REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi - Presidente -
Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere -
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere -
Dott. GHINOY Paola - Consigliere -
Dott. AMENDOLA Fabrizio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9528-2012 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ALESSANDRIA, 17, presso lo studio dell'avvocato ANTONIO CASIMIRO, rappresentato e difeso dall'avvocato VALLONE MASSIMO giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
ASSOCIAZIONE ECOQUALITA' già ECOGRUPPO ITALIA SRL , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITO ARTALE 6, presso lo studio dell'avvocato DONATO TOMA, rappresentata e difesa dall'avvocato JELO MASSIMILIANO MARIA giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 933/2011 della CORTE D'APPELLO di CATANIA del 20/10/2011 depositata il 27/10/2011 R.G. 1403/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2014 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;
udito l'Avvocato del controricorrente DONATO TOMA per delega dell'Avvocato MASSIMILIANO MARIA JELO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza del 27 ottobre 2011 la Corte di Appello di Catania, riformando integralmente la decisione del primo giudice, ha dichiarato "improcedibile il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado" proposto da M.M. per impugnare il licenziamento intimatole dalla Ecocert Italia Srl.

La Corte territoriale ha rilevato che, in data 24 giugno 2008, alla prima udienza fissata dal giudice monocratico per la comparizione delle parti era stata autorizzata la rinnovazione della notifica del ricorso introduttivo, nonostante la stessa fosse stata omessa; che alla successiva udienza dell'11 novembre 2008 si era costituita parte convenuta; che in prime cure era stato ritenuto inapplicabile il principio espresso dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 20604 del 30 luglio 2008 secondo cui la notifica omessa non poteva essere rinnovata.


Di contrario avviso i giudici di appello i quali hanno considerato che, in ragione del principio costituzionalizzato della "ragionevole durata" del processo, non poteva essere concesso un nuovo termine per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, mai in precedenza effettuata, con conseguente improcedibilità dell'atto introduttivo del giudizio.

2.- Per la cassazione di tale sentenza M.M. ha proposto ricorso con due motivi. Hanno resistito con unico atto di controricorso sia l'Associazione Ecocert Italia, ora Associazione Ecoqualità, sia Ecocert Italia Srl, oggi Ecogruppo Italia Srl.

Motivazione

3.- Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 111 Cost., dell'art. 6 CEDU, degli artt. 415, 421 e 291 c.p.c., nonchè incongruità ed illogicità della motivazione.
La Corte catanese avrebbe erroneamente applicato al giudizio ordinario di primo grado un principio espresso dalle Sezioni unite con riferimento all'opposizione a decreto ingiuntivo e all'appello.
Con il secondo mezzo di gravame si denuncia la violazione e la falsa applicazione dei medesimi parametri normativi nonchè difetto di motivazione in quanto la sentenza impugnata non avrebbe considerato che il mutamento di giurisprudenza introdotto dalla sentenza n. 20406 del 30 luglio 2008 era intervenuto successivamente alla prima udienza di comparizione delle parti rispetto alla quale era stata omessa la notificazione, sicchè del tutto legittimamente era stata concessa l'autorizzazione alla rinnovazione della notifica.

4.- Il Collegio giudica il ricorso fondato.
5.- La Corte territoriale ha sanzionato con una pronuncia in rito di "improcedibilità" il ricorso proposto in primo grado dalla lavoratrice, ciò in dichiarata applicazione dei principi espressi dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 20604 del 2008.

In particolare, nella controversia che ci occupa, si pone questione se nel rito disciplinato dall'art. 409 c.p.c. e ss., in caso di omessa o inesistente notificazione a cura del ricorrente dell'atto introduttivo del giudizio, possa essere concesso un termine per la rinnovazione della notifica.

5.1.- Con la citata sentenza n. 20604 del 2008 si è affermato il principio secondo il quale "Nel rito del lavoro l'appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell'udienza non sia avvenuta, non essendo consentito - alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2 - al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all'appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291 c.p.c.".

