Comunione e Condominio - distacco dall'impianto di riscaldamento condominiale centralizzato - i principi della giurisprudenza
Pubblicato il: 3 Maggio 2010 - 13:26
Sezione: Civile
Annosa questione che ormai da svariati anni occupa le assemblee condominiali è quella inerente il diritto per il singolo condomino di effettuare il distacco dall’impianto di riscaldamento condominiale centralizzato, concorrendo al solo pagamento delle spese di manutenzione, con totale esclusione delle spese relative all’uso di detto impianto.
Riportiamo di seguito due recenti decisioni rispettivamente di legittimità e di merito, in grado di fornire precisi chiarimenti sul punto, con l’indicazione dei principi guida ormai consolidati in giurisprudenza
Richiamiamo, sul punto, formula di diffida al condominio per il distacco dall'impianto di riscaldamento condominiale centralizzato
Cassazione Civile – Sez. seconda, Sent. n. 23481 del 05.11.2009
Secondo la più recente giurisprudenza della Suprema Corte condivisa dal Collegio, la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima quando l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano nè aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, nè squilibri termici pregiudizievoli per la erogazione del servizio (Cass. 1509/2006; 5974/2004; 6923/2001; 1775/1998; 1597/1995). La giurisprudenza, dunque, ritiene legittima la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale ed il distacco dall'impianto centralizzato , senza necessità di autorizzazione o di accettazione da parte degli altri partecipanti, ove l'interessato dimostri che dalla rinunzia e dal susseguente distacco non derivi un aggravio di spese per i condomini che continuano ad usufruirne, nè uno squilibrio termico pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio, con il conseguente esonero dal pagamento delle spese per l'uso, ma non certo di quelle per la conservazione.
Tribunale di Roma, Sent. del 29.01.2010
Deve ribadirsi, infatti, che la rinuncia unilaterale del singolo condomino al riscaldamento condominiale mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima e rientra nelle ordinarie prerogative del partecipante alla comunione condominiale laddove essa non comporti né aggravio di spese per coloro che continuano a fruirne, né squilibri termici per l'erogazione del servizio e sempre che un eventuale regolamento di natura contrattuale non inibisca l'esercizio di detta facoltà; eventuale deliberazione assembleare che, non sussistendo le indicate condizioni ostative, manifesti diniego all'esercizio di tale facoltà dominicale deve ritenersi nulla (v. Cass. 30/03/2006 n. 7518; Cass. 21/05/2001 n. 6923). Graverà, comunque, sul condomino distaccatosi l'onere partecipativo alle sole spese per la conservazione dell'impianto, ai sensi dell'art. 1118 c.c. e con esclusione di dovere contributivo alcuno per gli esborsi afferenti l'utilizzo del servizio comune (v. Cass. 25/02/2004 n. 5974).
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Cassazione Civile – Sez. seconda, Sent. n. 23481 del 05.11.2009
Svolgimento del processo
A.P. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Giudice di Pace di Milano gli aveva ingiunto di pagare a favore del Condominio di (OMISSIS) la somma di L. 4.180.733, pari ad Euro 2.159,17 a titolo di oneri condominiali.
L'opposto chiedeva il rigetto della domanda.
Con sentenza del 21 maggio 2002 il Giudice di Pace dichiarava che le somme di cui al decreto erano maggiori di quelle dovute; revocava il decreto, condannando l'opponente al pagamento della somma capitale di Euro 1.737,77 con gli interessi legali dalla data di notifica del decreto ingiuntivo al saldo.
Con sentenza depositata il 19 settembre 2003 Tribunale rigettava l'impugnazione proposta dall'opponente.
Secondo il giudice di appello erano da ritenersi illegittimi il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato e la autoriduzione dei relativi contributi operati dall'opponente, il quale era stato conseguentemente condannato al pagamento degli oneri dovuti e non versati: poichè il regolamento condominiale prevedeva espressamente l'obbligo dei condomini di partecipare alle spese di riscaldamento secondo un'allegata tabella millesimale, doveva desumersi sia un implicito divieto di distacco sia che il comportamento dell'appellante violava tale disposizione regolamentare e determinava di fatto un mutamento delle richiamate tabelle millesimali; inoltre, nel condominio "de quo" il servizio di riscaldamento era conferito in appalto ad un'impresa esterna con compenso forfettario, talchè l'avvenuto distacco dell'appellante avrebbe comportato solo un aggravio di spesa senza alcun risparmio per gli altri condomini.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione A. P. sulla base di un unico motivo illustrato da memoria.
Resiste con controricorso il Condominio di (OMISSIS).
