REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria - Presidente -
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere -
Dott. BARRECA Giuseppina L. - rel. Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere -
Dott. VINCENTI Enzo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10973-2012 proposto da:
V.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell'avvocato ALLOCCA ELENA, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BERTAGLIA UGO giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO AGROFIN SRL in persona del Curatore fallimentare C. G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso lo studio dell'avvocato NUZZO MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MORA ANDREA giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1402/2011 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, SEZIONE AGRARIA, depositata il 09/01/2012, R.G.N. 1482/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l'Avvocato ELENA ALLOCCA; udito l'Avvocato MARIO NUZZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1.- Il Tribunale di Parma, sezione specializzata agraria, pronunciandosi con sentenza del 27 agosto 2009, a seguito di riassunzione dopo la dichiarazione di incompetenza da parte dello stesso Tribunale, sezione civile ordinaria, dichiarava non opponibile al Fallimento Agrofin s.r.l. la scrittura integrativa datata 12 gennaio 2005 intervenuta tra V.R. e la società poi fallita (con la quale erano stati fatti oggetto di affitto anche i fabbricati ivi specificati ed era stata prorogata la scadenza del contratto di affitto alla V. degli immobili di proprietà della Agrofin s.r.l., stipulato in data 11 novembre 2004) e condannava l'affittuaria al rilascio immediato dei beni immobili di cui alla scrittura privata, diversi dai terreni agricoli; condannava, inoltre, la V. al rilascio, alla data del 10 novembre 2009, di questi ultimi terreni, nonchè al pagamento delle spese di lite in favore del Fallimento Agrofin s.r.l.

2.- V.R. proponeva appello, eccependo, in rito, la nullità del procedimento di primo grado per vizi di notifica, e, nel merito, l'erroneità della statuizione.
Il Fallimento si costituiva, eccependo il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, per irritualità della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza dinanzi alla Corte d'Appello di Bologna, sezione specializzata agraria.
Quest'ultima, con sentenza del 3 dicembre 2009, dichiarava estinto il giudizio, compensando le spese di lite.

3.- La sentenza d'appello veniva impugnata per cassazione dalla V., mediante proposizione di ricorso affidato a sette motivi.
Il Fallimento resisteva con controricorso.
Con sentenza n. 8411 del 31 marzo 2011 la Corte di Cassazione accoglieva il secondo motivo, cassava la sentenza impugnata e rinviava alla Corte d'Appello di Bologna, sezione specializzata agraria, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

4.- Riassunto il giudizio di rinvio da parte di V.R. e costituitosi il Fallimento della Agrofin s.r.l., in persona del curatore, la Corte d'Appello, con la decisione ora impugnata, pubblicata il 9 gennaio 2012, ha rigettato le eccezioni preliminari della ricorrente in riassunzione, già appellante. Nel merito, ha ritenuto opponibile al fallimento la scrittura integrativa del 12 gennaio 2005, ma ne ha dichiarato la nullità, ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346, in quanto non registrata; conseguentemente, ha ritenuto che la data di rilascio dei beni elencati nel contratto di affitto di terreni stipulato in data 11 novembre 2004 fosse quella in esso indicata del 10 novembre 2009. Ha perciò confermato la sentenza di primo grado, quanto alla condanna della V. sia al rilascio dei terreni indicati nel contratto, sia al rilascio immediato degli altri beni immobili, ritenuti oggetto di contratto di comodato. Ha compensato tra le parti le spese del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio.

5.- Avverso la sentenza V.R. propone ricorso affidato a tre motivi, l'ultimo dei quali articolato in più censure.
Il Fallimento Agrofin s.r.l. resiste con controricorso e memoria.

Motivazione

1.- Col primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 170 cod. proc. civ. e art. 125 disp. att. cod. proc. civ., nonchè vizio di motivazione, al fine di censurare il rigetto, da parte della Corte d'Appello, dell'eccezione di nullità del giudizio di primo grado sollevata dall'appellante perchè il ricorso in riassunzione, ai sensi dell'art. 50 cod. proc. civ., dinanzi al Tribunale di Parma - sezione specializzata agraria (dopo la sentenza di incompetenza), unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, era stato notificato alla parte personalmente, rimasta contumace, anzichè al suo procuratore costituito, così come prescritto dall'art. 125 disp. att. cod. proc. civ..

