Repubblica Italiana
in nome del Popolo Italiano
IL TRIBUNALE DI CALTANISSETTA
Sezione Civile
in composizione monocratica, nella persona del Giudice, dott. Andrea Giuseppe Antonio Gilotta, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1253/2010 del Ruolo Generale degli affari civili contenziosi, vertente
tra
la PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA, in persona del suo Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Caltanissetta e domiciliata presso gli Uffici di quest’ultima;
attrice
contro
B. C.,; M.S.; F. M.; A.G.A. e D.T.L., tutti rappresentati e difesi, giusta mandato in atti, dall’avv. Tommaso Raimondo e domiciliati in Caltanissetta presso lo studio dell’avv. Francesco Panepinto;
convenuti
e contro
R.G.; B.F.; B.G.; B.P.; B.R.; B.G.; B.P.E.; M.T.; R.S.; B.R.;
convenuti contumaci
All’udienza del 25.6.2015 le parti precisavano le rispettive conclusioni come da verbale e la causa veniva posta in decisione con l’assegnazione dei termini di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di venti giorni per il deposito delle memorie di replica.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 29.6.2010 la Presidenza della Regione Siciliana, chiedeva a questo Tribunale la condanna dei convenuti “pro quota e in solido”, al pagamento della complessiva somma pari ad € 57.479,80, oltre interessi e rivalutazione, a titolo di rimborso per le spese di “risanamento” sostenute, in via di urgenza, sull’immobile condominiale sito in Pietraperzia, Viale Libertà 8; in subordine chiedeva la condanna dei convenuti al pagamento dell’indennizzo “ai sensi e nei limiti di cui all’art. 2041 c.c.”.
Si costituivano B. C., M.S., F. M., A.G.A. e D.T.L, contestando a vario titolo le domande di parte attrice e chiedendone il rigetto.
Non si costituivano, invece, benché ritualmente vocati in giudizio, gli altri convenuti, dei quali va pertanto dichiarata la contumacia.

Motivazione

Si osserva che la presente controversia è pacificamente sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 1134 c.c., norma che riconosce al condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza l’autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea il diritto al rimborso delle spese urgenti.
In proposito, è stato bene osservato, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, che l’art. 1134 c.c. conferma il principio dell’«esclusività» della gestione condominiale da parte dell’assemblea e dell’amministratore, giustificando l’iniziativa del singolo condomino unicamente nei casi urgenti.
Ne consegue che il condomino che abbia assunto di propria iniziativa (ossia senza autorizzazione degli organi condominiali) la gestione della cosa comune sostenendo le relative spese, potrà ottenerne il rimborso dagli altri condomini, unicamente ove provi di aver agito in via di urgenza.
La rigidità della norma - che di fatto consente un indebito arricchimento del condominio in danno del condomino che abbia assunto iniziative non urgenti di gestione della cosa comune, (e senza la previa autorizzazione degli organi condominiali) si giustifica con l'esigenza di evitare «dannose interferenze» nell'amministrazione delle parti comuni (Cass. S.U. 2046/2006 e Cass. 7181/1997).

In tal senso è stato condivisibilmente precisato che la presenza normale e spesso obbligatoria (art. 1129) di un organo amministrativo stabile restringe i poteri del singolo condomino sino al punto che il suo diritto al rimborso non può sorgere neppure in modo indiretto, nel senso che il condomino non può invocare l'applicazione della normativa in tema di utile gestione o di arricchimento senza causa (Cass. 9629/1994: l'esperibilità dell'azione generale di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ. postula, per il disposto dell'art. 2042, la non esperibilità di altra azione per conseguire l'indennizzo del pregiudizio subito. Ne consegue che il giudice in presenza di una pluralità di domande - oltre quella ex art. 2041 cod. civ. -fondate su titoli diversi, deve preliminarmente decidere sulla fondatezza di queste ultime e solo ove decida di non accoglierle potrà esaminare l'azione sussidiaria di arricchimento, sempreché l'impossibilità di proporre quest'ultima non derivi da un divieto stabilito dalla legge. (Nella specie, un condomino aveva chiesto il rimborso della spesa sostenuta per la manutenzione della cosa comune, in base ad un triplice titolo: l'accordo di tutti i condomini, l'urgenza della spesa ex art. 1134 cod. civ. e l'arricchimento senza causa. La S.C. nel formulare il principio di cui in massima ha precisato che al condomino non compete l'azione di arricchimento in caso di spesa non urgente, stante il divieto di rimborso stabilito dall'art. 1134 cod. civ. al di fuori delle ipotesi ivi previste).

