sul ricorso 27864-2009 proposto da:
MAGADDINO MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA L.V. BERTARELLI 7, presso lo studio dell'avvocato
ASSUNTA PARISSI, rappresentato e difeso dall'avvocato SALVATORE ALAGNA giusta delega in calce, nonchè da se stesso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLE FINANZE;
- intimato -
avverso la sentenza n. 97/2009 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO, depositata il 29/09/2009;
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21616 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: CIRILLO ETTORE

udito per il ricorrente l'Avvocato MAGADDINO MICHELE in qualità di difensore di sè stesso su autorizzazione del Pres. PICCININNI, che ha chiesto l'accoglimento;
udito per il controricorrente l'Avvocato GALLUZZO che si riporta al controricorso e chiede il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. L'avvocato Michele Magaddino con ricorso notificato al Ministero dell'economia e delle finanze e all'Agenzia delle entrate, chiede la cassazione della sentenza d'appello n.98 del 29 settembre 2009 che, riformando la decisione di primo grado, conferma le pretese del fisco per maggiori imposte dirette e i.v.a. evase nell'anno 2000.
2. La sentenza della commissione regionale siciliana, una volta disattese le eccezioni preliminari dell'appellato (artt. 12 e 52 proc. trib.), si sofferma sul merito delle vertenze osservando che le pretese erariali si fondano su legittime indagini e ricostruzioni bancarie compiute dalla Guardia di finanza, mentre la documentazione a discarico offerta dal contribuente in ordine al riferimento delle movimentazioni bancarie ad altra attività agricola - e non professionale - privkdi valenza probatoria non fornendo adeguata giustificazione circa l'avvenuta "refluenza" fiscale degli importi rilevabili.
3. L'Avvocatura dello stato resiste con unico controricorso per il Ministero dell'economia e delle finanze nonché per l'Agenzia delle entrate pure congiuntamente intimata.

Motivazione

1. Preliminarmente, si rileva la carenza di legittimazione processuale del Ministero dell'economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di merito (v. sentenza di appello) ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali. La chiamata ministeriale in sede di cassazione è, dunque, inammissibile e il ricorso va esaminato unicamente riguardo all'Agenzia delle entrate che è la sola a essere legittimamente intimata (v. relata di notifica).
2. Pregiudizialmente, si rileva l'inammissibilità dell'eccezione nuova di nullità dell'atto impositivo per carenza dei requisiti dirigenziali in capo al funzionario firmatario. Essa è stata avanzata dal contribuente, per la prima volta, nel corso dell'odierna discussione orale. Egli invoca gli effetti invalidanti, a suo dire rilevabili anche d'ufficio, della recente declaratoria d'illegittimità costituzionale di taluni strumenti normativi d'inquadramento dirigenziale del personale dell'Agenzia delle entrate. Si ritiene, sul piano processuale, che la pretesa nullità dell'avviso di accertamento per l'asserita carenza dei requisiti (soggettivi) indicati nell'art. 42 d.p.r. 600/1973 e nell'art. 56 d.p.r. 633/1972 non sia rilevabile d'ufficio e che la relativa questione, se non prospettata nel giudizio di primo grado (art 61 d.p.r. 600/1973, art. 59 d.p.r. 633/1972; Cass. 3731/93) - o più esattamente nel ricorso introduttivo col passaggio dal d.p.r. 636/1972 al d.lgs. 546/1992 - non può essere introdotta successivamente (8114/02, 13087/03, 10802/10). Restano, dunque, ferme le preclusioni che derivano
del peculiare regime di carattere impugnatorio del processo tributario.