1.1.- Il motivo non merita di essere accolto.
In effetti, l'affermazione della Corte d'Appello secondo cui quest'ultima disposizione non si applicherebbe al rito locatizio, che regola le controversie dinanzi alle sezioni specializzate agrarie, va disattesa.
Questa Corte si è già espressa nel senso che, nelle controversie che seguono il rito del lavoro, è nulla la notificazione dell'atto di riassunzione alla controparte piuttosto che al suo procuratore costituito (cfr. Cass. n. 3981/88, che precisa che trattasi di nullità sanata dalla costituzione in giudizio; cfr. anche Cass. n. 10887/92, che precisa che la nullità va eccepita con l'atto di appello) <7b>ed il principio va qui ribadito.
Giova precisare che non appare pertinente, in senso contrario, il richiamo contenuto nel controricorso del Fallimento all'art. 428 c.p.c., comma 2, dal momento che questa norma si riferisce ai procedimenti promossi in primo grado col rito del lavoro e concerne perciò la competenza per territorio, mentre non è applicabile alle controversie di lavoro che siano state erroneamente instaurate col rito ordinario dinanzi ad un giudice incompetente per materia, trovando in tal caso applicazione la disciplina generale degli artt. 38 e 50 cod. proc. civ. (così Cass. n. 5352/88).

1.2.- Va tuttavia presa in considerazione una seconda ratio decidendi, espressa dalla Corte d'Appello con l'affermazione che, nella specie, la nullità, ove esistente, sarebbe stata sanata dalla costituzione in giudizio di V.R.
Parte ricorrente censura l'affermazione come se fosse riferita al giudizio di primo grado e fa presente che nel primo grado era rimasta contumace.
In realtà, così come rileva il resistente, l'affermazione della Corte d'appello va intesa come riferita alla costituzione della V. nel giudizio di secondo grado e, quindi, nel successivo giudizio di rinvio, nei quali si è difesa anche nel merito.
La costituzione è stata ritenuta idonea, da parte del giudice di rinvio, a dare corso alla decisione nel merito (richiesta dall'appellante), senza necessità di rimettere la causa al primo giudice.
Sotto questo profilo, relativo all'interpretazione da darsi agli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., la sentenza non è censurata.

Il primo motivo è perciò inammissibile.

2.- Col secondo motivo si deduce nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia sull'inammissibilità delle domande nuove formulate nelle cause n. 5871/2007 (poi riassunta col n. 1869/2009) e n. 5872/2007 (poi riassunta col n. 1870/2009).
La ricorrente fa presente che aveva eccepito - in primo grado (prima della declaratoria di incompetenza), con l'atto di appello, con i motivi del primo ricorso in cassazione e con l'atto di riassunzione del giudizio di rinvio - che, nel corso del giudizio dinanzi alla sezione civile ordinaria, il Fallimento Agrofin avrebbe modificato le originarie domande di rilascio degli immobili (che la curatela assumeva essere detenuti rispettivamente senza titolo od in forza di contratto di comodato o di affitto non opponibili al fallimento, perchè privi di data certa), sostituendola con una domanda di nullità del contratto di affitto prodotto in giudizio dalla parte resistente, per simulazione assoluta (avanzata all'udienza del 10 maggio 2008, tenuta dal giudice ordinario, poi dichiaratosi incompetente); cui aveva aggiunto la domanda di nullità per violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, (avanzata con la memoria autorizzata dallo stesso giudice, depositata il 29/30 settembre 2008). Sostiene che si sarebbe trattato di domande nuove, e perciò inammissibili anche quando riproposte con gli atti di riassunzione dei giudizi (dopo la dichiarazione di incompetenza), e che sulla relativa eccezione la Corte d'Appello di Bologna, in sede di rinvio, avrebbe omesso di pronunciarsi.

2.1.- A prescindere dal profilo di inammissibilità del motivo conseguente alla denuncia del vizio di omessa pronuncia ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ. - che non è configurabile in materia di eccezione puramente processuale (cfr., da ultimo, Cass. n. 7406/14) e comunque quando la decisione, adottata in contrasto con tale eccezione, ne comporti e presupponga, come necessario antecedente logico giuridico, la constatata infondatezza (cfr., oltre a Cass. n. 7406/14 appena cit., anche Cass. n. 13649/05 e, tra le tante, Cass. n. 10636/07)-, è da escludere che ricorresse un'ipotesi di domanda inammissibile. Quindi, si trattava di eccezione infondata.
In proposito, il Collegio ritiene di dover dare seguito al principio di diritto, richiamato nel controricorso, per il quale l'atto di riassunzione del giudizio che segue, ai sensi dell'art. 50 cod. proc. civ., ad una pronuncia d'incompetenza del giudice precedentemente adito, può contenere una domanda nuova in aggiunta a quella originaria, posto che la particolare funzione dell'atto riassuntivo (che è quella di conservare gli effetti sostanziali della litispendenza) non è di ostacolo a che esso cumuli in sè anche quella introduttiva di un nuovo giudizio, nel quale, secondo le regole proprie di svolgimento, dovrà essere assicurato il contraddittorio (così Cass. n. 223/11, che richiama Cass. n. 821/06).

