R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE
in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Daniele Salvatore Abbate, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 624 dell'anno 2018 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente
tra
I., in persona del suo legale rappresentante p.t., con sede in , rappresentato e difeso dall’avv. Juri Monducci;
appellante
contro
M. A. , nata a , ivi elettivamente domiciliata in via Vincenzo Giuffrida n. 107/A, presso l’Avv. Marco Di Pietro, che la rappresenta e difende per mandato in atti;
appellata
OGGETTO: appello avverso sentenza del giudice di pace di Termini Imerese n. 759/16.
CONCLUSIONI DELLE PARTI: all’udienza del 28.10.2021 le parti concludevano come da verbale in pari data, al quale si rinvia.

Svolgimento del processo

L’I i (d’ora innanzi anche soltanto IOR) ha chiamato in giudizio A M a chiedendo accertarsi la nullità della sentenza indicata in epigrafe.
A sostegno dell’impugnazione proposta, l’appellante ha esposto:
- di essere stata chiamata in giudizio dall’odierna appellata innanzi al giudice di pace di Catania;
- che la predetta aveva proposto nei suoi confronti un’azione risarcitoria per i danni subiti per effetto dell’intervento eseguito presso il dipartimento Rizzoli- Sicilia in data 18.04.2012;
- che il giudice adito con ordinanza resa in data 08.04.2014 ha dichiarato la sua incompetenza territoriale in favore del giudice di pace di Bagheria (nelle more accorpato all’Ufficio del giudice di pace di Termini Imerese);
- che la M ha notificato l’atto di citazione in riassunzione, innanzi al giudice territorialmente competente, all’avv. D S o, difensore domiciliatario del foro di Catania;
- che alla difesa dell’IOR non è pervenuto alcuna notifica della citazione in riassunzione e che, tuttavia, la stessa non è stata ritenuta contumace, in ragione della perpetuazione degli effetti della costituzione innanzi al giudice incompetente;
- che il processo di primo grado è stato istruito mediante CTU e che, all’esito, il giudice di prime cure, accogliendo la domanda attorea, ha condannato l’IOR al risarcimento dei danni subiti dalla M a e quantificati in euro 5000,00, oltre spese di lite;
- che la difesa dell’IOR ha avuto contezza della predetta pronuncia soltanto in data 04.07.2017.
Tanto premesso, l’appellante ha articolato un solo motivo di appello, lamentando la violazione del principio del contraddittorio, in conseguenza della nullità della notifica della citazione in riassunzione.
Sostiene parte appellante che la M abbia notificato il predetto atto presso l’indirizzo PEC del domiciliatario, provvedendo ad estrarlo dal registro INIPEC, anziché all’indirizzo digitale del procuratore costituito, indicato in comparsa di costituzione e risposta. Rileva altresì l’appellante che la domiciliazione presso l’avv. S del foro di Catania è divenuta inefficace a seguito della riassunzione del giudizio innanzi al giudice termitano.
Ha concluso, quindi, chiedendo al Tribunale di “A. dichiarare la nullità della notifica dell’atto di citazione in riassunzione di controparte nonché la nullità del procedimento di primo grado e, conseguentemente, rimettere la causa al primo Giudice a norma dell’art. 354 c.p.c. affinchè ivi l’Ecc.mo Giudice, in persona di diverso magistrato, voglia; B. Rigettare la domanda introduttiva; C. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di lite.”

Con comparsa depositata in data16.10.2018 si è costituita in giudizio A M eccependo, in via pregiudiziale, l’inammissibilità dell’appello per decorrenza dei termini di cui all’art. 327 c.p.c.
Sostiene, sul punto, l’appellata che all’odierno giudizio non possa trovare applicazione il disposto di cui al comma II della disposizione su richiamata, non essendo stato l’appellante contumace nel primo grado di giudizio, sicchè, per effetto del disposto di cui all’art. 327 comma I c.p.c., l’appello proposto in data 05.02.2018 è da ritenersi tardivo, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata in data 9.11.2016. Rileva altresì la M che la sentenza impugnata è stata, in ogni caso, notificata all’IOR, in data 04.07.2017, e al codifensore, avv. S , in data 30.06.2017, e che, pertanto, anche ove si volesse ritenere inidonea la pubblicazione alla decorrenza del termine per impugnare, la notificazione della sentenza avrebbe in ogni caso determinato la decorrenza del termine breve, anch’esso spirato al momento di proposizione dell’appello. Sempre in ordine all’eccepita tardività dell’impugnazione, la rileva che anche il termine semestrale, ove ritenuto decorrente dalla notifica della sentenza impugnata, era ormai spirato alla data dell’impugnazione.
Nel merito, l’appellata contesta il motivo di doglianza, rilevando, in primo luogo, che la notifica dell’atto di citazione in riassunzione è stata effettuata all’indirizzo digitale di uno dei difensori costituiti e non del mero domiciliatario, e che l’indirizzo PEC indicato nell’atto di costituzione dall’IOR era finalizzato esclusivamente alle comunicazioni di cancelleria.
Ha concluso, quindi, chiedendo all’adito Tribunale di “Dichiarare l’inammissibilità dell’appello per tardività e/o in via subordinata ai sensi dell’art. 348 bis. Cod. proc. civ.; 2. Rigettare nel merito le domande di parte appellante perché infondate in fatto e in diritto come esposto in narrativa e confermare in ogni sua parte la sentenza impugnata; 3. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio, con distrazione in favore del sottoscritto procuratore che dichiara di avere anticipato le prime e non riscosso le seconde.”

