REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
DI SICILIA SEZIONE 13
riunita con l'intervento dei Signori:
- GIORDANO FRANCESCO PAOLO Presidente e Relatore
- PUGLISI ADRIANA Giudice
- VALENTINI NICOLO
ha emesso la seguente
SENTENZA
sull'appello n. 5869/2015 depositato il 06/08/2015
avverso la pronuncia sentenza n. 807/2015 Sez:1 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di CATANIA
contro: F. A. N.Q. AMM.UNICO E SOCIO UNICO "(Omissis) S.R.L."
proposto dall'appellante:
AG. ENTRATE DIR. PROVIN. UFF. CONTROLLI-LEGALE CATANIA VIA MONSIGNOR DOMENICO ORLANDO, 1 95100 CATANIA CT
Atti impugnati: AWISO DI ACCERTAMENTO no TYS01DA00284/2012 IRPEF-ADD.REG. 2007
AWISO DI ACCERTAMENTO no TYS01 DA00284/2012 IRPEF-ALTRO 2007

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame notificato il 22.07.2015 e depositato il 6.08.2015, presso la Segreteria della Commissione, l'Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Catania dichiarava di impugnare nei confronti di A.F., la sentenza n. 807/0112015, pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, Sez. I, in data 15.12.2014 e depositata il 26.01.2015.

Premettendo che la causa aveva come oggetto l'avviso di accertamento n. TYS01DA00284/2012, emesso dall'Ufficio col quale era stato accertato un maggior reddito di capitali pari ad euro 461.742,80 corrispondente al 40% dell'utile extracontabile di euro 1.154.357,00 accertato nei confronti della società S. s.r.l. di cui il F. era amministratore unico e detentore dell'intero capitale sociale, ai sensi degli artt. 44 e 4 5 TUIR, che il contribuente aveva impugnato l'atto impositivo chiedendone l'annullamento per l'illegittimità dell'avviso in seguito alla violazione dell'art. 67 d.p.r. n. 600 del 1973, con vittoria di spese, che la CTP aveva accolto il ricorso, presentava cinque motivi di impugnazione.

Col primo motivo, deduceva la violazione dell'art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992, nullità della sentenza per vizio di motivazione perché il giudice di prime cure (non quello di appello come erroneamente indicato) non avrebbe specificato le due componenti che devono costituire la motivazione valida, cioè l'iter logico della decisione e la valutazione dei fatti prospettati dalle parti. In buona sostanza la sentenza impugnata sarebbe priva di motivazione.

Col secondo motivo, deduceva la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 l. n. 212 del 2000, perché la sentenza impugnata avrebbe erroneamente dichiarato inutilizzabili i dati acquisiti con la verifica per la presunta violazione del termine di trenta giorni, di permanenza degli operatori presso la ditta verificata, termine che va interpretato nel senso di effettiva presenza non di durata, termine nel caso in ispecie assolutamente osservato.

Col terzo motivo, denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 52 d.p.r. n. 633 del 1972 e 33 d.p.r. n. 600 del 1973, perché la società ricorrente non avrebbe presentato il registro IVA, il registro delle fatture e quello degli inventari al momento dell'apertura della verifica, avrebbe quindi prodotto la documentazione richiesta in sede di verifica o l'avrebbe prodotta tardivamente sicché la stessa non avrebbe potuto essere presa in considerazione, in parte la documentazione era stata prodotta in copia, sicché i costi in essa rappresentati non avrebbero avuto il carattere della certezza e sarebbero stati indeducibili.

Col quarto motivo, denunciava la violazione e falsa applicazione della normativa che regolamenta la tenuta della documentazione contabile, perché i verificatori avrebbero trovato numerose violazioni formali e sostanziali tali da rendere inattendibile la contabilità consacrata nelle scritture contabili della società verificata e della società A. s.r.l., di cui il F. risultava socio e amministratore e che ha intrattenuto con la prima rapporti commerciali risultati fittizi, a seguito dei controlli incrociati eseguiti, in particolare per quanto riguarda operazioni di acquisto di beni e prestazione di servizi eseguiti presso quest'ultima società per l'importo imponibile di euro 957.892,00 con IVA al 20% di euro 191.578,40, le cui fatture risultavano annotate nel 2007, inoltre la società A. s.r.l. non era stata in grado di produrre alcun contratto scritto con la società S.. s.r.l., senza dire delle numerose discordanze dei dati contenuti nelle fatture esibite, oltre alle irregolarità della normativa sul lavoro, in ordine ai 17 dipendenti della società verificata, dei quali nessuno risulta impiegato in alcuni cantieri di p.a. presso il Grand Hotel des Palmes e in altri ulteriori cantieri, a fronte del fatto che la società A. s.r.l. avrebbe emesso fatture per l'imponibile di euro 75.000,00 nei confronti della società Acqua Marcia Turismo s.p.a. per opere di rifacimento degli impianti all'interno del Grand Hotel des Palmes.