Il principio è stato ribadito di recente da Cass. n. 15753/14, citata nella memoria del resistente, con riferimento ad una situazione processuale identica alla presente, in un giudizio in cui erano parti lo stesso Fallimento Agrofin e la società Agricola Speranza s.s., facente capo a M.G. e V.R.. Con questo precedente - che supera quello di segno contrario indicato in ricorso (Cass. n. 7392/08) - si è altresì precisato che, ove la nuova domanda fosse ritenuta inammissibile, la necessità di introdurre, per quest'ultima, un nuovo giudizio, da riunire al precedente, si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.

Il secondo motivo di ricorso va perciò rigettato.

3.- Col terzo motivo si deduce - sotto il profilo della nullità della sentenza per omessa pronuncia sull'eccezione di inapplicabilità della norma di cui appresso, nonchè sotto il profilo dell'error in iudicando - violazione e falsa applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346, (legge finanziaria 2005). Si deduce altresì il vizio di motivazione sull'efficacia e sulla validità del contratto di affittanza di azienda agricola stipulato da V.R.
Il motivo censura la dichiarazione di nullità della scrittura privata in data 12 gennaio 2005, integrativa del contratto di affitto stipulato in data 11 novembre 2004, perchè non registrata ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346.
La Corte d'Appello ha ritenuto che non vi sarebbe alcuna ragione per escludere dall'applicazione di questa norma i contratti agrari; che trattasi di norma elevata al rango di norma imperativa (come da pronuncia della Corte Costituzionale), la cui violazione comporta la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 cod. civ.; che la registrazione del contratto attiene all'efficacia nei confronti dei terzi, piuttosto che alla sua validità tra le parti; che, in quanto non registrata, la scrittura integrativa sarebbe inopponibile al fallimento, che è terzo rispetto agli accordi in essa contenuti.

3.1.- Parte ricorrente, nell'unico motivo, articola più censure.

a) In primo luogo deduce che risulta prodotto in giudizio il contratto di affitto datato 11 novembre 2004, che reca la durata quindicennale, ad integrazione di quello stipulato in pari data recante una durata quinquennale; che il contratto integrativo come prodotto è quello registrato in data 27 ottobre 2008; che questa produzione non sarebbe mai stata contestata da controparte; che avrebbe dovuto essere valutato come documento probatorio. Lamenta che la Corte d'Appello non abbia considerato questo documento, fermando la propria attenzione sulla scrittura privata del 12 gennaio 2005.
b) Quanto a quest'ultima - che peraltro la Corte di merito ha ritenuto opponibile al fallimento, con statuizione non impugnata - la ricorrente sostiene che, dato il fatto che il contratto sarebbe stato registrato il 27 ottobre 2008 (secondo quanto sopra), la norma sopravvenuta della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, non sarebbe applicabile perchè in vigore dal 1 gennaio 2005, laddove il contratto sarebbe stato stipulato precedentemente e la nuova normativa non potrebbe incidere nemmeno sugli effetti futuri.
c) Contesta, altresì, che la norma predetta sia applicabile ai contratti di affittanza agricola, in quanto applicabile soltanto alle locazioni urbane di immobili abitativi, per le seguenti ragioni: la disciplina del contratto agrario è volta a favorire la massima tutela del coltivatore diretto; la L. n. 203 del 1982, art. 41 prevede l'opponibilità ai terzi dei contratti agrari ultranovennali anche se verbali o non trascritti, in base alla circostanza che il conduttore, coltivatore diretto, abbia per tale fine il godimento del fondo; la valenza e l'importanza di questa tutela è riscontrata dalla lettura combinata dell'art. 41 cit. con gli artt. 23 e 58 della stessa legge; la lettera della norma invocata è riferita a contratti di locazione di "unità immobiliari ovvero di loro porzioni", lasciando intendere il riferimento ad immobili abitativi, e non a fondi rustici.
d) Ancora, la ricorrente censura la motivazione della sentenza, in cui si dice indifferentemente di nullità e di inefficacia, oltre che di inopponibilità del contratto.

