REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Commissione Tributaria Regionale per la LOMBARDIA Sezione 01, riunita in udienza il
07/03/2022 alle ore 09:30 con la seguente composizione collegiale:
CHINDEMI DOMENICO, Presidente
MONFREDI MARIANTONIETTA, Relatore
COLAVOLPE RENATO, Giudice
in data 07/03/2022 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sull’appello n. 3064/2021 depositato il 10/09/2021
proposto da
Ag. Entrate Direzione Provinciale Varese - Via Frattini, 1 21100 Varese VA
elettivamente domiciliato presso dp.varese@pce.agenziaentrate.it
contro
Fallimento

Avente ad oggetto l’impugnazione di:
- pronuncia sentenza n. 106/2021 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale VARESE
Richieste delle parti:
Ricorrente/Appellante: accoglimento dei motivi di appello; riforma integrale della sentenza di
primo grado. Con vittoria di spese di lite.
Resistente/Appellato: rigetto dei motivi di appello; conferma integrale della sentenza di primo
grado; in subordine accoglimento dei motivi di appello incidentale condizionato. Con vittoria di
spese di lite.
sez. 2 e pubblicata il 09/12/2020
Atti impositivi:
- AVVISO DI ACCERTAMENTO n. T93032L00271 IVA-ALTRO
a seguito di udienza partecipata celebrata con modalità da remoto

Svolgimento del processo

Il contenzioso ha ad oggetto un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2015 con riprese IVA per € 383.524 (oltre sanzioni per € 2.643.710,74, interessi sino al 01.06.2020 per € 64.641,68 e spese di notifica per € 8,75) emesso a carico della società contribuente, notificato in data 17.04.2020 e impugnato dal curatore fallimentare, autorizzato dal giudice delegato. La società ricorrente lamentava la nullità dell’avviso per difetto di motivazione, omessa richiesta di documenti per l’anno 2015, violazione del principio di contraddittorio preventivo per il 2015. In effetti, l’AE Dir. Prov. Di Varese aveva richiamato gli esiti procedimentali dell’attività svolta in relazione all’anno 2014 dalla Dir. Reg. Lombardia, ma non aveva rispettato le garanzie procedimentali seguite invece dalla Dir. Reg. per le verifiche relative all’anno di imposta 2014, né sviluppato una autonoma motivazione per il 2015, essendosi limitato a riportare la motivazione stesa per il 2014 dall’altro ufficio. Né l’ufficio aveva chiesto alla società qualunque tipo di documentazione in relazione al 2015, in quanto il questionario inoltrato si riferiva unicamente al 2014. Se l’Ufficio avesse chiesto la documentazione, spiega il curatore, sarebbero stati prodotti: copia della fattura 3/2015, Registro IVA acquisti e Registro IVA vendite del 2015, liquidazione IVA periodica 2015, scheda cliente F al 31.12.2015.

L’ufficio non ha nemmeno attivato il contraddittorio endoprocedimentale che, in materia di imposte armonizzate come l’IVA, è obbligatorio (Cass. Civ. SU n. 24823/2015). A dire della parte l’Ufficio ha anche violato l’art. 67 comma 1 de DL ‘Cura Italia’ che prevede la sospensione dall’08.03.2020 al 31.05.2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso da parte degli uffici degli enti impositori. Quanto all deducibilità delle provvigioni a fini IRES, l’Ufficio si limita ad affermarla, ma non ha formalmente disconosciuto la deducibilità con emissione di atto impositivo ad hoc ai sensi dell’art. 109 TUIR, pertanto in mancanza di ciò, la deduzione deve ritenersi legittima. Nel merito il rilievo IVA è infondato in quanto: le fatture sono state regolarmente registrate ed è stato correttamente assolto quanto dovuto in ambito IVA con il meccanismo del reverse charge; l’ufficio ha insistito a considerare un importo sbagliato (€ 1.743.279,29) nonostante dal sistema INTRA risultassero le 3 fatture F con i relativi imponibili assoggettati ad IVA (e l’ufficio non le ha ricevute solo perché non le ha mai chieste alla parte). L’Ufficio erra nell’applicare una unica sanzione per le violazioni asseritamente commesse ai fini IVA per il 2014 e il 2015, laddove invece alla fattispecie del reverse charge si applica il disposto di cui all’art. 6 comma 9bis 3 del D. Lgs. 471/1997. La parte chiede l’accoglimento del ricorso o, quantomeno in via subordinata, la rideterminazione della quota parte IVA considerata indetraibile nella sola misura dell’IVA relativa all’anno di imposta 2015 (che è quello oggetto di accertamento), con applicazione delle sole sanzioni previste dall’art. 6 comma 9bis 3 D. Lgs. 471/1997. Chiede anche la condanna alla rifusione delle spese di lite e la condanna al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., con rifusione di CUT, oltre a interessi e rivalutazione monetaria.