Da un punto di vista probatorio, peraltro, l’onere di dimostrare di aver sostenuto la spesa in via d’urgenza e senza aver potuto avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini, grava sul condomino che chiede il rimborso ai sensi del citato art. 1134 (Cass. 4364/2001).
In ordine, poi, alla tipologia delle spese “urgenti”, possono definirsi tali quelle spese che, secondo il criterio del bonus pater familias, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile - anche se non certo - nocumento alla cosa comune (Cass. 6400/1984, Cass. 5356/1977, Trib. Bologna Sez. III, 21.4.2005: va ritenuta urgente la spesa che non può essere differita, senza danno o pericolo per la cosa comune, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere; vedasi altresì Trib. Trani 22.1.2008: il concetto di “urgenza” impiegato nell'art. 1134 c.c., designa, dunque, una stretta necessità, immediata ed impellente, che non poteva essere differita senza danno alle cose comuni o alla proprietà esclusiva del condomino e, quindi, senza possibilità di avvertire tempestivamente l'amministratore e gli altri condomini). Tale condizione non sussiste nelle ipotesi in cui la situazione a cui l'intervento vuol porre riparo si protragga da anni; in tal caso, infatti, il singolo condomino potrà convocare l'assemblea condominiale per l'adozione dei provvedimenti di competenza e, nell’ulteriore ipotesi di inerzia dell'assemblea, ovvero di mancato raggiungimento di un accordo, potrà rivolgersi all'organo giudiziario competente con le forme della procedura camerale di volontaria giurisdizione a norma dell'art. 1105 per ottenere le provvidenze sostitutive di quelle di competenza dell'assemblea ed eventualmente con nomina di un amministratore ad hoc (App. Napoli Sez. II, 22.7.2008).

Sul punto è stato ulteriormente precisato che «l'urgenza va commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a se o a terzi o alla stabilità dell'edificio, un danno ragionevolmente imminente, e/o alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità. Come semplificativamente affermano gli studiosi della materia: se cadono dei calcinacci da un cornicione, l'amministratore avrà l'obbligo di far rimuovere tutti quegli elementi pericolanti, ma non anche quello di chiamare una ditta per eseguire i lavori di ristrutturazione, allo stesso modo se si rompe l'autoclave e non è possibile in alcun modo intervenire per tamponare l'emergenza al fine di convocare un'assemblea e decidere della sostituzione, l'amministratore deve provvedere alla sostituzione per ripristinare e, quindi, garantire l'erogazione dei servizi comuni» (Cass. 27519/2011)» (Cass. 27519/2011).