Inoltre la società A. s.r.l. avrebbe emesso fatture nei confronti della S.. s.r.l. per l'importo imponibile di euro 957.892,00 con IVA al 20% di euro 191.578,40, riguardante fornitura di prestazioni presso il Grand Hotel des Palmes, per lavori in relazione ai quali il contratto fra le parti stabiliva il divieto di subappalto, mentre fu acquisito durante la verifica un fax firmato col quale l'esecuzione di alcune opere veniva eseguita dalla società As.r.L quale capogruppo e dall'impresa Servizi e Tecnologie quale mandante, per cui appariva legittimo l'avviso di accertamento col recupero dei tributi e l'indeducibilità dei costi rilevati.

Col quinto motivo, lamentava la violazione del disposto di cui all'art. 2697 c.c. in materia di onere della prova, perché l'Ufficio avrebbe provato l'inesistenza delle operazioni cennate.

Chiedeva la riforma della sentenza impugnata e la conferma dell'avviso di accertamento emesso nei confronti del socio F. A. stante la legittima presunzione che il maggior reddito nei confronti della società di capitali a ristretta base azionaria sia stato distribuito ai soci nello stesso anno dell'utile non dichiarato, anche in relazione al valido accertamento nei confronti della società, e stante che la fattispecie in esame non comporta problemi di doppia imposizione. Con vittoria di spese.

Si costituiva A. F. a mezzo difensore, il quale chiedeva la conferma della sentenza impugnata, eccepiva la tardività dell'appello in via preliminare, nel merito rilevava che il F. era stato assolto in sede penale per non· aver commesso il fatto dal delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, rilevava che era illegittimo il mancato riconoscimento dei costi a causa della presentazione tardiva dei documenti in quanto ciò contrastava con l'art. 52 d.p.r. n. 633 del 1972, poiché il rifiuto di presentazione dei libri contabili non la tardiva produzione degli stessi era motivo di inutilizzabilità, con vittoria di spese.

Con atto depositato il 24.09.2015, l'Agenzia produceva la copia dell'avviso di ricevimento della raccomandata.

Il ricorso veniva posto in decisione come da verbale in atti.

Motivazione

La Commissione osserva che l'appello è fondato e va accolto.

Innanzitutto, va rigettata in quanto infondata l'eccezione di inammissibilità del gravame per tardività, giacché il mezzo di impugnazione risulta proposto entro i termini di legge.


Quanto al primo motivo di gravame, è a dirsi che lo stesso è fondato. Infatti, la motivazione della sentenza è gravemente carente perché il giudice di prime cure avrebbe dovuto esporre tutte le ragioni per le quali la sentenza n. 806/0112015 aveva annullato l'avviso di accertamento, anziché limitarsi a richiamarla per relationem. Così argomentando, la motivazione manca e non è possibile ricostruire, come esattamente dedotto dall'Agenzia appellante l'iter logico della decisione e la valutazione della prova hinc et inde offerta. Ciò determina la nullità della sentenza impugnata.

Sul secondo motivo, va notato che il termine di permanenza negli uffici dell'azienda da parte dei verificatori è, per giurisprudenza consolidata, assolutamente ordinatorio quindi la sua violazione non determina la decadenza del potere impositivo né l'inutilizzabilità degli atti acquisiti (Cass., Sez. T., sent. n. 10979 del 2020). Quindi non è esatto quanto ritenuto dal giudice di prime cure nella sentenza n. 806/0112015, secondo cui la violazione del termine determinerebbe l'inutilizzabilità degli elementi acquisiti oltre lo spirare del tennine. Affermazione estremamente leggera e in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità (su cui cfr. Cass., Sez. T., sentenza n. 17010 del9 luglio 2013). Senza dire che per valutare l'effettività del termine occorre verificare i giorni di effettiva presenza dei militari nell'impresa non la durata complessiva delle operazioni come fa la sentenza impugnata. Sicché il relativo motivo va accolto.

Il terzo motivo, secondo cui sarebbero inutilizzabili i dati della documentazione prodotta con ritardo è privo di pregio, perché tale sanzione non è prevista dalla norma e poi contrasta con i principi sanciti dalla giurisprudenza (cfr. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27556 del 2009) in materia.

