REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 25997/2003 25998/2003
Dott. CRISTARELLA ORESTANO Francesco - Presidente -
Dott. ALTIERI Enrico - rel. Consigliere -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. ZANICHELLI Vittorio - Consigliere -
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22620/03 R.G. proposto da:
MINISTERO DELLE FINANZE, successivamente MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, e AGENZIA DEL TERRITORIO, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati;
- ricorrenti -
contro
ENEL S.p.A., rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in atti, dagli avv. Gallo Franco e Salvini Livia elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima in Roma, Viale Mazzini n. 11;
- controricorrente -
ENDESA Italia (incorporante della ELETTROGEN S.p.A.) rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in atti, dagli avv. Gallo Franco e Salvini Livia, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima in Roma, Viale Mazzini n. 11;
- controricorrente -
EDIPOWER S.p.A. (incorporante della EUROGEN S.p.A) rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in atti, dagli avv. Gallo Franco e Salvini Livia, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima in Roma, Viale Mazzini n. 11;
- controricorrente -
sul ricorso n. 23987/03 R.G. proposto da:
COMUNE di OSTIGLIA, rappresentato e difeso come innanzi;
- ricorrente incidentale -
contro
ENEL S.p.A. ed ENDESA ITALIA S.r.l. (incorporante della ELETTROGEN S.p.A.), rappresentate e difese come innanzi;
- controricorrenti -
e nei confronti di:
MINISTERO DELLE FINANZE, successivamente MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, e AGENZIA DEL TERRITORIO, difesi e domiciliati come innanzi;
- intimati -
sul ricorso incidentale condizionato n. 25996/03 R.G. proposto da:
EDIPOWER S.p.A. (incorporante della EUROGEN S.p.A.) rappresentata e difesa come innanzi;
- ricorrente incidentale -
contro
MINISTERO DELLE FINANZE, successivamente MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, e AGENZIA DEL TERRITORIO, difesi e domiciliati come innanzi;
- intimati -
sul ricorso incidentale condizionato n. 25997/03 R.G. proposto da:
ENDESA Italia (incorporante della ELETTROGEN S.p.A.), difesa e domciliata come innanzi;
- ricorrente incidentale -
contro
MINISTERO DELLE FINANZE, successivamente MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, e AGENZIA DEL TERRITORIO, difesi e domiciliati come innanzi;
- intimati -
e sul ricorso incidentale condizionato n. 25998/03 R.G. proposto da:
ENEL S.p.A., difesa e domiciliata come innanzi;
- ricorrente incidentale -
contro
MINISTERO DELLE FINANZE, successivamente MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, e AGENZIA DEL TERRITORIO, difesi e domiciliati come innanzi;
- intimati -
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 30/67/03 del 17 febbraio-28 aprile 2003;
Udita la relazione della causa svolta in pubblica udienza dal Consigliere Dott. Enrico Altieri;
Sentiti l'Avv. dello Stato Caputi Iambrenghi Anna Lidia per l'Amministrazione Finanziaria, gli avv. Salvini Livia e Cipolla Giuseppe (per delega dello stesso avv. Salvini) per le società elettriche e l'avv. Marongiu Gianni per il Comune di Ostiglia;
Sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale n. 22620/03 dell'A.F., per il rigetta dei ricorsi incidentali n. 25996, 25997 e 25998/03 delle società elettriche e per l'accoglimento o, in subordine, inammissibilità del ricorso n. 23987/03 del Comune di Ostiglia.

Motivazione

1.1. Con decreto del Ministro delle Finanze n. 701 del 1994, al fine di accelerare l'attribuzione agli immobili delle rendite catastali, veniva introdotta una procedura, denominata DOCFA, con la quale era lo stesso proprietario a proporre agli uffici tecnici erariali (UTE) la rendita, che veniva iscritta a titolo provvisorio, ma che poteva essere rettificata dallo stesso UTE.
L'ENEL s.p.a., la ELETTROGEN s.p.a. e la EUROGEN s.p.a. elaboravano, pertanto, specifici criteri di valutazione per le centrali elettriche. Sulla base di tali criteri, l'ENEL, nel corso del 1997 e del 1998, presentava all'UTE di Mantova, per le centrali di Ostiglia e di Sermide, le proposte di rendita. L'ufficio, in data 12 aprile 1999, notificava rettifiche delle rendite.

1.2. Tali atti venivano impugnati dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Mantova, sulla base dei seguenti motivi:
decadenza del potere di rettifica, essendo stati gli avvisi di rettifica notificati oltre il termine di un anno dalla data di presentazione della dichiarazione, come previsto dal D.M. n. 701 del 1994, art. 1;
carenza di motivazione degli atti, i quali si limitavano a indicare i cespiti e il valore attribuito;
congruità del valore dichiarato: l'UTE non aveva fornito alcuna spiegazione per giustificare l'attribuzione di una rendita ai seguenti beni:
serbatoi: si trattava di strutture semplicemente appoggiate su piattaforme in cemento armato, prive delle caratteristiche dei beni immobili. Per tali parti l'ENEL aveva considerato solo il valore medio dei costi della platea di appoggio al terreno;
macchinari fissati con viti e bulloni (turbine, caldaie, ecc.): si trattava di macchinari non stabilmente infissi al suolo, ma fissati con semplici bulloni, di grandi dimensioni, ma liberamente amovibili per la loro riparazione e sostituzione; la rimozione non alterava in alcun modo la struttura del fabbricato cui erano collegati. Tali beni mantenevano la loro individualità giuridica di mobili, non essendo in alcun modo funzionali agli immobili, a differenza degli impianti di riscaldamento e degli ascensori, che sono vere e proprio parti dell'edificio;
ciminiere: si trattava dei camini di scarico fumi delle centrali che dovevano essere considerate catastalmente come vano tecnico, non avente i requisiti per produrre un proprio reddito fondiario, secondo la previsione del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 5;
tubazioni: anche tali impianti non erano suscettibili di produrre un autonomo reddito di tipo immobiliare, essendo finalizzati alla produzione industriale; non bisognava confondere il reddito fondiario col reddito d'impresa;
duplicazione di attribuzione di rendita: l'Ufficio, del Territorio aveva notificato due diversi avvisi per gli stessi cespiti, privi di qualunque motivazione e di rinvii a motivazioni contenute in altri atti.

1.3. Si costituiva l'Ufficio del Territorio, deducendo: non vi era stata decadenza, in quanto il D.M. n. 701 del 1994, art. 1 stabilisce che, per il primo biennio di applicazione, il termine per la rettifica era stabilito in ventiquattro mesi;
gli atti impugnati contenevano le indicazioni sufficienti per consentire all'ENEL una adeguata difesa;
- circa l'inclusione delle installazioni, l'ufficio si era attenuto alla circolare ministeriale 3/2935 del 30 aprile 1990, secondo cui il valore della consistenza immobiliare deve comprendere anche quello delle installazioni connesse od incorporate coi fabbricati o comunque stabilmente infisse.
