Civile Ord. Sez. 1 Num. 643 Anno 2019
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: PAZZI ALBERTO
Data pubblicazione: 14/01/2019

sul ricorso n. 8766/2016 proposto da:
C. V. S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Pietro Paolo Rubens n. 31, presso lo studio dell'Avvocato Luigi A. Bottai, che la rappresenta e difende unitamente all'Avvocato Massimiliano Ratti giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
Fallimento C. V. S.r.l. in liquidazione, in persona del curatore Dott. Domenico Mattace, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'Avvocato Sergio Cosmai giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 366/2016 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA depositata il 20/2/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/11/2018 dal cons. PAZZI ALBERTO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE MATTEIS STANISLAO che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso con le conseguenze di legge.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 7/8 ottobre 2015 il Tribunale di Parma, all'esito del voto sfavorevole della maggioranza dei creditori, dichiarava l'inammissibilità della proposta di concordato presentata da C. V. s.r.l. in liquidazione e, in accoglimento della richiesta presentata dal Pubblico Ministero dopo la comunicazione della fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 162, comma 2, legge fall., dichiarava il fallimento della società.

2. La Corte d'Appello di Bologna, a seguito del reclamo proposto dalla fallita, riteneva che la decisione impugnata non potesse essere censurata per essere stata emessa a seguito di un'illegittima azione di stimolo nei confronti del P.M., in quanto l'obbligo di comunicazione al
P.M. doveva ritenersi sussistente anche nel caso in cui si procedesse ai sensi del combinato disposto degli artt. 179 e 162, comma 2, legge
fall., dato che tale informativa mirava alla medesima finalità prevista dall'art. 173 legge fall.; d'altra parte il P.M., quale parte costituita, aveva pieno diritto a ricevere la comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 179 e 162, comma 2, legge fall. e 134 cod. proc. civ..
La corte distrettuale, nel contempo, escludeva che la mancata comparizione del P.M. istante alle due udienze che avevano preceduto la dichiarazione di fallimento potesse essere intesa come implicita rinuncia alla richiesta in precedenza presentata ai sensi dell'art. 6 legge fall., in quanto l'impulso dato alla procedura fallimentare da parte del P.M. produceva i suoi effetti per tutta la durata del processo, non era passibile di rinuncia e poteva condurre soltanto alla pronuncia di un provvedimento di accoglimento o rigetto.

3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza C. V. s.r.l. in liquidazione affidandosi a due motivi di impugnazione.
Ha resistito con controricorso il fallimento di C. V. s.r.l. in liquidazione.
L'intimato Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Bologna
non ha svolto alcuna difesa.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni
scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell' art. 380 bis.1
cod. proc. civ..

Motivazione

4.1 II primo motivo di ricorso, nel prospettare la "violazione e/o erronea applicazione degli artt. 6, 7, 161, comma 5°, 162, comma 2°, 179 I. fall. nonché degli artt. 69, 71 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. - illegittimità dell'iter procedurale e violazione del principio ne procedat iudex ex officio", sostiene che, pur in presenza di una procedura di carattere unitario, non sia affatto obbligatorio comunicare al P.M., investito della pubblica funzione di monitorare la gestione dell'insolvenza da parte del soggetto debitore, la fissazione dell'udienza ai sensi del combinato degli art. 179 e 162 legge fall. allorchè l'istruttoria prefallimentare faccia seguito all'inammissibilità del concordato preventivo: il Tribunale pertanto, una volta constatato che il P.M., inizialmente informato della pendenza della procedura concorsuale minore, non aveva presentato istanza di fallimento, all'udienza fissata ex art. 162, comma 2, legge fall. avrebbe dovuto limitarsi a dichiarare l'inammissibilità del concordato a causa della sua mancata approvazione da parte dei creditori, anziché preoccuparsi di comunicare alla parte pubblica l'avvenuta fissazione dell'udienza in conseguenza del non felice esito del suffragio.

