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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide - Presidente -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - rel. Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -
Dott. CARLUCCIO Giuseppa - Consigliere -
Dott. VINCENTI Enzo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 29694/2011 proposto da:
ENIGMA DI M.C. & C SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.P.DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell'avvocato MASSIMO PAGLIARI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato SERGIO COCCIA giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
ALTA VALNERINA SRL, (OMISSIS);
- intimata -
Nonchè da:
ALTA VALNERINA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. F.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI 15, presso lo studio dell'avvocato PIER AURELIO COMPAGNONI, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- ricorrente incidentale -
contro
ENIGMA DI M.C. & C. SAS;
- intimata -
avverso la sentenza n. 384/2010 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 10/11/2010 R.G.N. 256/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/10/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
udito l'Avvocato MASSIMO PAGLIARI;
udito l'Avvocato PIER AURELIO COMPAGNONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
Svolgimento del processo
Nell'ottobre del 2003 la ditta Enigma s.a.s. di M.C. convenne dinanzi al Tribunale di Spoleto la s.r.l. Alta Valnerina, esponendo:
- Che, in data 6 ottobre 1993, aveva stipulato un contratto di affitto di un bar-discoteca di proprietà della convenuta;
- Che la concedente aveva garantito l'esistenza di tutte le concessioni necessarie per l'esercizio dell'attività e lo stato di perfetta efficienza degli immobili, degli impianti e delle attrezzature;
- Che era stato concordato tra le parti il pagamento delle spese di straordinaria amministrazione a carico della concedente;
- Che, quanto all'energia elettrica, considerati i buoni rapporti tra le parti, si era verbalmente convenuto la concorrenza al relativo pagamento, da parte dell'affittuaria, in base al consumo presunto della discoteca, di volta in volta quantificato dalla concedente poichè i locali del supermercato posti al piano superiore, anch'essi di proprietà dell'Alta Valnerina, costituivano un unico complesso immobiliare servito da un'unica cabina Enel, con un unico contratto di fornitura;
- Che, a titolo di deposito cauzionale, l'affittuaria aveva versato la somma di sei milioni di lire, rilasciando altresì in garanzia 3 effetti cambiari, per un importo complessivo di 55 milioni di lire;
- Che, nell'avviare l'attività commerciale, essa esponente aveva, dopo poco, sostituito a proprie spese parte delle attrezzature e degli accessori della discoteca;
- Che il 7 ottobre del 1995, a causa di infiltrazioni d'acqua provenienti dai soprastanti locali del supermercato, il soffitto della discoteca aveva improvvisamente ceduto, impedendo il prosieguo dell'attività;
- Che, iniziati i lavori di sistemazione - in essi compresi la revisione dell'impianto elettrico, risultato non a norma - la discoteca era rimasta chiusa per 30 giorni;
- Che i canoni d'affitto erano stati, ciò nonostante, regolarmente corrisposti alla proprietaria, mentre essa esponente si era fatta carico dell'acquisto delle necessarie apparecchiature suono e luce;
- Che, alla fine di novembre del 1995, la ditta incaricata dalla concedente di procedere alla revisione dell'impianto elettrico aveva sospeso i lavori per inadempimento della predetta, evidenziando la non conformità alla legge dell'impianto stesso;
- Che essa esponente, regolarmente adempiente alla propria obbligazione di pagamento del canone, aveva riaperto i locali nel dicembre del 1995;
- Che, nel prendere visione delle bollette Enel relative al periodo gennaio-febbraio 1996, aveva constatato l'incompatibilità delle relative cifre con il consumo effettivo relativo alla discoteca;
- Che, nel marzo del 1996, a fronte dell'inadempimento della ditta concedente in ordine alla sistemazione dell'impianto elettrico, aveva sospeso il pagamento del canone, così che quest'ultima aveva avviato una procedura di sfratto per morosità, conclusasi con la revoca della convalida concessa dal tribunale di Spoleto;
- Che, nelle more, si erano verificati altri episodi impeditivi del corretto funzionamento della discoteca, quali la mancanza di energia elettrica (interrotta per fatto della Alta Valnerina) in occasione di un evento musicale;
- Che, alla vigilia del ferragosto del 1996, la fornitura dell'energia elettrica era stata nuovamente interrotta per morosità della concedente;
- Che, su segnalazione di quest'ultima, la Prefettura di Perugia aveva dichiarato, nel dicembre dello stesso anno, l'inagibilità dei locali, costringendo essa esponente ad abbandonarli definitivamente e a cessare l'attività;
- Che, conclusosi ilo procedimento di sfratto, aveva agito per il risarcimento dei danni, attivando la procedura di arbitrato come da contratto, conclusasi con la declinatoria della propria incompetenza da parte del collegio;
- Che i ripetuti e gravi inadempimenti dell'Alta Valnerina avevano causato ad essa affittuaria ingentissimi danni (quantificati al folio 6 della sentenza d'appello), dei quali si chiedeva il risarcimento, in uno con la restituzione dei titoli cambiari rilasciati in garanzia.