Svolgeva intervento il Comune di Sermide, in relazione alla controversia relativa alla centrale ivi situata.
1.4. Con sentenza 1 dicembre 1999 la commissione adita, riuniti i ricorsi, li respingeva e dichiarava inammissibile l'intervento del Comune. Proponevano appello, oltre all'ENEL s.p.a., la ELETTROGEN s.p.a. (poi incorporata nella ENDESA ITALIA s.r.l.) e l'EUROGEN s.p.a. (poi incorporata nella EDIPOWER s.p.a.), in qualità di nuove proprietarie, rispettivamente, delle centrali di Ostiglia e di Sermide.
Con sentenza 17 febbraio 28 aprile 2003 la commissione tributaria regionale della Lombardia sezione staccata di Brescia, accoglieva gli appelli con la seguente motivazione:
la questione di nullità degli atti impugnati era infondata, in considerazione della speciale procedura seguita dal contribuente, dovendo l'ufficio procedere a stima diretta, contrapponendo la sua valutazione a quella proposta dal contribuente e non essendo possibile procedere per comparazione, per difetto di mercato. Le indicazioni contenute nell'atto, e cioè gli elementi su cui la stima era caduta, l'individuazione del bene nella sua tipologia e nella sua consistenza, la valutazione datane dall'ufficio, concorrevano a delimitare la materia del contendere e a consentire all'interessato l'esercizio del diritto di difesa.
D'altra parte, la procedura DOCFA standardizzava il processo descrittivo e non era possibile estendere ad essa i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nullità per difetto di motivazione;
quanto all'attribuzione di rendita alle installazioni in contestazione, la commissione osservava che il reddito degli opifici industriali era soggetto ad imposta di ricchezza mobile quale elemento del complessivo reddito di categoria B da industria esercitata dal proprietario. Le istruzioni del 26 ottobre 1951 consentivano di omettere la determinazione della rendita catastale per tali opifici. Tale regola poteva essere adattata al sistema attuale, nel quale l'attribuzione della rendita è preordinata, fra l'altro, all'imposta ICI, ai cui fini occorre aver riguardo al possesso di fabbricati, e non di opifici;
quanto al macchinario, andava rilevato che doveva distinguersi quello che è dotazione dell'edificio in quanto tale da quello che è in esso installato per la specifica produzione industriale. Il primo è al servizio dell'edificio, mentre per il secondo il rapporto è invertito, essendo l'edificio funzionale all'impianto;
le cisterne, le turbine - alternatori, in particolare, erano ancorate a basamenti, e tanto bastava a qualificare l'immobile come opificio;
ciò non significava, però, che il macchinario, non stabilmente incorporato all'edificio, ne costituisce parte integrante ai fini dell'attribuzione della rendita catastale.
La commissione dichiarava, infine, inammissibile l'intervento in appello del comune di Ostiglia.
Avverso tale sentenza il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia del Territorio hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di un mezzo d'annullamento.
Resistono con distinti controricorsi l'ENEL, la EDIPOWER e la ENDESA ITALIA, le quali hanno, altresì, proposto ricorsi incidentali condizionati.
Tutte le parti hanno presentato memorie.

2. Il motivo del ricorso principale del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Agenzia del Territorio.
Le Amministrazioni ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del R.D. 13 aprile 1939, n. 652, art. 10, convertito in L. 11 agosto 1939, n. 1249; L. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 28; L. n. 1240 del 1939, art. 4; R.D. n. 652 del 1939, art. 25; D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 35; R.D. n. 652 del 1939, art. 5; D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 40; R.D. n. 652 del 1939, art. 9; L. 11 luglio 1942, n. 843, art. 10; D.L. 13 aprile 1939, n. 659, art. 10
modificato con L. 13 giugno 1943, n. 571; L. 11 luglio 1989, n. 6214, art. 7; D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, art. 4; L. n. 843 del 1942, art. 10; D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 30 e 53; D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1; D.P.R. n. 917 del 1986, art. 34; D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5; D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52; D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 40 e 51; in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione
all'art. 360, c.p.c., n. 5. La difesa delle Amministrazioni premette che, in passato, le società proprietarie delle centrali avevano assolto l'ICI sulla base dei valori iscritti in bilancio; dal 1997, avvalendosi della procedura DOCFA, avevano proposto rendite assai più basse, sostenendo che occorreva tener conto soltanto dell'area e dei fabbricati. A sostegno della pretesa fiscale deduce quanto segue:
1^) Sull'oggetto del classamento catastale.
La Legge Fondamentale di formazione del nuovo catasto urbano 11 agosto 1939, n. 1249 stabilisce che l'oggetto dell'indagine catastale è l'unità immobiliare, ossia ogni porzione d'immobile capace di dispiegare un'autonoma produttività.
Alla determinazione della rendita, per le categorie insuscettibili di comparazione (stima censuaria) si perviene attraverso la stima diretta.
La legge pone a carico del proprietario di denunciare ogni variazione che incida sul reddito, quali le modifiche nella consistenza dell'oggetto o nella sua destinazione.
2^) Le centrali elettriche: caratteristiche strumentali. Tali unità immobiliari devono comprendere tutte le costruzioni realizzate e poste in uso per permettere lo svolgimento dell'attività di trasformazione energetica.
L'impianto di una centrale non è formato solo da una turbina, ma da una serie di impianti che consentono la produzione dell'energia, attraverso diverse fasi. La centrale costituisce, pertanto, un opificio dentro cui si svolge un'attività produttiva. La trasformazione energetica avviene attraverso tre componenti organici, tra loro collegati: una struttura semplice o complessa per la raccolta e l'adduzione delle acque; una turbina, posta in rapporto di connessione, deputata alla trasformazione dell'energia potenziale in energia cinetica (energia in uso); una struttura per il deflusso delle acque non più utili.
Tutte le componenti costruttive ed impiantistiche debbono essere sottoposte a valutazione per l'attribuzione della rendita dell'intero complesso immobiliare.
3^) Attribuzione della rendita e legislazione catastale. Le locuzioni fabbricati e costruzioni stabili debbono essere intese come comprensive di tutte le componenti costruttive. L'esclusione nella determinazione della rendita di parti di impianti fissi, quali le turbine, comporterebbe una forzatura dei procedimenti e dei criteri di stima ormai consolidati previsti dalla legislazione catastale. Il R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, e il D.P.R. n. 1142 del 1949 hanno precisato sia lo scopo della formazione del catasto
edilizio urbano, sia i concetti posti a base delle relative stime, e in particolare quelli di unità immobiliare urbana e di rendita catastale. Il R.D.L. n. 652 del 1939, art. 4 considera come immobili urbani le costruzioni stabili, compresi anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo. L'art. 5 definisce come unità immobiliare urbana "ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio". Il D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 40 specifica che costituisce una distinta unità immobiliare urbana "ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l'uso locale, un cespite indipendente". Nella definizione di unità immobiliare non si fa alcun riferimento ai materiali utilizzati, ne' al sistema di assemblaggio degli stessi. I criteri per la determinazione della rendita si devono applicare, non solo al singolo immobile che compone l'unità immobiliare, ma anche ad ogni sua altra parte che concorra alla sua autonomia funzionale e reddituale. Anche gl'impianti tecnologici fissi concorrono, pertanto, a definire l'autonomia funzionale e reddituale dell'immobile.