4.2 Il motivo è infondato.
L'art. 179, comma 1, legge fall., nel disciplinare il prosieguo della procedura a seguito del mancato raggiungimento delle maggioranze necessarie, richiama l'art. 162, comma 2, legge fall. e così non lascia dubbi sul fatto che il provvedimento finale, di inammissibilità della proposta concordataria ed eventualmente di fallimento, debba essere assunto dopo aver sentito il debitore in camera di consiglio.
All'iniziativa informativa del giudice delegato sugli esiti del voto deve perciò fare seguito la convocazione del debitore in camera di consiglio.
Il dettato normativo non prevede invece espressamente il coinvolgimento del P.M., malgrado il suo potere di iniziativa, a differenza di quanto avviene per la presentazione della domanda di concordato preventivo (art. 161, comma 5, legge fall.), il decreto di apertura (artt. 166 e 17 legge fall.), il provvedimento di apertura del subprocedimento di revoca dell'ammissione (art. 173 legge fall.), il provvedimento di fissazione dell'udienza per la omologazione e il provvedimento conclusivo del giudizio di omologazione (artt. 180 e 17 legge fall.).
Occorre tuttavia considerare come si sia in presenza di uno snodo della procedura concordataria dove l'informativa sull'esito sfavorevole del
voto dà avvio al subprocedimento di dichiarazione dell'improcedibilità della proposta, ex art. 179 e 162, comma 2, legge fall..
Questo subprocedimento si innesta in un procedimento in cui la parte pubblica, una volta informata della proposta di concordato preventivo ai sensi dell'art. 161, comma 5, legge fall., partecipa ordinariamente (Cass. n. 6649/2018, Cass. n. 9574/2017), condizione a cui si assomma, nel caso di specie, un formale atto di intervento ad opera del Pubblico Ministero (in data 14 luglio 2014, come registrato dalla Corte d'Appello).

Ne consegue che, pur in assenza di esplicite previsioni normative che impongano una comunicazione al P.M. della fissazione dell'udienza
camerale a seguito del mancato raggiungimento delle maggioranze necessarie sulla proposta concordataria, la comunicazione comunque fatta dalla cancelleria di tale provvedimento trova fondamento normativo nell'art. 134, comma 2, cod. proc. civ. e, essendo volta a fornire informazioni alla parte pubblica (per di più formalmente intervenuta) dell'incedere del procedimento concordatario, non inficia certo lo stesso sotto il profilo di una indebita provocazione dell'iniziativa del P.M..


5.1 Il secondo mezzo, nell'addurre la "violazione e/o erronea applicazione degli artt. 6, 7, 15 e 18 legge fall. nonché dell'art. 69 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. - illegittimità dell'iter procedurale e difetto di valida iniziativa da parte del PM", assume che la corte territoriale, disattendendo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità, non abbia valorizzato la mancata comparizione in udienza della parte pubblica quale comportamento concludente di rinuncia al procedimento.

5.2 Il motivo è infondato, dovendosi condividere l'orientamento già espresso in proposito da questa Corte.
Questo orientamento non è costituito dal precedente citato dal ricorrente (Cass. n. 13909/2014), il quale non ha preso posizione sulla possibilità di qualificare in termini di desistenza il comportamento processuale del Pubblico Ministero non comparso all'udienza di cui all'art. 15 legge fall., ma ha valutato se, una volta revocata con sentenza passata in giudicato una precedente dichiarazione di fallimento in ragione della ravvisata rinuncia alla richiesta del P.M., fosse preclusa la proposizione di una nuova istanza da parte dell'organo pubblico.

Il principio di diritto a cui dare continuità è invece quello secondo cui, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, quando l'iniziativa sia stata assunta dal Pubblico Ministero, affinché il giudice possa pronunciarsi nel merito è sufficiente che il ricorso sia stato ritualmente notificato all'imprenditore, sicché è irrilevante la mancata partecipazione della parte pubblica all'udienza prefallimentare, non potendosi trarre da una simile condotta alcuna volontà, anche solo implicita, di rinunciare o desistere all'istanza presentata (Cass. 12537/2017); ciò in coerenza con il generale principio secondo cui, ove la parte non si presenti all'udienza conclusiva del procedimento al fine di rappresentare al giudice le proprie istanze finali, vale la presunzione che la stessa abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate (Cass. n. 22360/2013, Cass. 11222/2018).

6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere pertanto respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma in data 20 novembre 2018.
Pubblicato in data 14.01.2019


 

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