REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
II Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, G.O.T. dott. Domenico Circosta, all’esito dell’udienza del 18 maggio 2021, svoltasi con modalità cartolare ai sensi dell’art. 221, comma 4, del D.L. n. 34/2020, come da verbale redatto in pari data, ha emesso ex artt. 429 e 445 bis, ultimo comma, c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 2314/20 R.G. Sez. Lavoro, promossa
DA
A. P., nella qualità di erede di A. C., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in atti, dall’avv. Orazio Stefano Esposito;
-Ricorrente –
CONTRO
INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale), nonché quale mandataria della S.C.C.I. S.p.A. (Società di Cartolarizzazione Crediti dell’I.N.P.S., ai sensi dell’art. 13 della L 448/1998 e della procura a rogito Notaio Guido Tomazzoli di Roma, n. 10804 del 24.07.2001, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., ed entrambi elettivamente domiciliati in Catania, via Istituto Sacro Cuore n. 22, presso l’avvocatura provinciale dell’Istituto e rappresentati e difesi per procura generale dall’avv. Alberto Floridia.
RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Valerio Scelfo.
-Resistente

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 10.03.2020, parte ricorrente, nella qualità, proponeva opposizione alla esecuzione esattoriale e al ruolo di cui alla cartella di pagamento n. 293 2000 0067089688, con la quale viene richiesto dall’INPS il pagamento della complessiva somma di € 25.342.67 per contributi IVS operai a tempo determinato oltre somme aggiuntive
A sostegno dell’opposizione il ricorrente deduceva ed eccepiva: che non è mai stata notificate la cartella né atti interruttivi della prescrizione né gli atti presupposti alle cartella stessa; l’intervenuta prescrizione del diritto alla riscossione del credito contributivo anche successiva alla eventuale intervenuta notifica della cartella
Tanto premesso chiedeva che il Tribunale volesse: annullare e/o revocare per i motivi di cui in ricorso l’iscrizione a ruolo recata dalla cartella di pagamento per prescrizione dei contributi in essa recati ordinando la cancellazione del ruolo; in via subordinata, dichiarare l’intervenuta estinzione per prescrizione successiva alla notifica della cartella di pagamento.

Fissata l’udienza di discussione si costituiva l’Inps eccependo l’inammissibilità del ricorso per tardività ed il difetto di legittimazione passiva in relazione alle attività conseguenti alla formazione del ruolo, essendo la ridetta attività di competenza dell’agente della riscossione.

La resistente Riscossione Sicilia Spa si costituiva deducendo la correttezza del procedimento di notificazione della cartella, l’inammissibilità dell’odierna opposizione per tardività, l’insussistenza della invocata prescrizione.
Con provvedimento del 2.04.2021, comunicato alle parti, il Giudice ha disposto lo svolgimento dell’udienza odierna secondo le modalità previste dall’art. 221, comma 4, del D.L. n. 34/2020 ovverosia “mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”.
Le parti hanno regolarmente depositato le note scritte ai sensi dell’art. 221, comma 4, del D.L. n. 34/2020 entro il termine assegnato, insistendo nelle proprie richieste; di tale circostanza è stato dato atto nel verbale telematico di “udienza cartolare ex art. 221, comma 4, del D.L. n. 34/2020; indi, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivazione

Preliminarmente, quanto alla ammissibilità dell’opposizione, si richiama la nota decisione della Suprema Corte, a Sezioni Unite, che ha così statuito: “Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale - a causa dell'invalidità della relativa notifica - sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l'ultima parte del comma 3 dell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l'impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato - impugnabilità prevista da tale norma - non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l'invalidità stessa anche prima, giacché l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione.” (Cass. Sez. Un. Sent. 19704/2015).”
Ma vi è di più, nel caso di specie, prima dell’istaurazione del presente giudizio, e precisamente in data 20.02.2020, l’odierno ricorrente ha provveduto a trasmettere tramite pec formale richiesta di sgravio in autotutela sia all’Ente impositore, Inps, che all’Ente per la riscossione, Riscossione Sicilia spa ( come risulta dall. 2 atto introduttivo) in conformità a quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione nelle sentenze n.6723/2019, n.22946/2016, Cass. n. 20618/2016. In ogni caso si rileva come di recente la Corte di Cassazione con sentenza n. 3990/2020 riconosce il diritto di eccepire prescrizione successiva anche in assenza di istanza in autotutela che comunque, nel caso di specie è stata inviata. Richiesta di sgravio, pur tuttavia, rimasta inevasa fino alla data di deposito del ricorso avvenuta in data 10.03.2020.