4.- Il collegio ritiene fondata la censura sub c) ed assorbita quella sub d) e non meritevoli di accoglimento le restanti, per le ragioni di cui appresso.

Per la parte concernente le deduzioni della ricorrente in merito all'(asserita) produzione del contratto di affitto di durata quindicennale registrato il 27 ottobre 2008 ed alla sua omessa considerazione da parte del giudice d'appello, il motivo è inammissibile proprio a causa di tale omessa considerazione. Questa comporta che - in mancanza di precise indicazioni della stessa parte ricorrente (circa i tempi ed i modi della relativa proposizione al giudice di rinvio) - risulti essere stata proposta per la prima volta in sede di legittimità (come eccepito dal Fallimento resistente) non tanto la questione della produzione del documento (su cui si insiste in ricorso), quanto la questione della rilevanza del documento (o, meglio, la questione dell'avvenuta registrazione del contratto di affitto in esso rappresentato). Giova precisare che non sono utili allo scopo i richiami fatti all'atto di riassunzione, in particolare con le note 31 e 32 di cui alla pagina 24 del ricorso, poichè quivi risulta posta la questione della data certa della scrittura privata del 12 gennaio 2005 (risultante dal timbro postale), non certo la questione della rilevanza della registrazione successiva alla dichiarazione di fallimento.
Peraltro, trattasi di questione nient'affatto decisiva, alla luce dell'obiezione, fondatamente espressa dal Fallimento nel controricorso, dell'inopponibilità della registrazione effettuata il 27 ottobre 2008 al fallimento medesimo (dichiarato in data 11 ottobre 2006) in ragione di quanto disposto dall'art. 45 della legge fallimentare.

4.1.- Infondato è inoltre l'assunto dell'inapplicabilità ratione temporis della normativa sopravvenuta di cui alla legge finanziaria per l'anno 2005, in forza del principio di irretroattività della legge di cui all'art. 11 preleggi.
E' vero che la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, si applica ai contratti stipulati a partire dal 1 gennaio 2005 (cfr. Cass. S.U. n. 18213/15, in motivazione). E però nel caso di specie è in discussione l'assoggettabilità alla nuova disciplina del contratto per scrittura privata in data 12 gennaio 2005. Non è fondato l'assunto della ricorrente secondo cui si verrebbe così ad incidere su effetti contrattuali che troverebbero la loro fonte nel contratto stipulato tra la V. e la società fallita in data 11 novembre 2004: in questo contratto, nel testo originariamente registrato, non erano compresi i fabbricati e la durata era fissata in cinque anni; soltanto con la scrittura privata de qua la durata contrattuale è stata prorogata di dieci anni e l'oggetto del contratto è stato esteso fino a comprendere gli immobili accatastati all'urbano; nè, come detto, è rilevante che sia stato registrato il 27 ottobre 2008 un (secondo) contratto apparentemente stipulato nella stessa data dell'11 novembre 2004.

Piuttosto, come ritenuto dalla Corte d'Appello con statuizione non impugnata, si ha soltanto un (unico) contratto dell'11 novembre 2004, che venne modificato, quanto all'oggetto ed alla durata, con la scrittura privata, redatta nella data del 12 gennaio 2005, così opponibile al Fallimento.
Poichè si tratta di delibare la validità dell'accordo venuto in essere alla data del 12 gennaio 2005, va disattesa la censura per la quale questo sarebbe sottratto ratione temporis all'applicabilità della legge entrata in vigore il 1 gennaio 2005.

5.- Dato tutto quanto sopra, è invece fondata la censura della ricorrente concernente l'inapplicabilità della normativa sopravvenuta ai contratti di affitto di fondo rustico, nei limiti e con le precisazioni di cui appresso.
La norma in contestazione è la seguente: "i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari o di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati".
Così prevista per legge la sanzione della nullità dei contratti di locazione non registrati (cfr. Cass. S.U. n. 18213/15 cit., che in motivazione richiama l'ordinanza della Corte Costituzionale n. 420 del 2007, posta a fondamento della decisione qui impugnata), occorre allora verificare se essa - è riferita anche all'affitto di fondi rustici, e specificamente all'affitto a coltivatore diretto.

