REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore - Presidente -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -
Dott. VALITUTTI Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Meilland international S.A., M.A.A. e M. M. in R., domiciliati in Roma, via Vittoria Colonna 40, presso l'avv. Lipani Damiano, rappresentati e difesi dall'avv. Gamba Pierfrancesco, come da mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
Magnolia Garden s.n.c, di Pappacena Giuseppe & C, domiciliata in Roma, viale Carlo Felice 103, presso l'avv. Berchicci Giancarlo, che la rappresenta e difende, come da mandato in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 941/2008 della Corte d'appello di Roma, depositata il 3 marzo 2008;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;
uditi i difensori, avv. Gamba per i ricorrenti, avv. Corleone per la resistente;
Udite le conclusioni del P.M., Dott. VELARDI Maurizio, che ha chiesto dichiararsi inammissibili o rigettarsi i primi undici motivi, accogliersi il dodicesimo e il tredicesimo.

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, rigettò la domanda proposta da Meilland international S.A., da M.A.A. e da M.M. in R. per la condanna della Magnolia Garden s.n.c. al risarcimento dei danni da concorrenza sleale e da indebita utilizzazione dei marchi "Bonica", "Sevillana", Meilland e Meillandina, destinati a contrassegnare rose e rosai prodotti dagli attori.
Ritennero i giudici del merito che nessuna delle condotte addebitate alla società convenuta potesse integrare gli estremi di una contraffazione di marchi, non essendo stata smentita la deposizione di un rivenditore autorizzato, che aveva dichiarato di aver fornito alla convenuta rose prodotte dagli attori. L'ipotesi di una concorrenza sleale, pur configurabile in astratto, risultava poi priva di qualsiasi prova, perchè, come riferito dai testimoni indicati dagli attori, era risultato solo che le rose di produzione Meilland erano esposte insieme ad altre. Non era risultato che fossero state offerte in vendita come prodotti Meilland rose di altra provenienza; nè una reiterazione di comportamenti intesi a confondere le merci e a danneggiare il produttore tutelato.

Condannarono pertanto gli attori alla restituzione della somma di Euro 13.471,30 ottenuta in esecuzione della sentenza di primo grado.
Per la cassazione della sentenza d'appello ricorrono gli attori sulla base di 13 motivi di impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso la convenuta.

Motivazione

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono mancato esame delle proprie deduzioni difensive. Lamentano che i giudici d'appello abbiano erroneamente condannato gli attori alla restituzione di una somma che non avevano in realtà mai percepito, non avendo la convenuta dato esecuzione alla sentenza di primo grado. Lamentano poi la mancata decisione sull'eccezione di inammissibilità dell'appello per genericità dei motivi e la mancata motivazione sulla attendibilità dei testimoni indicati.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono insufficienza di motivazione sulle già indicate deduzioni difensive.
Con il terzo motivo i ricorrenti deducono contraddittorietà della motivazione in ordine alla denunciata mancanza di autorizzazione all'uso dei marchi Meilland, lamentando che i giudici d'appello abbiano prima considerato abbandonata la questione e poi si sono su di essa pronunciati.
Con il quarto motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., lamentando che i giudici d'appello abbiano presunto la legittimità dell'uso dei marchi, che è invece la questione controversa, non essendo in discussione la possibilità di commercializzare i prodotti.
Con il quinto motivo i ricorrenti deducono falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 ora D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 20 quanto ai marchi Bonica e Maillandina.
Sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici d'appello, l'accostamento di piante con marchio Meilland ad altre prive di contrassegno finisce per attribuire a tutte le piante la medesima provenienza indicata dal marchio.
Con il sesto motivo i ricorrenti deducono falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 ora D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 20 quanto al marchio La Sevillana. Sostengono che erroneamente i giudici del merito abbiano esclusa la prova dell'attribuzione del marchio a piante di altra provenienza, perchè la causa attiene all'uso del marchio, non all'appartenenza delle piante a una varietà piuttosto che a un'altra; l'abuso di un marchio non presuppone necessariamente l'impiego di un segno grafico identico o simile. Può essere anche solo verbale, com'è avvenuto nel caso in esame, l'abuso di un marchio.
Con il settimo motivo i ricorrenti deducono contraddittorietà di motivazione in ordine alla configurabilità di atti di concorrenza sleale, lamentando che i giudici del merito abbiano da una parte ipotizzato la configurabilità della fattispecie prevista dall'art. 2598 c.c., comma 1, dall'altra abbiano poi escluso la fattispecie di cui all'art. 2598, n. 3.
Con l'ottavo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 2598 c.c., lamentando che sia stata erroneamente esclusa la concorrenza sleale per l'uso della parola Sevillana, costituente marchio, nell'attività di commercio della Magnolia Garden s.n.c. Sostengono che i giudici d'appello avrebbero dovuto riconoscere entrambe le fattispecie di concorrenza sleale nella indicazione verbale come di varietà Sevillana di rose di ignota provenienza, indipendentemente dalla reiterazione delle condotte.
Con il nono motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 2598 c.c., lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente escluso la configurabilità della concorrenza sleale nel caso di una condotta non reiterata di verbale indicazione della falsa provenienza di una merce.
Con il decimo motivo i ricorrenti deducono contraddittorietà della motivazione, lamentando che i giudici d'appello abbiano illogicamente considerato comportamento isolato l'indicazione con il nome Sevillana di piante di ignota provenienza.
Con l'undicesimo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., lamentando che i giudici del merito abbia rilevato d'ufficio la presunta non reiterazione delle condotte abusive e ne abbiano comunque esonerato dalla prova la società convenuta.
Con il dodicesimo motivo i ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza e del procedimento quanto alla condanna alla restituzione della somma di Euro 13.471,70, pronunciata nell'erroneo presupposto che la Magnolia Garden s.n.c. avesse eseguito la sentenza di primo grado.
Con il tredicesimo motivo i ricorrenti deducono omesso motivazione circa l'intervenuta esecuzione della sentenza di primo grado.

