REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Lavoro
In persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda, in funzione di giudice del lavoro, ha emesso
la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. R.G. 9655/2019
promossa da
F.R., rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall’avvocato Orazio Esposito;
-ricorrente-
contro
INPS, anche quale mandatario della società di cartolarizzazione dei suoi crediti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentato e difeso, per mandato generale alle liti del 21 luglio 2015 in notar P. Castellini di Roma, dall’avvocato Maria Rosaria Battiato;
-resistente-
Conclusioni: sostituita l’udienza del 4 febbraio 2021 dal compimento delle attività di cui all’articolo 221 comma 4 del D.L. n. 34/2020, conv. con mod. dalla L. n. 77/2020, le parti concludevano come in atti.

Motivazione

Con ricorso depositato telematicamente in data 16 ottobre 2019 il ricorrente in epigrafe indicato proponeva opposizione avverso l’avviso di addebito numero 59320190003829419 notificato il 6 settembre 2019 ed emesso dall’INPS per la riscossione di contributi dovuti alla gestione commercianti in relazione al secondo e al terzo trimestre del 2018, pari ad € 2049,68.
Eccepiva l’insussistenza dei presupposti determinanti l’insorgenza dell’omissione contributiva, verosimilmente connessa alla precedente attività di impresa in passato espletata, in quanto egli in data 31 ottobre 2015 aveva cessato l’attività. Evidenziava che tale circostanza risultava dalla visura storica della Camera di Commercio, dalla quale emergeva che egli aveva cessato la propria attività di impresa nella detta data, cancellando l’impresa con decorrenza dal 23 dicembre 2015.
Ne discendeva la infondatezza della pretesa per contributi IVS fissi/percentuale entro il minimale e relative somme aggiuntive siccome riferiti a soggetto che nel periodo di imposta indicato non aveva esercitato alcuna attività di impresa.
Chiedeva, dunque, previa sospensione dell’efficacia esecutiva dell’avviso di addebito, annullarsi il detto titolo per mancanza dei presupposti per l’assoggettamento ai contributi INPS, nonché per mancato esercizio di attività di impresa.
Resisteva in giudizio l’INPS eccependo l’inammissibilità del ricorso e assumendone, nel merito, l’infondatezza in quanto non gli era stata comunicata la cancellazione.
Sostituita l’udienza del 4 febbraio 2021 dalle attività di cui all’articolo 221 comma 4 del D.L. n. 34/2020, sulle conclusioni di cui alle note depositate in conformità della citata disposizione normativa, la causa veniva assunta in decisione; indi veniva decisa con la presente sentenza emessa fuori udienza.
Tanto premesso e allo scopo di delineare - in ragione delle doglianze formulate dall’opponente - la natura della spiegata opposizione, appare opportuno premettere, in generale, che nella materia oggetto di causa quante volte si facciano valere motivi che attengono al merito della pretesa contributiva (contestazioni sull'an e sul quantum, eventi estintivi, impeditivi o modificativi del credito: ad es., prescrizione ex lege 335/1995, riduzioni per sgravi ed agevolazioni in genere; eventi che incidono sull'esigibilità: ad es., rimessione in termini per eventi sismici, etc.; eventi che impediscono l'iscrizione al ruolo, impugnazione di verbale di accertamento antecedente l'iscrizione al ruolo non ancora rigettata in primo grado, etc.), l’opposizione va qualificata come opposizione all’iscrizione a ruolo e che, ove si facciano valere questioni che riguardino il difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo (ad es., inesistenza giuridica della cartella, sospensione del ruolo da parte del giudice del lavoro, fatti estintivi della pretesa successivi alla formazione del titolo esecutivo: ad es., prescrizione o pagamento successivi alla notifica della cartella di pagamento), l’opposizione va qualificata come opposizione all’esecuzione ex art. 29 del d. lgs. n. 46/99. Va inoltre precisato che deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi l’azione con la quale il contribuente contesti la regolarità formale del titolo esecutivo, dell’intimazione di pagamento e degli atti propedeutici all’esecuzione forzata (nullità della cartella o dell’intimazione per omessa motivazione, violazioni del c.d. statuto del contribuente, omessa notifica della cartella, nullità della notifica della cartella o dell’intimazione di pagamento, notifica della cartella di pagamento oltre il termine fissato dall’art. 25 del D.P.R. 602/1973, etc.)
