REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI GELA
SEZIONE CIVILE - LAVORO
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Gela, Vincenzo Accardo,
a seguito dell’udienza del 19.1.2021 ha pronunciato, ex art. 429 c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 324/2016 R.G., avente ad oggetto “opposizione avverso avviso di addebito”,
PROMOSSA DA
(Omissis), con l’avv. Danisa Duri; - opponente –
CONTRO
I.N.P.S., (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale), in persona del suo presidente pro tempore, con gli avv.ti Russo e Dolce; - opposto –

Svolgimento del processo

1. Premessa.

Con ricorso depositato il 7.3.2016, parte attrice ha promosso opposizione avverso l’avviso di addebito n. 592 2015 0001190816, avente a oggetto contributi previdenziali IVS e somme aggiuntive, inerenti alla gestione separata liberi professionisti, relativi all’anno 2008, chiedendone l’annullamento.

In particolare, preliminarmente eccepiva la nullità dell’avviso di addebito in quanto carente di motivazione; nel merito, ha dedotto la 2 mancanza dei presupposti legittimanti la relativa iscrizione effettuata dall’Inps, la prescrizione dei crediti contributivi, nonché, l’illegittimità delle sanzioni, in quanto non applicabili nel caso di specie, ai sensi dell’art. 116, comma 8, lett. b), l.n.338/2000.

Si è costituito in giudizio l’ente impositore chiedendo il rigetto del ricorso.

All’odierna udienza le parti presenti hanno concluso come da verbale in atti e, all’esito, viene pronunciata la presente sentenza ai sensi dell’art. 429 co. 1 c.p.c.

Motivazione

2. Tempestività.

Preliminarmente, è necessario verificare la tempestività dell’opposizione. Sul punto, peraltro, va precisato che l'ammissibilità dell’opposizione va esaminata d’ufficio dal giudice, anche nell’ipotesi di contumacia dei convenuti, atteso che il termine previsto per l’impugnazione della cartella esattoriale dall’art. 24, comma 5°, del D.Lgs. n. 46 del 1999, avente carattere perentorio, deve considerarsi fissato a pena di decadenza, così come di recente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. C. Cass. 4506/2007; in merito alla rilevabilità d’ufficio della inammissibilità dell’opposizione per inosservanza del termine perentorio di cui all’art. 617 c.p.c., inoltre, v. C. Cass. 8765 del 1997, C. Cass. 9912 del 2001, C. Cass. 17460/2007, C. Cass. 3404/2004).

In relazione al termine per proporre opposizione al ruolo, il citato art. 24 co. 5 d.lgs. 46/1999 stabilisce che “contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore”.
Nella fattispecie in esame, l’avviso di addebito è stato notificato il 29.1.2016, come emerge dalla documentazione allegata e incontestato tra le parti, mentre il deposito del ricorso è avvenuto in data 7.3.2016, entro dunque il termine di 40 giorni previsto dalla norma da ultimo citata. Ne discende, pertanto, che la presente opposizione a ruolo deve ritenersi tempestiva.
3. Nullità per difetto di motivazione.

Va, preliminarmente, esaminata e disattesa l’eccezione di nullità del titolo impositivo per difetto di motivazione. Parte ricorrente afferma che la cartella di pagamento opposta sia nulla in quanto carente di motivazione circa le ragioni della debenza del tributo, tanto da non aver consentito di apprendere il fondamento delle pretese creditorie avversarie. Tale difetto formale costituirebbe una violazione dell’art. 3 della l.n.241/90, sul procedimento amministrativo, e delle norme previste in materia dallo Statuto del contribuente.

Ebbene, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell'imposizione, senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia dimostrato, in tal modo, di avere piena conoscenza dei presupposti dell'imposizione, per averli puntualmente contestati (cfr. Cassazione civile sez. VI, 11/07/2018, n.18224, Cassazione civile sez. VI, 18/04/2017, n.9778 e Cassazione civile sez. trib., 31/01/2013, n.2373).