Tale principio è stato dalla medesima pronuncia ritenuto applicabile al procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo per crediti di lavoro - per identità di ratio di regolamentazione - sicchè, anche in tale procedimento, la mancata notifica del ricorso in opposizione e del decreto di fissazione dell'udienza determina l'improcedibilità dell'opposizione e con essa l'esecutività del decreto ingiuntivo opposto.

Le Sezioni unite, rimeditando pregresse consolidate statuizioni giurisprudenziali, hanno negato l'applicabilità in tali casi di un sistema sanante quale quello apprestato dall'art. 291 c.p.c. "giacchè non è pensabile la rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente, non esistendo una disposizione che consenta al giudice di fissare un termine per la notificazione, mai effettuata, del ricorso e del decreto presidenziale, e non essendo consentito, nel silenzio normativo, allungare - con condotte omissive prive di valida giustificazione e talvolta in modo sensibile ... - i tempi del processo sì da disattendere il principio della sua ragionevole durata".
Criterio decisivo per l'adozione dell'indicata soluzione è stato, dunque, per le Sezioni unite in discorso la massima valorizzazione della ragionevole durata del processo, elevata a rango di principio costituzionale (art. 111 Cost.) e sopranazionale (art. 6 CEDU), tanto da imporre all'interprete una nuova sensibilità ed un nuovo approccio interpretativo per cui ogni soluzione che si adotti nella risoluzione di questioni attinenti a norme sullo svolgimento del processo, "deve essere verificata non solo sul piano tradizionale della sua coerenza logico-concettuale ma anche, e soprattutto, per il suo impatto operativo sulla realizzazione di detto obiettivo costituzionale" (così Cass. SS.UU. n. 20604/2008 in motivazione, che richiama sul punto Cass. SS.UU. n. 4636 del 2007).

5.2.- Proprio dal principio del "giusto processo", più di recente, le Sezioni unite sono partite per riesaminare taluni enunciati espressi dal precedente costituito dalla sentenza n. 20604 del 2008, cogliendo l'occasione rappresentata dalla questione dell'omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza alla controparte in materia di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 (Cass. SS. UU. n. 5700 del 12 marzo 2014).
Hanno così affermato "che il principio del giusto processo ... non si esplicita nella sola durata ragionevole dello stesso".
Hanno richiamato la dottrina per sottolineare che "occorre prestare altresì la massima attenzione ad evitare di sanzionare comportamenti processuali ritenuti non improntati al valore costituzionale della ragionevole durata del processo, a scapito degli altri valori in cui pure si sostanzia il processo equo, quali il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio, e, in definitiva, il diritto ad un giudizio".
Hanno evidenziato in proposito che "la stessa Corte Europea di Strasburgo, pur sottolineando che ad essa non compete un sindacato sulla interpretazione e sull'applicazione della regola emessa a livello nazionale, ammette poi le limitazioni all'accesso ad un giudice solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (v., ex plurimis, Ornar c. Francia, 29 luglio 1998; Bellet c. Francia, 4 dicembre 1995), affermando in particolare che ritenere l'irricevibilità di un ricorso non articolato con la specificità richiesta configura un eccessivo formalismo (v., tra le altre, Walchi c. Francia, 26 luglio 2007); ovvero ponendo in rilievo la esigenza che le limitazioni al diritto di accesso ad un giudice siano stabilite in modo chiaro e prevedibile, e, dunque, alla stregua di una giurisprudenza non ondivaga o non specifica (v., a titolo esemplificativo, Faltejsek c. Rep. Ceca, 15 agosto 2008)".

Tanto premesso, per risolvere la questione controversa, le Sezioni unite, nella sentenza n. 5700/2014 cit., hanno considerato che "la L. n. 89 del 2001 ... non contiene una previsione legale tipica che sanzioni con il divieto di accesso alla giurisdizione la omessa notifica del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione della udienza"; che, "a differenza di quelli di impugnazione o di opposizione a decreto ingiuntivo, il procedimento di cui si tratta non presuppone dall'altro lato la legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un confine temporale rigorosamente predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento giudiziario già emesso"; che "rispetto al processo di appello nel rito del lavoro ed alla opposizione a decreto ingiuntivo, procedimenti di natura impugnatoria, a struttura bifasica, ... nel procedimento de quo la notifica del ricorso assolve unicamente la funzione di consentire la instaurazione del contraddittorio, e si configura come una fase caratterizzata da autonomia formale e strutturale rispetto a quella precedente, di proposizione della domanda, che si esaurisce nel deposito del ricorso".

