REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI CATANIA
DODICESIMA SEZIONE
Riunita con l'intervento dei Signori:
Dott. Mario Muscarà - Presidente relatore
Dott. Vincenzo Pallonetto - Giudice
Dott. Antonio Palomba - Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 9892/13 R.G.R. introdotto da F.&M. srl, c.f. (...) con sede in A. fraz. pozzillo Via Provinciale per R. n. 3/A, nella persona dell'amministratore unico e legale rappresentante sig. R.G., nato ad A. il (...), difesa dall'avv. Franco Randazzo con studio in Catania Via Montello n. 3.
Contro
L'AGENZIA DELLE ENTRATE -Direzione provinciale Ufficio Legale di Catania
Avverso
L'atto di diniego di disapplicazione della disciplina delle società non operative art. 30 L. n. 724 del 1994 per l'anno 2007, notificato in data 11 ottobre 2013.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 24 dicembre 2013, la società F.& M. srl, difesa dall'avv. Franco Randazzo, ha impugnato in data 9 dicembre 2013 l'atto di diniego di disapplicazione della disciplina delle società non operative art. 30 L. n. 724 del 1994 per l'anno 2007, notificato in data 11 ottobre 2013 dall'Agenzia delle Entrate di Catania chiedendo l'annullamento per illegittimità e infondatezza. La società F. & M. srl ha ricevuto l'atto di diniego di disapplicazione della disciplina delle società non operative art. 30 L. n. 724 del1994 in risposta all'istanza presentata dalla ricorrente in data 9 ottobre 2013 con la quale il legale rappresentante sig. G.R. ha chiesto che fosse disapplicata la disciplina antielusiva prevista per le società di comodo dal 2007 al 2012.

In seguito ad atti intimidatori, minatori ed estorsivi di natura mafiosa, il signor R. e le società da lui amministrate, hanno chiesto ed ottenuto dalle autorità competenti per territorio, parere favorevole all'accesso al Fondo di solidarietà per le vittime di estorsione e dell'usura con accesso al beneficio della sospensione e proroga dei termini per gli adempimenti fiscali previsto dall'art. 20, comma 2, della L. n. 44 del 1999.

L'Agenzia delle Entrate, con atto oggetto di contestazione, ha comunicato alla società ricorrente il diniego di disapplicazione della disciplina antielusiva di cui all'art. 30 della L. n. 724 del 1994, contestando, in riferimento ai soli periodi d'imposta dal 2007 al 2011, la carenza del requisito della preventività dell'istanza e la carente indicazione delle oggettive circostanze che avrebbero impedito la regolare operatività delle imprese.

La parte ricorrente ha eccepito:
- l'illegittimità del diniego impugnato facendo osservare di aver rispettato i requisiti sulla tempestività e preventività nella presentazione dell'istanza; - di aver ottenuto il beneficio della sospensione e proroga dei termini per gli adempimenti fiscali in quanto vittima di eventi estorsivi e di usura previsto dall'art. 20, comma 2, della L. n. 44 del 1999; - di aver adeguatamente indicato le motivazioni che hanno impedito il normale svolgimento dell'attività stante l'esibizione abbondante della documentazione a testimonianza della condizione in cui versava la società e lo stato di salute del legale rappresentante e dei benefici concessi. Ha chiesto pertanto, di annullare il diniego impugnato e dichiarare il diritto di beneficiare delle provvidenze della L. n. 44 del 1999 e segnatamente dell'art. 20, con conseguente diritto alla sospensione degli adempimenti fiscali ricadenti negli anni in cui sono intervenute le vicende intimidatorie ed estorsive e per tutto il periodo previsto dalla richiamata disposizione

La parte ha allegato in copia al ricorso:

1. la ricevuta di spedizione del ricorso all'Agenzia delle Entrate di Catania con raccomandata postale n. 14948161847-3 del 9 dicembre 2013;
2. l'istanza di disapplicazione n. 920-580/2013- del 9 ottobre 2013;
3. l'interpello disapplicativo del 24 luglio 2013;
4. n. 7 documenti di attestazione e certificazione provenienti dall'Autorità giudiziaria;
5. la sentenza n. 17010 del 5 ottobre 2012 cassazione civile sez. V;
6. la Circolare della Direzione Regionale della Sicilia del 26 ottobre 2007 prot. n. (...);
7. n. 4 documenti di certificazione medica.