Nel caso di specie, attraverso le articolate contestazioni nel merito proposte in ricorso, il ricorrente ha dimostrato di aver avuto contezza delle ragioni poste alla base dell’atto impugnato, tanto da poter spiegare compiutamente le proprie difese, senza alcun tipo di pregiudizio in tal senso.


4. Merito.

Ciò premesso, va innanzitutto evidenziato che, siccome dedotto da parte ricorrente e non specificamente contestato, l’Inps fonda la propria pretesa sull’asserito omesso versamento da parte del ricorrente dei contributi dovuti alla gestione separata dei liberi professionisti, cui risulta iscritto d’ufficio per aver svolto, nell’anno 2008, attività lavorativa autonoma che ha generato redditi imponibili. Il ricorrente, in seno all’atto introduttivo, ha esposto di aver svolto nel corso dell’anno oggetto del contendere, attività di libero professionista e di aver per tale ragione corrisposto all’Inarcassa contributi integrativi pari al 4% delle fatture emesse (cfr. pag. 2 del ricorso). Assume che l’attività autonoma svolta, una volta versato il contributo all’Inarcassa non possa essere oggetto di contribuzione ai fini della gestione separata, in quanto, in forza del “principio della esclusività” l’iscrizione a un ente previdenziale per una certa attività lavorativa escluda un obbligo contributivo verso un altro ente previdenziale.

La doglianza non è fondata. La giurisprudenza di legittimità, ormai da alcuni anni, è pervenuta alla conclusione che "Gli ingegneri e gli architetti iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, che non possono iscriversi all'INARCASSA, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l'INPS, in quanto, secondo la "ratio" dell'art. 2, comma 26, della l. n. 335 del 1995, l'unico versamento contributivo rilevante ai fini 4 dell'esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale" (cfr. Cass. 18/12/2017, n. 30344; nello stesso senso Cass. 12/12/2018, n. 32166).

Ebbene, la condizione di (Omissis), per sua stessa ammissione, è perfettamente ascrivibile al principio testé riportato. Il ricorrente, infatti, ha ottemperato all’obbligo di contribuzione verso l’Inarcassa solo nella misura del contributo integrativo (cfr. all.ti di parte ricorrente depositati il 13.12.2016), con la conseguenza che è stato correttamente iscritto d’ufficio dall’INPS alla gestione serpata per i liberi professionisti. La misura dei contributi dovuti, poi, appare correttamente parametrata ai redditi dichiarati nel quadro RE del Modello Unico presentato dallo stesso ricorrente (cfr. all.ti dell’Inps).

Parimenti, non può trovare accoglimento l’eccezione di prescrizione del credito portato dall’avviso di pagamento opposto. Infatti, il termine quinquennale di prescrizione, che è iniziato a decorre il 6.7.2009 è stato interrotto, prima del suo spirare, con la notifica dell’avviso bonario di pagamento avvenuta il 30.6.2014.

Quanto al dies a quo della prescrizione quinquennale si deve tener conto della scadenza prevista per il pagamento dei contributi I.N.P.S., coincidente con il termine previsto per il pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Su questa tematica si è espressa di recente la Corte di cassazione, nel senso che, in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivi (così Cass., Sez. Lav., 31 ottobre 2018, n. 27950).

Il principio, peraltro riaffermato in epoca ancor più recente (vedi Cass., sez. VI - L., ord. 14 febbraio 2019, n. 4329, Cass. sez. VI - L, ord. 18 luglio 2019, n. 19403), è certamente condivisibile, tenuto conto che il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.) e, quindi, nel caso di specie, dal momento in cui la contribuzione omessa era dovuta, ossia dalla data in cui scadeva il termine per il suo versamento. La dichiarazione dei redditi, invece, non è presupposto del credito contributivo; pertanto, tra il momento di esigibilità del credito e il momento successivo in cui interviene la dichiarazione dei redditi, o comunque l'accertamento tributario, l'accertamento del credito contributivo è ostacolato da una difficoltà di mero fatto, il che, come già rilevato, secondo l'insegnamento costante della giurisprudenza di legittimità, non impedisce il decorso della prescrizione.

