasferimento della residenza nell'immobile successivamente acquistato, così che resterebbe financo impossibile stabilire il preciso momento di definitiva elusione dell'onere che si volesse supporre implicitamente correlato con detto acquisto successivo.
E d'altronde, la sintomatica differenza tra le locuzioni adoperate a proposito delle due distinte emergenze non può non significare che il legislatore ha inteso nel primo caso riferirsi ad un dato documentalmente verificabile, anche ai fini di una precisa evidenza decadenziale, e nel secondo caso ad un dato finalisticamente orientato, della credibilità della realizzazione del quale costituisce già idonea garanzia proprio la realizzazione già verificatasi (con modalità categoricamente controllabili) dell'intento abitativo originario in relazione al precedente acquisto.
In questi termini va senz'altro disatteso il rilievo di parte ricorrente secondo cui la qui condivisa interpretazione della norma determinerebbe un ingiustificato trattamento più favorevole a chi acquista per la seconda volta rispetto a chi acquista per la prima.
In realtà, di privilegio ingiusto non può affatto parlarsi, sia perchè il "riacquirente" è lo stesso soggetto che già in precedenza ha acquistato, sicchè non si verifica un paragone tra soggetti diversi, sia perchè le due situazioni - proprio per la loro diversità - non sono affatto paragonabili tra loro, avendo il contribuente (a mezzo del primo acquisto, avvenuto nel comune di residenza ovvero tempestivamente seguito dal trasferimento di residenza nel comune in cui è sito l'immobile) dimostrato la serietà dell'intento di realizzare la stabile proprietà della prima casa di abitazione, sicchè non vi è ragione di supporre che il riacquisto entro un brevissimo termine sia mosso da finalità di genere speculativo.

Di tanto si è già fatta interprete questa Corte allorchè ha evidenziato che: "In tema di perdita del beneficio fiscale concesso per l'acquisto della prima casa, la previsione del comma quarto, ultimo periodo, della nota II bis dell'art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, stabilisce la spettanza delle agevolazioni qualora il contribuente, pur avendo alienato l'immobile entro cinque anni dall'acquisto, nell'anno da tale alienazione, ne acquisti un altro da adibire ad abitazione principale; tuttavia, la lettera e la "ratio" della disposizione si riferiscono al solo caso in cui il primo acquisto sia stato effettuato in presenza dei requisiti per la fruizione del beneficio e non anche quando per tale primo acquisto questo non spettasse a causa di dichiarazione mendace originariamente o per fatti sopravvenuti, quale la mancata definitiva realizzazione dell'intento di stabilire la propria residenza nel comune di ubicazione dell'immobile. (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 3749 del 15/02/2013).
D'altronde, non può non tenersi conto del fatto che il tessuto letterale della disposizione normativa di cui si tratta è il risultato di una ripetuta interpolazione, determinata dalla ricerca di un bilanciato punto di equilibrio tra la realizzazione della preminente "mens legislatoris" (di agevolare l'acquisto della casa di proprietà anche per chi sia costretto a ripetuti trasferimenti di residenza, per le contingenti necessità della vita) e la disincentivazione di intenti speculativi stimolati dal facile risparmio di imposta.
Perseguendo questo bilanciamento il legislatore ebbe a prevedere in un primo momento (con la disciplina introdotta dal D.L. 22 maggio 1993, n. 155, art. 16) la diversificazione dei presupposti qualificanti per il beneficio a seconda che si tratti del primo acquisto ovvero dell'acquisto successivo a rivendita infraquinquennale, ed in un secondo momento (con la L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3) l'ampliamento dei presupposti per ottenere il primo beneficio con la contestuale fissazione di un termine perentorio (annuale, poi incrementato a mesi 18 per effetto della novella introdotta dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 33) entro il quale trasferire la propria residenza nel comune di ubicazione dell'immobile originariamente acquistato. Non è chi non veda che sia stata -perciò- del tutto consapevole l'omessa previsione di un analogo termine postumo in relazione al differente presupposto della "abitazione principale".