Motivi della decisione
Con l'unico motivo il ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., n. 5), censura la decisione gravata laddove aveva ritenuto l'esistenza nel regolamento condominiale di un divieto al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato , posto che l'art. 18 prevede che le spese inerenti il servizio di riscaldamento sono a carico di tutti i condomini e che sono ripartite in base all'apposita tabella millesimale. La rinuncia da parte del ricorrente doveva ritenersi legittima, a stregua della più recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui il condomino può operare il distacco dall'impianto centralizzato , ove dimostri che non derivino nè aggravi di spesa nè squilibri tecnici per l'erogazione del servizio. Apodittica, poi, si era rivelata l'affermazione, secondo cui vi sarebbe stato un aggravio per il condominio in considerazione del fatto che la gestione del servizio era affidata a un'impresa esterna con compenso forfettario. Erroneamente non era stata accolta l'istanza di esibizione della lettera di comunicazione dell'Amministratore al gestore con richiesta di effettuare nuovi conteggi dell'importo da porre a carico degli altri condomini nè era stata ammessa la consulenza tecnica d'ufficio nonostante il consenso al riguardo manifestato dalla controparte.
Il motivo è infondato.
Occorre premettere che la sentenza impugnata, nel confermare quella di primo grado, ha ritenuto dovuti i contributi relativi al servizio di riscaldamento che il ricorrente aveva omesso di pagare, essendosi distaccato dall'impianto centralizzato .
Al riguardo, è appena il caso i accennare che, secondo la più recente giurisprudenza della Suprema Corte condivisa dal Collegio, la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima quando l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano nè aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, nè squilibri termici pregiudizievoli per la erogazione del servizio (Cass. 1509/2006; 5974/2004; 6923/2001; 1775/1998; 1597/1995).
La giurisprudenza, dunque, ritiene legittima la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale ed il distacco dall'impianto centralizzato , senza necessità di autorizzazione o di accettazione da parte degli altri partecipanti, ove l'interessato dimostri che dalla rinunzia e dal susseguente distacco non derivi un aggravio di spese per i condomini che continuano ad usufruirne, nè uno squilibrio termico pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio, con il conseguente esonero dal pagamento delle spese per l'uso, ma non certo di quelle per la conservazione.
Orbene, nella specie il Giudice ha ritenuto dovuti i contributi sulla base di una duplice motivazione:
a) ha considerato illegittimo il distacco dall'impianto centralizzato operato dal ricorrente, desumendo dall'interpretazione dell'art. 18 del regolamento condominiale la previsione implicita del divieto di rinuncia;
b) ha, altresì, accertato che vi sarebbe stato un aggravio di spesa per gli altri condomini in considerazione del fatto che il servizio di riscaldamento era affidato in gestione a un'impresa esterna con compenso forfettario.
La sentenza si basa, dunque, su una duplice ratio decidendi: la motivazione sub b) è di per sè idonea a sorreggere la decisione impugnata, rendendo inutile l'esame delle censure sollevate in ordine alla motivazione sopra indicata sub a): infatti, quando con il ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l'accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, "in toto" o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l'una o l'altra sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato(Cass. 16602/2005).
Ciò premesso, la motivazione sub b) è corretta e congrua e non è affatto apodittica, come sostenuto dal ricorrente, atteso che - a stregua degli accertamenti compiuti dal giudice di appello - in virtù del contratto di appalto intercorso con l'impresa incaricata del servizio di riscaldamento il Condominio era tenuto ad osservare le condizioni contrattualmente stabilite che prevedevano la pattuizione di un determinato compenso forfettario quale corrispettivo del servizio: pertanto, almeno per il periodo in cui il ricorrente non aveva corrisposto i contributi oggetto dell'opposto decreto, i condomini erano comunque tenuti a versare le somme derivanti dall'esecuzione del contratto di appalto intercorso con l'impresa per il servizio già reso secondo le condizioni pattuite.
Il che evidentemente portava ad escludere che dalla rinunzia del servizio e dal susseguente distacco non fosse derivato un aggravio di spese per i condomini che continuavano ad usufruirne:
indipendentemente dal rilievo che le affermazioni al riguardo formulate dal ricorrente non sono state in alcun modo comprovate, l'obbligazione assunta dai condomini con il contratto di appalto in relazione al servizio che era stato già effettuato dall'impresa rendeva del tutto ininfluente, al fine di decidere la controversia, l'accertamento oggetto delle consulenza tecnica richiesta "per accertare se si fossero verificati o meno aggravi di spese o squilibri termici per i condomini che avevano continuato a fruire dell'impianto centralizzato"; le osservazioni che precedono evidenziano che nella specie non potrebbe invocarsi, a sostegno dell'istanza di ammissione della consulenza tecnica d'ufficio, il principio secondo cui la stessa, quando abbia funzione non soltanto di valutazione ma anche di indispensabile accertamento di situazioni rilevabili esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche, ha natura di fonte oggettiva di prova e va ammessa indipendentemente dal mancato assolvimento da parte dell'istante dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 cod. civ. (cfr. Cass. 321/1999).