L'Agenzia delle Entrate di Catania si è costituita in giudizio in data 27 gennaio 2014 ed ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso in violazione dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 in quanto proposto contro un atto non autonomamente impugnabile.
Ha chiesto, altresì, il rigetto del ricorso e la conferma dell'atto impugnato con condanna della controparte al pagamento delle spese di giudizio. Con le memorie illustrative depositate in data 9 maggio 2016 la società ricorrente ha insistito sull'accoglimento del ricorso sottolineando l'importanza di ottenere dalla Commissione tributaria adita il riconoscimento del diritto alla disapplicazione delle norme sulla società non operative, dipendendo dal riconoscimento di questo particolare status l'esito dei giudizi pendenti avverso gli avvisi di accertamento che hanno interessato i periodi d'imposta oggetto della domanda di disapplicazione. A

ll'udienza del 20 maggio 2016 è presente la dott.ssa S.M.C. per l'Agenzia delle Entrate che ha insistito sulla inammissibilità del ricorso perché il parere a suo dire non è impugnabile in quanto il ricorso può essere proposto solo sull'accertamento per cui ha insistito sulla disapplicazione.

La Commissione, dopo riserva, esaminati gli atti e sentito il relatore, ha emesso la sentenza

Motivazione

Il ricorso contro il diniego di disapplicazione ex art. 37 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 sulle disposizioni antielusive, ritenuto ammissibile, va accolto perché si tratta di un atto di tipo impositivo e non di un atto parere interpretativo che non riconosce lo status del soggetto contribuente.

Il diniego è un atto lesivo di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante nell'ambito tributario, per cui, ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, è impugnabile avanti le Commissioni Tributarie e il giudice, previa verifica degli atti e dello status del soggetto, è chiamato a decidere sul petitum. Tale convincimento è stato ripetutamente affermato dalla S.C. di Cassazione nell'ambito di orientamenti con particolare riferimento alla natura dell'impugnazione.

La Suprema Corte che ha affermato l'impugnabilità "facoltativa" del diniego di interpello disapplicativo in virtù delle seguenti ragioni:

a) l'istanza per ottenere la disapplicazione è obbligatoria, e deve contenere una compiuta descrizione della fattispecie concreta; è altresì necessario che la stessa sia idoneamente documentata (cfr. in tal senso Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-10-2012, n. 17010); per l'affermazione dell'obbligatorietà dell'istanza e della correlata impugnabilità del diniego, sia pure nell'ambito di orientamento non completamente coincidente, si veda anche Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord, 20-11-2012, n, 20394).

b) "...le "determinazioni" del direttore regionale delle entrate sono comunicate mediante servizio postale, in plico raccomandato con avviso di ricevimento, con "provvedimento"
"da ritenersi definitivo" (D.M. n. 259 del 1998, art 1, in specie commi 4 e 6)" (così testualmente Cass. n. 17010/2012, citata).

c) La Cassazione con sentenza n. 17010/2012 afferma "In sostanza, la risposta all'interpello, positiva o negativa, costituisce il primo atto con il quale l'amministrazione, a seguito di una fase istruttoria e di una valutazione tecnica, e con particolari garanzie procedimentali, porta a conoscenza del contribuente, in via preventiva, il proprio convincimento in ordine ad una specifica richiesta, relativa ad un determinato rapporto tributario, con l'immediato effetto di incidere, comunque, sulla condotta del soggetto istante in ordine alla dichiarazione dei redditi in relazione alla quale l'istanza è stata inoltrata"

Pertanto non può negarsi che il contribuente, destinatario della risposta, abbia l'interesse, ex art 100 c.p.c., ad invocare il controllo giurisdizionale sulla legittimità dell'atto in esame"(Cass. n. 17010/2012). - al contempo va affermata la natura "facoltativa" di tale impugnativa, laddove l'atto in questione non è assimilabile ad alcuno degli atti ricompresi nell'elenco di cui all'art. 19, né è vincolante per il contribuente che non intenda adeguarsi alle prescrizioni ivi contenute (in tal senso si veda ancora Cass. n. 17010/2012, la quale richiama, in termini generali, l'orientamento di Cass. n. 21045 del 2007; Cass. Sez. un., n. 10672 del 2009, nonché Cass. nn. 27385 del 2008; 4513 del 2009; 285 e 14373 del 2010; 8033,10987 e 16100 del 2011).

Fermo quanto rilevato, l'atto in questione, assimilabile ad un diniego di agevolazione, è suscettibile di produrre effetti definitivi e di conseguenza è impugnabile ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. h), del D.Lgs. n. 546 del 1992. Nel merito, il ricorso, nell’ambito tributario, va accolto per lo status della società in quanto ha il diritto di beneficiare delle provvidenze della L. n. 44 del 1999 e segnatamente dell'art. 20, con conseguente diritto alla sospensione degli adempimenti fiscali ricadenti negli anni in cui sono intervenute le vicende intimidatorie ed estorsive e per tutto il periodo previsto dalla richiamata disposizione. Per la complessa normativa, le spese di giudizio vanno compensate.

PQM

La Commissione accoglie il ricorso nell’ambito tributario e riconosce alla società il diritto di beneficiare delle disposizioni della L. n. 44 del 1999. Compensa le spese di giudizio tra le parti. Così deciso in camera di consiglio in Catania il 20 maggio 2016.


 

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