Si è recentemente osservato (Cass. 18448/15) che, diversamente da quanto avviene nel diritto amministrativo, in materia fiscale opera un regime
unitario del vizio dell'atto che deve essere fatto valere nella forma e nel termine di decadenza previsti dall'art. 21 d.lgs. 546/1992; tri difetto, il provvedimento diventa incensurabile sul punto. Il legislatore fiscale infatti, usa la sanzione della "nullità" in senso a-tecnico e la sua reale natura giuridica va intesa come "annullabilità" desunta dalla proprie disciplina testuale delle norme regolatrici del procedimento e del processo tributario. Né il regime dei vizi degli atti amministrativi (art. 21 septies I. 241/90) può essere automaticamente esteso in ambito tributario, essendo applicabile solo laddove non siano incompatibile con le norme di diritto che disciplinano il procedimento impositivo. Pertanto, la parte ricorrente deve essere dichiarata decaduta dalla possibilità di eccepire, nell'odierno giudizio di legittimità, l'invalidità dell'atto impugnato sotto il nuovo profilo della pretesa carenza dei requisiti dirigenziali in capo al
funzionario firmatario.
3. Passando all'esame del ricorso per cassazione, esso è di per sé stesso inammissibile per la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d'impugnazione
eterogenei, facenti riferimento cumulativo alle diverse ipotesi contemplate dall'art. 360, primo comma, cod. proc. civ.. Infatti non è
consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto (n. 3), che
suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e quello del vizio di
omesso esame circa fatti discussi e decisivi (n. 5, mod. art. 54 d.l. 83/2012 conv. I. 134/2012), che quegli elementi di fatto intende rimettere
in discussione sub specie di errore omissivo di giustificazione della decisione di merito.
Inoltre l'allegazione generica di preteso errore omissivo della decisione di merito sul fatto dà luogo a inammissibile mescolanza e sovrapposizione
tra l'omessa motivazione, che richiede l'assenza di formale apparato giustificativo su un punto decisivo della causa (art. 132 cod. proc. civ.),
e l'omesso esame, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d'appello sarebbe stato sollecitato
a pronunciarsi su fatto specifico, decisivo e discusso (art. 360 n.5 cod. proc. civ.). Invero, l'esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti
l'apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole
censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d'impugnazione enunciati dall'art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare
quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e
contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse. (conf., tra le tante, Cass. 19443/11).
Infine, è contraddittoria anche la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia (n. 4) e di omesso esame circa fatti discussi
e decisivi (n. 5). L'uno, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce
in una violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma del n. 4, e non con la denuncia della violazione
di norme di diritto sostanziali (n. 3), ovvero del vizio di omesso esame circa fatti discussi e decisivi (n. 5) cod. proc. civ., mentre il secondo
presuppone la delibazione della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo
giuridicamente scorretto ovvero dimentico di fatti discussi e decisivi, e va denunciato ai sensi del n. 5 della norma processuale (conf., tra le tante,
Cass. 13866/14). In conclusione, è onere della parte ricorrente precisare quale sia, in concreto, il vero vizio della sentenza d'appello, non potendo tale scelta (a
norma dell'art. 111 Cost., e del principio inderogabile della terzietà del giudice) essere rimessa alla Corte (conf. Cass. 6235/15 e giur. ivi
cit.). Nulla di quanto necessario è riscontrabile nel caso di specie nei primi sette motivi.
4. In ogni caso gli otto motivi sono manifestamente infondati e/o radicalmente inammissibili anche sotto diversi profili qui di seguito esposti.
4.a. Con il primo motivo, denunciando vizi di omessa pronuncia (circa un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n.5 cod. proc.
civ.) o comunque di violazione dell'art. 12 proc. trib., il ricorrente richiama le difese svolte in appello assumendo che l'Agenzia delle entrate
non poss a me senza l'assistenza di difesa tecnica e senza l'autorizzazione della competente direzione regionale.
Il motivo non è fondato perché, dopo la riforma di cui al d.lgs. 300/1999 (art. 57) e il d.m. 28.12.2000, l'esclusione espressa della difesa tecnica
dal processo tributario di merito, già prevista per il Ministero dell'economia e delle finanze, è passata in capo alle agenzie fiscali ad esso subentrate
nella gestione del contenzioso con le medesima regole ma secondo la disciplina dell'organizzazione interna di ciascuna agenzia. Lo
stesso vale per la difesa solo facoltativa da parte dell'avvocatura erariale.