Un ulteriore elemento esegetico si ricava dalla correlazione tra le due disposizioni normative sopra trascritte. Ed invero, il richiamo fatto dalla L. n. 448 del 1998, art. 7, alle "condizioni di cui alla nota II-bis all'art. 1 della tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro" con riferimento al momento del nuovo acquisto di "un'altra casa di abitazione non di lusso" (senza nessuna ulteriore specificazione in ordine alla realizzazione concreta dell'intento abitativo) è chiaro sintomo dell'intenzione del legislatore di riconoscere il differente ed ulteriore beneficio fiscale connesso al "riacquisto" in ragione della semplice dichiarazione dell'intento di adibire l'immobile ad "abitazione principale", e sia pure sul presupposto che siano sussistenti (anche in relazione al secondo acquisto) le condizioni di cui or ora si è detto.
Ciò posto, sarebbe del tutto illogico supporre la diversificazione dei presupposti necessari a godere del beneficio concesso in relazione al riacquisto, rispetto ai presupposti necessari a conservare (dopo il riacquisto) i benefici fiscali goduti in sede di primo acquisto: se la conservazione del beneficio goduto in sede di primo acquisto è addirittura condizione imprescindibile ai fini della concessione del beneficio connesso con il secondo acquisto, il presupposto della dichiarazione dell'intento di adibire ad "abitazione principale" l'immobile non può connotarsi differentemente nelle due connesse situazioni, pena l'incoerenza programmatica del sistema risultante dalle correlate previsioni normative.
Altro ragionamento dovrebbe farsi a proposito dei presupposti necessari ai fini del godimento e della conservazione del diverso beneficio fiscale spettante in relazione al secondo dei due acquisti ma, non essendo questa materia oggetto del tema decidendum, occorre prescinderne.

In definitiva, dovendosi ritenere che - in generale - la menzionata disciplina di legge non richieda affatto (come condizione di riconoscimento e conservazione del beneficio fiscale goduto in sede di primo acquisto) la concreta realizzazione dell'intento abitativo a cui è finalizzato il successivo acquisto, appare del tutto corretto che - nella specie di cui qui si tratta - il giudice del merito abbia ritenuto illegittima la pretesa di fare applicazione di una tale condizione nei confronti del cittadino italiano non residente all'estero, a riguardo del quale, peraltro, la legge attribuisce ("in considerazione del particolare valore sociale riconosciuto al lavoro prestato all'estero ed all'emigrazione", secondo l'espressione adoperata dalla Circolare Ministero Finanze n. 1 del 02/03/1994 n. 1) il privilegio dell'esonero dal requisito della correlazione tra comune di ubicazione dell'immobile e luogo di residenza o di svolgimento dell'attività lavorativa.
Non è chi non veda che questo esonero apparirebbe - comunque - un privilegio ineludibile non solo in relazione al primo acquisto ma anche in relazione al secondo acquisto, non potendosi supporre che il legislatore intenda contraddirsi con il riconoscere al cittadino non residente un'agevolazione che lo costringerebbe (al fine di realizzare l'intento di possedere una casa di abitazione sul territorio nazionale) a ripristinare in breve tempo la residenza nel comune in cui è sito l'immobile o proprio nell'immobile riacquistato, così rinunciando alla stabile residenza all'estero.
Quanto al secondo motivo di impugnazione (improntato al vizio di motivazione), con esso la parte ricorrente si è doluta del fatto che la CTR "non ha dato adeguata contezza degli elementi probatori e delle valutazioni a sostegno del proprio convincimento", inoltre ignorando "le plurime argomentazioni difensive dell'Ufficio senza nulla specificare al riguardo".
Il motivo appare inammissibilmente formulato, non avendo la parte ricorrente identificato il "fatto controverso" in relazione al quale soltanto la asserita insufficienza o la inadeguatezza degli argomenti motivazionali avrebbero rilevanza in questa sede. In tal modo, la censura si riduce ad una vacua critica circa la giustezza delle determinazioni contenute nella decisione del giudice di appello, con violazione del carattere di "critica vincolata" che la vigente legge di rito attribuisce al ricorso per cassazione.
Pertanto, si ritiene che il motivo ora in rassegna sia da disattendersi per ragione di inammissibilità.
Le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 1.500,00 oltre accessori di legge ed oltre Euro 100,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2014


 

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