Analoghe considerazioni vanno formulate a proposito del mancato accoglimento dell' istanza di esibizione formulata dal ricorrente.
Il ricorso va rigettato.
In considerazione della peculiarità della vicenda sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2009
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Tribunale di Roma, Sent. del 29.01.2010
Il giudizio è stato instaurato da Ni.Gi. nei confronti del Condominio di Via (omissis) Roma, per l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "1) in via principale, dichiarare nulla la delibera assembleare del 23/5/2006 nonché quelle del 19/10/2001, 28/10/2003 e 27/10/2005 per eccesso di potere da parte dell'assemblea condominiale in violazione dell'art. 1135 n. 2 c.c. 2) sempre in via principale accertata la illegittimità della delibera adottata dall'Assemblea tenuta dal Condominio resistente in data 23/5/2006 in quanto erroneamente addebita spese di gestione a carico del ricorrente senza alcun accertamento tecnico volto a stabilire la esatta percentuale delle spese stesse, con ogni effetto di legge, pronunci sentenza di annullamento di tale delibera; in via istruttoria, previo espletamento di CTU, se il ricorrente è obbligato a versare una percentuale in relazione ai consumi di gasolio del condominio e, in caso positivo, stabilire la giusta misura".
L'attore, dopo aver premesso che fin dall'epoca dell'acquisto in data 18/3/92 dell'appartamento sito in Roma, Via (omissis), scala A, int. 15, in occasione dei lavori di ristrutturazione dello stesso, aveva realizzato un impianto di riscaldamento autonomo, provvedendo a distaccarsi dall'impianto centralizzato condominiale previa autorizzazione, in quanto gli era stato comunicato che nel Condominio era in fase di approvazione la trasformazione dell'impianto da centralizzato in autonomo; ha riferito di aver corrisposto al Condominio , sino alla stagione 2000/01, tutte le spese relative al consumo del gasolio oltre a quelle per la conservazione dell'impianto di proprietà comune; di aver formulato, in occasione dell'assemblea del 19/10/01, richiesta di riduzione delle spese addebitategli e di aver ottenuto la riduzione del contributo per il consumo del gasolio nella misura del 50%; che nel corso dell'assemblea del 28/10/03 i condomini, ritenuta l'eccessività delle spese e degli oneri necessari alla trasformazione dell'impianto di riscaldamento , confermavano la volontà di continuare a mantenere l'impianto centralizzato , così confermando l'imposizione di spese per consumo a carico del ricorrente nella misura del 50%; di aver richiesto al Condominio l'abbattimento di detta percentuale in quanto ritenuta eccessiva e la limitazione del contributo alle sole spese riguardanti la conservazione e la manutenzione dell'impianto comune, allegando altresì una perizia; che il Condominio , con delibera del 23/5/06, confermava di addebitare ad esso attore il pagamento delle spese per il consumo in ragione del 50% della quota dovuta.
Il Condominio di Via (omissis), Roma, ha eccepito che l'assemblea tenuta in data 19/10/2001 aveva approvato a maggioranza la trasformazione dell'impianto di riscaldamento da centralizzato ad impianto autonomo, senza però avere a disposizione, né il progetto relativo alla fattibilità della trasformazione, né all'economicità - risparmio derivante dalla trasformazione, si da ammortizzare le spese di installazione dei singoli impianti autonomi; che successivamente il Condominio , in occasione dell'assemblea del 28/10/03, rilevata l'eccessività delle spese e degli oneri occorrenti alla trasformazione dell'impianto di riscaldamento da centralizzato ad autonomo, decideva di mantenere l'impianto già esistente, rinunciando conseguentemente a qualsiasi modifica sullo stesso e di far pagare al Ni. solo il 50% delle spese relative al riscaldamento ; che anche nella riunione del 27/10/2005 l'assemblea, al fine di venire incontro al Ni., decideva di abbattere al 50% le spese totali dovute per il consumo di combustibile.
