Svolgimento del processo

Con ricorso in appello notificato il 29 giugno 2020 e depositato il 24 luglio successivo A. R. ha impugnato la sentenza della CTP di Roma n.13984 depositata il 25 ottobre 2019 che ha accolto solo in parte il suo ricorso avverso avviso di accertamento per IRPEF 2012, per euro 323.541, oltre addizionali, sanzioni ed interessi, conseguente all'accertamento nei confronti della società partecipata XXXXXXX s.r.l. in liquidazione.

Il Giudice di primo grado, premesso che nei confronti della società era stato accertato un maggior imponibile di euro 1.158.306 e che la quota della contribuente era del 66,33 %, ha statuito la conformità all'orientamento giurisprudenziale della Cassazione la presunzione di distribuzione degli utili ai soci, considerata la ristretta base societaria ; ha però accolto il motivo di ricorso, peraltro già accolto dall'ufficio in sede di accertamento con adesione, relativo alla percentuale da applicare nella fattispecie, ai sensi dell'art. 47 TUIR, nella misura del 49,72% (e non del 90%), riducendo il reddito imponibile dagli originari euro 768.305 ad euro 382.201, con compensazione delle spese di lite.

Appella la contribuente evidenziando come l'eventuale utile dei soci deve essere previamente depurato delle imposte gravanti sulla società in base al maggior reddito accertato; ribadisce poi che la presunzione di distribuzione degli utili non ha tenuto conto che la contribuente ha acquisito la partecipazione societaria solo il 26.11.2012 e che non ha potuto partecipare alla gestione della società anche in relazione alla diversità tra sede a residenza; rileva poi un errore della sentenza nell'individuazione della società partecipata che non appare meramente materiale, perché la società richiamata in sentenza è una società in accomandita semplice mentre quella della contribuente è un società di capitali a responsabilità limitata.

Costituitasi l'Agenzia ha sostenuto la correttezza della sentenza, ribadendo che anche in base alla più recente giurisprudenza della Cassazione, in presenza di società di capitali a ristretta base sociale, in caso di accertamento di utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione prò quota ai soci, salva prova contraria, che qui non è stata fornita, che gli utili siano stati reinvestiti o accantonati; ha eccepito l'inammissibilità del primo motivo d'appello, relativo alla necessità di previo scomputo delle imposte gravanti sulla società, in quanto motivo nuovo; ne ha comunque contestato la fondatezza, sia perché la società nulla ha pagato in relazione al maggior accertamento, sia perché trattandosi di ricavi extracontabili, non sussiste più alcun vincolo di bilancio tra società e socio. Con memoria depositata in data 14 gennaio 2021 parte appellante ha ribadito e meglio esplicitato le proprie difese.

Quindi la causa è stata trattenuta in decisione nella camera di consiglio del 26 gennaio 2021, ai sensi dell'art. 27 del d.l. n. 137/2020 convertito in legge n. 176/2020

Motivazione

Con l'appello in epigrafe viene impugnata la decisione di primo grado, nella parte in cui è stato respinto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF 2012, per euro 323.541, oltre addizionali, sanzioni ed interessi, conseguente all'accertamento nei confronti della società partecipata XXXXX s.r.l. in liquidazione. Risulta infatti accolta dalla CTP solo la domanda relativa alla percentuale da applicare nella fattispecie, ai sensi dell'art. 47 TUIR, nella misura del 49,72% e non del 90%.

Con il primo motivo si eccepisce come l'eventuale utile dei soci debba essere previamente depurato delle imposte gravanti sulla società in base al maggior reddito accertato.

Tale censura è "nuova" rispetto al ricorso di primo grado e quindi per ciò stesso inammissibile ai sensi dell'art. 57 del D.Lgs n. 546/92. Peraltro essa è anche infondata, secondo l'orientamento della Corte di Cassazione sez. trib. 11.11.2003 n. 16885, che ha avuto modo di precisare come "la quota attribuita al socio non può essere considerata al netto delle imposte che la società è tenuta a pagare in quanto, trattandosi di ricavi extracontabili, nessun pagamento d'imposta è ipotizzabile in tal caso. Né occorre che l'accertamento degli utili extracontabili in capo alla società sia definitivo, stante l'indipendenza del giudizio relativo all'accertamento del reddito del socio". Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi da tale orientamento, talché il primo motivo non può essere accolto.

Con il secondo motivo si contesta nel merito che la contribuente abbia percepito gli utili da distribuzione di quelli accertati in capo alla società.

Nemmeno tale motivo appare fondato.

In primo luogo si richiama la consolidata giurisprudenza (cfr. da ultimo Cass n. 8355/2020) in base alla quale in presenza di società a ristretta base sociale, come nella fattispecie, in caso di accertamento di utili non contabilizzati opera la presunzione di distribuzione pro quota ai soci, salva la prova contraria che gli utili siano stati accantonati o reinvestiti. Nel caso in esame non è stata fornita alcuna prova che potesse superare la presunzione juris tantum; né la circostanza che la contribuente sia entrata in società poco prima rileva, in quanto comunque, come socia, aveva diritto alla distribuzione degli utili.

Infine nell'appello si evidenzia un errore, nel riferimento ad altra società fatto nella sentenza impugnata, che tuttavia appare meramente materiale e non può inficiare il giudizio di quel Collegio, che non ha avuto riguardo alla natura della società presa in considerazione.

La condanna al pagamento delle spese di giudizio segue la soccombenza; esse sono liquidate nella misura indicata in dispositivo

PQM

La Commissione tributaria regionale del Lazio, sede di Roma, sezione quarta, respinge l'appello del contribuente, che condanna al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessive euro 4.000 (quattromila).


 

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