E' stato poi rammentato "che il principio enunciato dalla sentenza n. 20604 del 2008 è già stato ritenuto non applicabile in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento (SS.UU. n. 25494 del 2009), di impugnazione di lodo arbitrale (Cass. n. 9394 del 2011), di opposizione al decreto di liquidazione degli onorari al difensore (Cass. n. 2442 del 2011), di procedimenti camerali di cui all'art. 38 disp. att. c.c. (Cass. n. 12983 del 2009)".
Il complesso delle descritte circostanze ha, dunque, indotto le Sezioni unite "a discostarsi ... dalla soluzione adottata nella richiamata sentenza del 2008 ... e ad ammettere, invece, la possibilità per il giudice, nel procedimento ex lege n. 89 del 2001, di concedere un nuovo termine, questo sì perentorio, al ricorrente nella ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza".
Detto principio, ribadito da Cass. SS. UU. n. 9558 del 2014, è stato prontamente recepito dalle sezioni semplici (v. Cass. n. 8421 del 2014, nonchè Cass. n. 21669 del 2014 in materia di procedimenti camerali in grado d'appello).

5.3.- Tenuto conto di tali più recenti approdi giurisprudenziali il Collegio reputa che nella presente controversia possa essere affermato il seguente principio di diritto:
"Nel rito del lavoro, nel caso di omessa o inesistente notifica del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell'udienza, è ammessa la concessione di un nuovo termine, perentorio, per la rinnovazione della notificazione di tali atti".

Tanto sulla base delle considerazioni che seguono.
5.3.1.- La fase introduttiva del processo del lavoro, al pari di quella del procedimento per il conseguimento dell'equo indennizzo da durata irragionevole del processo, non contiene una previsione legale tipica che sanzioni con il divieto di accesso alla giurisdizione l'omessa notifica del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell'udienza.
Inoltre, rispetto ad una controversia di lavoro in relazione alla quale non si è ancora instaurato il contraddittorio, non vi è esigenza di tutelare legittime aspettative della controparte al consolidamento, entro tempi certi e brevi, di un provvedimento giurisdizionale già emesso.
Anche il processo del lavoro di primo grado, poi, è strutturalmente diverso rispetto a quello di appello ed all'opposizione a decreto ingiuntivo, aventi natura impugnatoria a struttura bifasica, in quanto in esso la notifica del ricorso assolve unicamente la funzione di consentire l'instaurazione del contraddittorio e si configura come una fase caratterizzata da autonomia formale e strutturale rispetto a quella precedente, di proposizione della domanda, che si esaurisce nel deposito del ricorso.