In ordine alla eccezione di difetto di legittimazione attiva del sig. A. P. sollevata da parte della Riscossione Sicilia, si rileva che la predetta legittimazione sia stata già pacificamente riconosciuta ed ammessa dalla medesima resistente Riscossione Sicilia spa che ha infatti rilasciato al predetto A. P. l’estratto di ruolo allegato al ricorso introduttivo di primo grado in qualità di erede
Né è stata contestata al momento della ricezione dell’istanza di sgravio in autotutela, prodotta in allegato al ricorso introduttivo, ed alla quale, successivamente al deposito del ricorso ha inviato risposta a mezzo pec in data 8.04.2020, senza in alcun modo contestare la qualità di erede del signor A. P., ed anzi tacitamente ammettenndola ( vedi all.2 messaggio pec dell’.8.04.2020).

Passando all’esame del merito, osserva il decidente che è necessario verificare la rituale notifica della cartella e la eventuale sussistenza successivamente alla detta notifica di atti interruttivi della prescrizione.
Orbene, la cartella di pagamento impugnata risulta notificata in data 25 marzo 2001.
Osserva il decidente che, tenuto conto della data di notificazione della suddetta cartella di pagamento, peraltro da ritenersi effettuata ritualmente, il merito della pretesa contributiva – e il riferimento è all'eccezione di prescrizione dei crediti ipoteticamente maturata prima della notifica della cartella – non è più contestabile.
Osserva questo giudice che ogni questione inerente il merito della pretesa contributiva è ormai preclusa per l'intervenuta stabilizzazione del titolo stragiudiziale a cagione della omessa proposta opposizione nel termine di cui all'art. 24 d.lgs. 46/99. Il detto termine, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, ”deve ritenersi perentorio perché diretto a rendere incontrovertibile il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione e a consentire una rapida riscossione del credito iscritto a ruolo, ed alla perentorietà del termine non ostano né l'inespressa indicazione in tal senso, dovendo pur sempre il giudice indagare se, a prescindere dal dettato normativo, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato a pena di decadenza, né che l'iscrizione a ruolo avvenga senza un preventivo accertamento giudiziale, non ignorando l'ordinamento titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo dell'ente impositore” (Cfr.: Cass. n. 2835/2008; Cass. n. 4506/07; Cass. n. 6674/08). All'ente previdenziale è, dunque, attribuito il potere di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio e in forza del quale l'ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza, in quanto, da un lato, non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l'affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l'attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall'altro lato, è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo c/o dell'esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell'onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione. (Cfr.: Corte Cost. Ord. n. 111/2007). Il detto termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella è stato accordato dalla legge al debitore per l'opposizione nel merito della pretesa contributiva, al fine di instaurare un vero e proprio processo di cognizione per l'accertamento della fondatezza della pretesa dell'ente; esso è diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire, così, una rapida riscossione del credito medesimo. La situazione che si verifica nel caso di mancata osservanza del termine suddetto non è quindi dissimile da quella già ritenuta dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione per l'ipotesi di mancato rispetto del termine previsto dall'ormai abrogato D.L. n. 338/1989, art. 2, convertito in L. n. 389/1989, (Cfr.: Cass., n. 8624/1993). Era stato ritenuto, in proposito, che non solamente i titoli esecutivi giudiziali sono passibili di diventare definitivi, cioè incontrovertibili con effetti analoghi al giudicato, in caso di mancata opposizione o di opposizione proposta fuori termine, poiché, tenuto conto delle leggi speciali che sono state emanate in diverse materie e con le quali il legislatore ha consentito agli organi della pubblica amministrazione di ordinare ai privati, mediante ingiunzioni, il pagamento di somme di danaro, la giurisprudenza di legittimità aveva già avuto modo di individuare i c.d. titoli paragiudiziali (Cfr.: ex plurimis, per l'utilizzo di tale terminologia, Cass. n. 9944/1991; Cass. n. 10269/1991), per i quali, al pari di quelli giudiziali, è previsto un termine perentorio per la relativa opposizione davanti al giudice ordinario; con la conseguenza che tali titoli diventano definitivi in caso di omessa opposizione ovvero di opposizione tardiva, in quanto proposta dopo la scadenza del termine e tale dichiarata dal giudice a conclusione del relativo giudizio. La conseguenza è, dunque, che, in tema di contributi previdenziali, per contestare il ruolo è necessaria l'opposizione da parte dell'interessato nel termine perentorio previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, poiché, in caso contrario, il titolo diviene definitivo e il diritto alla relativa pretesa contributiva incontestabile, neanche sotto il profilo della eventuale originaria inesistenza del credito. La mancata opposizione entro il termine perentorio di legge stabilizza quindi definitivamente il titolo esecutivo stragiudiziale precludendo qualsiasi successiva azione di accertamento negativo del debito (che sarebbe inammissibile per carenza di interesse, giacché ogni questione relativa alla pretesa creditoria portata dal titolo esecutivo è definitivamente superata dall'intervenuta stabilizzazione del titolo). Ne consegue che alla data di deposito del ricorso in opposizione il termine di cui all'art. 24 D. Lgs. 46/1999, decorrente dalla notificazione dell’avviso di addebito, era ampiamente decorso, quindi il merito della pretesa contributiva è incontestabile.