L’ufficio si difende rilevando di avere correttamente operato in quanto nessuna ulteriore attività è stata svolta per il 2015, visto che la documentazione prodotta a seguito del questionario inviato dalla Direzione Regionale riguardava entrambe le annualità; ciò soprattutto considerato che il contratto di intermediazione in questione è riferito al 2014 e in relazione a quel medesimo contratto sono state emesse le fatture anche nel 2015. In sintesi, l’avviso di accertamento 2015 è la logica conseguenza delle risultanze dell’istruttoria e dell’esame dei documenti prodotti per il 2014 e quindi non c’è nessun difetto di motivazione, né violazione del contraddittorio preventivo. Il regime della inversione contabile non sposta i termini della questione in quanto l’IVA non poteva essere indicata nel registro delle vendite e degli acquisti (come ha fatto la società); e non è neppure sufficiente la produzione dei registri IVA del 2015 per dimostrare che nel 2015 non è stata detratta l’IVA relativa agli acconti in precedenza versati. Le sanzioni sono corrette, a parere dell’Ufficio. Chiede il rigetto del ricorso con vittoria di spese. La CTP in primo grado ha ricostruito la vicenda e ha ritenuto corrette e fondate le eccezioni sollevate dalla ricorrente con riguardo alle violazioni procedurali e alla mancata attivazione del contraddittorio preventivo endoprocedimentale. Spese a carico dell’ufficio soccombente per € 5.000 complessivi.

Propone appello l’ufficio e chiede la riforma della sentenza di primo grado. Ripercorre la vicenda, ricorda che dal bilancio 2014 risultavano spese per servizi di € 175.898.031 di cui € 16.601.302 a titolo di provvigioni. Per questo è stato inoltrato il questionario dalla Dir. Reg. per chiedere di giustificare e descrivere le provvigioni passive sostenute nell’esercizio, la scheda contabile, le fatture, i pagamenti, e la documentazione a supporto. Si trattava, stando ai documenti prodotti, di provvigioni riconducibili a tre fornitori stranieri: F Ivestments Ltd con sede a Cipro per € 16.289.043,87; m Ltd con sede in Irlanda per € 239.024,64; O con sede negli Stati Uniti per € 15.904,11. La Dir Reg. ha quindi emesso un avviso di accertamento per l’anno 2014 accertando l’indebita deduzione di un costo per € 16.289.044 in violazione dell’art. 109 comma 1 e 5 TUIR (provvigioni alla FLtd). Insiste l’ufficio nel dire che l’accertamento a fini IRES notificato dalla Dir. Reg. riguardava la totalità della provvigione dedotta a fronte di una prestazione non documentata dell’agente cipriota; provvigione per € 16.289.044: di queste € 14.545.766 sono state fatturate nel 2014 e contestate a fini IVA dal medesimo ufficio con l’avviso di accertamento relativo al 2014 (avvisi impugnati e pende giudizio avanti la CTP di Milano). Siccome nella documentazione raccolta dalla Dir. Reg c’erano anche tre fatture riferite a prestazioni residue non fatturate nel 2014, perché indicate come fatture da ricevere per € 1.743.278, la Dir. Prov di Varese ha accertato, per il 2015, l’IVA indetraibile sul totale di quelle tre fatture. Si analizza quindi e si elencano tutti i documenti prodotti dalla società non ritenuti sufficienti a dimostrare l’effettività e la concreta esecuzione della prestazione contabilizzata e quindi dell’attività di intermediazione asseritamente svolta dalla F. In sintesi: la indeducibilità del costo complessivo relativo alla attività di intermediazione Feldgate è stata accertata, a dire dell’ufficio, a fini IRES dall’unico avviso di accertamento emesso a tale titolo dalla Dir Reg sia per il 2014 sia per il 2015; la Dir. Reg. ha emesso due ulteriori avvisi: uno per l’IRAP e uno per 5 l’IVA 2014; la Dir. Prov. Varese ha emesso l’avviso di accertamento con la ripresa IVA per il 2015. Non c’è quindi stata nessuna violazione del contraddittorio (che c’è stato per il 2014 e per il 2015 in relazione alla deducibilità del costo ai fini delle imposte dirette, da cui è conseguito l’avviso IVA in relazione alle fatture riferite a quelle prestazioni emesse nel 2015).