Venendo all’esame del caso di specie, si osserva che ai fini della valutazione circa l’urgenza dei lavori di rifacimento effettuati dalla Regione Siciliana, non assume alcuna rilevanza la dichiarazione redatta dalla Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 146 del d.P.R. 554/1999 (regolamento di attuazione della legge quadro sui lavori pubblici), essendo essa, unicamente destinata a costituire presupposto per l’esecuzione dei lavori in economia ai sensi dell’art. 88 del citato d.P.R.. E anzi la redazione del detto “verbale di urgenza” - quale atto interno della P.A., propedeutico alla individuazione delle modalità procedimentali dell’intervento di manutenzione - induce a ritenere che l’Ente regionale abbia già affrontato e risolto il problema relativo alla competenza a gestire l’intervento di ripristino, decidendo di provvedere autonomamente, senza la previa autorizzazione degli organi condominiali. Pertanto la sussistenza delle ragioni di urgenza che hanno indotto la Presidenza della Regione a non richiedere al Condominio le necessarie autorizzazioni resta tutta da valutare e deve effettuarsi alla luce dei menzionati criteri interpretativi ricavati dall’art. 1134 c.c.
Ora, premesso che in occasione dell’intervento dei Vigili del Fuoco dell’11.1.2006 erano state rimosse «le parti pericolanti» dell’intonaco dei cornicioni e dei balconi condominiali, con conseguente eliminazione del pericolo “imminente” (restando unicamente da eseguirsi le ulteriori verifiche circa le cause del dissesto e le conseguenti opere di consolidamento: vedasi allegato n. 3 di parte attrice “segnalazione di dissesto statico” a firma del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco), la valutazione circa la sussistenza o meno del requisito dell’urgenza ai sensi dell’art. 1134 c.c., dovrà effettuarsi con riguardo ai successivi interventi di ripristino effettuati dalla Regione.
A tal fine si rileva che dal contenuto del verbale di sopralluogo redatto dal tecnico del Genio Civile in data 13.1.2006, non emergono significative ragioni di urgenza, tali da giustificare – in relazione ai detti lavori di “rifacimento” - il mancato coinvolgimento degli organi condominiali. Né può ritenersi – contrariamente a quanto affermato dal C.T.U. che «la presenza di distacco di parte dell’intonaco sottostante il balcone mansardato sito al 5° piano lato sx […] e la presenza di pignatte non più integre e travetti privi del copriferro con tondini scoperti e corrosi» possano integrare gli estremi di quella urgenza che sia tale da imporre un intervento talmente immediato da non consentire di avvisare l'amministratore o gli altri condomini (Cass. 4364/2001). Detta valutazione riposa su un duplice ordine di considerazioni. Da una parte – come già osservato - il pericolo imminente di danno risulta essere stato rimosso dai Vigili del Fuoco intervenuti in data 11.1.2006 (né rileva in senso contrario la prospettata “urgenza” dei lavori di ripristino e consolidamento, atteso che non vi sono elementi per ritenere che l’urgenza menzionata dai Vigili del Fuoco sia proprio quella prevista dall’art. 1134 c.c. e determinante l’impossibilità di coinvolgere gli organi condominiali); dall’altra, la stessa procedura concretamente adottata dalla Regione Siciliana per l’esecuzione dei lavori (redazione di verbale ai sensi dell’art. 146 d.P.R. 544/1999, aggiudicazione degli stessi e loro consegna alla ditta aggiudicataria), conferma, in tutta evidenza, che la Regione avrebbe ben potuto utilizzare parte del tempo speso per l’avvio della detta procedura amministrativa per chiedere all’assemblea o all’amministratore del Condominio le prescritte autorizzazioni ad intervenire.
Ed infatti, a fronte dei sopralluoghi effettuati l’11.1.2006 e il 13.1.2006 (rispettivamente dai Vigili del fuoco di Enna e dai tecnici del Genio Civile), l’Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici – Ufficio del Genio Civile di Enna, inoltrava alla Presidenza della Regione Siciliana il menzionato verbale ex art. 146 d.P.R. 554/1999 solo in data 13.6.2006, ossia dopo circa 6 mesi dalla riscontrata situazione di pericolo derivante dalle condizioni dell’immobile, mentre soltanto il 22.5.2007 l’Ente regionale consegnava i lavori alla ditta appaltatrice, incaricata dell’esecuzione delle opere di ripristino.
Ora, in questo ampio lasso di tempo, è evidente che l’attrice avrebbe ben potuto chiedere l’intervento dell’amministratore del condominio ed eventualmente della stessa assemblea dei condomini affinché questi provvedessero secondo le rispettive competenze.Tale condotta della Pubblica Amministrazione - che da una parte si è astenuta dall’informare gli organi condominiali e dall’altra si è contestualmente dedicata ad una lunga procedura, durata circa 15 mesi (ossia dal febbraio 2006 a maggio del 2007) e volta all’aggiudicazione dei lavori ad una ditta esterna - vale di per sé ad escludere in radice la sussistenza del carattere “urgente” delle spese effettuate dalla Regione, con conseguente esclusione del suo diritto al rimborso. Peraltro la natura non urgente (ai sensi dell’art. 1134 c.c.) dei lavori di ripristino emerge anche dal contenuto della relazione dell’8.2.2006 inoltrata dal Genio Civile di Enna alla Presidenza della Regioni Siciliana e nella quale si invita la stessa Presidenza ad informare il Condominio per la redazione di apposito progetto di risanamento. È evidente che in tale sollecito ad informare il Condominio riposa un implicito apprezzamento di natura tecnica che espressamente contempla la possibilità – nonostante l’urgenza – di coinvolgere gli organi condominiali.