Il quarto motivo è, al contrario, fondato. Il fatto che parte appellata ha prodotto la sentenza penale emessa dal Tribunale di Catania a carico di F. A. di assoluzione dai delitti di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti con riguardo alle fatture relative all'anno 2007 della società A. s.r.l. non appare risolutivo ai fini che ne occupano. Infatti, a prescindere dal fatto che manca l'attestazione del passaggio in giudicato di detta ultima sentenza, la quale ha assolto l'imputato per non aver commesso il fatto non perché il fatto non sussiste, la sentenza penale si basa sulle dichiarazioni del progettista e direttore dei lavori e sulla sentenza della CTP di Catania, a sua volta non passata in giudicato del 20.05.2013 (è la n. 628/01/2013 che riguardava l'anno di imposta 2006). Le dichiarazioni di O. erano nel senso che i lavori eseguiti presso l 'Hotel des Palmes di Palermo appartenente al Gruppo Acqua Marcia sarebbero stati realizzati in subappalto dalla forza lavoro della s.r.l. Airtecnica, sia pure in parte. Mente il giudice penale prende per buono ciò che aveva ritenuto la CTP di Catania, cioè che i lavori contestati sarebbero stati realizzati realmente, non essendo dirimente il fatto che mancassero i contratti scritti del subappalto, data la loro riconducibilità allo stesso gruppo, argomento poco significativo se si pone mente all-' asserito importo dei lavori. Ma, in buona sostanza, il giudicato penale lascia insoluto il tema della valutazione delle prove consacrate nella contabilità.

E' questo il principio sancito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, cioè che nel processo tributario, l'efficacia della sentenza penale di assoluzione del contribuente se anche passata in giudicato non opera automaticamente per i fatti relativi alla contestata azione di accertamento fiscale, a causa delle limitazioni n eli' acquisizione delle prove e della differente valutazione delle stesse. Infatti, il giudice tributario, (cfr. ( Cass., Sez. 3, sent. n. 10792 del 1994; Cass., Sez. T., Ord. del 2018 n. 17619) non può limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza penale definitiva e a recepime i contenuti, ma dovrà valutare autonomamente il materiale probatorio e la condotta del contribuente. E ciò perché nel giudizio tributario vi sono limitazioni della prova, come il divieto di testimonianza e dali' altro lato possono valere anche presunzioni inidonee a fondare una pronuncia penale di condanna. Sulla scia di tale principio e autonomia di valutazione è a dirsi che la mancanza di un contratto scritto fra le due società non può essere superata dal fatto che le stesse facevano parte dello stesso gruppo, anche perché l'importo dei lavori era di un certo rilievo e non è credibile che tale importo fosse scaturito da accordi semplicemente verbali o comunque nascenti da un contratto che non risulta sottoscritto. Fu, in proposito, acquisito un fax recante la data de 13.02.2006 che riproduce l'offerta della S. s.r.l. con il logo della società nel corpo del quale si parla di opere che saranno realizzate dali' A.s.r.l. La fattura n. 3/2007 per l'imponibile di euro 75.000,00 emessa dalla A. s.r.l. nei confronti della Acqua Marcia Turismo s.p.a. riguarda opere di rifacimento degli impianti elettrico, idrico e di climatizzazione all'interno dell'Albergo Grand Hotel des Palmes.
Altri lavori sono quelli portati dalle fatture emesse dalla A. s.r.L per euro 957.992,00 che recano la dicitura generica di forniture di prestazioni presso il Grand Hotel des Palmes, per cui non è possibile verificate la effettiva realizzazione di tali lavori. Inoltre, il committente non aveva autorizzato alcun subappalto, come comunicato su richiesta dei verbalizzanti in relazione al testo dell'art. 18 del contratto di appalto intercorso fra la società Acqua Marcia Turismo s.p.a. e la S. s.r.l.
Ne consegue che non risulta affatto accertato che i lavori di cui agli importi suindicati (per euro 957.992,00) siano stati effettivamente eseguiti. Sono i lavori ritenuti fittizi dalla G,d,F e dall' A.E. per i quali non esiste una prova sufficientemente chiara e certa della loro realizzazione. Peraltro, a riprova è a dirsi che non esiste traccia dei flussi finanziari di questi lavori nelle rispettive contabilità delle due società e nella movimentazione bancaria delle stesse. Il quinto motivo è di conseguenza da ritenersi fondato perché l'Ufficio ha dimostrato che non vi è prova certa che i lavori di cui si sta parlando siano stati eseguiti.

Di conseguenza l'avviso di accertamento deve ritenersi legittimo e corretto per cui il suo annullamento da parte del giudice di prime cure appare erroneo, illegittimo e infondato.

La soccombenza governa il regolamento delle spese.

PQM

La Commissione, in accoglimento dell'appello, riforma la sentenza impugnata e conferma l'avviso di accertamento. Condanna parte appellata al pagamento in favore dell'Agenzia appellante delle spese di lite che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila). Catania, 9.12.2020


 

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