In tal senso sono da tempo concordi dottrina e giurisprudenza. Inoltre, a seguito della soppressione di tutti gli uffici ed organi ministeriali ai
quali fa riferimento l'art. 52 co. 2 proc. trib., è pacifico che non possono farsi discendere condizionamenti al diritto delle agenzie di appellare le
sentenze ad esse sfavorevoli delle commissioni tributarie provinciali (Cass. s.u. 604/05).
4.b. Con il secondo e il terzo motivo, denunciando vizi di omessa pronuncia (circa un punto decisivo delle controversia in relazione all'art.
360 n.5 cod. proc. civ.) o comunque di violazione dell'art. 32 co.2 d.p.r. 600/1973 , il ricorrente richiama le difese svolte in appello assumendo
che l'Agenzia delle entrate non possa utilizzare le notizie acquisite da verbalizzanti mediante invito consegnato al contribuente "brevi manu" e
con concessione del termine per la risposta di solo quindici giorni invece dei canonici sessanta giorni.
I motivi non sono fondati bastando che le difformità dell'invito rispetto al modello legale non abbiano pregiudicato - in concreto - il diritto del contribuente
ad un'adeguata difesa (Cass. 1857/14). Nè rileva l'imprecisa indicazione data al contribuente circa l'estensione temporale concessa per la risposta, atteso che gli obblighi informativi non sono previsti a pena di nullità, vigendo la regola della tassatività delle invalidità (Cass. s.u. 3676/10). È vero che, accanto a ipotesi in cui singole norme prevedono esplicitamente una tale evenienza, si ammette che l'effetto inveiidante si produca egualmente se un atto o una procedura siano intrinsecamente inidonei, per difetto di un loro requisito o elemento essenziale,
a realizzare la funzione che sia ad essi commessa dall'ordinamento (Cass. 992/15). La distinzione è, però, affidata all'applicazione del criterio della "strumentalità della forma", sulla base del quale comporta la nullità dell'atto solo la trasgressione di una prescrizione che si riferisca ad una formalità o circostanza essenziale per il raggiungimento dello scopo cui l'atto è teso (Cass. 5518/13). Ovverosia, secondo il linguaggio dei giudici europei, nel valutare le conseguenze di una violazione di contraddittorio endoprocedimentale, "....il giudice ... può... tenere conto
della circostanza che una siffatta violazione determina l'annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di
cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso" (C. giust.,
3.7.2014, Kamino). Infine, va osservato che che l'art. 32, co.1 - n.2, d.p.r. 600/1973, consente persino richieste d'informazioni orali e verbalizzate.

4.c. Con il quarto motivo, denunciando vizio di omessa pronuncia (circa
un punto decisivo delle controversia in relazione all'art. 360 n.5 cod. proc. civ.) e violazione dell'art. 12 dello statuto del contribuente, il ricorrente
richiama le difese svolte in appello assumendo che l'autorizzazione ad eseguire la verifica fiscale nei suoi confronti sia illegittima in presenza
di un mandato generico e carente della motivazione giustificativa. Il motivo è inammissibile perché, in difetto del requisito dell'autosufficienza
del ricorso, il mezzo non riporta il contenuto ovvero i passi salienti del documento di riferimento né i modi per reperirlo con precisione
nell'incarto processuale. Peraltro, dal tenore del motivo, non si comprende come sia stato pregiudicato - in concreto - il diritto del contribuente
ad un'adeguata difesa. 4.d. Con il quinto motivo, denunciando vizio di omessa pronuncia (circa
un punto decisivo delle controversia in relazione all'art. 360 n.5 cod. proc. civ.) e violazione dell'art. 32, co.1 - n.7 d.p.r. 600/1973, il ricorrente
richiama le difese svolte in appello assumendo che sia illegittima l'acquisizione d'informazioni bancarie acquisite da parte della Guardia di
finanza senza l'autorizzazione del comandante di zona o con autorizzazione posteriore all'inizio delle operazioni.