Quanto alle modalità e ai tempi di versamento del contributo alla gestione separata, il decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale del 24 novembre 1995, cui l'art. 2, comma 30 della legge n. 335/1995 rinvia, stabilisce che il versamento è effettuato, con le modalità stabilite dall'INPS, nei termini previsti per il pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Il termine per il versamento del saldo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche era fissato dall'art. 17, comma 1 del D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435 - nel testo all'epoca vigente, in seguito alle modifiche introdotte dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248 - al 16 giugno dell'anno di presentazione della dichiarazione dei redditi, che è l'anno successivo a quello in cui i redditi sono stati prodotti.

Il suddetto termine (16 giugno 2009) è stato peraltro differito al 6 luglio 2009 (senza alcuna maggiorazione) ed al 7 luglio 2009 (con una maggiorazione delle somme da versare dello 0,40%) in favore dei contribuenti che esercitavano attività economiche per le quali erano stati elaboratori gli studi di settore (art. 1 D.P.C.M. 4 giugno 2009), attività fra le quali era compresa quella svolta dal ricorrente. Inoltre, il termine del 6 luglio 2009 è stato indicato nell’avviso bonario di pagamento indicato dall’Inps e mai contestato specificamente dal ricorrente.

5. Illegittimità della sanzione per violazione dell’art. 116 co.8 lett.b) l.n.388/2000.

Deve invece trovare accoglimento la doglianza del ricorrente in ordine all’assenza dei requisiti richiesti per l’applicabilità delle sanzioni di cui all’art. 116 co. 8 lett. b) l. 388/2000.

Nella specie, la disposizione citata prevede che “i soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti: a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge; b) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al 30 per cento; la sanzione civile non può essere superiore al 60 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge. Qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi, non corrisposti entro la scadenza di legge”.

Invero, la norma richiamata sanziona la condotta di evasione, che presuppone la prova della “intenzione specifica di non versare i contributi o premi” in capo al contribuente. Orbene, nella fattispecie in esame, non può presumersi l’intento fraudolento del ricorrente, a fronte delle incontestate deduzioni attoree secondo cui egli aveva provveduto al versamento dei contributi all’Inarcassa nella convinzione di non essere tenuto, pertanto, all’iscrizione alla gestione separata. Inoltre, aveva regolarmente provveduto a presentare tempestivamente la dichiarazione dei redditi nei termini di legge e, in particolare, aveva indicato i redditi imponibili derivanti dalla propria attività di lavoratore autonomo. Nel caso in esame, d’altronde, l’INPS non ha provato né allegato circostanze di segno contrario che dimostrino la volontà attorea di occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti.

Alla stregua di quanto esposto, vanno dichiarate non dovute le sanzioni previste dall’art. 116 co. 8 lett. b) l. 388/2000. 6. Conclusioni. L’avviso di pagamento impugnato va dichiarato illegittimo e annullato in parte qua, con specifico riferimento all’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 116 co. 8 lett. b) l. 388/2000. Per il resto, il ricorso è infondato e va rigettato.

7 Le spese di lite, stante la difficoltà delle questioni in diritto affrontate e il sopravvenire di giurisprudenza consolidata in materia soltanto dopo la presentazione del ricorso, vanno integralmente compensate.

PQM

Il Tribunale di Gela, in funzione di Giudice del Lavoro, disattesa ogni ulteriore domanda, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nel procedimento in epigrafe indicato, così statuisce: dichiara illegittima, nei termini di cui in parte motiva, l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 116 co. 8 lett. b) l. 388/2000 e, per l’effetto, annulla in parte qua l’avviso di pagamento n. 592 2015 0001190816; rigetta nel resto il ricorso; compensa integralmente le spese di lite. Gela, 19 gennaio 2021.
IL GIUDICE DEL LAVORO
Vincenzo Accardo


 

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