4^) Opifici e impianti industriali: la prassi catastale. L'Avvocatura richiama il contenuto di alcune circolari ministeriali (n. 3/ 2935 del 30 aprile 1990, 123/44; della Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali; istruzione 3^ sui lavori di formazione e conservazione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano) secondo cui, nel caso di opifici, il valore della consistenza immobiliare deve comprendere anche il valore delle installazioni connesse od incorporate coi fabbricati o comunque stabilmente infisse ad essi. Secondo la prassi ministeriale, tale interpretazione non avrebbe carattere novativo, in quanto definisce in modo totalitario gli elementi costitutivi degli edifici e degli impianti agli stessi assimilati. Quanto all'accertamento del reddito, la citata istruzione 3^ prevede, all'art. 52, che, nel caso di opificio, il valore deve comprendere anche quello delle installazioni fisse o incorporate coi fabbricati o comunque stabilmente infisse ad essi, che ai sensi dell'imposta sui fabbricati sono da considerarsi facenti parte dell'opificio.
5^) Le turbine.
L'affermazione secondo cui le turbine di una centrale idroelettrica appartengono accidentalmente alla struttura immobiliare sarebbe in contrasto con la circostanza che i fabbricati sono stati costruiti sin dall'origine per le speciali esigenze della produzione di energia elettrica, tenendo conto delle particolari caratteristiche e dimensioni del gruppo turbine.
Richiamato il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), contenente la definizione di fabbricato ai fini dell'ICI, si deve ritenere che tutte le componenti collegate all'immobile da un rapporto di strumentalità concorrono alla definizione fisica dell'unità immobiliare.
Il fatto che le turbine siano amovibili e sostituibili non vale ad escludere che esse concorrano alla determinazione del valore. L'immobile, infatti, senza di esse, non può avere quella specifica destinazione di uso e relativa capacità reddituale. Ad esempio, le porte e finestre di un'abitazione, pur essendo facilmente amovibili senza danni per le strutture, sono certamente prese in considerazione nella stima della rendita catastale.
Inoltre, per gl'immobili appartenenti alle categorie dei gruppi "D" ed "E", la L. n. 843 del 1942, art. 10 prevede che la rendita catastale deve accertarsi, non col sistema delle tariffe, ma con quello della, stima diretta e che nella stima non si debba procedere al computo della consistenza, ma alla descrizione di tutti gli elementi costitutivi. Tale norma prevede, tra gli elementi costitutivi, "... i generatori di forza motrice, le dighe, i canali adduttori o di scarico, la rete di trasmissione e di distribuzione di merci, prodotti o servizi, i binari ... ". Tra i generatori di forza motrice devono essere, quindi, presi in considerazione gli elementi costitutivi della centrale elettrica.
6^) Riflessi della tesi dell'ENEL sul settore impositivo diretto e in materia di ICI.
Le regole del sistema catastale erano state ideate in rapporto ad un sistema nel quale il reddito di chi esercita attività industriale utilizzando un opificio preso in affitto era tassato con l'imposta di ricchezza mobile, ed i canoni di affitto erano tassati con l'imposta sui fabbricati. Perciò la rendita doveva rispecchiare l'intero canone, e quindi anche la parte riferibile agli impianti. L'ICI è un'imposta patrimoniale la cui base imponibile è data dal valore degli immobili, ivi compresi quelli strumentali. La pretesa esenzione dalla valutazione catastale del reddito che remunera la proprietà degli impianti determina una sorta di esclusione dall'ICI di una parte cospicua del valore degli immobili industriali. Sono, altresì, evidenti le ragioni per cui il legislatore, in tutte le norme che si sono succedute in materia catastale, ha sempre avuto cura di precisare che la rendita catastale degli opifici deve essere stimata considerando l'insieme del complesso produttivo nella sua interezza, includendo nella stima anche i generatori di forza motrice e i meccanismi ed apparecchi che servono a trasmettere la forza motrice stessa (L. 11 luglio 1889, n. 6214, art. 1). Il ricorso alla stima diretta è necessario proprio perché devono essere valutati caso per caso gl'impianti, mentre se la rendita potesse limitarsi ai muri e al terreno, anche per gli opifici sarebbe stato applicabile il normale procedimento catastale. Non potrebbe sostenersi che agli effetti catastali si deve tener conto soltanto del reddito immobiliare, e non di quello industriale, in quanto il reddito degli impianti non è reddito d'impresa (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51). Il reddito immobiliare è,
infatti, rappresentato da quello che deriva dalla proprietà dell'opificio. La legislazione catastale prevede la stima diretta proprio perché esige che sia determinato caso per caso il valore degli impianti.
La centrale elettrica è certamente un opificio, ossia un immobile, strumentale per natura, rientrando tra quegli immobili che per loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 40). 7^) Tesi che considera le turbine come beni mobili.
Il frequente richiamo della difesa dell'ENEL all'art. 812 c.c. sarebbe erroneo. Secondo tale tesi, le turbine sarebbero un bene mobile perché "imbullonate".
L'art. 812 c.c. si riferisce all'incorporazione, senza alcun riferimento alle modalità di unione dell'impianto al terreno o all'edificio. La normativa catastale sembra, dunque, coerente con la norma del codice civile. L'amovibilità di una componente costruttiva non esclude che tale componente acquisti e mantenga natura immobiliare, finché sia incorporata al suolo.
I componenti del complesso produttivo contribuiscono a definire la peculiarità di una centrale elettrica, la quale, proprio per l'inserimento di tali impianti, acquista la speciale destinazione che ne determina il classamento nel gruppo della categoria D. 3. I controricorsi.

3.1. Secondo le società controricorrenti, il R.D.L. n. 652 del 1939, art. 1 e 4, Legge Fondamentale in materia di attribuzione della
rendita catastale, l'oggetto di attribuzione di rendita sono gli immobili urbani, per cui l'indagine va condotta unicamente con riferimento alla riconducibilità degli impianti alla nozione di immobile, delineata dall'art. 4 in modo del tutto analogo all'art. 812 c.c.. Il termine "opificio" compare solo nel detto R.D.L.,
all'art. 10 che è norma meramente strumentale, diretta a stabilire specifiche modalità di determinazione della rendita (mediante stima diretta), è non può ampliare la fattispecie impositiva: anzi, tale norma ribadisce il principio sopra sostenuto, giacché parla di unità immobiliari costituite da opifici.
