REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni B. - Presidente -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere -
Dott. ROSSETTI Marco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28223/2012 proposto da:
T.F., B.M.L., T.S., T. R., T.RI., T.M., T.R., V. V., considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato UBERTONE Massimo unitamente all'avvocato ENRICO UBERTONE; con studio in ROVIGO - VIA G. MAZZINI 12, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
T.M., ASSICURAZIONI GENERALI SPA, FATA - FONDO ASSICURATIVO TRA AGRICOLTORI SPA;
- intimati -
nonchè da:
ASSICURAZIONI GENERALI SPA, in persona dei suoi legali rappresentanti Dott. H.R.M. e C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell'avvocato VALENTINO FEDELI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato VIELMO DUO' giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- ricorrente incidentale -
contro
T.F., B.M.L., T.S., T. R., T.R., T.M., T.R., V. V., considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato MASSIMO UBERTONE unitamente all'avvocato ENRICO UBERTONE; con studio in ROVIGO - VIA G. MAZZINI 12, giusta procura a margine del ricorso principale;
- controricorrenti all'incidentale -
e contro
T.M.;
- intimato -
avverso la sentenza n. 2166/2011 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/10/2011 R.G.N. 1482/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2015 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito l'Avvocato ENRICO UBERTONE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento di quello incidentale.

Svolgimento del processo

1. Il ____ si verificò un sinistro stradale che coinvolse il veicolo condotto da T.C., assicurato dal FATA, e quello condotto da T.M., privo di assicurazione. In conseguenza dell'urto T.C. perse le vita.
2. Nel 1998 i congiunti di T.C. convennero dinanzi al Tribunale di Rovigo T.M. e la Generali, quale impresa designata dal Fondo di garanzia vittime della strada, chiedendone la condanna al risarcimento del danno.
3. Con sentenza 14.4.2004 il Tribunale accolse la domanda ed attribuì la colpa esclusiva del sinistro a T.M.; accordò agli attori il danno non patrimoniale, rigettò la domanda di risarcimento del danno patrimoniale consistente - secondo la prospettazione attorea - nella riduzione del reddito dell'impresa familiare in cui lavorava la vittima.

4. Con sentenza 5.10.2011 la Corte d'appello di Venezia accolse parzialmente l'appello proposto dai danneggiati, ed aumentò l'importo liquidato a titolo di danno non patrimoniale.
5. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione in via principale dai congiunti di T.C., sulla base di due motivi.
La Assicurazioni Generali ha resistito con controricorso, e proposto ricorso incidentale basato su un motivo.
Ambo le parti hanno depositato memoria.

Motivazione

1. Il primo motivo del ricorso principale.

1.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3.
Si lamenta, in particolare, la violazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 19 e 21.
Si deduce, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe violato l'art. 1226 c.c., là dove ha omesso di applicare le tabelle uniformi predisposte dal Tribunale di Milano, quale criterio orientativo per la liquidazione del danno non patrimoniale.

1.2. Il motivo è fondato.

E' principio ricevuto nella giurisprudenza di questa Corte che nella liquidazione del danno non patrimoniale, l'applicazione di criteri diversi da quelli risultanti dalle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano può essere fatta valere in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, quando in grado di appello il ricorrente si sia specificamente doluto della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle milanesi ed abbia altresì versato in atti dette tabelle (Sez. 3, Sentenza n. 24205 del 13/11/2014, Rv. 633430).

Nella specie l'applicazione delle tabelle milanesi era stata dedotta come motivo d'appello, e le tabelle stesse furono depositate con la comparsa conclusionale.
Ha, pertanto, errato la Corte d'appello nel ritenere che il criterio di monetizzazione del danno non patrimoniale adottato dal giudice di primo grado, e non coincidente con quello risultante dalle suddette tabelle milanesi, "non fosse censurabile": tale affermazione è infatti contrastante con il principio secondo cui nella liquidazione del danno non patrimoniale, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perchè esaminati da differenti Uffici giudiziari. Garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono (Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 07/06/2011, Rv. 618048).

1.3. La sentenza d'appello va dunque, su punto, cassata con rinvio alla Corte d'appello di Venezia, la quale nel procedere ad una nuova liquidazione del danno non patrimoniale, si atterrà al criterio indicato al precedente, salvo che con adeguata ed analitica motivazione non indichi le ragioni che, nel caso di specie, ne giustificano l'abbandono.

2. Il secondo motivo del ricorso principale.

2.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3.
Si lamenta, in particolare, la violazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 19 e 21.
Si deduce, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe errato nell'applicare le tabelle "vigenti" all'epoca del sinistro, non a quella della decisione, per poi rivalutare il risultato.