2. I motivi d'impugnazione proposti dai ricorrenti vanno distintamente esaminati per gruppi tematici, al fine di agevolarne un'adeguata trattazione.

2.1- Vengono in rilievo innanzitutto il primo, il secondo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo del ricorso.
Comune ai quattro motivi è la deduzione della erroneità della condanna degli attori alla restituzione della somma di Euro 13.471,30, mai in realtà versata dalla convenuta, come riconosciuto nel controricorso. Sicchè questa decisione, erroneamente giustificata nel falso presupposto che gli attori non avessero negato di avere incassato la somma, deve essere cassata per vizio della motivazione. Tuttavia poichè risulta accertato in fatto, sulla base della ammissione della resistente, che il pagamento non era avvenuto, questa corte può decidere nel merito rigettando la domanda proposta ex art. 336 c.p.c., comma 2 dalla Magnolia Garden s.n.c. Per il resto il primo e il secondo motivo sono i-nammissibili nella parte in cui vi si lamenta la mancata decisione e motivazione sulla dedotta inammissibilità dell'appello proposto dalla Magnolia Garden s.n.c.
Infatti, quando viene dedotto un'invalidità qual è l'inammissibilità dell'appello, il giudizio di legittimità non ha per oggetto la sola giustificazione della decisione impugnata, come avviene nel caso di denuncia di un vizio della giustificazione in fatto della decisione di merito, bensì sempre e direttamente l'invalidità denunciata e la decisione che ne dipenda, anche quando se ne censuri la non corrispondenza ai fatti rilevanti ai fini dell'applicazione della norma processuale che si assume violata (Cass., sez. 2, 21 maggio 1963, n. 1312, m. 261956, Cass., sez. L, 20 luglio 1998, n. 7107, m. 517360, Cass., sez. L, 1 settembre 2004, n. 17564, m. 577598). E' indiscusso perciò in giurisprudenza che, in materia di vizi in procedendo non è consentito alla parte interessata di formulare in sede di legittimità la censura di omessa motivazione, in quanto spetta alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato o meno il denunciato vizio di attività, attraverso l'esame diretto degli atti, indipendentemente dall'esistenza o dalla sufficienza e logicità dell'eventuale motivazione del giudice di merito sul punto (Cass., sez. L, 5 giugno 2001, n. 7620, m. 547292)).
Sicchè, se il giudice del merito ometta di pronunciarsi su un'eccezione di nullità, la sentenza di merito non è impugnabile per l'omessa pronuncia, ma solo per l'invalidità già vanamente eccepita. E' indiscusso in giurisprudenza che il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale non può dar luogo a vizio di omessa pronunzia, il quale attiene al mancato esame delle sole domande di merito (Cass., sez. L, 21 novembre 2001, n. 14670, m. 550444, Cass., sez. 1, 25 giugno 2003, n. 10073, m. 564543, Cass., sez. 5, 6 dicembre 2004, n. 22860, m. 579389).