Nel caso in esame oggetto del contendere non sono le caratteristiche costruttive degli edifici, ma soltanto la corretta qualificazione giuridica degli impianti e dei macchinari contenuti in tali edifici. 3.2. Le controricorrenti espongono, quindi, un excursus sul concetto di immobile nel codice civile del 1865, giacché è nella vigenza di tale codice che fu emanata la legge catastale. L'art. 407 prevedeva gli immobili per natura e per destinazione. Gli artt. da 408 a 412 individuavano gli immobili per natura; quelli da 413 a 414 gli immobili per destinazione. Tra questi ultimi erano compresi "i torchi, le caldaie, i lambicchi, i tini e le botti, gli utensili necessari a fucine, cartiere, mulini ed altre fabbriche". Già nel vecchio sistema catastale era previsto (L. n. 6214 del 1889, art. 7) che "nell'accertamento del reddito degli opifici debbono considerarsi come parti integranti dei medesimi i generatori della forza motrice, i meccanismi ed apparecchi, quando siano connessi o incorporati al fabbricato". In altre parole, il riferimento era fatto solo agli immobili per natura, i quali non hanno solo un vincolo funzionale con l'immobile, ma un vincolo fisico - strutturale.
3.3. La definizione normativa di bene immobile, secondo le controricorrenti, è molto più semplice nell'attuale sistema. L'art. 812 c.c. richiede l'incorporazione naturale o artificiale al suolo e
non esiste più la nozione di immobili per destinazione, che è stata sostituita con quella di pertinenze, le quali non divengono parti dell'immobile e sono ad esso congiunte solo da un rapporto economico - funzionale.
Il concetto di immobile per incorporazione deriva da quello espresso nell'art. 414 c.c. del 1865, che considerava immobili i mobili "attaccati" ad un edificio "con piombo, gesso, calce, stucco o altro" e che non se ne possono staccare senza rottura o deterioramento. La semplice destinazione funzionale di una cosa mobile al servizio di un immobile non fa perdere alle due cose la loro individualità e il proprio regime giuridico. Pertanto, non si verifica incorporazione quando il bene mobile viene fissato all'immobile mediante viti o bulloni.
La stessa circolare n. 3/2935 del 30 aprile 1990, richiamata dalla difesa dell'Amministrazione, esclude espressamente che costituiscano installazioni stabilmente fisse quelle semplicemente imbullonate alle strutture murarie o comunque fissate in modo da essere rimovibili senza interventi sulle strutture del fabbricato.
Viene, in proposito, richiamata la giurisprudenza di legittimità in tema di cause legittime di prelazione e d'ipoteca, secondo la quale il vincolo su uno stabilimento industriale si estende ai macchinari in esso impiegati solo quando questi siano fisicamente connessi col fabbricato, non per mere esigenze di stabilità del loro impiego, ma con mezzi coesivi tali da realizzare, in termini d'incorporazione, una struttura complessa.
Nella specie la commissione regionale ha accertato in fatto che si trattava di macchinari liberamente amovibili, proprio perché, essendo soggetti ad obsolescenza fisica e tecnica, devono essere rimuovibili e smontabili per riparazioni e sostituzioni, senza alterazione dell'immobile nella sua consistenza fisica. 3.4. Non possono trarsi argomenti decisivi, al fine
dell'individuazione di un concetto di unità complessa denominata centrale termoelettrica, dal fatto che la centrale debba essere censita nella categoria catastale "D". La classificazione di un immobile in tale categoria è solo un'indicazione formale, che non ha alcuna relazione con le norme sostanziali che regolamentano l'attribuzione di una rendita a quell'unità minima individuata come "parte di un immobile". La L. n. 843 del 1942, art. 10, comma 3, conferma l'inesistenza di una nozione catastale di opificio inteso come complesso unitario, prevedendo la necessità della specifica indicazione dei singoli elementi costitutivi del complesso, i quali possono essere suscettibili di attribuzione di rendita nel rispetto delle norme catastali, e cioè solo se tecnologicamente inamovibili. 3.5. Le controricorrenti contestano la tesi dell'Amministrazione, secondo cui occorrerebbe distinguere tra reddito che remunera la proprietà degl'impianti (equiparabile al reddito dominicale) e reddito industriale o d'impresa. Deducono che solo in relazione a tale specie di reddito può giustificarsi una determinazione della capacità reddituale dell'intero opificio, compresi i macchinari. Avendo riguardo al reddito immobiliare espresso dalla rendita catastale, gli immobili possono produrre un reddito (effettivo o figurativo) anche senza le turbine. Infatti, è perfettamente configurabile una locazione dell'immobile, nel quale non sono compresi i macchinari, ad un terzo, il quale, a sua volta, vi installa propri macchinari.
Inoltre, la turbina svolge una sua utilità nel quadro del processo produttivo, e non nei confronti dell'immobile, come avviene per l'ascensore, l'impianto di riscaldamento o l'impianto elettrico per un fabbricato. Mentre una turbina non attribuisce utilità, ne' valore, all'immobile, il quale serve solo come copertura dei macchinari.
Nessun rilievo ha, inoltre, il fatto che per le unità in contestazione la legge prescrive la stima diretta, in quanto tale metodologia è imposta soltanto in ragione delle particolari caratteristiche costruttive degli immobili, che rendono inapplicabili le normali tariffe di estimo. Basti pensare che tra gli immobili a destinazione ordinaria sono comprese anche unità a destinazione industriale, come i laboratori, per i quali la rendita viene attribuita sulla base di tariffe di estimo.
4. I motivi del ricorso del Comune di Ostiglia.
4.1. Col primo motivo viene censurata la dichiarazione d'inammissibilità dell'intervento in appello del Comune. Deduce il ricorrente che tale statuizione, senza alcuna motivazione, si limita ad invocare il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14. Secondo la difesa del Comune, nella specie ricorrerebbero i presupposti per svolgere intervento adesivo dipendente, il quale presuppone soltanto l'esistenza di un interesse giuridico, e non è disciplinato dall'art. 14, poiché tale norma, in quanto si riferisce ai destinatari dell'atto impugnato, si preoccupa di evitare che tali soggetti si sottraggano all'onere di impugnare tempestivamente l'atto. Infatti, il comma 6 stabilisce che le parti chiamate in causa o intervenute volontariamente non possono impugnare autonomamente l'atto se per esse al momento della costituzione è scaduto il termine di decadenza.
La qualità giuridica dell'interesse del comune deriverebbe anche dall'innegabile impatto sul territorio delle centrali elettriche. Nè impedirebbe l'intervento il disposto dell'art. 344 c.p.c., in quanto tale norma non è richiamata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49; inoltre, il richiamo all'art. 404 c.p.c., contenuto nell'art.
344, non potrebbe operare nel processo tributario, che non conosce l'opposizione di terzo.
4.2. Con gli altri motivi il Comune deduce diversi vizi della sentenza e la legittimità del classamento, in adesione al ricorso dell'Amministrazione Finanziaria.