Nel merito, si ribadisce che i documenti prodotti non provano l’effettività delle prestazioni e i giudici di prime cure non si sono neppure soffermati sulla analisi degli argomenti prospettati dall’Ufficio nel merito (riproposti), tanto più che l’onere di provare l’effettività e l’inerenza di un costo deducibile/detraibile incombe sul contribuente e la prova deve essere rigorosa. Quanto al non avere rispettato la sospensione prevista dal DL Cura Italia, l’ufficio ricorda che la norma faceva salva la possibilità di procedere in casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi e, nel caso di specie, stante lo stato di fallimento in cui versa la società, certamente sussistevano ragioni di urgenza a tutela dell’Erario (è proprio uno dei casi esemplificativamente indicati dalla Circolare n. 25/E del 2020 fra quelli che integrano i presupposti di indifferibilità e urgenza: soggetti sottoposti a procedure concorsuali per la tempestiva insinuazione al passivo). Si è costituita la parte privata, replicando agli argomenti dell’ufficio e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado. La parte privata propone altresì appello incidentale subordinato, relativamente alle sanzioni irrogate in quanto la Dir. Prov. Varese ha applicato una sanzione unica relativa all’IVA per le annualità 2014 e 2015 addirittura irrogando una sanzione di € 8.812.990,02, dimenticando che per le fattispecie di reverse charge si applica il disposto dell’art. 6 comma 9 bis 3 del D. Lgs. 471/1997.

Motivazione

L’appello dell’Ufficio è infondato e, pertanto, deve essere respinto con conseguente conferma della decisione di primo grado. L’appello incidentale della parte privata, introdotto in via meramente subordinata, deve ritenersi assorbito. Anzitutto occorre ricordare che, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il giudice, nel motivare "concisamente" la sentenza secondo i dettami di cui all'art. 118 disp. att. cpc, non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate 6 dalle parti, ben potendosi limitare alla trattazione delle sole questioni, di fatto e di diritto, considerate rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata.

Ne consegue che quelle residue, non trattate in modo esplicito, non devono necessariamente essere ritenute come "omesse", per effetto di "error in procedendo", ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato. Alla luce di quanto appena ricordato, si deve quindi precisare che la trattazione sarà in questa sede limitata all’approfondimento delle sole questioni rilevanti e dirimenti ai fini del decidere; ritenendosi quindi assorbite tutte le altre eccezioni e questioni. E ciò in applicazione del principio della cosiddetta ‘ragione più liquida’ desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., ulteriormente valorizzato e confermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ. SSUU sentenza n. 24883/2008; Cass. Civ. n. 26242/2014 e Cass. Civ. n. 9936/2014).

Le eccezioni preliminari sollevate dalla parte privata con riferimento alla violazione delle norme procedimentali poste a garanzia del contribuente, nonché con riferimento alla violazione dell’obbligo di contraddittorio endoprocedimentale con riferimento alla ripresa IVA, tributo armonizzato, sono effettivamente fondate; e il loro accoglimento diventa dirimente ai fini del decidere senza, a quel punto, imporre l’analisi della fondatezza o meno, nel merito, delle ragioni addotte dalla parte privata. Con l’avviso di accertamento in questione l’Ufficio ha infatti recuperato a tassazione l’IVA detratta dell’importo relativo alle prestazioni, sì riferite al contratto di intermediazione stipulato nel 2014, ma fatturate nell’anno 2015. In sostanza ha elevato il rilievo unicamente ai fini IVA, recuperando l’IVA – a suo dire – indebitamente detratta per € 383.521,44, calcolata con aliquota del 22% su un imponibile di € 1.743.279,29 (così ritenuta detratta in violazione dell’art. 19 DPR 633/72 a fronte di costi per prestazione di servizi non idoneamente documentati). La Dir. Prov. di Varese ha poi proceduto ad applicare le sanzioni con riferimento alla totalità dell’importo contestato. Sennonché. In relazione al contratto di intermediazione stipulato nel 2014 e alle conseguenti provvigioni fatturate per la gran parte nel 2014, ma in parte anche nel 2015, hanno proceduto due Uffici 7 diversi: l’AE Direzione Regionale Lombardia in relazione all’anno di imposta 2014; l’AE Direzione Provinciale di Varese in relazione all’anno di imposta 2015.

La Direzione Regionale Lombardia, competente a procedere per il 2014, ha rispettato i passaggi procedimentali previsti ed ha attivato il contraddittorio preventivo, chiedendo la documentazione, e poi traendo le proprie conclusioni emettendo gli atti impositivi ritenuti legittimi per quell’anno di imposta. La Direzione Provinciale di Varese, competente a procedere per il 2015, non ha mai chiesto documenti e non ha attivato il contraddittorio endoprocedimentale, limitandosi ad emettere de plano, e sulla base degli esiti dell’attività svolta dalla Direzione Regionale Lombardia per il precedente anno di imposta, un autonomo e ulteriore atto impositivo. L’affermazione dell’Ufficio secondo la quale l’attività accertativa ai fini delle imposte dirette è stata svolta dalla Direzione Regionale Lombardia sia per il 2014 sia per il 2015, in quanto il contratto di intermediazione cui si riferivano le provvigioni fatturate nei due anni di imposta era il medesimo, ossia quello stipulato nel 2014, sicché loro non erano tenuti ad ulteriori iniziative procedimentali, è destituita di fondamento.