2.2. Il motivo resta ovviamente assorbito dall'accoglimento del primo. Questa corte ritiene tuttavia utile soggiungere, per evitare la reiterazione di evidenti errori decisori, che nella giurisprudenza di questa Corte è risalente ed incontrastato il principio secondo cui la stima del danno deve avvenire con i criteri vigenti all'epoca della liquidazione, non a quelli del fatto. In tal senso si sono pronunciate:
-) Cass., sez. un., 09-05-2001, imp. Caridi, la quale ha ritenuto che nella liquidazione della riparazione per ingiusta detenzione debba trovare applicazione il "massimale" vigente all'epoca della liquidazione, anche quando la custodia cautelare sia stata sofferta in epoca antecedente all'entrata in vigore di esso;
- Cass., 20-08-1991, n. 8965, secondo cui nella liquidazione del danno patrimoniale futuro da riduzione della capacità di guadagno va posto a base del calcolo il reddito della vittima al momento della liquidazione, e non quello (minore) percepito al momento del sinistro;
-) Sez. 2, Sentenza n. 6651 del 29/04/2003, Rv. 562517, secondo cui il pregiudizio derivante dalla mancata acquisizione di un bene (per effetto di inadempimento del preliminare) deve essere risarcito con la prestazione del suo equivalente in danaro, determinato con riferimento al momento in cui avviene la liquidazione e non a quello in cui si realizza la violazione contrattuale (conforme Sez. 2, Sentenza n. 4397 del 05/08/1982, Rv. 422382).

3. Il motivo unico del ricorso incidentale.

3.1. Con l'unico motivo di ricorso incidentale si allega che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3.
Si lamenta, in particolare, la violazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 19 e 21.
Si deduce, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe violato le suddette norme, là dove ha condannato l'impresa designata al pagamento di un risarcimento eccedente il massimale di legge, senza che neanche fosse sussistente una ipotesi di mala gestio dell'impresa designata.

3.2. Il motivo è infondato.

In punto di diritto, è certamente vero che è rilevabile d'ufficio l'incapienza del massimale minimo di legge, rispetto al danno patito dalla vittima di un sinistro stradale indennizzabile da parte dell'impresa designata per conto del fondo di garanzia vittime della strada. (Sez. 3, Sentenza n. 22893 del 13/12/2012, Rv. 624721).

Tuttavia è altresì vero che il danneggiato da un sinistro stradale che intenda invocare la responsabilità ultramassimale dell'assicuratore della r.c.a. del responsabile incorso in c.d. "mala gestio" impropria non ha l'onere di formulare la relativa domanda in modo espresso, potendosi la stessa ritenere necessariamente ricompresa nella richiesta di condanna dell'assicuratore stesso all'integrale risarcimento del danno; al contrario, l'assicurato, il quale intenda invocare la responsabilità ultramassimale del proprio assicuratore della r.c.a., per c.d. "mala gestio" propria, ha l'onere di formulare in modo esplicito la relativa domanda (Sez. 3, Sentenza n. 15397 del 28/06/2010, Rv. 613931; nello stesso senso Sez. 3, Sentenza n. 20058 del 19/07/2008, Rv. 604565.

Nel caso di specie, risulta dalla stessa sentenza impugnata che gli attori chiesero, nel giudizio di merito, la condanna dell'impresa designata al pagamento di somme già di per sè eccedenti il massimale, precisando peraltro che gli importi indicati non dovevano ritenersi limitativi della facoltà del Giudice di accordare somme "maggiori o minori", e domandando altresì la condanna dell'impresa designata al pagamento di "interessi e rivalutazione".
Sussisteva, dunque, una domanda di condanna al pagamento di somme eccedenti il massimale: sicchè la Corte d'appello, accogliendola, ha implicitamente ritenuto sussistente una mala gestio della Generali s.p.a.. Tale statuizione, dunque, fu corretta in punto di diritto, e poteva essere censurata in questa sede solo sotto il profilo della adeguatezza e sufficienza della motivazione circa la sussistenza dei presupposti di fatto della mala gestio: censura che tuttavia non è stata proposta dalla Generali.
Infatti le fugaci osservazioni di cui alle pp. 11 e 12 del ricorso incidentale della Generali sono insufficienti a ritenere proposta una tale impugnazione, posto che in esse non si indica quale sarebbe il vizio motivazionale della sentenza impugnata, ma ci si limita a riferire il contenuto del rapporto della polizia stradale, ed a sostenere - inammissibilmente, in questa sede - che esso sarebbe stato sufficiente per affermare un concorso di colpa della vittima.

4. Le spese.
Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE visto l'art. 380 c.p.c.:
(-) accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione;
(-) rigetta il ricorso incidentale;
(-) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2016


 

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