5. Il motivo dei ricorsi incidentali.
Denunciando violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di motivazione degli atti di accertamento, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, le controricorrenti deducono, condizionatamente all'accoglimento delle censure svolte col ricorso principale, che la sola individuazione dei parametri accertati, mentre è ammissibile per gl'immobili iscritti nelle categorie catastali A, B e C, non lo sarebbe per quelli a destinazione speciale, appartenenti alla cat. D (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 8), la cui rendita catastale si accerta con stima diretta
(D.P.R. cit., art. 30 e D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 43). In tale caso la motivazione assume una particolare pregnanza, dovendo indicare i criteri utilizzati, e costituisce, quindi, un'operazione comportante una discrezionalità tecnica ben maggiore rispetto alla stima effettuata mediante automatica applicazione delle tariffe. Gli avvisi di rettifica si limitano a indicare l'oggetto dell'accertamento, senza recare alcuna motivazione, ne' le ragioni dell'attribuzione di rendita a cespiti non dichiarati. Pertanto, applicando i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, gli atti impugnati non sono in alcun modo idonei a delimitare le ragioni adducibili dall'ufficio, tanto più che non recano neppure indicazione del criterio astratto per cui è stato accertato il maggior valore.
Le controricorrenti richiamano, inoltre, il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui l'atto di attribuzione della rendita ad un immobile, avendo incontestabile natura valutativa, deve essere adeguatamente motivato, sì da esprimere chiaramente l'ambito delle ragioni adducibili dall'Amministrazione finanziaria in un successivo giudizio, e da consentire al contribuente un'adeguata difesa.
Infine, non può ammettersi che il dedotto vizio sia stato sanato attraverso le produzioni documentali effettuate dall'Amministrazione in giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
6.1. Preliminarmente deve essere disposta la riunione di tutti i ricorsi, principali e incidentali, in quanto proposti nei confronti della stessa sentenza.
6.2. Iniziando l'esame dal ricorso del Comune di Ostiglia, il primo motivo dello stesso non merita accoglimento.
In proposito devono essere condivise le ragioni poste a base della sentenza impugnata, secondo cui il Comune non è, ne' destinatario dell'atto impugnato, ne' parte del rapporto controverso, per cui, trattandosi di intervento adesivo, lo stesso non sarebbe consentito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14. La Corte non condivide la tesi sostenuta dalla difesa del Comune, secondo cui il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 consentirebbe l'intervento adesivo dipendente (art. 105 c.p.c., comma 2). Il processo tributario, infatti, si deve introdurre attraverso un meccanismo impugnatorio e l'atto introduttivo è sottoposto a un termine di decadenza. Ne deriva che - come la Corte ha affermato (sentenze 18541/03; 12598 e 17934/04)- non è consentita la tutela d'interessi sui quali può svolgere un effetto di pregiudizio o di vantaggio un atto impositivo o, comunque, un atto che, come quello oggetto del presente procedimento, ha lo stesso regime processuale degli atti impositivi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 3, e art. 19, comma 1, lett. f). In altre parole, l'intervento è consentito soltanto ai soggetti che potrebbero impugnare autonomamente l'atto, e fra questi l'art. 2, citato comma 3, menziona soltanto "i singoli possessori". L'art. 14, comma 6 stabilisce - in armonia con la natura impugnatoria del processo - che l'interveniente può svolgere domande diverse da quelle proposte dalle parti originarie soltanto se l'intervento è svolto entro il termine assegnato per l'impugnazione dell'atto. In definitiva, l'area dei soggetti legittimati ad intervenire coincide con quella dei soggetti legittimati a proporre ricorso.
In conclusione, essendo escluso in via generale, anche per il primo grado di giudizio, l'intervento del Comune nel processo avente ad oggetto l'impugnazione del classamento, resta superfluo risolvere la questione se l'intervento in appello subisca ulteriori restrizioni, quale quella imposta dall'art. 344 c.p.c.. Il rigetto del motivo impedisce l'esame delle censure svolte dal Comune ad adiuvandum rispetto a quelle contenute nel ricorso dell'Amministrazione.
6.3. Il ricorso principale proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dall'Agenzia del Territorio censura, sotto diversi aspetti, la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che le "turbine" non potessero concorrere alla formazione del calcolo per la determinazione della rendita catastale da attribuire alle centrali elettriche di Ostiglia e di Sermide.
Il complesso delle censure concerne la questione relativa alla computabilità delle turbine di una centrale elettrica ai fini della determinazione della rendita catastale da attribuire alla centrale medesima, questione sulla quale si è sviluppato un lungo e consistente contenzioso tra l'ENEL, da un lato, e gli Uffici del Territorio ed i Comuni nei quali le varie centrali hanno collocazione, dall'altro. Il contenzioso ha generato contrastanti pronunce della giurisprudenza di merito (cfr. CTR Umbria 13/3/03 e CTR Lazio 261/ 39/03 per la non computabilità delle turbine; CTR Lazio 48/ 20/04 e CTR Lazio 133/ 14/05 per l'opposta soluzione) e di legittimità (cfr. Cass. n. 17933/2004 per la non computabilità delle turbine e Cass. n. 21730/2004 in senso favorevole al computo delle turbine) fino a richiedere - quando la questione era già stata rimessa all'attenzione delle Sezioni Unite di questa Corte - l'intervento del legislatore con le disposizioni di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 540, prima, e al D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, (aggiunto dalla Legge di Conversione n. 88 del
2005) poi. Sicché, oggi, è alla luce di queste norme che deve essere risolta la questione, non avendo alcun senso ulteriore discutere di argomenti che sono superati dall'intervento legislativo:
e l'ambito della discussione trova - anche secondo il percorso tracciato nelle memorie delle parti - il proprio naturale confine nella valutazione della natura interpretativa dell'intervento del legislatore e della compatibilità costituzionale della norma approvata.
L'intervento del legislatore può essere facilmente compreso ove si tenga conto dell'eco, e delle concrete conseguenze economico-fiscali, che ha avuto il complesso e combattuto contenzioso che si è aperto tra l'amministrazione finanziaria, prima, e l'Agenzia del Territorio, poi, da un lato, e l'ENEL, dall'altro, in ordine alla determinazione delle rendite catastali attribuibili alle "centrali elettriche" all'indomani dell'approvazione della c.d. procedura DOCFA regolata dal D.M. n. 701 del 1994: il contenzioso è nato dal fatto che la società elettrica, nell'attuare siffatta procedura di determinazione della rendita, ha riformulato il classamento delle centrali termoelettriche, omettendo il valore (assai rilevante) delle turbine, non ritenute dall'ente impianti fissi, ottenendo così rendite inferiori del 60-70% rispetto alle precedenti determinate dagli uffici e abbattendo il gettito ICI dei piccoli comuni di appartenenza. L'abbattimento del reddito dei comuni nei quali si trovano le centrali è stato tale da imporre al Governo ed al legislatore di intervenire in sede di legge finanziaria per un ripianamento degli introiti mediante l'attribuzione di uno specifico contributo (L. n. 448 del 1998, art. 31, comma 3,) o mediante un sistema di compensazione relativo ai trasferimenti statali (L. n. 388 del 2000, art. 64, comma 1,).
La rilevanza della questione, resa ancor più acuta dal mancato formarsi di un orientamento giurisprudenziale univoco, è dimostrata dal fatto che in sede di discussione parlamentare della Legge Finanziaria 2004 furono approvati in materia ben due ordini del giorno.
