Civile Ord. Sez. L Num. 5413 Anno 2020
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: CAVALLARO LUIGI
Data pubblicazione: 27/02/2020

ORDINANZA
sul ricorso 20813-2014 proposto da:
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA D'ALOISIO e LELIO MARITATO;
- ricorrenti -
contro
B. S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAllA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato ARMANDO CAPORICCI;
controricorrente -
avverso la sentenza n. 8903/2014 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 26/02/2014, R.G.N. 719/2012.

Svolgimento del processo

RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 26.2.2014, la Corte d'appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato prescritto il credito per contributi a percentuale fatto valere dall'INPS nei confronti di S. B.;
che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l'INPS, deducendo due motivi di censura;
che S. B. ha resistito con controricorso;

Motivazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di ricorso, l'INPS denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 c.c., 1 e 2, I. n. 233/1990, e 3-bis, di. n. 384/1992 (conv. con I. n. 438/1992), per avere la Corte di merito ritenuto che il dies a quo del termine di prescrizione dei contributi c.d. a percentuale dovesse identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento, invece che con quello, eventualmente successivo, in cui l'Agenzia delle Entrate avesse accertato un maggior reddito;
che, con il secondo motivo, l'Istituto ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 2941 n. 8 c.c., 1 e 2, I. n. 233/1990, e 3-bis, d.l. n. 384/1992 (conv. con I. n. 438/1992), per non avere la Corte di merito ritenuto che il termine prescrizionale dovesse comunque rimanere sospeso nelle more dell'accertamento dell'Agenzia delle Entrate, avendo il contribuente dolosamente occultato il proprio
reddito;

che il primo motivo è infondato, essendosi ormai consolidato il principio di diritto secondo cui, in tema di contributi c.d. a percentuale, il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è costituito dall'avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4, I. n. 233/1990, ancorché l'efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento, con la conseguenza che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell'art. 3, I. n. 335/1995, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l'eventuale atto successivo con cui l'Agenzia delle Entrate abbia accertato un maggior reddito, ex art. 1, d.lgs. n. 462/1997, avendo quest'ultimo mera efficacia interruttiva della prescrizione (Cass. n. 13463 del 2017, cui hanno dato continuità, tra le altre, Cass. nn. 19640 e 27950 del 2018);

che anche il secondo motivo è infondato, essendosi parimenti consolidato il principio di diritto secondo cui l'operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941, n. 8, c.c. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la conseguenza
che tale criterio non impone di far riferimento ad un'impossibilità assoluta di superare l'ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l'effetto dell'occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli
(Cass. nn. 9113 del 2007, 21567 del 2014);

che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 3.12.2019.
Pubblicata in data 27 febbraio 2020


 

Collabora con DirittoItaliano.com

Vuoi pubblicare i tuoi articoli su DirittoItaliano?

Condividi i tuoi articoli, entra a far parte della nostra redazione.

Copyright © 2020 DirittoItaliano.com, Tutti i diritti riservati.