TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE
III Sezione civile
Riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. _________________ Presidente
dr. _________________ Giudice
dr. _________________ Giudice rel.
sciogliendo la riserva formulata all’esito dell’udienza del _________
ha emesso nell’ambito della procedura di concordato iscritta al . _________________ il seguente
DECRETO

Svolgimento del processo

Con ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo ritualmente presentato, il legale rappresentante della ___________ , con sede legale in ________, chiedeva che la suindicata società fosse ammessa alla procedura di concordato preventivo ex art. 160 ss. L.fall.
La proposta concordataria ed il relativo piano di natura strettamente liquidatoria, così come emendato nella modifica ed integrazione depositaria in data _________, prevedeva la soddisfazione integrale delle spese in prededuzione e del credito dell’Agenzia delle Entrate per IVA e ritenute, dei crediti di lavoro e dei professionisti, la soddisfazione parziale (nella misura dell’81,53% dei crediti vantati dagli artigiani e dalle cooperative), la retrocessione a chirografo –oltre alla quota di credito artigiani e cooperative rimasto insoddisfatto- di tutti gli altri creditori prelatizi mobiliari, per i quali era prevista la soddisfazione nella percentuale del 5% attraverso l’immissione, condizionata all’omologa del concordato, di finanza esterna per € _______.

All'udienza del _________ parte proponente chiedeva termine per presentare un piano alternativo che prevedesse la falcidia dell’IVA e delle ritenute fiscali. Tale piano, depositato in data _______, prevedeva il pagamento integrale delle spese in prededuzione e dei creditori prelatizi mobiliari nel rispetto dell’ordine dei privilegi fino a capienza dell’attivo concordatario e, quindi, un pagamento parziale nella misura del 54,83% a partire del credito dell’Agenzia delle Entrate per imposte dirette e la retrocessione a chirografo – oltre alla quota di credito erariale per imposte dirette non soddisfatto- del credito IVA e dei creditori relativi a tributi locali. Anche in tale ipotesi, la soddisfazione nella misura del 5% dei creditori chirografi e dei privilegiati retrocessi a chirografo veniva garantita dal medesimo apporto di finanza esterna.

La società proponente chiedeva, dunque, di sottoporre all’approvazione dei creditori il piano da ultimo presentato. In subordine, ove il Tribunale non aderisse alle argomentazioni relative alla falcidiabilità dell’Iva e delle ritenute, disporre procedersi alte operazioni di voto sulla base della precedente proposta già agli atti e sopra delineata.

Motivazione

Tanto premesso, occorre evidenziare come nell'ambito del sindacato giurisdizionale relativo alla fase di ammissione dell'imprenditore alla procedura di concordato preventivo, il Tribunale deve pronunciare sulla “fattibilità giuridica” del concordato, e in particolare sulla possibilità giuridica di ammettervi una società in base ad un piano che prevede il pagamento parziale del tributo IVA e delle ritenute alla fonte.
Orbene questo Tribunale, aderendo all'orientamento critico formatosi in dottrina e in giurisprudenza nei confronti dell’indirizzo interpretativo prescelto dai giudici di legittimità (Cassazione civile sentenze gemelle n, 22931 e 22932/11: n. 14447/14: 954l/l4; 7667/12) e conformato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n 225/14, ritiene che la domanda di concordato preventivo presentata da ______ contenente una proposta di pagamento in misura percentuale del credito IVA e per ritenute fiscali, sia ammissibile.
La Cassazione ha affermato l'intangibilità e l’insuscettibilità qualsivoglia falcidia del eredito IVA e delle ritenute fiscali non versate pur in ipotesi di concordato non accompagnato da transazione fiscale e ciò per effetto della previsione dell’art, 182-ter L. fall. (che esclude espressamente nell'ipotesi di concordato con transazione fiscale la falcidia sul capitale dell'IVA e delle ritenute), considerata norma dalla valenza non processuale, ma sostanziale, che attribuisce a tali crediti un trattamento peculiare ed inderogabile, che si applica ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all’istituto della transazione fiscale, e dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi.
Come emerge dalla Relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del d.l. n, 185 del 2008, la disposizione volta ad escludere il pagamento parziale dell'IVA in sede di concordato preventivo è scaturita dalla necessità di non contravvenire alla “normativa comunitaria che vieta allo Stato membro di disporre una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva al diritto di procedere ad accertamento e verifica”, con riferimento alla direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE. L’ "ottavo considerando" della direttiva in parola afferma che “In applicazione della decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie dette Comunità europee, il bilancio delle Comunità europee, salvo altre entrate, è integralmente finanziato da risorse proprie delle Comunità. Dette risorse comprendono, tra l’altro, quelle provenienti dall’IVA, ottenute applicando un'aliquota comune ad una base imponibile determinata in modo uniforme e secondo regole comunitarie”.
Le norme che disciplinano le risorse proprie dell'Unione e la direttiva IVA, in combinato disposto con il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4. paragrafo 3, TUE, impongono, dunque, ad ogni Stato membro di garantire l'effettiva riscossione delle risorse proprie dell’Unione, compresa l’IVA.