L'attore afferma la nullità della delibera assembleare del 23/5/2006 così come quelle precedenti adottate nelle date del 19/10/2001, 28/10/2003 e 27/10/2005 per eccesso di potere ex art. 1135 n. 2 c.c., in quanto del tutto illegittimamente quantificano la percentuale a carico dello stesso attore nella misura del 50% delle spese per l'uso e per i consumi dell'impianto di riscaldamento del quale egli non fruisce. Afferma, in particolare, il Ni. che la quantificazione della quota delle spese a carico del ricorrente è stata determinata esorbitando dai poteri ad essa assemblea attribuiti dall'art. 1135 n. 2 c.c.
Il motivo di nullità delle predette delibere prospettato dall'attore non è fondato, in quanto, a differenza delle deliberazioni con le quali sono stabiliti i criteri di ripartizione, ovvero sono modificati i criteri fissati in precedenza, le deliberazioni con le quali, nell'esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall'art. 1135 c.c., vengono in concreto ripartite le spese, pur se fossero state adottate in violazione dei criteri legali o convenzionali prescritti, devono considerarsi annullabili e non mille, e la relativa impugnazione deve essere proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c.
Infatti, la deliberazione che suddivide fra i partecipanti la spesa rappresenta esercizio di un'attribuzione espressamente riconosciuta all'assemblea dalla legge (art. 1135 c.c.), e l'errata applicazione dei criteri di ripartizione delle spese, la quale è destinata a produrre la propria efficacia esclusivamente nel singolo periodo a cui la spesa è riferibile, costituisce uno dei casi di contrarietà alla legge o al regolamento, a cui si applica la disciplina prevista dall'art. 1137 c.c.
L'impugnazione è, quindi, infondata per la parte che riguarda la deduzione di nullità della delibera del 23/05/2006 e di quelle precedenti.
Rilevata la perdurante validità delle delibere assembleari del 25/10/2004, del 27/10/2005 e del 25/10/2006, con cui rispettivamente sono stati approvati i consuntivi delle spese di riscaldamento 2003/04, 2004/05 e 2005/06, deve essere accolta la domanda riconvenzionale proposta dal Condominio per il pagamento della somma di Euro 1.100,06, di cui Euro 326,34 derivanti dal consuntivo 2003/04, Euro 393,77 derivanti dal consuntivo 2004/05, Euro 379,95 derivanti dal consuntivo 2005/06.
Ciò posto, è opportuno ricordare che la giurisprudenza di legittimità, con un indirizzo ormai consolidato, consente la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato , purché l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivino né aggravi di spese per gli altri condomini che continuano a fruire dell'impianto - dovendosi assumere il relativo onere in caso contrario - ovvero non derivino squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio (v. sent. citate dall'appellante in via incidentale nella comparsa conclusionale).
E' inutile ripercorrere l'iter logico e motivazionale che ha portato all'affermazione di quel principio, che non è in contestazione e di cui anche il condominio non pone in dubbio la fondatezza.
La questione posta dal convenuto nella presente controversia riguarda la legittimità, o meno, di una rinuncia, in presenza di un divieto contenuto nel regolamento contrattuale, il quale, come atto convenzionale tra privati, può evidentemente derogare, nell'ambito dell'autonomia privata pacificamente riconosciuta, alle disposizioni legali non inderogabili e limitare le facoltà e i diritti che sono desumibili dalla disciplina legale (Cass. 21 maggio 2001, n. 6923).
Il Condominio eccepisce, infatti, il divieto assoluto di distacco dei condomini dall'impianto di riscaldamento centralizzato , che sarebbe posto dal regolamento condominiale contrattuale, laddove nell'art. 13 stabilisce che "ai fini delle spese il servizio di riscaldamento è obbligatorio".
La tesi del convenuto è infondata, in quanto tale disposizione si limita a ribadire il principio affermato dall'art. 1118, comma 2 cod. civ.; norma di natura pacificamente inderogabile e considerata dalla citata giurisprudenza non ostativa all'affermazione di un principio generale di legittimità del distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento .
Deve ribadirsi, infatti, che la rinuncia unilaterale del singolo condomino al riscaldamento condominiale mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima e rientra nelle ordinarie prerogative del partecipante alla comunione condominiale laddove essa non comporti né aggravio di spese per coloro che continuano a fruirne, né squilibri termici per l'erogazione del servizio e sempre che un eventuale regolamento di natura contrattuale non inibisca l'esercizio di detta facoltà; eventuale deliberazione assembleare che, non sussistendo le indicate condizioni ostative, manifesti diniego all'esercizio di tale facoltà dominicale deve ritenersi nulla (v. Cass. 30/03/2006 n. 7518; Cass. 21/05/2001 n. 6923). Graverà, comunque, sul condomino distaccatosi l'onere partecipativo alle sole spese per la conservazione dell'impianto, ai sensi dell'art. 1118 c.c. e con esclusione di dovere contributivo alcuno per gli esborsi afferenti l'utilizzo del servizio comune (v. Cass. 25/02/2004 n. 5974).