Non pare affatto decisivo l'argomento su cui il Fallimento resistente fonda la propria difesa, vale a dire la circostanza che l'art. 1, comma 346, della finanziaria 2005 si riferisca a tutti i contratti, compresi quelli che "comunque costituiscono diritti relativi di godimento". Questo argomento, per un verso, prova troppo, poichè sarebbe sufficiente il riferimento ai "contratti di locazione" per ricomprendervi - ove non vi fossero gli indici di segno contrario di cui appresso - anche i contratti di affitto, disciplinati, oltre che nella legge speciale, negli artt. 1615 e seg. cod. civ., come una species (cui è dedicata la sezione 3) del genus locazione (cui è intitolato il capo 6, nel quale detta sezione è inserita). Per altro verso, la precisazione normativa in commento si spiega se riferita sia a contratti tipici diversi dalla locazione (es. il comodato) sia a contratti atipici che abbiano come effetto la costituzione di diritti relativi di godimento, intendendo il legislatore impedire le elusioni della legge che si sarebbero potute riscontrare con l'utilizzazione, in via di prassi, di fattispecie contrattuali anche atipiche, diverse dalla locazione, ma aventi effetti analoghi.

5.1.- Piuttosto, la lettera della norma risulta significativa laddove individua l'oggetto del contratto specificandolo in "(...) unità immobiliari ovvero ... loro porzioni".
Come nota la ricorrente, la terminologia si distingue da quella adoperata nelle norme sui contratti agrari di cui alla L. 3 maggio 1982, n. 203, nella quale si rinviene l'uso di termini differenti, quali "fondo" e "terreni".
In effetti, l'"unità immobiliare" è l'elemento di riferimento per il censimento degli immobili al catasto urbano, cui si contrappone la "particella" per il catasto terreni.
Il D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 2 (Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati) individua l'unità immobiliare come costituita "da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un'area, che, nello stato in cui si trova e secondo l'uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale".
"L'unità immobiliare" è definita come minimo modulo inventariale dall'art. 1, comma 2, dello stesso D.M..
Il R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, art. 2 (Approvazione del Testo unico delle leggi sul nuovo catasto) di istituzione del nuovo catasto terreni (NCT) definisce invece la particella come porzione omogenea di terreno ("una porzione continua di terreno, situata in un medesimo comune, appartenente al medesimo possessore e della medesima qualità e classe").
Sebbene la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, non qualifichi l'unità immobiliare come "urbana", il riferimento a quest'ultima può ritenersi implicito nell'impossibilità di riferire l'espressione ad immobili iscritti invece al catasto terreni.
Quanto alle "porzioni" è letterale il riferimento a parti delle stesse "unità immobiliari" e questo si spiega con l'intento del legislatore di sanzionare anche le locazioni di parti di immobili urbani, considerato che l'accatastamento come unità immobiliare può non essere ostativo all'uso autonomo di una parte di essa.

Non vi è dubbio pertanto che il legislatore abbia avuto di mira le locazioni di unità immobiliari abitative e non abitative, non anche di terreni.
Resta peraltro da delibare la situazione in cui si vengano a trovare i fabbricati rurali, che non abbiano perso il requisito della ruralità, ma che, per legge, debbano comunque essere iscritti al catasto urbano, venendo perciò a costituire "unità immobiliari", sia pure a regime speciale.

