REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente -
Dott. ARMANO Uliana - Consigliere -
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere -
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 15984-2014 proposto da:
G.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANO SAMAILLER, 11, presso lo studio dell'avvocato LAURA MINETTI, rappresentata e difesa dall'avvocato NATALE RICCARDO giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
COMUNE di TRECASE;
- intimato -
avverso la sentenza n. 1695/2013 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA, depositata il 18/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Motivazione

E stata depositata la seguente relazione.

"1. G.F. convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace di Torre Annunziata, il Comune di Trecase, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti ad una caduta dovuta alla presenza di un tombino posto in posizione irregolare rispetto al piano stradale. Si costituì il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Espletata prova per testi e respinta la richiesta di c.t.u.
avanzata dall'attrice, il Giudice di pace rigettò la domanda e compensò le spese di giudizio.

2. Proposto appello principale dalla soccombente ed appello incidentale da parte del Comune, il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza del 18 dicembre 2013, ha respinto l'appello principale ed ha accolto quello incidentale, confermando il rigetto della domanda proposta dalla G. e condannandola al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

3. Contro la sentenza d'appello ricorre G.F. con atto affidato ad un solo articolato motivo.
Il Comune di Trecase non ha svolto attività difensiva in questa sede.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. L'unico motivo di ricorso contiene due diverse censure, tra loro mescolate, consistenti in omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione ed errata applicazione di norme di diritto.

5.1. La censura di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia è inammissibile.
Ed infatti, trattandosi di sentenza pubblicata in data 18 dicembre 2013, deve essere applicato il nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modifiche, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è configurabile il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudico che è stato oggetto di discussione tra le parti. Nel caso in esame, tutti i punti posti all'esame della Corte - ivi compresa la deposizione testimoniale - sono stati oggetto di esame e valutazione da parte del Tribunale, sicchè le censure sono da ritenere inammissibili sulla base dei criteri indicati dalla sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, delle Sezioni Unite di questa Corte.

5.2. La seconda parte del motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 cod. civ., è priva di fondamento.
Anche volendo prescindere dal fatto che l'originaria domanda è stata formulata in termini di responsabilità ai sensi dell'art. 2043 e dell'art. 2051 cod. civ. - ipotesi che differiscono fra loro nettamente in punto di oneri probatori - assume comunque decisiva rilevanza il fatto che la sentenza impugnata ha ricostruito le modalità del sinistro, ponendo in evidenza che esso si era verificato in pieno giorno, quindi in condizioni di visibilità ottime, e che la parte attrice abitava in zona, per cui era a conoscenza dello stato di dissesto ed era tenuta ad osservare ogni cautela per evitare l'insorgere di situazioni pericolose.

La sentenza del Tribunale, quindi, nell'escludere che vi fosse, nella specie, un'insidia nascosta tale da creare una situazione di pericolo, ha attribuito la responsabilità del fatto dannoso ad esclusiva colpa della G., riconducibile alla sua disattenzione nella circostanza della caduta. E poichè la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto che, ai fini di cui all'art. 2051 cod. civ., il caso fortuito può essere integrato anche dalla colpa del danneggiato, la sentenza impugnata va comunque esente dalla prospettata censura.
6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato".


1. Non sono state depositate memorie alla precedente relazione.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimato.
Sussistono peraltro le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile - 3, il 10 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2015


 

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