REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale ordinario di l'aquila
Il Tribunale, in persona dei giudici
Dott. Ciro Riviezzo - Presidente
Dott. Carla Ciofani - Giudice
Dott. Mario Cervellino - Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1495/2013 promossa da:
G.An., con il patrocinio dell'avv. R.A.M., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. A.M.R.
ATTORE/I
contro
M.Ad. con il patrocinio dell'avv. C.M.L., elettivamente domiciliato in C/O AVV. V.V.P. (AQ)
CONVENUTO
PM INTERVENIENTE EX LEGE
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni.

Motivazione

Con atto depositato in data 16/7/2013 G.A. chiedeva dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con M.A. in data 30 settembre 1978.
Esponeva che sussistevano le condizioni per la dichiarazione di divorzio.
Si costituiva A.M., proponendo condizioni diverse e proponendo domanda di assegno divorzile.

La domanda va accolta.
Sussistono i presupposti per dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra le parti, essendosi constatata l'impossibilità di una riconciliazione, ed essendo trascorso un triennio dalla separazione, omologata con decreto del 29.9.2009.
L'unico motivo di contrasto tra le parti riguarda l'assegno divorzile. Sostiene An. che la Ad. avrebbe costituito una nuova famiglia di fatto con il suo nuovo convivente, per cui non avrebbe diritto all'assegno divorzile.
La deduzione è infondata in fatto.
E' infatti certamente vero che la Ad. ha una stabile relazione con altra persona, ma non risulta affatto che con essa conviva e abbia costituito una stabile famiglia di fatto. La stessa Ad. ha ammesso la relazione, ha confermato che per alcuni mesi ha anche vissuto provvisoriamente presso il compagno, ma che attualmente vive con la madre, mentre il suo compagno vive altrove. I testi sentiti hanno sostanzialmente confermato tali circostanze. La sola figlia An.S. ha parlato di una stabile convivenza per un certo periodo di tempo, ma ha dovuto ammettere che attualmente la madre frequenta la casa del compagno a Montorio al Vomano solo nei fine settimana, mentre durante il resto della settimana vive con la madre a Mascioni di Campotosto.
Orbene, è noto che la S.C., con orientamento che si ritiene di condividere, ha affermato che qualora la convivenza "more uxorio" si caratterizzi per i connotati della stabilità, continuità e regolarità, tanto da venire ad assumere le fattezze della cosiddetta famiglia di fatto, connotata, in quanto tale, dalla libera e stabile condivisione di valori e modelli di vita, il parametro di valutazione dell'adeguatezza dei mezzi economici a disposizione dell'ex coniuge non può che registrare una tale evoluzione, recidendo, finché duri tale convivenza e ferma rimanendo, in questa fase, la perdurante rilevanza del solo eventuale stato di bisogno in sé, ove non compensato all'interno della convivenza, ogni plausibile connessione con il tenore e il modello di vita economici caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, e ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile fondato sulla conservazione di esso (Cass. 12/03/2012, n. 3923).
Orbene, nel caso di specie, in primo luogo è certo che attualmente non vi è alcuna convivenza tra la Ad. ed altra persona, ma solo una relazione sentimentale, ancorché stabile, meno che meno con quei requisiti di comunanza di interessi, anche economici, tali da poter incidere sulle condizioni di adeguatezza dei mezzi a disposizione della Ad. per vivere. Tanto più che non è nemmeno dedotto se il compagno della Ad. abbia redditi e di quale entità, e se sostenga economicamente la compagna. Se anche si volesse sostenere che in passato vi è stata una convivenza tra la Ad. e il suo compagno per un certo periodo, tale stato non si è caratterizzato per quella stabilità e comunanza di interessi, anche economici, che contraddistinguono, invece, la famiglia di fatto.

La giurisprudenza citata dalla parte ricorrente (Cass. 3 aprile 2015 n. 6855) si riferisce al diverso caso in cui il coniuge abbia creato non solo una convivenza, ma una vera e propria famiglia di fatto ("l'espressione "famiglia di fatto" non consiste soltanto nel convivere come coniugi, ma indica prima di tutto una "famiglia", portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli"), con tutte le implicazioni economiche e sociali che ciò comporta, e quindi una comunanza di vita con reciproco sostegno, all'interno della quale conviventi elaborino un progetto ed un modello di vita in comune, analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio; il che nel caso di specie non solo non è provato, ma addirittura è escluso. Non vi è nemmeno una convivenza piena, tantomeno .una famiglia di fatto, nel senso indicato dalle pronunce del Supremo Collegio.

