REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVANI Piero - Presidente -
Dott. FUMO Maurizio - Consigliere -
Dott. ZAZA Carlo - rel. Consigliere -
Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere -
Dott. MICHELI Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.G.;
avverso la sentenza del 10/01/2013 della Corte d'Appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria con motivi aggiunti depositata dal ricorrente;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale SPINACI Sante che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l'imputato l'avv. ALESSI Fiorenzo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Rimini del 03/06/2009, con la quale C.G., presidente del consiglio di amministrazione fino al 06/03/2002 e poi liquidatore della Adiuncta Data s.r.l., dichiarata fallita in Rimini il _____, veniva ritenuto responsabile di continuazione nel reato di esposizione di passività inesistenti mediante utilizzazione di fatture fittizie emesse nei confronti della fallita nell'anno 2001 per complessive L. 1.240.000.000, così modificata l'originaria imputazione di causazione del fallimento per operazioni dolose, e di quello di indicazione dei relativi elementi passivi nella dichiarazioni fiscali, la Corte d'Appello di Bologna riqualificava il reato fallimentare nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, e dichiarava non doversi procedere per il reato tributario in quanto estinto per prescrizione, rideterminando la pena inflitta in anni uno e mesi quattro di reclusione.

L'imputato ricorre in primo luogo sull'affermazione di responsabilità, e deduce violazione di legge e contraddittorietà della motivazione laddove, nonostante vi si riconoscesse espressamente che l'inserimento delle fatture fittizie nella contabilità della fallita era stato effettuato non per cagionare il fallimento o ridurre le somme disponibili per i creditori, ma a scopo di evasione fiscale, si riteneva sussistente nella condotta anche il fine di danneggiare lo stesso erario quale creditore dell'impresa, non corrispondente al dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice della falsificazione delle scritture contabili di cui alla L. Fall., art. 216, ma a quello del diverso reato di dichiarazione fraudolenta a fine di evasione fiscale. Lamenta altresì contraddittorietà della motivazione, nella ritenuta difficoltà della ricostruzione della gestione della fallita a seguito della condotta, rispetto alla mancanza di prove sul punto ed a quanto affermato nella relazione del curatore in ordine alla formale correttezza della tenuta della contabilità. Sul diniego della sospensione condizionale della pena, il ricorrente deduce violazione di legge nella mancata valutazione dell'incensuratezza dell'imputato, dei pagamenti dei dipendenti della fallita dallo stesso effettuati con denaro proprio, della sostanziale ammissione dei fatti e della richiesta del rito alternativo. Con la memoria successivamente depositata, oltre a ribadire i rilievi sull'affermazione di responsabilità, il ricorrente deduce violazione di legge nelle riqualificazioni giuridiche del fatto operate nel corso del procedimento, con riguardo al pregiudizio del diritto della difesa di interloquire sulle stesse.

Motivazione

I motivi proposti sull'affermazione di responsabilità dell'imputato sono fondati nei termini che seguono.
Va premesso come corrisponda indubbiamente al vero quanto richiamato nella sentenza impugnata in ordine al principio per il quale la norma incriminatrice della bancarotta fraudolenta documentale ricomprende nella sua previsione ogni ipotesi di falsità, anche ideologica, dei documenti contabili (Sez. 5, n. 3115 del 17/12/2010 (28/01/2011), Clementoni, Rv. 249267). Tale indicazione generale, tuttavia, implica che la falsità documentale debba essere in concreto idonea a compromettere la funzione delle scritture contabili, tutelata dal reato, e che detta idoneità sia oggetto di congrua motivazione (Sez. 5, n. 14042 del 04/03/2013, Simona, Rv. 254981).

La mera esposizione di costi fittizi, che nella specie integra la falsità contestata, non è pertanto sufficiente ad integrare di per sè l'ipotesi di bancarotta ritenuta a carico dell'imputato con la sentenza impugnata (Sez. 5, n. 29336 dei 20/04/2007, Di Salvo, Rv. 237255); occorrendo altresì che sia ravvisabile, e specificamente motivata, l'attitudine della condotta a porre in essere un effettivo pregiudizio per la ricostruzione dell'andamento contabile della fallita e per la garanzia che tale possibilità di ricostruzione offre ai creditori della stessa, in modo da attribuire concretezza ai dolo specifico di danno per i creditori che contraddistingue la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale per falsificazione della contabilità.

In questa prospettiva, la motivazione della sentenza impugnata è carente laddove all'accertamento dell'annotazione di fatture fittizie seguiva l'apodittica affermazione della rilevanza di tale falsità ai fini della sussistenza di un reato, quello per l'appunto di bancarotta fraudolenta documentale, peraltro ritenuto solo con la stessa sentenza a seguito della derubricazione dell'ipotesi di esposizione di passività inesistenti riconosciuta con la sentenza di primo grado; non essendo in altre parole indicate le ragioni per le quali debba ritenersi che nella situazione esaminata l'annotazione delle fatture fosse idonea ad integrare l'offensività specificamente propria del reato di cui sopra.
Sussiste pertanto la dedotta mancanza di motivazione sul contenuto del dolo specifico del reato. Non senza considerare che, a voler ipotizzare detto dolo specifico come esistente, non si comprenderebbe per quali ragioni non sia stata ritenuta configurabile la fattispecie incriminatrice dell'esposizione di passività inesistenti, qualificata da un dolo specifico di contenuto analogo a quello del reato di bancarotta fraudolenta documentale per alterazione della contabilità e indubbiamente speciale, nelle modalità esecutive della condotta, rispetto a quest'ultima.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Bologna per nuovo esame sulle indicate carenze motivazionali, rimanendo assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.

PQM

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Bologna per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2014


 

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