L'avvocatura “è una professione di comprensione, di dedizione e di carità”, come scriveva Pietro Calamandrei.
L'avvocato si “consuma” secondo i tempi della giustizia e ripudia la logica perversa che piega il diritto all'emergenza sociale, all'ipocrita violenza del “dagli all'untore”. Il diritto non è un fatto economico, ma è il presidio della giustizia. Il diritto è vita quotidiana. E allora provo a riordinare il filo, per chi vuole conoscere ed intendere.

La prescrizione riposa nell'attenuarsi dell'interesse dello Stato alla punizione dei reati, il cui ricordo, nella società, si è ormai affievolito; lo scriveva il giurista Mantovani, a proposito della ratio dell'istituto della prescrizione. E' appena il caso di precisare che la macchina repressiva dello Stato è finalizzata alla rieducazione ovvero alla risocializzazione del reo, come previsto dalla nostra Costituzione e che quindi, la punizione del reo, con il protrarsi del tempo, può essere non più necessaria.

Cesare Beccaria, nel volume, Dei Delitti e delle Pene, scrive al paragrafo XIX: “ Prontezza della pena. Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile....Il minor tempo dev'essere misurato e dalla necessaria durazione del processo e dall'anzianità di chi prima ha un diritto di essere giudicato." Più esplicitamente: “ Il processo medesimo deve essere finito nel più breve tempo possibile.” Dunque trattasi di questione attinente alla “vicinanza del delitto e della pena” ovvero “quanto è minore la distanza del tempo che passa tra la pena ed il misfatto, tanto è più forte e più durevole nell'animo umano, l'associazione di queste due idee, delitto e pena...” in quanto “una come cagione e l'altra come effetto necessario immancabile”.
Basterebbe ciò per rendere chiari ed espliciti i termini della questione. Ma la completezza è necessaria al sapere e quindi bisogna andare oltre l'incipit. Non sfuggiva all'insigne autore la riflessione “Qual più crudele contrasto tra l'indolenza di un giudice e le angosce del reo?”
Il rischio secondo Beccaria, è che “Quanto più gli uomini si allontanano dalle idee generali e dai principi universali, cioè quanto sono più volgari, tanto più agiscono per le immediate e più vicine associazioni, trascurando le più remote e complicate che non servono agli uomini fortemente appassionati per l'oggetto a cui tendono, poiché la luce dell'attenzione rischiara un solo oggetto, lasciando gli altri oscuri. Servono parimenti alle menti elevate....”.
Quanto trascritto è una straordinaria glossa all'istituto giuridico della prescrizione.

Il Procuratore della Repubblica Vigna scrive nell'introduzione del libro, L'inquisito di Giorgio Saviane, un suo pregevole contributo: “Esiste anche la pena che inizia con il processo”.
Queste premesse sono indispensabili per comprendere correttamente, la prescrizione del reato, secondo il diritto e sottrarsi al vociare di “piazza affari”. Superfluo osservare che la questione annosa non riguarda i reati dichiarati imprescrittibili (es. l'omicidio volontario).

Le sorti della prescrizione e della legislazione penale, nel passato, dipendevano dal clamore dei fatti; oggi, anche dalle scelte di politica economica; tant'è che ci troviamo sempre a fare e a disfare la tela del diritto, con buona pace della certezza del diritto.
Comunque la si pensi, in tema di prescrizione del reato, non v'è possibilità di sottrarsi al principio cardine scritto nella Costituzione, baluardo dei diritti civili, secondo il quale, per ogni processo, quindi anche per quello penale: “La legge ne assicura la ragionevole durata”; c'è scritto nell'articolo 111 secondo comma. Niente e nessuno può eludere questo principio di civiltà giuridica; persino il mercato e i tagli alla spesa pubblica, che tendono, in questo triste e grave momento storico, a monopolizzare ogni aspetto della vita delle persone; i cittadini non sono “schiavi” del profitto e del pareggio di bilancio.

