Svolgimento del processo

La vicenda aveva inizio allorché la Guardia di Finanza di San Benedetto del Tronto, con PVC del 19/03/2011, contestava alla contribuente, F. O., l'omessa indicazione, per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010, dei redditi derivanti dalla locazione di propri immobili.

l verbalizzanti rilevavano, infatti che, oltre a diversi immobili regolarmente dichiarati, risultava usufruttuaria di un intero fabbricato sito ad Ascoli Piceno, alla via Q. C. n. X, composto da ben sette appartamenti tutti locati, sia per uso commerciale a beneficio di studi legali, che per uso abitativo per famiglie.

La Guardia di Finanza riferiva l'omessa registrazione della maggior parte delle scritture private di locazione, poche per tali unità immobiliari la ricorrente si era limitata a dichiarare nel Modello Unico PF/2008, al quadro RB la sola rendita catastale rivalutata del 5%. I militari ricostruivano l'entità dei redditi omessi, sia attraverso l'invio di questionari ai locatari e sia esaminando i dati degli altri contratti di locazione registrati: per l'anno d'imposta 2007 e pervenivano così alla rideterminazione di un maggior reddito complessivo pari a € 27.673,00, per l'anno 2008 € 28.453,00 e per l'anno 201 O per € 28.018,00.

Veniva, peraltro, accertato un maggior reddito anche per l'anno d'imposta 2009, ma non è oggetto di una causa di appello per l'udienza fissata per la trattazione delle altre tre annualità.

Con avvisi di accertamento notificati in data 13/09/2012, l'Ufficio, facendo propri i contenuti della citata attività istruttoria, ed accertava maggiori imposte IRPEF per € 11.447,00 per l'anno 2007, di € 11.290,00 per l'anno 2008 e di € 11.195,00 per l'anno 2010, oltre sanzioni e interessi.

Con reclamo/mediazione del13/11/2012, pervenuto in data 15/11/2012, la contribuente impugnava l'accertamento, sostenendo che con le scritture private del 30/12/2006 e dell'1/10/2007 la medesima aveva ceduto il credito derivante dalla percezione di detti canoni di locazione, a decorrere dal 02/0112007, alla Soc. E. T. s.r.l., di cui il figlio della ricorrente risultava legale rappresentante, concedendo in comodato gratuito l'intero immobile alla medesima società. Pertanto, a suo avviso, non sussisteva alcun obbligo di dichiarare redditi derivanti da canoni di locazioni di fatto non percepiti.

A supporto delle proprie argomentazioni, con memoria del 24/04/2014, la contribuente invocava la decisione del Centro Operativo di Pescara di annullare in autotutela l'accertamento parziale n. 250TQPM00037, per l'anno d'imposta 2007, ritenuto emesso sulla base delle stesse motivazioni oggetto del presente gravame riferito a non meglio individuati "canoni di locazione derivanti dai contratti segnalati 950 e 2968". L'Ufficio, con nota del 23/01/2013, formulava una proposta di mediazione con riduzione della sola sanzione al 40%.

La contribuente non aderiva alla proposta e si costituiva in giudizio in data 15/02/2013. Contro gli avvisi di accertamento per i tre anni d'imposta faceva ricorso alla competente CTP la contribuente.

La Commissione Tributaria Provinciale, con tre distinte sentenze, accoglieva parzialmente il ricorso, compensando le spese processuali.

Contro tali sentenze faceva appello l'Agenzia delle Entrate. L'Ufficio osservava, nel proprio appello, che la CTP ascolana ha ritenuto pienamente valide le scritture private non registrate (contratto di comodato e di cessione dei canoni di locazione) e da ciò ha concluso che il reddito omesso dalla contribuente debba essere limitato al corrispettivo ricevuto in cambio della cessione dei canoni (€ 10.000,00), riducendo inoltre al 40% sia le sanzioni che gli interessi in base ad un principio equitativo non applicabile in questa sede.

Nessuna motivazione, invece, sarebbe stata data dal Collegio in merito all'applicabilità dell'art. 26 del D.P.R. 917/86, invocato dall'Ufficio, secondo cui i contratti citati, "validi o non validi che si vogliano ritenere, sono inidonei ad esonerare la ricorrente-usufruttuaria delle unità immobiliari in esame dall'obbligo di indicare in dichiarazione i redditi percepiti a titolo di locazione sulle stesse unità immobiliari".

Si evidenziava, infatti, che l'art. 26 del D.P.R. 917/86 dispone che: "I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall'art. 33, per il periodo d'imposta in cui si è verificato il possesso. l redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare".

Secondo l'Ufficio, ciò che conta, dunque, non è l'effettiva percezione dei canoni, ma la titolarità del diritto reale sull'immobile, nella specie, l'usufrutto. L'appellante concludeva, quindi, chiedendo che decisione impugnata... di voler confermare la legittimità della pretesa tributaria nella misura di cui all' atto di accertamento impugnato, di cui si chiede totale conferma, con condanna della contribuente al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. Salvis juribus".

La parte contribuente non si costituiva nel giudizio di appello.

Si giungeva così all'udienza del 14.12.2020, che si svolgeva in camera di consiglio, al termine della quale veniva deliberato il dispositivo di sentenza in calce riportato.

Motivazione

Rileva questa Commissione come l'appello dell'Ufficio sia pienamente fondato.

Infatti, in primo luogo un contratto non registrato non può essere opposto a terzi se non munito di data certa e questa viene tipicamente fornita dalla registrazione dell'atto. Ciò in quanto una scrittura privata sprovvista di data certa ben potrebbe essere stata redatta in epoca diversa, magari proprio allo scopo di essere opposta a terzi creditori e nella specie all'Erario.

Peraltro, è esatta anche la seconda osservazione e cioè che i canoni di locazione sono imponibili a carico del titolare del diritto di proprietà o dell'usufruttuario a prescindere dalla loro effettiva percezione, ai sensi dell'art. 26 del D.P.R. 917/86 invocato dall'Ufficio.

L'equità di tale disposizione è -garantita dal secondo periodo dell'art. 26 comma 1, dove si prevede che "Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare".

Ne deriva che il canone di locazione deve essere sempre imputato ai fini delle imposte a chi ha il possesso per effetto di un diritto reale sull'immobile, salva la possibilità di vedersi riconoscere un corrispondente credito d'imposta, ma solo laddove vi sia stato un accertamento giudiziale del mancato adempimento conclusosi con convalida di sfratto per morosità. In tal senso vi sono state anche recenti pronunce della Suprema Corte, che hanno ulteriormente ribadito il principio legislativo (così da ultimo: Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 16981 del13/08/2020 in CED Cass. Rv. 658698-01 con riferimento all'ipotesi del pignoramento dell'immobile produttivo di canoni). Alla soccombenza deve seguire la condanna alle spese per entrambi gradi di giudizio, che - tenuto conto del valore di ciascuna delle cause in decisione -viene qui determinato nella misura complessiva di € 1.188,00 per il primo grado ed € 1.348,00 per il secondo).

PQM

La Commissione accoglie integralmente l'appello dell'Ufficio e condanna la parte contribuente alla rifusione delle spese processuali all'Ufficio per entrambi i gradi del giudizio, che determina nella misura complessiva di € 1.188,00 per il primo grado e di €. 1.348,00 per il secondo


 

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