REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MESSINA
– Sezione Lavoro –
in persona del giudice unico Valeria Totaro, all'udienza odierna ha pronunciato, mediante lettura contestuale del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 2916/2014 r.g. e vertente
tra
ISTITUTO NAZIONALE ASSISTENZA CITTADINI – PATRONATO INAC (c.f. 80009770837), con sede a Messina e ivi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Bernardo Campo, che ne ha la rappresentanza e difesa con l’avv. Enrico Scoccini per procura in atti,
ricorrente
e
INPS (c.f. 80078750587), con sede a Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Messina presso la sede dell’Avvocatura dell’ente, rappresentato e difeso dall’avv. Oliviero Atzeni per procura in atti,
RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. – Agente della riscossione per la provincia di Messina, già SERIT SICILIA s.p.a. (c.f. 00833920150), in persona del direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata a S. Agata Militello presso l’avv. Sonia Morgano, che la rappresenta e difende per procura in atti,
resistenti
oggetto: opposizione ad estratti di ruolo e cartelle di pagamento.

Svolgimento del processo

1.- Con ricorso depositato il 16 maggio 2014 l’ISTITUTO NAZIONALE ASSISTENZA CITTADINI – PATRONATO INAC sede di Messina, premesso di aver verificato tramite un accesso alla sede INPS di Messina e poi a quella del concessionario della riscossione l’esistenza di un presunto debito di 381.665,10 euro per mancato o inesatto versamento di contributi previdenziali aziende (DM10) anni 1998-2009, e di aver ottenuto copia dei relativi estratti di ruolo, ha chiesto di dichiarare e accertare l’intervenuta prescrizione del credito INPS di cui ai ruoli portati dalle cartelle n. 29520020077183301 e n. 29520030012518356; la nullità della notifica delle cartelle n. 29520040054347113, n. 29520050034956184, n. 29520060039954214, n. 2952007 0025402323, n. 29520080003706820, n. 29520080006309709, n. 29520080020080779, n. 29520090004985852, n. 29520090023727675, n. 29520100003323155, effettuata dalla RISCOSSIONE SICILIA S.p.a., e degli avvisi di addebito n. 59520120001835718 e n. 59520120002654320, effettuata direttamente dall’INPS, e la conseguente prescrizione del diritto dell’ente impositore di recuperare le somme indicate da tali titoli; in via gradata, ha chiesto di accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione dei relativi crediti in epoca successiva alla notifica delle cartelle e l’effetto l’insussistenza del debito.
Il concessionario della riscossione e l’Istituto previdenziale hanno resistito alla pretesa.

Motivazione

2.- Va respinta la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire, sollevata dalla RISCOSSIONE SICILIA s.p.a..
Come di recente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (v. da ultimo Cass. n. 29294/2019), in materia di riscossione di crediti previdenziali, l’impugnazione dell’estratto del ruolo è ammissibile ove, come nella specie, il contribuente deduca la mancata o invalida notifica della cartella, in funzione recuperatoria della tutela prevista dall’art. 24 del d.lgs. n. 46/1999, ovvero intenda far valere eventi estintivi del credito maturati successivamente alla notifica della cartella, in tal caso prospettando - sul piano dell’interesse ad agire - uno stato oggettivo di incertezza sull’esistenza del diritto (anche non preesistente al processo), non superabile se non con l’intervento del giudice.

3.- Nel merito, occorre anzitutto precisare che l’INPS ha dato atto nella memoria di costituzione che le cartelle n. 29520040054347113 e n. 29520050034956184, nonchè gli avvisi di addebito n. 59520120001835718 e n. 59520120002654320 risultano interamente azzerati e/o sgravati, e non ha contestato il pagamento della cartella n. 29520090023727675.
3.1.- Con riferimento ai restanti titoli, giova ricordare che, secondo il disposto di cui all’art. 3, comma 9, della legge n. 335/1995 e l’interpretazione datane dalla costante giurisprudenza di legittimità (v. da ultimo Cass. n. 13831/2015), i contributi e i premi assicurativi dovuti dai lavoratori e dai datori di lavoro si prescrivono in cinque anni a partire dal gennaio 1996, anche se maturati e scaduti in precedenza con la precisazione che per i contributi relativi a periodi precedenti l'entrata in vigore della legge (17 agosto 1995) la prescrizione resta decennale nel caso di atti interruttivi compiuti dagli enti previdenziali anteriormente al 31 dicembre 1995.
Nella specie deve quindi applicarsi il nuovo regime, trattandosi di crediti maturati negli anni 1998-2009.
Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dal concessionario, è ius receptum che la mancata impugnazione della cartella di pagamento nel termine di decadenza previsto dalla legge produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve - eventualmente previsto - in quello ordinario decennale, di cui all’art. 2953 c.c. (v. S.U. Cass. n. 23397/2016; sez. 6 ord. n. 11760/2019). Invero, la cartella notificata e non impugnata entro quaranta giorni non può essere assimilata a un titolo giudiziale, poiché l’incontestabilità del diritto di credito ivi contenuto non deriva da un provvedimento di natura giurisdizionale e non può, quindi, applicarsi a siffatto credito la prescrizione decennale in conformità a quanto previsto per l’actio iudicati.
Si premette ancora che secondo il più recente e condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 13335/2015, n. 18602/2013, n. 18250/2009, n. 16542/2010 e S.U. n. 4548/2014), cui si ritiene di dover prestare adesione, l’eccezione di interruzione della prescrizione integra una eccezione in senso lato e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti o acquisibili sulla base dei poteri istruttori esercitabili dal giudice ex art. 421 c.p.c.. e sollecitati dal materiale probatorio offerto dalle parti, al fine di superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti di causa o di già intervenute decadenze o preclusioni.
In virtù di tale ragionamento si è tenuto conto, al fine della verifica del decorso della prescrizione e della sussistenza di eventuali atti interruttivi, degli atti indicati seppur genericamente dall’INPS e prodotti in copia conforme dalla RISCOSSIONE SICILIA s.p.a., costituitasi tardivamente.