Già questi rilievi sarebbero sufficienti a sostenere il principio enunciato in premessa, in considerazione della piena sovrapponibilità di tali ragioni a quelle poste a base della pronuncia della Sezioni unite n. 5700 del 2014.
5.3.2.- Vale la pena aggiungere, rispetto all'assunto di indubbia forza logica contenuto nella sentenza n. 20604 del 2008 per il quale non sarebbe possibile rinnovare un atto inesistente - con la conseguente affermazione secondo cui l'art. 291 c.p.c. è applicabile solo in caso di notifica nulla - che non ha perduto di vigore persuasivo un argomento a lungo praticato da questa Corte, anche a Sezioni unite (cfr. Cass. SS.UU. n. 6841 del 1996; Cass. SS.UU. n. 9331 del 1996).
La notificazione alla controparte costituisce un tassello dell'unitaria e composita fattispecie della vocatio in ius originata dal deposito del ricorso, seguita dall'emanazione del decreto di fissazione dell'udienza e dalla sua conoscenza, culminata nel procedimento notificatorio, per cui l'omessa o giuridicamente inesistente notificazione determina la nullità e non l'inesistenza della complessa fattispecie della vocatio in ius, con conseguente possibilità per il giudice di rinnovarla, emanando un nuovo decreto di fissazione dell'udienza ed assegnando un termine perentorio per la notifica.
Soccorrono tale costruzione i principi processuali contenuti nell'art. 159 c.p.c., per il quale "la nullità di un atto non importa quello degli atti precedenti", ostando a che le nullità afferenti alle notifiche del ricorso influenzino la validità degli atti precedenti, nonchè nell'art. 162 c.p.c., secondo cui "il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende".
Invero, in conformità ai principi generali di conservazione degli atti processuali, di economia dei giudizi e di strumentante del processo, ove il vizio di un atto processuale sia sanabile, la chiusura in rito del processo può avvenire solo dopo che la parte sia stata invitata dal giudice a porvi rimedio, e non lo abbia fatto, perchè il processo deve tendere, laddove possibile, ad una decisione di merito e occorre limitare le pronunce di mero rito ai casi strettamente necessari.
Mentre la declaratoria in rito di improseguibilità dell'azione senza rinnovazione travolge anche il ricorso ed il suo deposito, editio actionis che ha una sua autonomia funzionale rispetto alla successiva vocatio in ius, conclamata dal fatto che essa produce effetti processuali immediati, affatto provvisori, che prescindono dalla notificazione, quali quelli derivanti dalla litispendenza (v. Cass. SS.UU. n. 4676 del 1992, con principio esteso a tutti i procedimenti che si instaurano con ricorso, v. poi Cass. n. 5433 del 1995; Cass. n. 1850 del 1998; Cass. n. 11774 del 1998; Cass. n. 3095 del 1999; Cass. n. 4686 del 2001; anche in appello v. Cass. n. 5699 del 2007; v, infine, art. 39 c.p.c., u.c., nella parte introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 3, lett. c), su cui, da ultimo, Cass. SS. UU. n. 23675 del 2014).

Del resto sull'autonomia della editio actionis rispetto alla vocatio in ius si è fondata anche quella giurisprudenza secondo cui, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in riassunzione in cancelleria, il termine di sei mesi di cui all'art. 305 c.p.c. non ha alcun ruolo nella successiva notifica dell'atto volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio; "ne consegue che, ove la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza sia viziata od inesistente, l'assegnazione di un ulteriore termine da parte del giudice per la rinnovazione della notifica e il compimento del relativo adempimento prescindono dal rispetto delle indicazioni di cui all'art. 305 cod. proc. civ. rispondendo alla sola necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della vocatio in ius" (per tutte Cass. n. 10016 del 2011).
In definitiva, dalla distinzione delle due fasi deriva che ogni interpretazione che facesse derivare dai vizi della seconda conseguenze sulla prima finirebbe contraddittoriamente per negare detta autonomia, formale e strutturale, tra di esse.

5.3.3.- Occorre ancora rilevare che il decreto di fissazione dell'udienza di cui all'art. 415 c.p.c., comma 2, non deve essere comunicato alle parti.
Questa Corte ha escluso dubbi di legittimità costituzionale di una tale disciplina affermando che la fattispecie relativa all'incardinamento del giudizio di primo grado è diversa da quella relativa all'impugnazione di atti pregiudizievoli per la parte, concernendo solo la promozione del contraddittorio; pertanto è onere non vessatorio di diligenza e collaborazione della difesa tecnica con l'ufficio giudiziario informarsi dell'emissione del decreto di fissazione dell'udienza (Cass. n. 3251 del 2003).
Tuttavia se parte ricorrente comunque non ha avuto conoscenza del deposito del decreto e, in ragione di ciò, non ha provveduto alla notificazione e chiede l'autorizzazione a rinnovarla, ove venisse seguita l'esegesi qui non condivisa si porrebbe il problema se l'inosservanza dell'onere informativo incombente sulla difesa tecnica possa essere sanzionato con una pronuncia di inammissibilità o improcedibilità del ricorso.
Va tenuto conto che il legislatore ben può condizionare l'esercizio di atti di difesa giudiziale al rispetto di termini ed al compimento di atti, anche a pena di improcedibilità o di inammissibilità, ma, in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, non è lecito presumere che una tale conseguenza sia prevista implicitamente in situazioni nelle quali non risulti, al contempo, garantito alla parte onerata dal rispetto del termine la tempestiva conoscenza del momento dal quale essa prende a decorrere (così, da ultimo, ancora Cass. SS.UU. n. 5700 del 2014, ma v. già Cass. n. 5493 del 2012).