2.2 - Vanno poi esaminati i motivi dal terzo al sesto con i quali si deduce l'erronea esclusione dell'uso illecito dei marchi di cui gli attori sono titolari.
Secondo quanto prevede il D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 20 i diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio; e di vietare dunque ai terzi di usare nell'attività economica segni identici o simili al marchio registrato. Costituisce contraffazione l'uso di un marchio da parte di chi non vi sia legittimato. E secondo la giurisprudenza di questa corte, l'azione di contraffazione del marchio d'impresa ha natura reale, e tutela il diritto assoluto all'uso esclusivo del segno come bene autonomo, sulla base del riscontro della confondibilità dei marchi, mentre prescinde dall'accertamento della effettiva confondibilità tra prodotti e delle concrete modalità di uso del segno, accertamento riservato, invece, al giudizio di concorrenza sleale (Cass., sez. 1, 25 settembre 1998, n. 9617, m. 519177, Cass., sez. 1, 4 dicembre 1999, n. 13592, m. 532394, Cass., sez. 1, 7 marzo 2008, n. 6193, m. 602619, Cass., sez. 1, 3 aprile 2009, n. 8119, m. 607956).

Nel caso in esame i ricorrenti non hanno lamentato l'uso dei loro marchi per contrassegnare prodotti alieni. Hanno sostenuto che potesse indurre confusione tra i prodotti l'accostamento tra quelli correttamente contrassegnati come di provenienza Meilland e quelli di ignota provenienza e privi di contrassegno. Ma questa situazione è certamente estranea all'ambito di tutela dei marchi. Come estraneo all'ambito di questa tutela è il fatto, pure denunciato, che l'addetta alle vendite della Magnolia Garden s.n.c. abbia verbalmente indicato come provenienti dalla Meilland piantine di rosa di incerta provenienza. Quand'anche fosse accertata una tale falsa indicazione verbale di provenienza, di cui i giudici del merito hanno esclusa la prova, non si tratterebbe dell'uso indebito di un marchio. Questi motivi vanno pertanto tutti rigettati.

2.3- Vanno infine esaminati i motivi dal settimo all'undicesimo con i quali si deduce l'erronea esclusione della concorrenza sleale.
Anche in questo caso si tratta di motivi infondati.

Delle tre fattispecie di concorrenza sleale sono state qui chiamate in causa quella dell'art. 2598 c.c., nn. 1 e 3.
Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, tuttavia, la fattispecie di cui all'art. 2598 c.c., n. 1 non viene in rilievo per quanto attiene all'uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri. Infatti non risulta che la Magnolia Garden s.n.c. abbia fatto uso di altri nomi o segni distintivi idonei a creare confusione con i marchi di cui sono titolari gli attori.
L'art. 2598 c.c., n. 1 viene in rilievo esclusivamente per il compimento con qualsiasi altro mezzo di atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente. Ma i giudici del merito hanno plausibilmente escluso che l'esposizione in un unico contesto di una molteplicità di piantine di rosa di diversa provenienza possa di per sè indurre confusione tra i prodotti. E in realtà non sembra plausibile che un vivaista debba distinguere le piantine non per specie ma per produttori. Sicchè anche per questa ragione non rileva neppure la denunciata, ma non provata, falsa affermazione circa la provenienza di determinate piantine, che, come s'è detto, non costituisce uso indebito del marchio. Le piantine di rosa, ragionevolmente esposte in un unico contesto, si possono distinguere per il marchio, oltre che per il colore o per la forma; ed è difficile ipotizzare che essendo esposte tutte insieme abbiano tutte un'unica produzione.

Quanto all'art. 2598 c.c., n. 3 le ipotesi di concorrenza sleale che tradizionalmente vi vengono ricondotte sono quelle di pubblicità menzognera, manovre sui prezzi, violazione di norme di diritto pubblico, storno di dipendenti, violazione di segreti aziendali, concorrenza dell'ex dipendente, concorrenza parassitaria, boicottaggio. Tutte attività connotate dal carattere sistematico della condotta (Cass., sez. 1, 30 maggio 2007, n. 12681, m. 596867), di cui ragionevolmente i giudici del merito hanno escluso la prova.

Anche questi motivi vanno dunque rigettati.

3. In conclusione, in accoglimento per quanto di ragione del primo, secondo, dodicesimo e tredicesimo motivo, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con il rigetto della domanda di restituzione ex art. 336 c.p.c., comma 2 proposta dalla Magnolia Garden s.n.c. Vanno invece rigettati tutti gli altri motivi.
Stante la parziale soccombenza reciproca delle parti, si giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, ferma la compensazione delle spese del giudizio di merito già disposta dalla corte d'appello.

PQM

La Corte accoglie per quanto di ragione il primo, il secondo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di restituzione ex art. 336 c.p.c., comma 2 proposta dalla Magnolia Garden s.n.c.
Rigetta nel resto il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Manda la cancelleria per la comunicazione della sentenza all'Ufficio italiano marchi e brevetti.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2015.


 

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