REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
Dott. MENICHETTI Carla - rel. Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.L.;
avverso la sentenza n. 4233/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 18/02/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/10/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VIOLA Alfredo Pompeo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Molinari Stefano che si riporta ai motivi.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza 18.2.2015 la Corte d'Appello di Bologna confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Parma in data 12.11.2013 di condanna di C.L. alla pena di mesi 8 di arresto ed Euro 3.000,00 di ammenda perchè, quale conducente di età inferiore a ventuno anni e titolare di patente di guida da meno di tre anni, aveva guidato un'autovettura in stato di ebbrezza alcolica (tasso pari a 1,55 g/L accertato presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria di ______) provocando un incidente stradale con feriti.

2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del difensore, per errata applicazione di norme di legge, mancata e contraddittoria motivazione della sentenza ex art. 606 c.p.c., lett. b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 354 e 356 c.p.p.. Argomenta il ricorrente che nell'atto di appello era stata dedotta la violazione di legge in ordine al referto ospedaliero sotto due distinti profili:
perchè il prelievo ematico, costituente trattamento sanitario invasivo, era stato effettuato a specifica richiesta della polizia giudiziaria e non quale ordinario accertamento secondo protocollo medico ex art. 354 c.p.p., senza richiedere il consenso del paziente e senza l'autorizzazione del P.M., ed in secondo luogo, sempre dovendosi qualificare l'atto come accertamento urgente di P.G., per l'omesso e dovuto avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore. La Corte territoriale - nel respingere l'appello - sarebbe incorsa in un errore interpretativo laddove afferma (richiamando giurisprudenza di questa Suprema Corte) che i risultati del prelievo ematico, effettuati durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, sono utilizzabili nei confronti dell'imputato, restando irrilevante la mancanza di consenso dell'interessato, e ritiene che il prelievo ematico compiuto autonomamente dai sanitari in esecuzione di ordinari protocolli di pronto soccorso, non rientra tra gli atti di polizia giudiziaria ex art. 356 c.p.p. e dunque non sussiste alcun obbligo di avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Contrariamente a quanto argomentato nella impugnata sentenza si tratterebbe poi di una nullità a regime intermedio verificatasi prima del giudizio e deducibile fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 29.1.2015 n. 5396.

3. Per tali ragioni ha chiesto l'annullamento della sentenza.
Alla odierna udienza il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Motivazione

1. Due sono gli aspetti censurati dal ricorrente.

Il primo attiene alla effettuazione del prelievo ematico ospedaliero, a specifica richiesta della polizia giudiziaria, senza il consenso del paziente.

Il motivo è infondato.
Più volte questa Corte, pronunciandosi sul punto, ha affermato che i risultati del prelievo ematico per terapie di pronto soccorso successive ad incidente stradale e non preordinate a fini di prova della responsabilità penale sono utilizzabili per l'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, senza che rilevi la "mancanza di consenso" dell'interessato, mentre per il suo carattere invasivo, il conducente può opporre un rifiuto al prelievo ematico richiesto dalla P.G. e finalizzato esclusivamente alla presenza di alcol nel sangue, rilevando in tal caso il suo "dissenso espresso" (così Sez. 4, 7.3.2013, n. 10605; 11.2.2013, n. 6755; 14.1.2014, n. 1522).

Giova premettere che nel caso in cui il conducente, presumibilmente in stato di ebbrezza, abbia provocato o sia rimasto comunque coinvolto in un incidente stradale e venga condotto presso una struttura sanitaria, gli organi della Polizia Giudiziaria possono chiedere l'accertamento del tasso alcolemico ed ottenere la relativa certificazione, estesa alla prognosi di eventuali lesioni, per verificare se vi sia il superamento del limite soglia ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 6.

Ne deriva che, in presenza di tali due presupposti di fatto - ossia il coinvolgimento del conducente in un incidente stradale e la sua sottoposizione a cure mediche da parte della struttura sanitaria - l'accertamento del tasso alcolemico, in tal modo effettuato, è utilizzabile ai fini dell'affermazione di responsabilità dell'interessato, indipendentemente dal consenso che costui abbia o meno prestato.

A questo punto però possono darsi due evenienze differenti a seconda che il prelievo ematico venga eseguito nell'ambito di un protocollo medico di pronto soccorso, anche ai fini della valutazione della necessità di adeguate cure farmacologiche, ovvero a mera richiesta della P.G. qualora i sanitari abbiano ritenuto invece di non sottoporre il conducente a cure mediche ed a prelievo ematico.

Ricorrendo la prima situazione, poichè l'acquisizione del risultato dell'accertamento ematico è previsto espressamente dalla legge, non è affatto necessario, a tutela del diritto di difesa, che l'interessato venga avvertito della facoltà di nominarsi un difensore ed un suo eventuale rifiuto al prelievo ematico potrebbe condurre, se informato previamente della finalità del prelievo medesimo, alla configurazione dell'ipotesi di reato di cui al citato art. 186, comma 7.