Nel caso in esame il ricorrente ha dedotto solo motivi inerenti il merito della pretesa; l’azione deve, dunque, essere qualificata quale opposizione avverso il ruolo, rectius avverso l’avviso di addebito.
Va preliminarmente evidenziato che è tempestiva l’opposizione, proposta nel rispetto del termine di quaranta giorni (ex art. 24 del d. lgs. n. 46/1999) dalla data di notifica dell’avviso di addebito indicata in ricorso, e coincidente con quella documentata dall’INPS attraverso l’avviso di ricevimento da cui risulta che il titolo opposto è stato consegnato in data 6 settembre 2019.
Ciò posto, reputa il Tribunale che il motivo di opposizione inerente il merito della pretesa sia fondato e che lo stesso meriti di essere accolto.
Il ricorrente ha negato, per il periodo cui si riferisce la contribuzione pretesa, lo svolgimento di attività commerciale. Ha in proposito dedotto che l’attività di impresa dallo stesso svolta è cessata in data 31 ottobre 2015 e che l’azienda è stata cancellata dal registro delle imprese in data 23 dicembre 2015.
L’opponente ha provato tali circostanze mediante la produzione della visura camerale da cui effettivamente risulta che egli, iscritto quale piccolo imprenditore, ha cessato l’attività in data 31 ottobre 2015, con cancellazione dal registro delle imprese a decorrere dal 23 dicembre 2015. L’Istituto resistente ha fondato la pretesa contributiva sull’assunto che il ricorrente non abbia comunicato la detta cessazione.
Ora, già il solo dato che il ricorrente non svolgesse più l’attività commerciale nei periodi dedotti in causa impone di escludere che egli sia tenuto al versamento della contribuzione. Reputa, infatti, il Tribunale, alla luce della superiore documentazione, che l’opponente abbia adeguatamente provato di aver cessato l'attività in epoca anteriore al periodo cui si riferiscono i contributi pretesi e che tanto basti per concludere nel senso che non ricorrano i presupposti costitutivi della pretesa fatta valere dall’INPS. In proposito va condiviso l’orientamento della Corte di Cassazione, Sez. L., sentenza n. 8651 del 12 aprile 2010, secondo cui "In materia di previdenza a favore degli artigiani e commercianti, la cessazione dell'attività commerciale o di quella artigiana comporta l'estinzione dell'obbligo di versare i relativi contributi dalla data della stessa cessazione, indipendentemente dalla notificazione dell'evento prevista ai fini della cancellazione dall'elenco dei prestatori della specifica attività autonoma....”.
Sulla base delle superiori considerazioni, assorbita ogni altra questione, non essendo stato provato dall’INPS (sul quale ricadeva il relativo onere) il relativo presupposto costitutivo, va dichiarata illegittima la pretesa contributiva di cui all’avviso di addebito impugnato che deve, per l’effetto, essere annullato.
Le spese di lite seguono la soccombenza. Esse si liquidano come in dispositivo alla stregua del D.M. n. 55/2014.

PQM

Il Tribunale di Catania, in persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 9655/2019 R.G., ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattese, così statuisce:
In accoglimento dell’opposizione avverso l’avviso di addebito numero 59320190003829419, dichiara illegittima la pretesa creditoria dallo stesso portata ed annulla il detto avviso.
Condanna l’INPS al pagamento delle spese processuali che liquida in misura pari ad € 843,00, per compensi professionali, oltre rimborso spese al 15%, CPA e IVA come legge, disponendone la distrazione in favore del procuratore antistatario avvocato Orazio Esposito.
Così deciso in Catania il 4 febbraio 2021
Il giudice del lavoro
Dr. Patrizia Mirenda


 

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