Ciò che ha indotto la Corte costituzionale (sent. n. 15 del 1977), nel quadro delle garanzie del diritto di difesa, a dichiarare l'illegittimità dell'art. 435 c.p.c., comma 2, nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza sia comunicato all'appellante e che da tale comunicazione decorre il termine di notificazione all'appellato. Si è introdotto così un obbligo di comunicazione dell'avviso di deposito di detto decreto che funge da contrappeso alla sanzione di improcedibilità, obbligo che l'art. 415 c.p.c. invece non prevede.

5.3.4.- Da ultimo, ma non per importanza, resta da chiedersi se impedire la rinnovazione della notificazione omessa o inesistente del ricorso introduttivo del giudizio realmente giovi all'osservanza del canone di "ragionevole durata del processo".
In realtà, ove di tale principio non si coltivi una visione legata al dato puramente formale della data in cui il singolo affare è iscritto a ruolo e quella in cui viene statisticamente definito, ma si annodi la vicenda processuale alla situazione giuridica sostanziale sottostante, per cui il processo ha durata ragionevole in considerazione del lasso temporale che trascorre tra il momento in cui il cittadino accede al servizio giustizia ed il momento in cui riceve una pronuncia sul merito del diritto preteso, deve convenirsi che la preclusione alla rinnovazione della notificazione può realizzare effetti distonici rispetto alle finalità che l'art. 111 Cost. intende perseguire.
Infatti la pronuncia in rito condurrà alla riproposizione del medesimo ricorso, con differimento dei tempi processuali tesi ad ottenere una decisione sul merito. Peraltro salvo che il decorso del tempo non abbia prodotto decadenze o prescrizioni.
Quella pronuncia di merito, unica idonea a soddisfare l'interesse della parte, che è garanzia di effettività della tutela ai sensi dell'art. 24 Cost., la quale per la Corte di Giustizia implica che le modalità di attuazione della tutela giudiziaria non debbano rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti (ex plurimis, CGUE, 19 settembre 2006 Germany e Arcor, C- 392/04 e C-422/04, punto 57; 30 giugno 2011, Meilicke e a., C-262/09, punto 55; Pelati d.o.o. contro Republika Slovenija, 18 ottobre 2012, n. 603, punto 23 e 25).
Se poi la decisione di rito interviene nelle fasi o in gradi processuali successivi, magari azzerando istruttorie e pronunce, l'allungamento della durata del processo rettamente intesa appare inconciliabile con un "processo giusto".
Come emblematicamente accaduto nella specie, laddove la sentenza in rito della Corte territoriale ha riformato, a distanza di anni dall'introduzione del giudizio, la decisione di merito di primo grado, con ingente dispersione di risorse processuali, riportando le parti al punto di partenza.

6.- La sentenza impugnata merita censura anche per il secondo aspetto denunciato dal ricorso per cassazione in esame.
6.1.- Pacifici i fatti processuali posti a sostegno del mezzo di gravame.
Il ricorso della M. è stato depositato al Tribunale di Catania in data 6 febbraio 2008. Con decreto del 18 febbraio 2008 il giudice monocratico ha fissato l'udienza per il giorno 24 giugno 2008. A tale udienza, non avendo parte ricorrente provveduto alla notificazione del ricorso e del decreto, su istanza di parte, il giudice ha fissato una nuova udienza per il giorno 11 novembre 2008, con termine per procedere alla rinnovazione della notifica. Il ricorso ed il verbale di causa sono stati notificati alle controparti che si sono costituite per detta udienza.
All'esito dell'istruttoria il Tribunale ha accolto la domanda della M. dichiarando l'illegittimità del licenziamento intimatole.
Con sentenza del 27 ottobre 2011 la Corte distrettuale, su specifica eccezione delle appellanti già formulata in prime cure, ha statuito l'improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Lamenta la ricorrente che con tale pronuncia il giudice di appello avrebbe dato applicazione retroattiva ad un radicale mutamento di orientamento giurisprudenziale.