Sommessa opinione, è che la riforma della prescrizione del reato, a cura del governo in carica, come annunciata, è una scelta meramente economica; non volendo/potendo, risolvere il problema dell'efficienza dell'amministrazione della giustizia, a causa dei tagli alla spesa pubblica, si vuole scegliere il maggiore dei mali, cioè quello di arrecare pregiudizio ai cittadini, allungando le aspettative di giustizia. Interrompere i termini della prescrizione del reato alla fase di primo grado del processo penale, in assenza di un organico sufficiente ad amministrare la giustizia, secondo tempi certi e congrui, violerebbe la Costituzione, in quanto non garantirebbe, la ragionevole durata del processo ed impedirebbe la rieducazione del condannato a cui è finalizzato. Pertanto l'illegittimità costituzionale, è ravvisabile nella violazione del combinato disposto dagli articoli 27, 2° comma e 111 2° comma della Costituzione. Qui non si tratta di affari privati, ma di pene pubbliche; che sia lo Stato a farsene carico.

Il tempo trascorso nei corridoi dei tribunali, severi e sordi al sentimento umano, consuma le umane esistenze, in un attesa insopportabile. Qualcuno vorrebbe, così riformando, che l'accertamento dei reati fosse cristallizzato, rebus sic stantibus, e con esso anche la vita degli imputati, e ciò nonostante l'inefficienza dell'amministrazione della giustizia; è assurdo, innaturale; il tempo trascorre, si consuma e non si sospende. Dante Alighieri scriveva: “Intendere non lo può chi non lo prova”.
E allora si vuole recitare l'ennesimo dramma al “teatro” della giustizia. Destinatari, gli imputati, la cui esistenza è tormentata e molto spesso “miserabile” per le conseguenze derivanti dal processo inefficiente. L'obiettivo, la sospensione della prescrizione al primo grado, al fine di evitare tecniche dilatorie degli avvocati (in realtà gli avvocati che chiedono l'applicazione della norma processuale attuano forme di garantismo previste dalla legge).

L'effetto, il risparmio sulla spesa pubblica, con pregiudizio del giusto processo. Il “tempo congelato” nel processo penale, è un aberrazione giuridica e sociale.
Il vero problema della giustizia è il taglio alla spesa pubblica operato secondo il metodo “a prescindere” e che correntemente si usa chiamare lineare. E' noto che l'austerità è incapace di intendere il diritto e ancora di più, la dignità e la felicità dei cittadini. Il fiscal compact comporta ogni anno tagli al welfare e ai diritti dei cittadini. Le conseguenze saranno che la giustizia civile finirà in una camera arbitrale; quella penale invece sarà processata davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e alla Corte di Giustizia Europea.

Questa è l'attualità. Niente sarà più come e meglio di prima.
Per tutto questo e per il buon senso, che valuto come incostituzionale, l'ipotesi di matrice politica-economica, di riformare l'istituto della prescrizione, secondo quanto si “urla ed ostenta” in questi giorni di molti inutili cambiamenti: bloccare la prescrizione, dopo il primo grado, nell'attuale stato della giustizia italiana, è come lasciare la dignità umana, nel purgatorio, in una anticipazione della pena, che è incertezza, sospetto e sospensione dalla realtà.
Lo Stato deve garantire giustizia certa, giusta ( secondo la verità processuale) e nei tempi congrui, a prescindere dalle risorse. Gli imputati hanno diritto alla dignità; e la dignità non è attesa. Se è vero che “riducendo i salari non si esce dalla crisi”, come ha dichiarato il capo del governo in carica, è altrettanto vero, che bloccando i tempi della prescrizione del reato, non si avrà una giustizia efficiente. La soluzione dei problemi della giustizia è l'aumento dell'organico della magistratura e del personale di cancelleria.

Lo ricordi il governo, lo sappia la gente.

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