Il motivo non è fondato perché la mancanza della autorizzazione dell'ispettore compartimentale o, per la Guardia di finanza, del comandante
di zona, ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia dei conti bancari, non preclude l'utilizzabilità dei dati acquisiti, atteso
che la detta autorizzazione attiene ai rapporti interni e che in materia tributaria non vige il principio (presente nel cod. proc. pen.) della
inutílizzabilità della prova irritualmente acquisita (Cass. 40011/09 e 4987/03).
4.e. Con il sesto motivo, denunciando vizio di omessa pronuncia e violazione dell'art.24 Cost., il ricorrente interroga la Corte chiedendo "se una semplice distinta contenente la sola data e l'importo dell'operazione, con l'aggiunta della sola indicazione se versamento contante o con assegno fuori piazza, sia da ritenersi esaustivo ai fini della richiesta delle notizie da reggere la validità di un accertamento in relazione al principio costituzionale del diritto di difesa del contribuente". Il motivo è inammissibile perché esso difetta assolutamente di autosufficienza non riportando neppure per estratto, la documentazione contestata e il conseguente avviso sul punto. Inoltre la genericità della censura, che non si comprende neppure se sia di fatto o diritto, non consente neanche di verificare se sulla vertenza incida la sentenza della C. cost. 228/14 riguardo al regime delle presunzioni.
4.f. Con il settimo motivo, denunciando vizio di omessa pronuncia (circa un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n.5 cod. proc. civ.) e violazione dell'art. 42 d.p.r. 600/1973, il ricorrente interroga la Corte chiedendo "se in presenza di avvenuta constatazione di movimenti bancari attribuibili a diverse forme di provenienza anche non reddituale, nonché di elementi che denotavano con apprezzabile grado di probabilità che il ricorrente esercitava attività di agricoltura, anche nell'interesse dei parenti, era dovere della decidente appurare l'entità dei movimenti da estromettere dal novero del reddito professionale per attribuirle all'imputazione corrispondente ai sensi dell'art. 42 del d.p.r. n. 600/73". Il motivo è inammissibile perché esso difetta assolutamente di autosufficienza non riportando / neppure per estratto, la documentazione controversa
e il contenuto del conseguente avviso sul punto contestato. Inoltre la genericità del mezzo non consente di comprendere neppure se la censura sia di fatto o diritto.
4.g. Con l'ottavo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360 n.5 cod. proc. civ. con riguardo agli art. 35 e 36 proc. trib.. Lamenta che nella medesima udienza un'analoga vertenza riguardante altro contribuente, tale Giacomo Zaffuto (non meglio identificato), sarebbe stato deciso dallo stesso collegio in maniera opposta. Il motivo è radicalmente incomprensibile atteso che non spiega quale nesso ci sia tra la vicenda di tal Zaffuto e quella del Magaddino. Occorre, invece, che gli argomenti su cui fa leva il ricorrente per sostenere la sussistenza di un vizio logico siano autonomamente dotati all'interno del processo di una forza dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli il ragionamento del giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare e rendere manifestamente contraddittoria la motivazione adottata. Nulla di ciò è leggibile nel caso in esame.
5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza del contribuente nei confronti dell'Agenzia delle entrare e sono liquidate in dispositivo, restano, invece, compensate nel rapporto processuale con il Ministero intimato non essendovi ulteriore dispendio difensivo in ragione della costituzione congiunta delle parti pubbliche.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze e compensate le spese; rigetta il ricorso nei confronti dell'Agenzia delle entrate e condanna il ricorrente alle spese liquidate in € =2935,00= per compensi oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2015.


 

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