6.2.- Invero, con un fondamentale arresto delle Sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 15144 del 2011) si è statuito che: "Il mutamento della precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia (c.d. "overruling"), il quale porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, opera come interpretazione correttiva che si salda alla relativa disposizione di legge processuale "ora per allora", nel senso di rendere irrituale l'atto compiuto o il comportamento tenuto dalla parte in base all'orientamento precedente. Tuttavia, ove I' "overruling" si connoti del carattere dell'imprevedibilità (per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante "ex post" non conforme alla corretta regola del processo) e l'effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che - in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l'effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito - deve escludersi l'operatività della preclusione o della decadenza derivante dall'"overruling" nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell'arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l'apparenza di una regola conforme alla legge del tempo".

Si è data continuità a tale insegnamento applicandolo ove ricorrano cumulativamente i seguenti presupposti: che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte (Cass. n. 5962 del 2013; Cass. n. 7755 del 2012).

6.3.- Avuto specifico riguardo alla presente fattispecie processuale la Sezione lavoro di questa Corte ha avuto già modo di rilevare come il mutamento di giurisprudenza inaugurato dai giudici di legittimità con la sentenza n. 20604 del 2008 più volte citata - rispetto al precedente costante orientamento - rappresenti "un caso addirittura paradigmatico di applicazione di prospective overruling" (così Cass. n. 3042 del 2012; conforme, Cass. n. 14362 del 2014).
Si è infatti ritenuto che, stante il carattere più che consolidato del pregresso indirizzo della giurisprudenza di legittimità risalente alla risoluzione, nel 1996, del precedente contrasto, non può negarsi il carattere della imprevedibilità del successivo mutamento espresso dalla Sezioni Unite con la sentenza del 2008 (Cass. n. 21606 del 2012). Poichè il principio del giusto processo impone di fare salvo, in materia di regole processuali, l'affidamento delle parti sull'apparenza del diritto conseguente ad una consolidata interpretazione giurisprudenziale, quando viene in rilievo un problema di tempestività dell'atto, può dunque trovare diretta attuazione - secondo la richiamata sentenza a SS.UU. n. 15144 del 2011 - l'esclusione dell'operatività della preclusione derivante dalla nuova interpretazione della legge. Ciò implica che in fattispecie del genere debba farsi applicazione, nel concorso delle previste condizioni di scusabilità, della regola processuale così come ritenuta vigente prima del mutamento di giurisprudenza (Cass. n. 4259 del 2012).

6.4.- Nel caso che ci occupa si può quindi affermare che la parte, avuto riguardo all'udienza del 24 giugno 2008, precedente al mutamento imposto dalle Sezioni Unite con la sentenza del 30 luglio successivo, ha ragionevolmente confidato nell'interpretazione della disciplina sulla notificazione del ricorso, tanto più in primo grado, risultante da giurisprudenza consolidata, affermatasi in base a pronunce della stessa Suprema Corte.
Del resto venne anche accolta dal giudice monocratico la richiesta di assegnazione di un nuovo termine per la notificazione del ricorso e del provvedimento di fissazione di nuova udienza, cui seguì l'instaurazione del contraddittorio con la costituzione delle controparti.
Ne consegue che la Corte di Appello in alcun modo poteva sanzionare con l'improcedibilità il ricorso proposto dalla M., in applicazione di un radicale ed imprevedibile mutamento giurisprudenziale sopravvenuto.

7.- Conclusivamente il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio al giudice individuato in dispositivo, cui è demandata anche la regolamentazione delle spese.

PQM

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2015


 

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