5.2.- Soccorre, in proposito, la considerazione che la disciplina dei contratti agrari è lex specialis ed è contenuta nella L. n. 203 del 1982, nella quale, come nota la ricorrente, è altresì differenziato il contratto di affitto a coltivatore diretto.
L'art. 41, norma non applicabile al conduttore non coltivatore diretto (in quanto non richiamata dall'art. 23), dalla L. n. 203 del 1982, prevede che i contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso, anche se verbali o non trascritti, sono validi ed hanno effetto anche riguardo ai terzi.
Si tratta di una norma che deroga alla disciplina di cui all'art. 1350 c.c., n. 8 e art. 2643 c.c., n. 8, secondo cui tutti i contratti di locazione immobiliari ultranovennali (e quindi anche quelli agrari) debbono farsi a pena di nullità per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
Essa differenzia, quanto alla forma, i contratti di affitto agrario a coltivatore diretto anche dai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, per i quali la L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 1, comma 4, richiede la forma scritta, pure se infranovennali.
Correlata a tale ultima norma - oltre che a quelle di cui alla stessa L. n. 431 del 1998, art. 13, commi 1 e 6, che contengono riferimenti alla registrazione del contratto (per i quali cfr., da ultimo, Cass. S.U. n. 18213/15 cit.) - risulta la previsione dell'art. 1, comma 345, della legge finanziaria 2005, che sanziona con la nullità l'inottemperanza all'obbligo di registrazione.
Va tuttavia precisato che questo non necessariamente presuppone la forma scritta, essendo obbligatoria la registrazione anche dei contratti verbali previsti dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 3 (Testo Unico Imposta Registro), tra cui i contratti di locazione o affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite (lett. a).
Pertanto, la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, può essere riferito anche alle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo, sebbene per queste, se infranovennali, non vi sia l'obbligo della forma scritta.
La stessa previsione, perciò, sotto questo profilo, non è incompatibile con quella della L. n. 203 del 1982, art. 41 atteso che vi è obbligo di registrazione per i contratti di affitto di fondo rustico, anche se stipulati in forma verbale (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 17, comma 3 bis).
Va escluso, perciò, contrariamente a quanto si sostiene da parte del Fallimento, che ricorra un'ipotesi di abrogazione per incompatibilità ai sensi dell'art. 15 preleggi.
Piuttosto, per quanto detto a proposito della lettera dell'art. 1, comma 346, cit. e della specialità della disciplina sui contratti agrari, si deve ritenere che l'inadempimento dell'obbligo di registrazione di questi ultimi abbia rilevanza tributaria, e non anche civilistica.
La L. n. 203 del 1982 ha dato luogo ad un corpus normativo che disciplina i contratti agrari, tra cui preminente posizione ha l'affitto di fondo rustico, distinto dalla disciplina sulle locazioni di immobili urbani (L. 27 luglio 1978, n. 392), e, nell'ambito di queste ultime, sulle locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo (L. n. 431 del 1998 cit.).
Pertanto, la legge sopravvenuta relativa agli immobili urbani non può, in mancanza di apposita previsione, essere riferita ad un contratto avente tipicamente ad oggetto dei terreni.

A conferma della riferibilità della disposizione della legge finanziaria 2005 alle locazioni urbane, va menzionato il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale), che, intervenendo sulla disciplina della registrazione dei contratti di locazione ad uso abitativo, ha così disposto all'art. 3, commi 8 e 9: "8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina: a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui alla citata L. n. 431 del 1998, art. 2, comma 1; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.

9. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui: a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo; b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio".
Sebbene si tratti di norme oramai espunte dall'ordinamento a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale, per eccesso di delega, di cui alla sentenza della Consulta n. 50 del 10/14 marzo 2014 (alla quale ha fatto seguito la sentenza n. 169 del 16 luglio 2015, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale del D.L. 28 marzo 2014, n. 47, art. 5, comma 1 ter, convertito nella L. 23 maggio 2014, n. 80), esse sono significative dell'intenzione del legislatore di riferire la normativa sulla registrazione, a pena di nullità, alle locazioni degli immobili urbani.

5.3.- Il contratto di affitto di fondo rustico rimane un contratto tipico, connotato da propria causa, anche se ha ad oggetto, oltre ai terreni, dei fabbricati rurali, sia a destinazione abitativa che a destinazione strumentale, che (perciò) abbiano mantenuto il requisito della ruralità. E' presente nella giurisprudenza della Corte di Cassazione l'affermazione per la quale perchè un contratto sia causalmente qualificabile come affitto di fondo agricolo è necessario non solo che esso abbia ad oggetto una cosa potenzialmente produttiva, ma anche che la disponibilità del bene sia concessa al fine di consentire all'affittuario la gestione produttiva dello stesso, dovendosi, quindi, all'occorrenza valutare se nell'economia del contratto abbia prevalenza la finalità di coltivazione del fondo o, invece, quella di godimento del fabbricato, il cui uso costituisca congiuntamente oggetto del contratto (così, da ultimo, Cass. n. 1375/12; ma cfr., nello stesso senso, Cass. n. 3724/96, n. 8856/96, Cass. n. 12216/03). Il relativo accertamento è rimesso al giudice di merito (cfr. Cass. n. 8856/96 cit., che evidenzia come spetti a quest'ultimo la qualificazione del contratto come di locazione ad uso abitativo e l'accertamento del ricorso delle parti allo schema del contratto di natura agricola per fini di elusione di norma imperativa).