La quaestio oggetto del contrasto tra le parti concerne altresì la misura della quota partecipativa che il condomino ricorrente deve corrispondere quale contributo a proprio carico per la conservazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento di cui, a seguito di suo distacco , non più usufruisce, quota che l'impugnata deliberazione ha indicato nella misura del 50% della quota dovuta dal condomino.
Va osservato che l'indicazione di tale dato numerico, in base a quanto rilevabile dalla lettura della delibera, non trova, a proprio supporto, alcun riferimento a dati d'ordine tecnico, ma si risolve in un apprezzamento privo di giustificazione alcuna, laddove sarebbe invece stato necessario, accertare o, comunque, indicare, eventualmente all'esito anche di verifica tecnica o, comunque documentando contabilmente la patrocinata decisione, in relazione alla quota complessivamente considerata, quale parte percentuale di essa afferiva all'utilizzo dell'impianto comune e quale, di contro, atteneva alla sua conservazione.
Tale accertamento preliminare è totalmente mancato, con la conseguenza che l'indicazione del valore del 50% non può ritenersi osservante del principio della partecipazione proporzionale di ciascun condomino alle spese effettivamente necessarie per la conservazione della res comune condominiale sancito dagli artt. 1104, 1118 e 1123 c.c.
Si osserva, inoltre, che il CTU ing. La., all'esito di accurate indagini, ha accertato che il distacco dei caloriferi dell'appartamento di proprietà del Ni. non crea nessuno squilibrio termico nel funzionamento dell'impianto centrale, in quanto l'impianto è del tipo a colonne montanti separate e, pertanto, presenta il vantaggio di avere un basso numero di corpi scaldanti collegati in serie nella stessa colonna; per questo, l'eliminazione di alcuni radiatori non induce perdite di carico nella rete di distribuzione. II CTU ha chiarito che tale affermazione è rafforzata dalla localizzazione dell'impianto in questione, che è posto al penultimo piano ed alcuni suoi radiatori sono al termine delle colonne montanti.
Il CTU ha altresì rilevato che il distacco dell'appartamento in questione produce uria effettiva proporzionale riduzione dei consumi del combustibile utilizzato dalla centrale termica e che può essere considerato nullo il calore disperso dalle colonne montanti nell'appartamento, poiché esse risultano tutte interne alle murature, fattore che riduce ad una percentuale bassissima la quantità di calore scambiato con l'appartamento, e alcune si interrompono al livello dei radiatori dell'appartamento.
Inoltre il CTU ha accertato che, calcolando in base alla norma UNI 7357 la quantità di calore che passa dagli appartamenti limitrofi a quello degli attori, anche il flusso di calore attraverso le pareti ed i solai può essere stimato praticamente nullo.
Pertanto, avendo l'attore provato che dal distacco del suo appartamento dall'impianto di riscaldamento centrale non derivano né un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato né uno squilibrio termico dell'intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio, si deve concludere che lo stesso è obbligato a pagare soltanto le spese di conservazione dell'impianto di riscaldamento centrale, mentre è esonerato dall'obbligo del pagamento delle spese per il suo uso.
Ne consegue l'annullamento della delibera del 23/05/2006 nella parte in cui pone a carico dell'attore le spese di gestione dell'impianto di riscaldamento nella misura del 50%.
L'accertamento di cui sopra può valere ex nunc, mentre per le gestioni pregresse è stata accolta la domanda riconvenzionale del Condominio a causa della mancata impugnazione delle delibere del 25/10/2004 e del 25/10/2006 e del rigetto dell'impugnazione di quella del 27/10/2005.
Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese processuali, comprese quelle di c.t.u., tenuto conto della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
In parziale accoglimento della domanda, annulla la delibera del Condominio di via (omissis) - Roma, adottata nella seduta del 23/05/2006, nella parte in cui pone a carico di Ni.Gi. le spese per l'uso dell'impianto di riscaldamento centralizzato in ragione del 50% della sua quota.
Condanna Ni.Gi. al pagamento in favore del Condominio di via (omissis) - Roma della somma di Euro 1.100,06, oltre gli interessi legali dalla domanda al saldo.
Dichiara interamente compensate fra le parti le spese di lite e pone in via definitiva le spese di c.t.u. a carico di entrambe le parti in pari misura.
Così deciso in Roma il 25 gennaio 2010.
Depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2010.