REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
DI TERAMO SEZIONE 1
riunita con l'intervento dei Signori:
PERLA PIETRO Presidente
PAPA ROBERTA PIA RITA Relatore
GIULIANI PASQUALE Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
- sul ricorso n. 13612017
depositato il 27103/2017

Svolgimento del processo

Svolgimento in fatto e in diritto li ricorrente, impugnava l'avviso di accertamento con cui l'agenzia delle entrate di Teramo provvedeva a recuperare i ricavi in nero relativi alla vendita di un appartamento.

La parte, eccepiva in via pregiudiziale l'inesistenza dell'atto per violazione dell'art. 23 dlgs 82/05 per l'assenza dell'attestazione di conformità tra la copia analogica del provvedimento e l'originale informatico di cui esso rappresentava una riproduzione; sempre in via pregiudizialmente deduceva l'inesistenza dell'atto opposto per mancanza dei requisiti di forma dell'attestazione di conformità, con conseguente nullità dell'avviso di accertamento impugnato per difetto di legittimazione attiva quale conseguenza del difetto di sottoscrizione in violazione dell'a1i. 42 DPR 600/73, anche perché il soggetto sottoscrittore non era funzionario di carriera.

Nel merito nullità dell'recupero, poiché non era stato attivato il contradditorio endo processuale, mancata indicazione dei calcoli del calcolo degli interessi. Nel merito evidenziava come il bene era stato venduto a 130 mila euro e non a 200 mila euro, per cui non vi era stata alcun evasione d'imposta.

L'ufficio si è costituito e, in primo luogo, ha sostenuto che l'asserita mancanza di attestazione di conformità dell'atto notificalo è priva di fondamento in quanto è stato rispettato il disposto dell'articolo 23 del Dlgs 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale) e il funzionario era in possesso della qualifica prevista, confermando, pc11anto, la piena legittimità dell'atto prodotto in formato digitale, considerato che il
funzionario era anche un funzionario di carriera. In merito poi all'eccepita mancanza di legittimazione attiva, quale conseguenza del difetto di sottoscrizione, l'ufficio ha replicato producendo in giudizio l'esito della verifica di firma digitale rilasciata dall'ente gestore relativo alla firma apposta, da cui risulta la piena validità del certificato di firma digitale in tulli i suoi clementi.
Nel merito evidenziava come il conteggio degli interessi era stato esplicato nell'atto, in relazione alla vicenda sottesa al recupero chiariva che il legale rappresentante della società, unitamente alla moglie, aveva querelato (Omissis) che aveva comprato l'appartamento, facendo figurare come acquirente la madre, per godere dei benefici prima casa. Inoltre lo stesso avrebbe fatto dichiarare in atti che l'immobile era
comprato a 130 mila euro, anziché 200 mila, poiché i 70 mila residui sarebbe stato utilizzati in nero per compensare il lavori svolto dall'avvocato o da svolgere a favore del legale rappresentante della ditta.

L'ufficio quindi riteneva che il recupero dei 70 mila euro quale ricavo in nero derivava dalla denuncia fatta dalla parte. Concludeva per il rigetto del ricorso.

Motivazione

In via preliminare si deve premettere, come per le comunicazioni degli atti tributari vanno richiamate, in via generale, le disposizioni del codice in tema di domicilio fiscale. Al riguardo, il comma I dell'articolo 3-bis, al fine di facilitare la comunicazione tra pubbliche amministrazioni e cittadini, contempla la facoltà di ogni cittadino di indicare alla pubblica amministrazione, secondo le modalità stabilite al successivo comma 3, un proprio indirizzo di posta elettronica certificata quale suo domicilio digitale. A sua volta, il comma 4bis dell'articolo 3-bis dispone che, in assenza del domicilio digitale di cui al comma I, le amministrazioni possono predisporre le comunicazioni ai cittadini come documenti informatici sottoscritti con firma digitale
o firma elettronica avanzata, da conservare nei propri archivi, ed inviare ai cittadini stessi, per posta ordinaria o raccomandata con avviso di ricevimento, copia analogica di tali documenti sottoscritti con firma autografa sostituita a mezzo stampa predisposta secondo le disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 12 dicembre 1993, 11, 39.