Un primo (risultante dalla trasformazione di un emendamento di analogo contenuto, poi ritirato dai proponenti), discusso nella seduta al Senato del 13 novembre 2003, non sottoposto a votazione, ma accolto dal governo come raccomandazione, del seguente tenore:
"Il Senato, visto il R.D. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 9 e 10, convertito nella L. 11 agosto 1939, n. 1249, li interpreta nel senso che gli elementi costitutivi degli immobili costruiti per speciali esigenze di una attività industriale, indicati nella L. 11 luglio 1942, n. 843, art. 10, u.c., concorrono alla determinazione della
rendita catastale, anche se fisicamente non incorporati al suolo". Un secondo, discusso e approvato nella seduta alla Camera del 17 dicembre 2003 (in sede di approvazione definitiva della Legge Finanziaria) del seguente tenore: "La Camera, premesso che: alcuni comuni nei cui territori insistono centrali di produzione di energia elettrica hanno in corso contenziosi con le società proprietarie degli impianti in relazione alla determinazione dell'imposta ICI dovuta, tra questi vanno ricordati, tra l'altro, il comune di Porto Tolle in relazione alla centrale termoelettrica di Polesine Camerini ed il comune di Piombino; la controversia concerne i criteri da applicare per la valutazione degli opifici in generale, ed in particolare degli opifici a destinazione speciale com'è il caso delle centrali destinate alla produzione di energia elettrica; le società di produzione affermano che il valore delle centrali elettriche debba essere determinato solo dal valore dell'area e dei muri, con esclusione degli impianti, tesi questa che contrasta con la prassi interpretativa ed applicativa delle norme catastali in materia di fabbricati di categoria D; attualmente, in mancanza di una norma interpretativa in materia, i contenziosi vengono affrontati e decisi dalle Commissioni tributarie interpellate, con esiti alterni; ai comuni interessati, questa situazione crea enorme incertezza sulle entrate e, anche in caso di esito positivo, dei gravi ritardi nella riscossione di quanto dovuto con i relativi riflessi negativi in materia di bilancio; impegna il Governo ad adottare iniziative normative finalizzate a risolvere il contenzioso in essere". Il contenuto dell'ordine del giorno approvato, alla Camera (ed or ora ricordato) è particolarmente illuminante circa il fatto che l'intervento del legislatore è sollecitato dal Parlamento al fine di risolvere, in modo chiaro e definitivo, la specifica questione dell'accatastamento delle centrali elettriche (nè può sfuggire ad un attento osservatore il riferimento che l'ordine del giorno fa alla centrale termoelettrica di Polesine Camerini in Comune di Porto Tolle).
6.4. È proprio sulla base di questa sollecitazione che nasce la norma interpretativa di cui alla L. n. 311 del 2004 (Legge Finanziaria 2005), art. 1, comma 540, con, la quale veniva disposto che: "Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 4,
convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi del citato R.D.L., art. 10, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze di un'attività industriale o commerciale anche se fisicamente non incorporati al suolo. I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni in riferimento".
La norma ha avuto vita breve, essendo stata abrogata dal D.L. n. 35 del 2005, art. 4, comma 1, come modificato dalla Legge di Conversione
n. 80 del 2005: ciò perché il contenuto forse troppo generico della disposizione interpretativa, del tutto eccedente l'ambito che aveva originato l'esigenza dell'intervento legislativo (e cioè la questione delle centrali elettriche), aveva preoccupato molte piccole imprese che temevano, probabilmente a torto, di veder considerati come "immobili" i più disparati macchinari e veder così aumentare eccessivamente la loro imposizione fiscale (in specie ai fini ICI). È legittimo chiedersi quale sia la conseguenza della abrogazione della norma interpretativa di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 540. Tanto premesso, va affermata la natura di norma di interpretazione autentica della disposizione di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, predetto comma 540. Intanto, la norma è formalmente qualificata tale dall'espressione utilizzata - "il R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249,
si interpreta nel senso" - e dal richiamo alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il quale stabilisce che "l'adozione di norme
interpretative in materia tributaria (possa) essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica". Il carattere sicuramente interpretativo della disposizione di cui al citato comma 540 è confermato, inoltre, dal fatto che tale disposizione è intesa a chiarire il senso di una norma preesistente, enucleando uno dei significati ragionevolmente ascrivibili alla norma interpretata (Cass. n. 4070/2004; Corte cost. n. 94/1995; ord. n. 480/1992). E per quanto concerne - ed è quel che qui interessa - la questione della computabilità (o meno) delle turbine ai fini della determinazione della rendita catastale delle centrali elettriche, sono stati effettivamente enucleati dalla giurisprudenza (di merito e di legittimità) due possibili significati della norma che il citato comma 540 è inteso ad interpretare autenticamente, i quali hanno trovato nelle sentenze di questa Corte - la n. 17933/2004, da un lato, e la n. 21730/2004, dall'altro - icastica evidenza. Questa situazione di duraturo (ed apparentemente non altrimenti dirimibile) contrasto di giurisprudenza è tradizionalmente una delle ragioni dell'intervento del legislatore in sede di interpretazione autentica e costituisce, comunque, una inequivoca testimonianza della reale sussistenza di una pluralità di significati ragionevolmente ascrivibili ad una norma. Va, tuttavia, detto che è assolutamente irrilevante - contrariamente a quanto la difesa dell'ENEL vorrebbe suggerire - che il predetto contrasto veda la maggioranza della giurisprudenza schierata a favore di una determinata interpretazione (e nel caso di specie non è così, in quanto, certamente al livello più alto, quello del giudizio di legittimità, la contrapposizione ermeneutica è perfettamente paritaria), anche perché un siffatto contrasto potrebbe del tutto mancare e, nonostante ciò, rimarrebbe legittimo l'intervento interpretativo del legislatore: come questa Corte ha più volte avuto occasione di affermare, "il carattere di interpretazione autentica di una legge non presuppone indispensabilmente una preesistente situazione di incertezza o di conflitti interpretativi nell'applicazione della legge: è infatti necessario e sufficiente che la legge interpretativa imponga una scelta ermeneutica rientrante fra le possibili opzioni interpretative, cioè stabilisca un significato che ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore: entro tali limiti il ricorso allo strumento della interpretazione autentica non è sospettabile d'illegittimità costituzionale, pur sopravvenendo in presenza di una diversa giurisprudenza consolidata" (Cass. nn. 4070/2004; 9885/2003; 3702/1992). La natura interpretativa della norma di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, citato comma 540 ne comporta la conseguente retroattività:
la successiva norma abrogatrice non può che avere la medesima efficacia, retroagendo anch'essa al tempo della norma anteriore interpretata. Sicché l'avvenuta abrogazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 540, ad opera del D.L. n. 35 del 2005, art. 4,
come modificato dalla Legge di Conversione n. 80 del 2005, non ha avuto (e non poteva avere) l'effetto ne' di fissare per il tempo di vigenza della norma interpretativa il significato enucleato tra quelli ragionevolmente ascrivibili alla norma anteriore (come sostiene la difesa del Comune di Porto lolle), ne' di espungere (per di più, in via definitiva) dall'ordinamento quello stesso significato che vi aveva, invece, fissato quale l'unico possibile (come sostiene la difesa dell'ENEL): in altri termini, l'intervenuta abrogazione ha reso la norma interpretativa, se così si può dire, una norma inutiliter data, restituendo inalterata la situazione alla precedente contrapposizione ermeneutica tra i diversi significati possibili attribuiti alla norma interpretata.