Passando all’altro presupposto previsto dall’art. 1134 c.c. per la rimborsabilità delle spese sostenute dal singolo condomino, ossia la sussistenza di una apposita autorizzazione alla spesa, da parte dell’amministratore o dell’assemblea, parte attrice deduce che la presenza dell’amministratore F. C., in sede di consegna dei lavori varrebbe quale implicita autorizzazione all’esecuzione degli stessi.
La tesi non può condividersi.
Ed invero ai sensi dell’art. 1135 comma 1 n.4) c.c. (anche nel testo vigente ratione temporis), la competenza a deliberare su spese di manutenzione straordinaria appartiene all’assemblea dei condomini e non già all’amministratore, tranne che nei casi urgenti. Pertanto, richiamandosi le superiori considerazioni in ordine alla mancanza della prospettata urgenza, parte attrice avrebbe dovuto ottenere l’autorizzazione al compimento dei lavori di manutenzione straordinaria da parte dell’assemblea dei condomini e non già da parte dell’amministratore, il quale non ha alcun potere deliberativo in ordine a spese straordinarie non urgenti. Né la condotta di parte attrice può ritenersi giustificata in base ad un legittimo affidamento riposto nella condotta dell’amministratore del condominio (presente al momento della consegna dei lavori), stante che in materia condominiale i poteri dell'amministratore, così come quelli dell'assemblea, sono regolamentati in modo specifico dalle disposizioni di cui agli art. 1130 e 1135 c.c., che limitano le attribuzioni dell'amministratore all'ordinaria manutenzione e riservano all'assemblea le decisioni circa le opere di manutenzione straordinaria. Pertanto, in tale materia, non trova applicazione il principio dell'affidamento dei terzi con riguardo ai lavori di manutenzione straordinaria eseguiti su disposizione dell'amministratore senza previa delibera dell'assemblea, stante il divieto esplicito ex art. 1135 prima parte ultimo comma c.c., per l'amministratore di ordinare lavori di manutenzione straordinaria (Corte appello Roma, sez. II, 20/09/2012, n. 4526, in Guida al diritto 2012, 46, 90).
Ciò significa che parte attrice, così come doveva e poteva rendersi conto dell’insussistenza di un’urgenza qualificata ai sensi dell’art. 1134 c.c. – secondo la menzionata diligenza del bonus pater familias –, del pari doveva e poteva percepire che la mancanza di una particolare urgenza non le avrebbe neppure consentito di rivolgersi all’Amministratore del Condominio per ottenere quell’autorizzazione al compimento di lavori di manutenzione straordinaria, che competeva unicamente all’assemblea dei condomini (peraltro, competente in via esclusiva a decidere anche sulle innovazioni e migliorie apportate allo stabile– v. relazione del CTU). pertanto, non sussistono nemmeno i presupposti per ritenere che la spesa effettuata dalla Regione sia stata autorizzata, con conseguente necessario rigetto della domanda di rimborso.
Infine e sulla base di quanto già osservato in tema di inammissibilità della richiesta di indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c. (v. Cass. 9629/1994) anche la relativa domanda non può trovare accoglimento.
Le spese di giudizio – comprese quelle di C.T.U. - seguono la soccombenza ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e vanno poste a carico di parte attrice.

PQM

Il Tribunale definitivamente pronunciando,
rigetta le domande di parte attrice e la condanna al pagamento, in favore dei convenuti costituiti, delle spese processuali – ivi comprese quelle di CTU liquidate come da separato decreto - che liquida, ai sensi del D.M. 55/2014 (il cui art. 28 prevede che “le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore”), in complessivi € 8.704,80 per compensi professionali, oltre il 15% sulle competenze a titolo di spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Caltanissetta 29.12.2015.
Il Giudice
Dr. Andrea Giuseppe Antonio Gilotta


 

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