Diversamente nella seconda ipotesi - se i sanitari cioè abbiano ritenuto di non sottoporre il conducente a cure mediche e a prelievo ematico - la richiesta degli organi di P.G. di effettuare l'analisi del tasso alcolemico, in presenza di un dissenso espresso dell'interessato, è illegittima e, quindi, l'eventuale accertamento, comunque effettuato a mezzo del prelievo ematico da parte dei sanitari, è inutilizzabile ai fini dell'affermazione di responsabilità per una delle ipotesi di reato previste dall'art. 186 C.d.S., comma 2 (sul punto, Sez. 4, 16.5.2012, n. 26108), laddove la "mancanza di dissenso espresso" equivale ad un atteggiamento positivo dell'interessato rispetto al prelievo, anche se verbalmente non manifestato.

Nel caso di specie, in base all'ipotesi accusatoria esplicitata nel capo di imputazione, il C. aveva provocato un sinistro stradale ed era stato condotto presso l'Azienda Ospedaliera- Universitaria di _____ ove gli organi accertatori avevano chiesto la verifica del tasso alcolemico: mancando il dissenso espresso dell'interessato il prelievo ben poteva essere eseguito e dunque, sotto questo profilo, il motivo è infondato.

2. Si è detto che, in caso di prelievo ematico effettuato nell'ambito di un protocollo sanitario per terapie di pronto soccorso, oltre ad essere irrilevante il consenso dell'interessato, non può parlarsi di atto urgente di P.G. che necessita dell'avviso al difensore in base al combinato disposto degli artt. 354 e 356 c.p.p..
Nel caso di specie, trattandosi di prelievo effettuato solo per la verifica del tasso alcolemico e non nell'ambito di un protocollo sanitario, pur se non necessario il consenso, andava fatto avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducie e dunque, sotto tale secondo profilo di inutilizzabilità, il motivo di ricorso va condiviso.

Quanto al momento in cui andava sollevata la relativa eccezione, la Corte d'Appello di Bologna ritiene sanata la nullità, poichè rientrando nel novero di quelle a regime intermedio, doveva essere dedotta nel primo atto difensivo (nella specie quanto meno nell'opposizione al decreto penale di condanna, che invece non conteneva il rilievo).

Questo Collegio, uniformandosi alla più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. 5.2.2015, n. 5396) - posto che l'avvertimento del diritto all'assistenza difensiva, di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p., che per il tramite dell'art. 356 c.p.p., richiama "gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone", di cui all'art. 354 c.p.p., è riferibile anche agli accertamenti eseguiti dalla P.G. sul tasso alcolemico del conducente di un veicolo ai fini della verifica dell'eventuale stato di ebbrezza - rileva come nel momento in cui tali verifiche vennero effettuate, dovessero ritenersi già emersi a carico del conducente indizi di reità per una fattispecie di guida in stato di ebbrezza, tanto che, prima di procedere a tale accertamento indifferibile e urgente, al medesimo avrebbe dovuto essere dato avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Quanto poi al momento utile per sollevare la relativa eccezione, prosegue la Suprema Corte a Sezioni Unite affermando che le nullità a regime intermedio verificatesi prima del giudizio non possono essere più dedotte "dopo la deliberazione della sentenza di primo grado", alla stregua di quanto previsto dall'art. 180 c.p.p., richiamato dall'art. 182 c.p.p., comma 2, secondo periodo, con ciò superando e ritenendo non più condivisibili le affermazioni giurisprudenziali secondo cui la nullità in parola sarebbe sanata e non più deducibile se non dedotta dall'interessato all'accertamento prima ovvero immediatamente dopo il compimento dell'atto "non ricorrendo facoltà processuali comportanti cognizioni tecniche professionali proprie del difensore".

Deve invece escludersi, in base a tale recente pronuncia, che una qualsiasi nullità debba essere personalmente eccepita, a pena di decadenza, dal soggetto indagato o imputato, non solo nell'immediatezza dell'atto nullo ma anche successivamente, poichè tale soggetto non ha, o si presume per postulato legale che non abbia, le conoscenze tecniche indispensabili per apprezzare che l'atto o il mancato atto sia non rispettoso delle regole processuali, e per di più che egli debba attivarsi per eccepire ciò, entro certi termini, a pena di decadenza: trova allora applicazione il disposto dell'art. 182, comma 2, secondo periodo, che indica come limite temporale alla proposizione tempestiva dell'eccezione di nullità la deliberazione della sentenza di primo grado, a norma dell'art. 180 c.p.p..

Il difensore del C. aveva in effetti sollevato tempestivamente tale eccezione, da ritenersi fondata per quanto sin qui esposto, nell'udienza celebrata in primo grado con rito abbreviato.
Ne deriva che, non essendovi altre prove dello stato di ebbrezza e non potendo essere utilizzato a tale fine l'accertamento ematico, la sentenza impugnata va annullata e l'imputato assolto perchè il fatto non sussiste.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2015


 

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