Per quanto riguarda, in via generale il diritto all'assegno divorzile, come insegna il S.C., l'accertamento di tale diritto si articola in un'analisi che si svolge in due fasi, nella prima delle quali il giudice è chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontate a un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio, e quindi procedere a una determinazione quantitativa delle somme sufficienti a superare l'inadeguatezza di detti mezzi, che costituiscono il tetto massimo della misura dell'assegno; nella seconda fase, il giudice deve procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5, comma 6 (nel testo modificato dalla l. n. 74 del 1987) - e cioè delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, del reddito di entrambi, valutando tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio - i quali criteri, quindi, agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto e possono, in ipotesi estreme, valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi (Cass. 14 gennaio 2008, n. 593).
Infatti, è affermazione comune in giurisprudenza che il diritto all'assegno divorzile va accertato verificando innanzitutto l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio (Cass. 13 dicembre 2011, n. 26759), avendo esso carattere esclusivamente assistenziale, atteso che la sua attribuzione trova presupposto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessario uno stato di bisogno, e rilevando invece l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere tendenzialmente ripristinate (Cass. 27 novembre 2013, n. 26491). Più di recente, la S. C. ha ribadito che l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, specificando che con riguardo alla quantificazione dell'assegno di divorzio, deve escludersi la necessità di una puntuale considerazione, da parte del giudice che dia adeguata giustificazione della propria decisione, di tutti, contemporaneamente, i parametri di riferimento, indicati dall'art. 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74, per la determinazione dell'importo spettante all'ex coniuge, anche in relazione alle deduzioni e alle richieste delle parti, salva restando la valutazione della loro influenza sulla misura dell'assegno (Cass. 13 gennaio 2014, n. 488). In tale decisione, si è anche affermato che nel caso in cui venga avanzata una domanda di assegno divorzile senza che venga preventivamente indicato il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, si ritiene che lo stesso possa essere correttamente desunto dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare complessivo dei loro redditi e dalle disponibilità patrimoniali. Infine, se è vero che vi è una profonda diversità ontologica tra l'assegno di mantenimento in sede di separazione e l'assegno divorzile, essendo diversi i parametri di riferimento, tuttavia anche l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi (Cass. 15/05/2013, n. 11686).

Orbene, calati tali principi nella realtà concreta della situazione esaminata, si deve notare che la Ad. è attualmente priva di redditi e negli ultimi anni ha svolto lavori precari e saltuari. Pur volendo considerare, quindi, una certa capacità reddituale, tuttavia certamente ella non gode di mezzi adeguati a sostenere un tenore di vita almeno decoroso, tale quale aveva certamente durante il matrimonio, visto il reddito del marito. Occorre anche tener conto della durata del matrimonio (ben 31 anni) e dei redditi del marito (Euro 1500/1.600 mensili). Sulla base di tutti questi elementi, valutati in un quadro complessivo, si ritiene che l'assegno divorzile possa essere stabilito in Euro 300, 00 mensili, oltre rivalutazione annuale ISTAT.
Tutte le altre domande (assegnazione casa coniugale, divisione beni comuni sono inammissibili e non sono state riproposte.
Le spese di giudizio, dato l'interesse comune alla pronuncia di divorzio e la soccombenza reciproca, devono essere compensate tra le parti.

PQM

Il Tribunale di L'Aquila, definitivamente pronunciando sulla domanda di cui sopra, così decide:
a) accoglie la domanda e, per l'effetto, dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra G.An. e M.Ad. contratto il 30 settembre 1978 in Campotosto, trascritto nel Registro di Stato civile dello stesso Comune al n.____;
b) dispone che An. versi ad An. la somma mensile di Euro 300, 00, oltre rivalutazione annuale ISTAT, a titolo di assegno divorzile;
c) ordina che la presente sentenza sia trasmessa in copia autentica a cura della cancelleria all'Ufficiale di Stato civile competente per l'annotazione e le ulteriori incombenze di cui agli artt. 10 L. 1.12.1970 n. 898 e 134 R.D. 9.7.1939 n. 1238 e 69 lett. D) D.P.R. 3.11.2000 n. 396;
d) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in L'Aquila il 13 luglio 2015.
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015.


 

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