REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA SEZIONE LAVORO
composta dai Magistrati:
Dott. Elvira Maltese
Dott. Maria Clara Sali
Dott. Valeria Di Stefano
ha emesso la seguente

SENTENZA nella causa iscritta al n. 1327/2019 R.G. promossa
da
INPS- ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE
(80078750587), in persona del presidente p. t., rappresentato e difeso dall’avv. Livia Gaezza
contro
(Omissis) rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni D’Ambra

OGGETTO: appello- iscrizione gestione separata- prescrizione CONCLUSIONI DELLE PARTI: come in atti precisate.

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’11 luglio 2019 il Tribunale di Catania, giudice del lavoro, in parziale accoglimento del ricorso proposto dall’odierna appellata nei confronti dell’INPS, accertata, sulla scorta dei principi affermati dalla Suprema Corte, la legittimità dell’iscrizione d’ufficio dell’avv. (Omissis) alla gestione separata, dichiarava tuttavia non dovute le somme pretese dall’ente a titolo di contributi e somme aggiuntive con l’avviso di addebito impugnato essendo i crediti estinti per intervenuta prescrizione. Compensava integralmente tra le parti le spese di lite.
Avverso detta sentenza, con atto depositato il 17 dicembre 2019, proponeva appello parziale l’INPS, cui resisteva l’appellata.
In data 17 dicembre 2020 la causa è stata posta in decisione ai sensi dell’art. 221, comma 4, del decreto legge n. 34/2020, conv. nella legge n. 77/2020, compiuti i termini assegnati alle parti per il deposito telematico di note conclusive.

Motivazione

1. L’INPS lamenta che il Tribunale avrebbe errato nel non riconoscere la sussistenza di un’ipotesi di occultamento doloso del debito, tale da determinare la sospensione del termine di prescrizione ex art. 2941 n. 8 cod. civ. Contrariamente a quanto opinato dal primo giudice, la compilazione - nella specie omessa - del quadro RR costituisce l’unico strumento che consente all’INPS di verificare l’esistenza di un reddito di lavoro autonomo; sicché la condotta dell’appellata elusiva dell’obbligo contributivo, sia sotto il profilo della mancata apertura dell’obbligatoria posizione assicurativa per mancata iscrizione alla gestione separata che della mancata denuncia, nel quadro RR, ai fini previdenziali, dei redditi derivanti dall’attività professionale, integra la fattispecie dell’occultamento doloso, in conformità a quanto affermato dalla S.C. nella sentenza n. 6677/2019 e nelle successive ordinanze n. 16986/2019 e 30605/2019. Non è, inoltre, condivisibile la tesi del Tribunale secondo cui la mancata compilazione del quadro RR non costituirebbe condotta idonea a integrare la fattispecie dell’occultamento dolo del debito in quanto l’odierna appellata aveva comunque interamente denunciato il reddito da lavoro autonomo. L’avvenuta denuncia dei redditi da attività professionale è circostanza ininfluente ai fini previdenziali, essendo viceversa rilevante che il contribuente proceda in seno alla denuncia alla determinazione e dichiarazione del contributo dovuto - mediante la compilazione del quadro RR -, in ottemperanza a un preciso obbligo di legge (art. 10, comma 1, D.L.vo n. 241/1997). Il debito contributivo non è stato mai dichiarato e l’Istituto “si è avveduto della suddetta condotta di occultamento doloso ... soltanto allorquando ha sottoposto a verifica la dichiarazione dei redditi della ricorrente”. Da tanto deriva, come ulteriore corollario, la legittimità del regime sanzionatorio dell’evasione, di cui all’art. 116, comma 8, lettera b), legge n. 388/2000.