Osserva, tuttavia, ancora il decidente che parte ricorrente ha eccepito la prescrizione, formulando per tale verso un’opposizione all'esecuzione.
In proposito giova evidenziare che al debitore dei contributi è sempre consentito contestare il diritto del creditore (e per esso dell'incaricato della riscossione) a procedere all'esecuzione coattiva nei suoi confronti eccependo la prescrizione successiva alla formazione e notifica del titolo esecutivo. Soccorre in tal caso il rimedio dell'opposizione all'esecuzione avente ad oggetto l'accertamento del diritto di procedere in executivis tramite il quale la pretesa esecutiva fatta valere dal creditore ben può essere neutralizzata con la deduzione di fatti modificativi o estintivi del rapporto sostanziale consacrato nel titolo esecutivo.
Occorre, a questo punto, risolvere la questione se, divenuto incontestabile il credito contributivo per effetto della mancata opposizione ai sensi del d.lgs. n. 46/1999, la successiva azione esecutiva sia sempre soggetta al termine di prescrizione contemplato dalla legge n. 335/1995, ovvero a quello più lungo dell'azione nascente dal giudicato di cui all'art. 2953 c.c.
Reputa il Tribunale che la prima opzione sia la più corretta.
La cartella esattoriale può essere assimilata all'ingiunzione fiscale che, in quanto espressione del potere di accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo ed è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato sicché la decorrenza del termine per l'opposizione, pur determinando la decadenza dall`impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, con la conseguente inapplicabilità dell'art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione. Identica la ratio, reputa, dunque, il Tribunale che nella specie possa farsi applicazione dei principi stabiliti dalla Suprema Corte in materia di ingiunzione fiscale alla stregua dei quali ”l'ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di auto-accertamento e di autotutela della p.a., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato... con la conseguente inapplicabilità dell'art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione” (cfr, Cass. Civile, sez. trib., 25 maggio 2007, n. 12263). Alle stesse conclusioni deve pervenirsi nell'ipotesi in esame giacché neppure ai ruoli formati dagli enti pubblici previdenziali per la riscossione dei crediti contribuivi e alle cartelle esattoriali può assegnarsi natura giurisdizionale; ciò che impedisce che alla mancata opposizione possano far seguito, oltre all'effetto sostanziale dell'incontestabilità del credito, anche effetti di natura processuale riservati ai provvedimenti giurisdizionali e, dunque, la idoneità al giudicato. Ne consegue che l'azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non tempestivamente opposto è soggetto non al termine decennale di prescrizione dell'actio iudicati di cui all'art. 2953 c.c. ma al termine proprio della riscossione dei tributi e quindi al termine quinquennale introdotto dalla legge n. 335/1995. Ora in proposito va rilevato che la notifica della cartella ha interrotto la prescrizione, che pertanto dalla data di notifica è iniziato a decorrere un nuovo termine; quindi, tenuto conto di ciò, va verificato se successivamente alla notifica della cartella siano stati notificati validi atti interruttivi della prescrizione. Sul punto osserva il decidente che tra la data di notifica delle cartelle e la data di deposito del ricorso risulta il compimento di un solo valido atto interruttivo della prescrizione, l’intimazione di pagamento notificata in data 24.04.2003. Ebbene, come è evidente, dalla data della notifica dell’ultimo valido atto interruttivo della prescrizione (24.04.2003) fino alla data in cui è intervenuto il successivo atto interruttivo (10.06.2008), sono decorsi più di cinque anni senza il compimento di validi atti interruttivi. Si osserva che in ogni caso, successivamente al 2008 e fino al deposito del ricorso non sussistono comunque ulteriori atti interruttivi per cui la prescrizione si sarebbe verificata anche successivamente al 2008.