La società convenuta, contestata in rito e in merito la domanda attrice, ne chiese, in via riconvenzionale, la condanna al pagamento dei canoni scaduti e a scadere fino alla data prevista dal contratto.
Il giudice di primo grado, accogliendo la sola richiesta attorea di restituzione dei titoli cambiari, respinse ogni altra domanda, dichiarando integralmente compensate le reciproche ragioni di credito.
La corte di appello di Perugia, investita delle impugnazioni hinc et inde proposte dalle parti, le rigettò.
Per la cassazione della sentenza della Corte perugina la Enigma s.a.s.ha proposto ricorso sulla base di 4 motivi di censura.
Resiste la Alta Valnerina con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale.
Motivazione
I ricorsi devono essere riuniti.
Essi sono entrambi infondati.
IL RICORSO PRINCIPALE.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'artt. 1242 c.c., comma 2, per la compensazione dei crediti reciproci.
Il motivo è privo di pregio.
Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d'appello nella parte in cui ha ritenuto che le reciproche ragioni di credito, pur avendo il loro comune presupposto nel contratto di affitto, non potevano peraltro ritenersi derivanti da un unico rapporto, risultando diversi gli elementi costitutivi delle rispettive pretese (derivanti, l'una, da un titolo contrattuale, l'altra da uno speculare titolo aquiliano).
La decisione - conforme a diritto -, nella parte in cui pone in luce la diversità dei titoli, pur premessa la unicità della fonte delle reciproche pretese, si sottrae alle censure mosse in parte qua dalla ricorrente, cui non giova il richiamo (contenuto al folio 12 dell'odierno atto di impugnazione) alla giurisprudenza di questa Corte, predicativa dell'inapplicabilità dell'istituto della compensazione (Cass. 2171/1997; 18498/06) in presenza di un medesimo rapporto, poichè quella giurisprudenza si riferisce a rapporti pur sempre e solo contrattuali, benchè diversi, con riguardo alle rispettive ragioni di credito, quanto al relativo petitum sostanziale - risarcitorio da inadempimento contrattuale - restitutorio da mancato pagamento.
Conseguentemente inapplicabile risulta, nella specie, la pur invocata prescrizione del diritto al pagamento dei canoni d'affitto avanzata dall'affittuaria nel giudizio di merito, versandosi in ipotesi di compensazione legale, operante, come è noto, con effetto ex tunc, dal momento della coesistenza delle rispettive ragioni di credito.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 74 T.U.I.R. e dell'art. 1223 c.c..
Il motivo con il quale si lamenta la erronea quantificazione del risarcimento dei danni da mancato guadagno, accertata in sede di merito nella misura 40 milioni di Lire (anzichè dei 144 richiesti in prime cure, e oggi indicati in 500 milioni a questa Corte) - è infondato.
Con motivate argomentazioni, la Corte di appello, a fronte dell'incertezza dei dati forniti dalla ricorrente, ha assunto a parametro di riferimento, sia pur predicandone la indicatività, l'avviso di accertamento emesso dall'amministrazione finanziaria per l'anno 1994, sottolineando, di converso, la mancata produzione delle dichiarazioni Irpeg e Iva da parte della Enigma, il cui assunto relativo alla capitalizzazione dei costi pluriennali e all'incremento di reddito all'esito dell'ammortizzazione dei costi per gli acquisti viene correttamente ritenuto non condivisibile dalla Corte territoriale attesa la natura dell'attività esercitata e delle attrezzature utilizzate, destinate a veloce obsolescenza sotto il profilo dell'attualità e della produttività (onde la necessità di procedere a nuovi e assai costosi acquisti per rimanere sul mercato).