6.5. Non resta che esaminare la questione alla luce di quanto disposto dal legislatore con il D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, (aggiunto dalla Legge di Conversione n. 88 del 2005) a
norma del quale "ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 4,
convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi del citato R.D.L., art. 10 gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze dell'attività industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo. I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni di riferimento".
Il carattere interpretativo di tale norma, che ha, salva la limitazione alle "centrali elettriche", gli stessi contenuti della L. n. 311 del 2004, art. 1, già esaminato comma 540, non può esser
posto in dubbio per tutta la serie di considerazioni dapprima svolte a proposito del citato comma 540. Riportando la questione da risolvere alle sue originarie ragioni - il contenzioso insorto relativamente alla computabilità delle turbine nella determinazione della rendita catastale delle centrali elettriche, il legislatore ha enucleato dalla norma interpretata uno dei significati ad essa ragionevolmente attribuibili, avallando, in buona sostanza, la soluzione adottata da questa Corte con la ricordata sentenza n. 21730/2004, in particolare per quanto concerne la rilevanza del concetto di unico bene complesso che rappresenta il nucleo forte dell'orientamento espresso dalla Corte con la ricordata sentenza. Infatti, la norma in esame, con riferimento alle centrali elettriche, rimanda proprio ad una definizione di costruzione stabile che viene individuata nell'essere tale costruzione costituita "dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso". In questa definizione non può sorprendere la prevista possibilità di una "connessione strutturale" realizzata "in via transitoria", perché nello stesso art. 812 c.c. è considerata "bene immobile" una (non altrimenti determinata) "costruzione" che sia connessa al suolo "a scopo transitorio": il valore centrale della norma, che certifica quale sia stato l'oggetto dell'attenzione precipua del legislatore, è indubbiamente costituito dal carattere "strutturale" della connessione, dalla irrilevanza dei "mezzi di unione" con i quali tale connessione sia realizzata, e dalla finalità della medesima connessione alla realizzazione dell'"unico bene complesso".
L'idea di fondo è, in buona misura, la stessa che questa Corte ha avuto modo di esplicitare in anni più lontani (sentenza n. 962/1970). In quella occasione la Corte ebbe ad affermare che "parte integrante di una cosa è quella che, costituendo elemento essenziale della sua esistenza, assurge a requisito della sua struttura": a tale scopo occorre "che le due cose vengano ad unificarsi materialmente in modo tale che la cosa incorporata perda la propria autonomia fisica e giuridica, tanto da render impossibile una sua separazione senza la contemporanea dissoluzione o la sostanziale alterazione del tutto". Ecco, quindi, emergere, anche alla luce dell'interpretazione della normativa civilistica, i fattori della "connessione strutturale" e della "funzionalità della connessione" alla formazione di un "unico bene complesso" assunti dal legislatore, nel D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, al fine di qualificare le turbine, in quanto
elementi essenziali costitutivi del bene "centrale elettrica", "bene immobile per incorporazione di mobile ad immobile": e non rileva il mezzo di "unione" tra "mobile" ed "immobile" per considerare il primo incorporato al secondo, sia perché quel che davvero conta è l'impossibilità di separare l'uno dall'altro senza la sostanziale alterazione del bene complesso (che non sarebbe più, nel caso di specie, una centrale elettrica), sia perché "mezzo di unione" idoneo a determinare l'incorporazione non può essere qualificato solo quello che tale poteva considerarsi al tempo dell'approvazione del codice civile, dovendosi tener conto del progresso tecnologico e dell'ineludibile condizionamento dei mezzi utilizzati a specifiche esigenze tecniche (come accade per le turbine, secondo quanto afferma la stessa difesa dell'ENEL, per le quali devono utilizzarsi particolari mezzi di unione al suolo in ragione della necessità di tener conto della dilatazione cui sono soggette per le elevate temperature di esercizio).
6.6. Ritenuto, pertanto, che della norma di cui al D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, si debba fare applicazione nel presente
giudizio, deve essere esaminata l'eccezione di illegittimità costituzionale della predetta disposizione per contrasto con gli artt. 3, 41 e 53 Cost., sollevata dalla difesa dell'ENEL. La questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata.
In primo luogo, non è sostenibile che la disposizione sia viziata per irragionevolezza per aver stabilito che una determinata norma si interpreti in un senso riguardo ad alcuni soggetti che ne sono destinatari e in un senso diverso (addirittura opposto) rispetto ad altri soggetti. L'assunto non è vero: la norma in discussione, che ha, per quanto detto, natura effettivamente interpretativa, è diretta a risolvere, in via definitiva, un (non altrimenti dirimibile) contrasto ermeneutico insorto relativamente alla situazione, assai specifica, delle centrali elettriche, e non stabilisce affatto che la norma interpretata sia soggetta ad una diversa esegesi in situazioni omogenee.
L'indeterminata categoria degli immobili collocati (o collocabili) nel gruppo catastale D, stante la loro innegabile e variegata disomogeneità di natura e di struttura, non può validamente costituire, ai fini del giudizio di ragionevolezza alla luce dell'art. 3 Cost., l'ineludibile tertium comparationis. In particolare manca non solo la prova, ma anche la mera indicazione, di una situazione nella quale sussista, nell'ambito della predetta categoria di immobili, una relazione tra "mobile" (nel caso le turbine) ed "immobile" (nel caso la centrale elettrica) che ponga i medesimi problemi (anche con riferimento ai "mezzi di unione" al suolo) in ordine alla fattispecie della "incorporazione" per la formazione di un "unico bene complesso" manifestatisi per le centrali termoelettriche.
Alcuna significatività può, poi, riconoscersi alla previsione normativa circa la rideterminazione dei trasferimenti erariali agli enti locali: è stato, infatti, già ricordato che proprio perché l'ENEL, in sede di utilizzazione della procedura DOCFA, aveva escluso le turbine dal computo della rendita catastale delle centrali elettriche, si era venuta a determinare rispetto alla situazione precedente una diminuzione delle entrate ICI talmente considerevole da richiedere ben due interventi dello Stato, in sede di approvazione di legge finanziaria, a ripianamento dei conti degli enti locali coinvolti nel "contenzioso ENEL". La rideterminazione dei trasferimenti erariali agli enti locali, prevista dalla norma interpretativa in esame, ha il senso di confermare la natura provvisoria dell'intervento finanziario di ripianamento (che non poteva trasformarsi ih un aumento strutturale delle erogazioni statali), che dovrà essere necessariamente ricalibrato in relazione alle conseguenze dell'applicazione della norma interpretativa sulle entrate tributarie dei comuni.