Ora è da osservare in primis come le giustificazioni addotte a sostegno della natura sostanziale della norma che prevede l’infalcidiabilità dell’IVA e, come tale operante in tutte le ipotesi di soluzione concordata della crisi d’impresa, ovvero la natura di risorsa propria dell’unione Europea, non valgono con riferimento alle ritenute fiscali operate e non versate.
][ divieto di falcidia delle ritenute operate e non versate è dei tutto privo di giustificazione a livello comunitario, non essendovi al riguardo alcun vincolo di matrice sovranazionale.
Dalla relazione ministeriale di accompagnamento al d. 1. n 78/10 (che all'art. 29 ha esplicitato la non decurtabilità anche delle ritenute operate e non versate), emerge che l’equiparazione delle ritenute all'imposta sul valore aggiunto trova il suo fondamento nel fatto che anche le ritenute operate dal sostituto d'imposta a titolo di acconto sono più utilizzate in detrazione dal sostituto, in diminuzione del proprio debito tributario, essendo le ritenute d'acconto somma di terzi che il sostituto trattiene allo scopo di riversarle allo Stato. Pertanto, si legge “le analogie con l’imposta sul valore aggiunto rendono irragionevole una disparità di trattamento”.
Si tratta, dunque, di una precisa scelta legislativa inserita nell'ambito della transazione fiscale e che, come chiarito, non ha alcun fondamento in vincoli comunitari.
Quanto all’IVA, il rispetto delle norme comunitarie, che impongono agli Stati membri di adottare ogni misura atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea, non comporta la intangibilità del credito iva ha sorto dall'applicazione di tali norme.
Il rispetto delle norme comunitarie, infatti, può essere bilanciato con altri interessi e valori meritevoli di tutela alla luce delle specifiche circostanze del caso.
Come sostenuto dall’Avvocato generale della Corte di Giustizia UE (Eleaonor Sharpston) nella causa C-546/14 – _____ di _______ in liquidazione (Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Udine), il sistema comune dell'IVA non impone agli stessi Stati membri di accordare ai crediti IVA un trattamento preferenziale rispetto alle altre categorie di crediti: “poiché nel diritto dell’ Unione non vi sono norme di armonizzazione relative al rango dei crediti IVA, gli Stati membri devono essere liberi di ritenere che altre categorie di crediti (quali gli stipendi o i contributi previdenziali - o, nel caso di soggetti passivi singoli, gli alimenti) meritino una tutela maggiore”.
In talune circostanze -prosegue l'avvocato generale- uno Stato membro può, invece, ragionevolmente ritenere legittima una rinuncia al pagamento integrale di un credito IVA, purché siffatte circostanze siano eccezionali, puntuali e limitate, e purché lo Stato membro non pregiudichi il principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA. Ciò che ricorre nell'ipotesi considerata, ovvero quando il soggetto passivo si trova in stato di difficoltà finanziaria ed il suo patrimonio non è sufficiente a soddisfare tutti i creditori.
Da ciò consegue, sempre secondo l'avvocato generale, che al sistema comune dell'IVA non ostano norme razionali che consentono ad uno Stato membro di accettare un pagamento parziale del debito IVA da parte di un imprenditore in difficoltà finanziaria, nel corso di un concordato preventivo basato sulla liquidazione del suo patrimonio, a condizione che un esperto indipendente concluda che non si otterrebbe un pagamento maggiore di tale credito in caso di fallimento.
Condividendo tali argomentazioni il Tribunale ritiene che il credito dello Stato per IVA possa essere oggetto di pattizia previsione di pagamento percentualmente ridotto e tanto in virtù di quanto previsto dall’art. 160, comma 2, L. fall.; il pagamento parziale del debito IVA da parte di un imprenditore in difficoltà finanziaria, nel corso di un concordato preventivo basato sulla liquidazione del suo patrimonio, è possibile a condizione che un esperto indipendente concluda che non si otterrebbe un pagamento maggiore di tale credito in caso di fallimento.