Pertanto per le comunicazioni degli atti tributari possono trovare applicazione le disposizioni relative ai cittadini privi di domicilio digitale, con conseguente comunicazione di copia analogica dei documenti tributari informatici.

Orbene l'art. 23 al co, I del codice dell'amministrazione digitale copie analogiche di documenti informatici prevede che in caso di esigenza di disporre di una copia "cartacea" ai fini della notifica dell'atto tributario "le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro conformità all'originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato". In assenza dell'attestazione del pubblico ufficiale, viene in rilievo altresì il comma 2 dell'ait 23, secondo cui "le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale se la loro "confomrità non è espressamente disconosciutà".

La verifica di conformità si articola in due parti verifica della provenienza e della validità della sottoscrizione ai sensi dell'art. 62 del DPCM e verifica dei requisiti di integrità ed immodificabilità del documento, L'esito di tale verifiche deve essere attestato nel documento cartaceo, unitamente nome e cognome del funzionario,
numero di pagine dell'atto, data e firma del funzionario autorizzato, nel caso di specie nella copia notificata alla parte l'attestazione risulta in bianco Pertanto poiche la copia notifica al contribuente reca tale parte in bianco a differenza della copia prodotta in atti dall'ufficio, l'eccezione di nullità della parte è fondata.

La difformità tra atto notificato e l'originale rende nullo l'atto notificato, poiché l'attestazione di conformità all'originale ex art 23 citalo è stabilita proprio per consentire al destinatario dell'atto di avere la certezza che quella ricevuta sia uguale all'originale informatico elaboralo dall'ufficio.

Quindi se nella copia dell'atto notificata manca l'attestazione di conformità dell'atto non vi è certezza che la copia notificata sia uguale rispetto all'atto originale informatico determinando la nullità perché mancanza dei requisiti fondamentali previsti dalle norme considerato che è solo sulla copia che il destinatario fa affdamento e su cui deve difendersi e fondare anche al sua difesa (Cass. 6017/2003, (Cass. 6017/2003, 2 I 555/2006, 14686 del 2007, 18127/2008, 20993/2013),
Tanto è vero ciò che I'"originale di notifica" depositato dall'ufficio rispetto a quello notificato alla parte, reca correzioni a penna inesistenti sulla copia notificata al ricorrente, infatti a pg. 20 dell'accertamento del ricorrente la data è "22 dicembre 2016", mentre nell'originale prodotta dall'ufficio il 22 risulta corretto a penna in " 23", come l'attestazione di conformità che è presente sull'originale di notifica dell'ufficio, ma non nella copia notificata alla parte. L'originale di notifica depositato dall'ufficio, inoltre presenta ulteriori correzioni a penna non presenti sulla copia notifica al ricorrente, il n. degli allegati che nella copia del ricorrente sono indicati in I e in quelli dell'ufficio sono corrette in "2" stessa cosa per il numero delle pagine che nella copia del ricorrente sono indicati in" 2" e in quelle dell'ufficio sono corrette in "38". La mancanza di conformità tra originale di notifica depositata dall'Af e quelle del ricorrente, non permettono di verificare la conformità dell'atto cartaceo con quello digitale, con conseguente nullità dell'atto notificato.

Anche nel merito il ricorso comunque sarebbe fondato, poiché secondo quando rappresentato dall'ufficio l'appa,tamento sarebbe stato venduto a 200 mila euro, sulla base della querela dell'amministratore della società ricorrente, in luogo dei 130 mila dichiarata, pertanto i 70 mila euro mancati, sulla base delle deduzioni dell'ufficio sarebbe stati corrisposti in nero all'(Omissis) per i servizi da questo prestati, se
così fosse, la società non avrebbe incassato i 70 mila euro, ma li avrebbe pagati in nero all'avvocato, per cui effettivamente nessun ricavo è stato effettuato dalla società dalla vendita dell'appartamento, perché lo stesso è stato pagato 130 mila euro.

Accoglie il ricorso. Condanna l'agenzia al pagamento delle spese di liti che si liquidano in E.1000,00 oltre iva e cap

PQM

Accoglie il ricorso Condanna l'agenzia al pagamento delle spese di liti che si liquidano in E.1000,00 oltre iva e cap Così deciso il 13.11.2017
La Relatrice ,
(Dott.ssa Roberta Pia Rita Papa)


 

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