In secondo luogo, è infondato l'assunto che la norma interpretativa assoggetti ad una diversa disciplina situazioni identiche, in quanto, come si è già detto, non solo la situazione delle centrali elettriche è del tutto specifica, ma neanche sussiste alcuna significativa omogeneità tra tutti gli immobili classificabili nel gruppo catastale D, come rivela immediatamente la circostanza che alla loro valutazione catastale si debba procedere, per espressa previsione normativa, mediante stima diretta. Lo scopo perseguito dal legislatore nel dettare la norma interpretativa in esame è stato quello (e solo quello) di risolvere, per quanto concerne le centrali elettriche (perché è per questo tipo di immobili che si era determinato nella giurisprudenza un lungo ed irrisolvibile contrasto ermeneutico), il problema dell'efficacia della peculiare modalità di unione delle turbine al suolo al fine di determinarne l'incorporazione: ciò non vale a costituire uno status speciale delle centrali elettriche che ecceda la loro effettiva specificità all'interno della più ampia (e assolutamente variegata) categoria degli "opifici". Nè è ammissibile eccepire in astratto la disparità di trattamento senza che vengano concretamente indicate le situazioni che, rispetto a quella in discussione, siano effettivamente identiche (in particolare, per quanto qui interessa, abbiano anche registrato, il medesimo contrasto ermeneutico) e diversamente regolate.
Infine, non è fondata la dedotta violazione della capacità contributiva. A prescindere dalla considerazione che non è prospettabile una lesione del tipo indicato in relazione alla determinazione della rendita catastale (che non costituisce ne' un'imposta, ne' un presupposto d'imposta), è sufficiente evidenziare che, secondo la ferma giurisprudenza della Corte costituzionale, la capacità contributiva, quale idoneità soggettiva alla obbligazione di imposta, desumibile dal presupposto economico al quale l'imposta è collegata, può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità, sotto il profilo della palese arbitrarietà e manifesta irragionevolezza (Corte cost. nn. 362/2000, 143/1995, 315/1994, 42/1992, 226/1984), ipotesi che, per quanto più volte si è già detto, non sussistono nel caso di specie.
Pertanto, deve essere accolto il ricorso principale proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dall'Agenzia del Territorio.
6.7. L'accoglimento dei richiamati motivi dei ricorsi principali impone di verificare la fondatezza del motivo dei ricorsi incidentali condizionati.
Il motivo è inammissibile in quanto diretto a censurare l'atto di accertamento - peraltro senza osservare il principio di autosufficienza del ricorso che imporrebbe la riproduzione del contenuto dell'atto in questione - e non la sentenza impugnata (e tanto ha valore assorbente ai fini del rigetto della censura in esame): come questa Corte ha già avuto modo di affermare, "in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall'art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento - il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell'atto stesso -, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo" (Cass. 15867/2004). Peraltro va rilevato che secondo l'orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio: a) il giudizio sulla congruità della motivazione dell'atto di accertamento è riservato al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità qualora non sussistano vizi della motivazione della sentenza impugnata (e nella specie non sussistono) e non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso (e nella specie non lo sono), ben specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso (Cass. n. 17762/2002); b) l'obbligo della motivazione dell'avviso di classamento deve ritenersi osservato anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall'ufficio tecnico erariale (ora dall'Agenzia del Territorio) e della classe conseguentemente attribuita all'immobile, trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere le ragioni della classificazione, sì da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie (Cass. nn. 6854/1983; 4085/1992; 12068/2004; 21300/2004; 333/2006):
nella specie, d'altro canto, l'atto di classamento costituisce l'esito di un procedimento specificamente regolato dalla legge (D.L. n. 16 del 1993, art. 2, conv. con L. n. 75 del 1993, e, specialmente,
D.M. 19 aprile 1994, n. 701) recante "Regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari"), che prevede la partecipazione del contribuente, e trova, in osservanza alla regola generale sull'attribuzione di rendita agli immobili classificati in categoria D (come è quello di cui nella specie si discute), il proprio presupposto in una "stima diretta" eseguita dall'Ufficio; c) la "stima diretta", la quale, nella specie, integra ineludibilmente (per previsione di legge) il presupposto (ed il fondamento motivazionale) dell'avviso di classamento - esprimendo "un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l'adeguatezza, o non, della motivazione rilevano ai fini, non già della legittimità, ma della attendibilità concreta del giudizio cennato", e, in sede contenziosa della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa (Cass. n. 5717/2000, in motivazione) - costituisce un atto conosciuto e (comunque) prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente nel quadro di un procedimento di classamento (quale è quello c.d. DOCFA) a struttura fortemente partecipativa: orbene, da un lato, la conoscibilità dell'atto che costituisce il presupposto ed il fondamento motivazionale dell'avviso di accertamento (nella specie, l'avviso di classamento) è sufficiente per escludere che l'avviso sia viziato in punto di motivazione per non aver riprodotto od allegato l'atto presupposto (Cass. nn. 4989/2003; 12394, 10817, 7487 e 1034 del 2002; 7149/2001);
dall'altro, nel caso di specie emerge dalla stessa sentenza impugnata che la società contribuente ha effettivamente conosciuto l'atto presupposto dell'avviso di classamento impugnato ed ha potuto svolgere (come di fatto ha svolto) con pienezza di mezzi e di argomenti le proprie difese, senza subire in concreto alcuna lesione (e nessun danno specifico è denunciato nel ricorso incidentale) del proprio diritto di difesa (nonostante la questione non rilevi, non è inopportuno sottolineare come la giurisprudenza di questa Corte si sia di recente orientata nel senso di ritenere, al fine di considerare violato il diritto di difesa, che la lesione del diritto in questione non possa essere astratta, ma debba, invece, essere concreta e dedotta con specifica motivazione dalla parte che assuma la violazione: cfr. in questo senso, Cass. 4020/2006, con riferimento al processo civile, e 2948/2006, con riferimento al processo tributario).
All'accoglimento del motivo del ricorso principale consegue la cassazione della sentenza impugnata. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, nell'esercizio del potere di decisione nel merito di cui all'art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta il ricorso introduttivo.

La complessità della questione e la mancanza di una giurisprudenza consolidata giustificano una pronuncia di compensazione delle spese dell'intero giudizio per quanto riguarda quello introdotto dalle società e di quelle del giudizio di legittimità relativamente alla controversia tra le stesse società e il Comune di Ostiglia.

PQM

La Corte di Cassazione;
riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dall'Agenzia delle Entrate e rigetta il ricorso del Comune di Ostiglia e il ricorso incidentale delle società; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rigetta, decidendo nel merito, i ricorsi introdottivi delle società contribuenti; compensa le spese dell'intero giudizio tra le società e le amministrazioni finanziarie e le spese del giudizio di legittimità relativamente alla controversia tra il Comune e le società.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione tributaria, il 12 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2006


Scarica copia del provvedimento: Cassazione Sentenza n. 24064/2006

 

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