Se, infatti, è possibile che un concordato preventivo comporti il pagamento di una porzione maggiore del debito IVA rispetto a quanto accadrebbe in caso di fallimento, il contrario può non essere vero. Nello scenario fallimentare o comunque liquidatorio alternativo al concordato, ove il soggetto passivo si trovi in uno stato di difficoltà finanziaria tale da non riuscire a soddisfare tutti i creditori, potrebbe infatti accadere che il credito IVA ottenga, in ragione del suo rango, una soddisfazione nulla o inferiore rispetto a quanto previsto nel piano concordatario.
La procedura dì concordato, dunque, non comporta una rinuncia generale ed indiscriminata al potere dell’amministrazione finanziaria di ottenere il pagamento dei crediti IVA -diversamente dalle disposizioni nazionali in discussione nelle due cause Commissione/Italia (Sentenze Commissione/Italia C-132/06 e C174/07)-. ma una sua parziale rinunzia, coerente, altresì, con la Raccomandazione della Commissione agli Stati membri del 12 marzo 2014, relativa ad un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all'insolvenza, di eliminare gli ostacoli all'efficace ristrutturazione di imprese sane in difficoltà finanziaria, promuovendo l'imprenditoria, gli investimenti e l'occupazione e contribuendo a ridurre gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno.
Certamente nel caso concreto all’esame del Tribunale nell’alternativa liquidatoria si verificherebbe una minore soddisfazione del credito IVA rispetto alla percentuale di soddisfazione offerta nel piano di concordato.
Le risorse proprie dell’imprenditore infatti, non valgono a soddisfare integralmente tutti i creditori privilegiati, e soprattutto, non consentono dell’IVA. Nell’ipotesi fallimentare, dunque, non si avrebbe alcuna soddisfazione del credito erariale a tale titolo.
Nel piano concordatario, invece, l’apporto di finanza esterna, assente nell’alternativa fallimentare, consente il pagamento dei creditori chirografi e dei prelatizi retrocessi a chirografo nella misura del 5%. Insomma l’alternativa concordataria consente la massima riscossione possibile, con tutela, dunque, anche degli interessi erariali e comunitari.
Al riguardo l'avvocato generale osserva che “una disposizione di diritto nazionale non può essere ritenuta incompatibile con l’obbligo di garantire l’effettiva riscossione delle risorse dell'Unione semplicemente perché sceglie un mezzo, piuttosto che un altro, per ottenere la massima riscossione possibile”.
Alla luce di tali considerazioni ritiene il Collegio che l'art. 182-ter L. fall. laddove prevede che non possono costituire oggetto di transazione l'IVA e le ritenute operate e non versate, è da intendersi come norma di carattere eccezionale, e come tale non suscettibile di interpretazione estensiva o di applicazione analogica, ed operante solo allorquando contestualmente al piano di cui all'art. 160 L. fall. venga proposta la transazione fiscale.
Non si condivide l'assunto della Cassazione secondo cui “non avrebbe alcuna giustificazione logica e che quindi non sia credibile che il legislatore abbia inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore assoggettarsi all’onere dell’integrale pagamento dell’IVA, imposta armonizzata a livello comunitario sulla cui gestione, si ribadisce, gli Stati non sono esenti da vincoli (si veda Corte giustizia CE, sez. 5^, 11/12/2008, n. 174), optando per la transazione fiscale oppure avvalersi della possibilità di proporne un pagamento parziale decidendo per il concordato senza transazione”.
Non può infatti ritenersi che l'art. 182-ter sia espressione di un principio generale, posto che con il ricorso alla transazione fiscale il debitore persegue specifiche finalità: il debitore che ne abbia la disponibilità economica, scegliendo di ricorrere alla transazione fiscale mira al consolidamento del debito fiscale e alla cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al primo comma dell'art. 182-ter. Effetti, questi, che si ricollegano ad una precisa volontà del debitore, consentita dall’ordinamento, e che non si realizzano nell’ipotesi di concordato senza transazione fiscale.
Oltre che con il dato letterale, il principio affermato dalla Cassazione di intangibilità del credito IVA e della sua natura di credito superprivilegiato, opera in contrasto da un lato con le norme della legge fallimentare e con il rispetto dell'ordine delle cause legittima di prelazione, dall'altro con lo spirito che ha animato le riforme susseguitesi negli ultimi anni favorevole a soluzioni negali della crisi di impresa.
Sotto il primo profilo, infatti, la Cassazione ha affermato che "deve escludersi che la necessità dell’integrale pagamento dell’IVA comporti quella dell’integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore in ossequio al principio secondo cui “il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione (L. fall., art. 160, comma 2, u.p.). La disposizione che sostanzialmente esclude il credito IVA da quelli che possono formare oggetto di transazione, quanto meno in ordine all’ammontare del pagamento, è una disposizione eccezionale che, come si è osservato, attribuisce al credito in questione un trattamento peculiare e inderogabile".