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1617 c.c.; erronea valutazione delle istanze istruttorie ed erronea quantificazione del danno subito dalla Enigma.
La doglianza - che lamenta l'erroneo richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, all'art. 1622 c.c., in luogo dell'art. 1617 c.c., disciplinante gli obblighi gravanti sul locatore non può essere accolta.
La Corte territoriale, difatti, ha motivato la propria pronuncia in parte qua (a conferma della sentenza di primo grado) ritenendo il danno da infiltrazioni d'acqua non ingente; specificando che, in mancanza di adeguata documentazione (e dunque della relativa prova) circa il costo dei lavori la liquidazione non poteva che risultare meramente equitativa; aggiungendo ancora che il richiamo all'art. 1622 c.c., era da ritenersi operato al rifacimento del pavimento e di parte dell'impianto elettrico, trattandosi di lavori di ammodernamento funzionali alla maggiore e migliore produttività dell'azienda, e non strettamente indispensabili; ritenendo infine - quanto al danno da sospensione dell'erogazione dell'energia elettrica e da eccessiva partecipazione alle spese per la relativa fornitura - che la somma liquidata in via equitativa apparisse del tutto congrua, attesa la non sufficiente consistenza delle prove addotte dall'appellante, con particolare riguardo a quella relativa all'energia utilizzata dai singoli operatori (la cui congruità veniva desunta dall'avere l'odierna ricorrente sempre pagato le somme richieste pur conoscendo il consumo complessivo ed avendo più volte partecipato alla lettura del contatore, e non avendo fornito idonea prova a sostegno della domanda di ripetizione di indebito).
Trattasi di valutazione di mero fatto, scevra, sul punto, da vizi logico-giuridici, come tale sottratta a qualsiasi nuova valutazione, sul piano del merito, in sede di legittimità.
Con il quarto motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
La censura - con la quale si lamenta il mancato riconoscimento dell'indennizzo di cui agli artt. 2561 e 2562 c.c., in relazione ai numerosi acquisti di arredi ed apparecchiature - è infondata.
La Corte territoriale ha fondato il proprio convincimento non già sull'esclusione della circostanza degli acquisti oggi nuovamente rappresentata a questo giudice, bensì sull'impossibilità di valutare l'entità della differenza tra le rispettive consistenze dell'inventario iniziale e di quello finale, e sulla carenza di valida prova relativa al valore dell'avviamento - della quale l'odierna ricorrente chiede, in sede di legittimità, una rivalutazione in punto di merito, affermando (senza peraltro offrirne dimostrazione e senza richiamare, nell'esposizione del motivo, il momento processuale nel quale la questione sarebbe stata tempestivamente introdotta ed illegittimamente disattesa, in spregio al principio dell'autosufficienza del ricorso) che quest'incremento sarebbe stato pari al 40%.
IL RICORSO INCIDENTALE.
Con l'unico motivo, si denuncia l'erroneità della pronuncia della Corte territoriale con riferimento alla disposta compensazione delle reciproche ragioni di credito, con argomentazioni non dissimili rispetto a quelle svolte dalla ricorrente principale.
Il rigetto della censura trae fondamento da quanto osservato in sede di esame del primo motivo del ricorso principale.
I ricorsi sono, pertanto, entrambi rigettati.
Le spese del giudizio vanno compensate, attesa la reciproca soccombenza.
PQM
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta entrambi, e dichiara compensate le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2016.
Revocato il decreto ingiuntivo in mancanza di esperimento del procedimento di mediazione
Tribunale Catania Quarta - Sentenza 1432/2024 del 18.03.2024
Nulla la confisca dell'auto emessa anni dopo il sequestro
Giudice di Pace Acireale - Sentenza 66/2024 del 04.03.2024
Nulla la confisca dell'automobile emessa dopo anni dal sequestro
Giudice di Pace Catania Caltagirone - Sentenza 74 del 01.03.2024
Tribunale Catania Lavoro - Sentenza 1655 del 21.04.2023
Tribunale Catania Lavoro - Sentenza 1636/2023 del 20.04.2023
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