Motivazione

Tanto premesso, l’appello è inammissibile.
Gli artt. 325 e ss. del Codice di rito delineano la disciplina dei termini entro cui la parte può proporre appello avverso la sentenza di primo grado.
Al riguardo appare opportuno evidenziare brevemente che le norme richiamate individuano due diversi termini. L’art. 325 c.p.c., infatti, prevede che l’appello possa essere proposto entro il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza al procuratore costituito. L’art. 327 c.p.c., invece, individua il cosiddetto termine lungo, ossia il termine entro cui la parte può proporre appello, nel caso in cui la sentenza non gli sia stata notificata nelle forme richiamate dall’art. 326 c.p.c. Tale termine è fissato in sei mesi, decorrenti dalla data di pubblicazione della sentenza. Il legislatore, tuttavia, ha previsto al secondo comma della predetta norma una valvola di sfogo del sistema su delineato, prevedendo che il termine lungo di decadenza dall’impugnazione non si applichi alla parte contumace che dimostri di non avere avuto conoscenza del procedimento per un vizio della citazione, della notifica della citazione o degli atti di cui all’art. 292 c.p.c.
La norma manifesta la scelta legislativa, compiuta anche all’art. 650 c.p.c., di garantire l’accesso alla tutela alla parte, che non abbia partecipato al procedimento, poiché ignara di esso.
In altri termini, il legislatore ha trovato un punto di equilibrio tra l’esigenza di stabilizzare la decisione e quella di tutela della parte pretermessa dal giudizio, attribuendo a quest’ultima la facoltà di impugnare la sentenza di primo grado, decorso il termine semestrale dalla pubblicazione, a condizione che questa dimostri di non avere avuto conoscenza del procedimento per un vizio della citazione o della notificazione.
Tale norma, per espressa previsione legislativa, trova applicazione nei confronti della parte contumace. Tuttavia, la ratio legislativa, unitamente all’esigenza di valorizzare un’interpretazione della disposizione conforme ai principi costituzionali e, in specie, all’art. 3 Cost., inducono a ritenere applicabile il disposto di cui all’art. 327 comma 2 c.p.c. anche nell’ipotesi in cui la parte costituita in giudizio, non abbia avuto conoscenza della riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente.
Tali considerazioni, tuttavia, non consentono di giungere ad un esito del giudizio diverso da quello di seguito esplicitato per le ragioni che seguono.
La mitigazione degli effetti della decorrenza del termine decadenziale di cui all’art. 327 c.p.c., prevista dal legislatore al comma secondo della norma richiamata, non trova applicazione nell’ipotesi in cui la sentenza sia stata notificata alla parte ignara del procedimento, ai sensi dell’art. 326 c.p.c. La notifica della sentenza, ex art. 326 c.p.c., infatti, determina la decorrenza
dei termini brevi per impugnare anche nei confronti del contumace involontario
(cfr. Cass. civ. ord. n. 1893/19).
I termini di cui all’art. 325 c.p.c. iniziano, quindi, a decorrere, per il contumace, dal momento in cui la sentenza gli viene notificata, mentre per la parte non contumace, che non abbia avuto conoscenza della prosecuzione del giudizio, dal momento della notifica della sentenza al procuratore costituito, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 326 e 170 c.p.c.

La giurisprudenza ha chiarito, poi, che nel caso di plurimi procuratori costituiti è sufficiente che la sentenza sia stata notificata ad uno soltanto di essi, ai fini della decorrenza del termine breve (cfr. Cass. civ. sent. n.
20626/17). La Suprema Corte, inoltre, ha ritenuto a tal fine idonea, anche la sentenza munita di formula esecutiva notificata presso il procuratore costituito (cfr. Cass. civ. sent. n. 11216/08).
Nel caso di specie, l’odierna appellante ha notificato la sentenza impugnata, munita di titolo esecutivo, ad uno dei procuratori costituiti di IOR, avv. S , in data 30.6.2017, pertanto, il termine entro cui IOR avrebbe potuto proporre appello è decorso il 31.07.2017.
L’appello proposto dall’IOR in data 5.2.2018, quindi, è tardivo.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in applicazione dei parametri previsti dal d.m. 55/14 per le cause di valore sino ad euro 5.200.
Si rileva la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115/02.
Va accolta l’istanza di distrazione ex art.93 c.p.c. formulata dall’avv. Di Marco, sussistendone i presupposti.

PQM

Il Tribunale, uditi i procuratori delle parti costituite; ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa; definitivamente pronunciando:
• dichiara inammissibile l’appello proposto dall’I li avverso la sentenza n. 759/16 del giudice di pace di Termini Imerese.
• condanna l’appellante al pagamento in favore di parte appellata delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1.620,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A., se dovute, disponendo che le stesse siano versate in favore del procuratore antistatario;
• dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/02.
Così deciso in Termini Imerese, in data 03/03/2022.
Il presente provvedimento, redatto su documento informatico, viene sottoscritto con firma digitale dal Giudice Dott. Daniele Salvatore Abbate, in conformità alle prescrizioni del combinato disposto dell’art. 4 del D.L. 29/12/2009, n. 193, conv. con modifiche dalla L. 22/2/2010, n. 24, e del d.lgs. 7/3/2005, n. 82, e succ. mod. e nel rispetto delle regole tecniche sancite dal decreto del Ministro della Giustizia 21/2/2011, n. 44.


Scarica copia del provvedimento: TESTO SENTENZA

 

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