Secondo gli ermellini il credito relativo all'IVA (e conseguentemente anche quello avente ad oggetto ritenute operate e non versate) sarebbe assistito, sulla base di una disposizione eccezionale, da una sorta di "superprivilegio" o sarebbe addirittura da considerare "quasi producibile"; conseguentemente il loro integrale pagamento non inciderebbe automaticamente sul trattamento degli altri crediti e quindi quelli assistiti da privilegio anteriore potrebbero ciò nonostante essere pagati parzialmente.
Orbene, il pagamento integrale del credito IVA e delle ritenute operate e non versate, in caso di incapienza del patrimonio dell'impresa al pagamento integrale dei creditori privilegiati di grado anteriore al 19°, determina la degradazione a chirografo dei crediti privilegiali di grado anteriore, ovvero di quei crediti che, nell’alternativa fallimentare riceverebbero di certo, in ragione della loro collocazione, una soddisfazione maggiore. Ne deriva, dunque, la violazione dell’art. 160, comma 2, della L. fall. laddove consente una soddisfazione non integrale dei creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista un possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d).
Nel caso di incapienza dell'attivo a soddisfare integralmente i crediti privilegiati, il presupposto della possibilità dì pagamento parziale dei crediti privilegiati richiesto da tale norma non si verifica, perché mediante la liquidazione fallimentare dell'impresa, nell'ambito della quale non ricorre l'obbligo di pagamento integrale dei crediti per iva e ritenute, i creditori privilegiati anteriori al Fisco verrebbero soddisfatti in misura più elevata di quella realizzabile in sede concordataria, grazie all'utilizzabilità delle risorse che nell'altra ipotesi verrebbero destinate all'Erario in virtù del carattere “superprivilegiato” del suo credito.
Pertanto l'attestazione richiesta dalla suddetta norma mai potrebbe essere rilasciata, atteso che nella fattispecie, i crediti con grado di privilegio anteriore all'lVA nell'alternativa liquidatoria di certo godrebbero di un trattamento migliore.
Inoltre una domanda di concordato che prevede l’infalcidiabilità di IVA e ritenute e la non integrale soddisfazione dei crediti dotati di privilegio di grado anteriore, sarebbe non conveniente per i creditori privilegiati anteriori all'Erario e il concordato, in presenza di opposizione e, dunque di valutazione circa la convenienza della soluzione concordataria rispetto all'alternativa della liquidazione in sede fallimentare (ed. cown down), non sarebbe omologabile.
In ipotesi di incapienza del patrimonio sociale al pagamento dei creditori anteriori all’IVA, dunque, non può consentirsi la destinazione delle risorse proprie dell'impresa al pagamento integrale di IVA e ritenute in danno dei creditori muniti di privilegio di grado anteriore che troverebbero altrimenti capienza.
Il divieto di alterazione dell’ordine dei privilegi, la veridicità e ancor prima la possibilità dell’attestazione di cui comma 2 dell’art. 160 L. fall. sarebbero principi rispettati solo destinando al pagamento integrale di IVA e ritenute finanza esterna, ovvero ritorse assenti nell'alternativa fallimentare.
Ma ciò, e così passando al secondo profilo di criticità sopra evidenziato, non consentirebbe l'accesso al concordato a quelle imprese che non siano in grado di apportare finanza esterna per il pagamento dei debito per IVA e ritenute operate e non versate, cosi introducendo una limitazione non prevista dalla legge.

Calando tali osservazioni nel caso di specie, il piano alternativo presentato dalla ___ laddove prevede la soddisfazione integrale di IVA e ritenute con risorse proprie, ma non il pagamento dei creditori privilegiati anteriori al Fisco, dovrebbe essere dichiarato inammissibile, con conseguente perdita, nell'ipotesi fallimentare, dell'apporto di finanza esterna e, in definitiva, considerata l'incapienza del patrimonio de! debitore, realizzando una minore soddisfazione anche del credito IVA.

Infine occorre sottolineare come nell'ipotesi di concordate preventivo senza transazione fiscale che preveda la falcidiabilità del credito IVA e per ritenute, lo Stato potrà comunque, in sede di voto, in quanto non integralmente soddisfatto, valutare la bontà della soluzione offerta in ordine ai soddisfacimento del credito erariale, tenendo conto altresì del minor gettito derivante da fallimento dell'impresa e, dunque, della possibilità di un introito di somme in misura superiore ed in tempi più rapidi rispetto a quanto potrebbe avvenire in caso di fallimento, o, invece, esprimere un voto contrario al concordato (o spiegare opposizione dinanzi al Tribunale) qualora non concordi con le conclusioni dell’esperto indipendente.

PQM

Per tutte le suesposte ragioni il Tribunale ritiene ammissibile il piano concordatario presentato da __________ che prevede un soddisfacimento parziale del credito erariale per IVA e ritenute fiscali operate e non versate.
Fissa per le operazioni di voto l'udienza del _______ ore ___.
Così deciso in Santa Maria Capua Vetere, nella Camera di Consiglio del 17 – 02 - 2016.


 

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