Qualora il giudice di merito accerti che il contratto di affitto di fondo agricolo attribuisca all'affittuario anche il godimento di uno o più fabbricati, ma al solo fine di consentirgli la gestione produttiva del fondo, si tratta della fattispecie contrattuale tipica e pertanto essa non rientra nella previsione dell'art. 1, comma 346, della legge finanziaria 2005.

In conclusione, va affermato il principio di diritto per il quale la L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346, (legge finanziaria 2005) non si applica ai contratti di affitto a coltivatore diretto, aventi ad oggetto terreni e fabbricati rurali, pur se soggetti all'obbligo della registrazione. Questi, perciò, sono validi ed hanno effetto riguardo ai terzi, a prescindere dall'adempimento dell'obbligo fiscale, anche se verbali o non trascritti, ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 41.

6.- A proposito di quest'ultima norma, va peraltro ribadito il principio di diritto per il quale la L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 41 che stabilisce la validità ed efficacia anche nei confronti dei terzi dei contratti ultranovennali di affitto di fondi rustici a coltivatore diretto, pur se stipulati in forma verbale o non trascritti, deroga alla disciplina di cui all'art. 1350 c.c., n. 8 e art. 2643 c.c., n. 8, secondo cui tutti i contratti di locazione immobiliari ultranovennali (e quindi anche quelli agrari) debbono farsi a pena di nullità per atto pubblico o scrittura privata, ma non all'art. 2923 cod. civ., sicchè, in caso di pignoramento del bene oggetto del rapporto agrario, il contratto ultranovennale è opponibile all'aggiudicatario solo se recante data certa anteriore al pignoramento, e, se non trascritto, solo nei limiti di un novennio dall'inizio della locazione (così Cass. n. 10136 e 10137/ 2015, che richiamano Cass. n. 16242/05; cfr., da ultimo, anche Cass. n. 11162/15). Corollario di questo principio è quello per il quale anche in caso di fallimento, cui pure è riferibile la disposizione dell'art. 2923 cod. civ. (cfr. già Cass. n. 2576/70, fino a Cass. ord. n. 14844/15), il contratto ultranovennale di affitto di fondo rustico stipulato dal fallito è opponibile alla massa se recante data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento ma, se non trascritto, solo nei limiti del novennio dall'inizio della locazione (cfr. Cass. n. 5792/14, per la quale la locazione ultranovennale non trascritta non è opponibile, ancorchè il contratto sia regolarmente registrato, al curatore fallimentare del locatore in ragione dell'effetto di spossessamento e di pignoramento generale dei beni del debitore derivante dalla dichiarazione di fallimento, che determina il subentro ope legis del curatore nel contratto nei soli limiti in cui lo stesso sia opponibile alla massa dei creditori. Ne consegue che il curatore, ferma l'opponibilità della data certa del contratto registrato anteriormente al fallimento, alla scadenza del novennio dalla stipulazione può farne valere l'inefficacia per il periodo eccedente tale limite temporale; cfr. anche Cass. n. 3016/08, nello stesso senso in riferimento all'art. 45 legge fall.).

7.- La Corte d'Appello di Bologna ha dichiarato la nullità del contratto per scrittura privata in data 12 gennaio 2005 esclusivamente in quanto non registrato ai sensi della legge finanziaria 2005, dando per scontata l'indifferenza, ai fini di questa, della qualificazione del contratto come agrario. Il giudice di merito, infatti, non si è occupato delle finalità prevalentemente perseguite dalle parti nella stipulazione di detta scrittura (per la cui rilevanza, cfr. Cass. n. 1375/12 e le altre su citate), essendosi fermato a constatare che fosse indicata come "scrittura integrativa" di un contratto di affitto di terreni agricoli.
Dato ciò, la sentenza impugnata va cassata in applicazione del principio di diritto su enunciato per il quale la L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, non si applica ai contratti qualificabili come contratti di affitto agrario a coltivatore diretto.
La causa va rimessa al giudice del rinvio anche per la decisione sulle ulteriori domande svolte dal Fallimento delle quali la Corte d'Appello ha espressamente ritenuto assorbito l'esame. Si rimette al giudice del rinvio anche la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie, nei limiti specificati in motivazione, il terzo motivo di ricorso, rigettati i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Bologna - sezione specializzata agraria, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2016


 

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