2. Così riassunti i motivi di gravame, il Collegio reputa l’appello infondato.
Le questioni sottoposte all’esame sono già state esaminate da questa Corte con diverse pronunce (cfr. per tutte sentenze del 29 ottobre 2020, proc. n. 132/2018 R.G. e del 10 dicembre 2020, proc. nn. 621/2018 e 328/2019) cui s’intende dare continuità.
A tal riguardo può essere qui ribadito che, per principio ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo versamento, in quanto il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è rappresentato dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito.
Non rilevano pertanto, a tali fini, né la data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (che, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo), né l’atto, eventualmente successivo (avente solo efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’INPS), con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, un maggior reddito (in termini, Cass. nn. 13463/17, 19640/18, 27950/18).
Da ultimo, la Suprema Corte ha ribadito, nella sentenza n. 18950/2020, che “tra il momento di esigibilità del credito ed il successivo momento in cui intervenga la dichiarazione dei redditi o comunque l’accertamento tributario, munito di valenza anche previdenziale, quella che si determina è una difficoltà di mero fatto rispetto all’accertamento dei diritti contributivi" (cfr. Cass. 27950/2018 cit.); vale, dunque, la consolidata regola secondo cui «l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c. c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento» (Cass. 26 maggio 2015, n. 10828; Cass. 6 ottobre 2014, n. 21026)”.
Di conseguenza, potendo l’ente esercitare poteri ispettivi sin dal momento in cui scade l’obbligazione, senza attendere la presentazione della dichiarazione dei redditi, non assume rilievo neppure la mancata compilazione del quadro RR.
In proposito vale pertanto la regola, fissata dall’art. 18, comma 4, d. lgs. 9 luglio 1997, n.241, secondo cui “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi”.
2.1 In detti precedenti conformi si è altresì osservato che la mera mancata compilazione del quadro RR (relativo agli importi dovuti a titolo di contributi previdenziali sul reddito da lavoro autonomo) configura la fattispecie della omissione e non già della evasione contributiva - ricadente nella previsione della lettera a) dell’art. 116, comma 8, della legge n. 388/2000 -, essendo il credito dell’istituto previdenziale comunque facilmente evincibile dalla documentazione di provenienza dal soggetto obbligato (nella specie, dalla compilazione del quadro CM) - inviata a ente (Agenzia delle Entrate) competente in materia di accertamento e liquidazione dei contributi previdenziali - e dovendo dunque escludersi l’occultamento dell’attività lavorativa e del reddito percepito (v. anche in arg. Cass. 5413/2020; 14410/2019; 27950/2018).
L’assenza di dolo di evasione si desume inoltre anche dal contrasto giurisprudenziale in ordine alla sussistenza dell’obbligo contributivo, solo di recente risolto dalla Corte di Cassazione (e tale da determinare anche un intervento interpretativo del legislatore).
Sicché deve concludersi che la professionista non si è iscritta alla gestione separata ritenendo erroneamente, ma in buona fede, di non esservi tenuta e non ha occultato il proprio reddito da lavoro autonomo ma lo ha comunicato all’Agenzia delle Entrate.
Peraltro, la tesi secondo cui l’avvenuta denuncia dei redditi da attività professionale sarebbe circostanza ininfluente ai fini previdenziali essendo viceversa rilevante che il contribuente proceda in seno alla denuncia, in ottemperanza a un preciso obbligo di legge (art. 10, comma 1, D.L.vo n. 241/1997), alla determinazione e dichiarazione del contributo dovuto mediante la compilazione del quadro RR, “unico strumento che consente all’Inps di verificare l’esistenza di un reddito di lavoro autonomo”, è contraddetta dalle stesse affermazioni dell’appellante: se vero che l’ente “si è avveduto” del debito contributivo “allorquando ha sottoposto a verifica la dichiarazione dei redditi della ricorrente”, in tal modo appare per ciò stesso riconosciuta la possibilità di poter agevolmente verificare il debito contributivo dalla dichiarazione reddituale presentata.
3. Tenuto conto dell’esistenza del contrasto giurisprudenziale di merito in ordine alle questioni trattate prima dell’intervento della Corte regolatrice, soccorrono idonei motivi per compensare tra le parti anche le spese processuali del presente grado di giudizio.
Ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

Definitivamente pronunciando:
Rigetta l’appello e compensa tra le parti le spese processuali del presente grado.
Ai sensi del DPR n. 115/02, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso nella camera di consiglio del 17 dicembre 2020.
Il pres. Estensore
Dott. Elvira Maltese


Scarica copia del provvedimento: Corte d'appello di Catania Sez. Lavoro sentenza 849/2020

 

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