Considerato che elemento costitutivo della eccezione di prescrizione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere, prolungatasi per il tempo previsto dalla legge, con la conseguenza che la parte ha solo l'onere di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di voler profittare di quell'effetto, sufficiente deve ritenersi per l'accoglimento della spiegata eccezione il dato che dalla data di notifica della intimazione di pagamento (24.04.2003) non risulta siano stati compiuti atti idonei ad interrompere la prescrizione- nessuna prova avendo fornito l’agente della riscossione in ordine al compimento di atti aventi efficacia interruttiva del termine di prescrizione - sicché devono ritenersi verificati i presupposti costitutivi dell'eccepita sopravvenuta estinzione del diritto a riscuotere i contributi nella stessa indicati.

Va dunque dichiarata l’intervenuta prescrizione dei crediti contributivi Inps portati dalla cartella ed in conseguenza dichiararsi che nulla è dovuto dal ricorrente all’ente impositore per i ridetti crediti.

Osserva, poi, il decidente che l’Ente impositore una volta formato il ruolo e trasmesso all’Agente della Riscossione ha esaurito il suo compito. Da quel momento la legittimazione spetta, quindi, esclusivamente all’Agente della riscossione unico legittimato alla azione di recupero del credito contributivo ed alla conseguente esecuzione forzata.
Deve ritenersi, pertanto, che dalla consegna dei ruoli portanti i crediti, non essendo più quest’ultimi nella disponibilità dell’I.N.P.S. spetterà solo all’Agente della Riscossione, unico legittimato, produrre e provare l’esistenza e l’avvenuta notifica dei successivi atti interruttivi della prescrizione inerenti la cartella contestata e ciò nel tassativo rispetto dei termini previsti dall’art. 416 cpc. e/o dell’art.421 c.p.c..
L’Agente della riscossione infatti è l’unico responsabile dell’attività di riscossione.
Orbene, nel caso in esame l’Inps ha effettuato l’attività su di esso incombente nei termini previsti dalla normativa, nel mentre la prescrizione è maturata nella fase in cui ad operare doveva essere l’Agente della Riscossione.
Pertanto, per quanto riguarda le spese di lite, le stesse possono compensarsi interamente nei confronti dell’Istituto previdenziale, mentre in ragione dei motivi della decisione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti dell’Agente della Riscossione.

PQM

Il Tribunale di Catania, in funzione di Giudice del Lavoro, disattesa ogni ulteriore domanda, eccezione e difesa, definitivamente pronunciando nel procedimento in epigrafe indicato, così statuisce:
dichiara l’intervenuta prescrizione dei crediti contributivi Inps portati dalla cartella di pagamento impugnata ed in conseguenza dichiara che nulla è dovuto dal ricorrente all’ente impositore per i ridetti crediti;
condanna la Riscossione Sicilia Spa al pagamento in favore del ricorrente delle spese di giudizio che si liquidano in € 1.800,00, per compensi, oltre spese generali al 15%, iva e cpa come per legge, da distrarsi in favore del procuratore costituito, dichiaratosi antistatario.
compensa interamente le spese nei confronti di Inps.
Catania, 18 maggio 2021
Il Giudice del Lavoro
G.O.T. dott. Domenico Circosta


 

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