Al di là del fatto che ciascun anno di imposta ha auna propria autonoma identità sotto il profilo della attività accertativa (tanto è vero che è stata individuata una competenza a procedere in capo a due uffici differenti, stanti di diversi volumi di fatturato che hanno interessato i due diversi anni di imposta), è un dato documentale che il questionario e tutta l’interlocuzione avuta dalla società contribuente con la Dir. Reg. Lombardia si riferisse in modo esplicito e letterale al solo anno di imposta 2014.

Tanto è vero che la Dir. Reg. Lombardia ha emesso avvisi di accertamento solo relativi all’anno di imposta 2014 (precisamente tre rispettivamente per IRES, IVA e IRAP; oltre ad un atto di contestazione sanzioni; tutti impugnati e pende il giudizio di primo grado; si è in attesa della decisione). Ciò vuol dire che la Dir Prov. Varese, competente a procedere per l’anno di imposta 2015, pur magari recependo gli esiti dell’attività svolta dall’altro ufficio, non avrebbe dovuto acquisire de plano la motivazione degli atti impositivi del 2014 emessi dalla Dir Reg. Lombardia per recuperare l’IVA relativa alle fatture emesse nel 2015; piuttosto, avrebbe dovuto attivare il contraddittorio con la contribuente, chiedere eventuale ulteriore documentazione relativa 8 all’anno di imposta 2015 e, valutati gli elementi acquisiti, contestare sia la deducibilità dei costi (a fini delle imposte dirette) sia la detraibilità dell’IVA, anche con riferimento al 2015. Infatti, a ben vedere e correttamente intendere la documentazione contrattuale versata in atti, sebbene il contratto fosse stato stipulato nel 2014, Fedgate diventava titolare del diritto alla percezione della provvigione solo nel momento in cui SICES avesse fatturato le opere realizzate a seguito della approvazione della Technipe Lukoil. Prima di quel momento SICES neppure conosceva quali opere erano state realizzate e per quali valori, sicché solo in quel momento era possibile quantificare la provvigione, che di conseguenza doveva essere ritenuta di competenza dell’esercizio in cui il valore dei lavori era approvato, SICES poteva emettere le sue fatture e quindi quantificare il valore delle provvigioni dovute a Fedgate.

Sarebbe d’altronde anomalo ritenere, nell’ottica di una corretta applicazione del principio di competenza, che una provvigione da corrispondere in relazione ad un corrispettivo percepito risulti di competenza di un anno precedente a quello il cui il diritto a ricevere quel corrispettivo su cui calcolarla sia diventato certo, liquido ed esigibile. Invece, non solo l’AE Dir. Prov. Varese non ha attivato il contraddittorio endoprocedimentale (in ogni caso indispensabilee obbligatorio in caso di emissione di atti impositivi in ambito IVA, trattandosi di imposta armonizzata), ma neppure ha emesso un avviso di accertamento autonomo per recuperare il costo ritenuto indeducibile, ai fini delle imposte dirette, nella quota riferibile al 2015. Salvo poi pretendere il pagamento di sanzioni conseguenti alle violazioni IVA che sono state quantificate con riferimento all’importo totale delle fatture emesse sia nel 2014 sia nel 2015. Da ultimo, per esigenze di mera completezza, deve anche aggiungersi che, effettivamente, in questa sede contenziosa – come già sottolineato dai giudici di prime cure - la contribuente ha prodotto copiosa documentazione, che ben avrebbe potuto essere fatte valere in fase procedimentale per provare l’effettività delle prestazioni svolte dalla Feldgate e per la verifica del periodo di competenza e di maturazione delle provvigioni. Deve quindi concludersi nel senso che la documentazione introdotta supportava con margine di ragionevole plausibilità le argomentazioni difensive e, verosimilmente, avrebbe potuto forse condurre, in caso di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, a esiti accertativi differenti. Ciò basta per 9 ritenere fondata l’eccezione sollevata dalla parte privata in termini di violazione del doveroso contraddittorio endoprocedimentale. L’appello incidentale introdotto in via meramente subordinata dalla parte privata deve ritenersi assorbito. La particolare natura della controversia costituisce giustificato motivo per la compensazione delle spese di lite con riferimento a questo grado di giudizio.

PQM

La Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia
RIGETTA
L’appello dell’ufficio e per l’effetto conferma la sentenza della CTP di Varese, sez. 2 n. 106/2021.
COMPENSA
Interamente fra le parti le spese di lite con riferimento a questo grado di giudizio.
Milano, 7 marzo 2022
Il giudice estensore Il Presidente
Mariantonietta Monfredi Domenico Chindemi


 

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