Ciò posto, l’eccezione di prescrizione maturata dopo la notifica delle cartelle, non opposte, ammissibile come detto nell'ambito di una opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., risulta fondata per alcune e rende superfluo l’esame delle ulteriori doglianze.
E’ pacifico che le cartelle n. 29520020077183301 e n. 29520030012518356 sono state regolarmente notificate presso la sede INAC di via Maddalena n. 13, is. 147 (“indirizzo accertato”) dall'Ufficiale di riscossione rispettivamente il 4.2.2003 e il 28.3.2003. Tuttavia nessun successivo atto interruttivo è stato allegato e prodotto né dall’INPS - unico soggetto passivamente legittimato relativamente a tale questione, quale titolare della pretesa sostanziale - nè dal concessionario della riscossione.
Quanto alle altre, dalla documentazione prodotta dall'Agente della riscossione emerge che:
- la cartella n. 29520060039954214 è stata notificata il 23.5.2007 ed è stata seguita da una intimazione di pagamento notificata solo il 20.5.2014, quindi oltre il quinquennio successivo (il che assorbe la questione della nullità delle suddette notifiche);
- la cartella n. 29520080003706820 è stata notificata il 2.8.2008 ed è stata seguita da una intimazione di pagamento notificata solo il 20.5.2014, quindi oltre il quinquennio successivo (il che assorbe la questione della nullità delle suddette notifiche);
- la cartella n. 29520080006309709 è stata notificata l’8.7.2008 ed è stata seguita da una intimazione di pagamento notificata solo il 14.10.2013, quindi oltre il quinquennio successivo (il che assorbe la questione della nullità delle suddette notifiche).
In ordine alla cartella n. 29520090004985852 non si rinviene in atti la prova della notifica (che secondo l’estratto prodotto dall’INPS sarebbe avvenuta il 29.8.2009 per irreperibilità assoluta).
Le cartelle n. 29520070025402323 (anno 1999) e n. 29520080020080779 (anno 2007, per la quale l’INPS ha precisato che residua un credito di soli 55,64 euro per sanzioni) sono state notificate all’INAC in Corso Cavour n. 206, mediante deposito presso il Comune per irreperibilità assoluta, rispettivamente l’11.3.2010 e il 5.5.2009.
Il ricorrente ha eccepito la nullità di tali notifiche – in quanto non effettuate secondo la procedura prevista per i casi di irreperibilità relativa ex art. 140 c.p.c., essendo noto all’INPS e al concessionario il trasferimento della sede in via Maddalena –, ma la doglianza risulta inammissibile, atteso che tutti i vizi formali avrebbero dovuto essere proposti con l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. (richiamato dall’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 46/1999), nel termine perentorio di venti giorni dalla ricezione del primo atto asseritamente conosciuto dal contribuente (v. Cass. Sez. lav. n. 25208/2009 e n. 18691/2008). Tale termine qui non è stato osservato, essendo stato l’estratto di ruolo acquisito il 15.11.2013 (come risulta dalla stampa prodotta dall’INAC) e il ricorso depositato il 16.5.2014.
E’ evidente, invece, che la prescrizione quinquennale non è maturata tra la notifica di queste due cartelle e la comunicazione dei ruoli.
In definitiva, alla luce della parziale estinzione per prescrizione, degli sgravi e dei pagamenti, rispetto agli iniziali 381.665,10 euro, il debito dell’INAC per contributi e somme aggiuntive anni 1998-2009 ammonta oggi a complessivi 1.668,96 euro.

4.- In merito alla regolamentazione delle spese occorre rilevare che legittimato passivo rispetto all'eccezione di prescrizione è l’INPS, quale titolare della pretesa sostanziale contestata, sebbene sia stata la negligente inerzia del concessionario della riscossione nell'avvio della procedura esecutiva di sua competenza a determinare l’estinzione del consistente diritto di credito vantato dall'ente previdenziale; è giusto quindi che entrambi i soggetti rispondano delle spese processuali nei confronti del ricorrente vittorioso in base al principio di causalità (v. Cass. ord. n. 24678/2018, sent. n. 15390/2018, n. 16425/2019 cit.). Tuttavia, va accolta la domanda di manleva formulata dall'ente ai danni della RISCOSSIONE SICILIA S.P.A..
Pertanto, tenuto conto per un verso della sensibile riduzione del credito accertato e per l’altro della controvertibilità delle questioni affrontate, fino ai più recenti arresti della Suprema Corte, è giusto compensare per un ottavo le spese del giudizio, mentre la restante parte segue la soccombenza e si liquida, considerati il valore e l’attività svolta, in 5.748 euro.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni ulteriore istanza disattesa:
1) dichiara che non sussiste in capo all’ISTITUTO NAZIONALE ASSISTENZA CITTADINI – PATRONATO INAC sede di Messina il preteso debito INPS di 381.665,10 euro a titolo di contributi previdenziali aziende anni 1998-2009, somme aggiuntive e interessi di mora, essendo dovuta la minor somma di 1.668,96 euro portata dalle cartelle n. 29520070025402323 e n. 29520080020080779;
2) condanna in solido l’INPS e la RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. a pagare sette ottavi delle spese processuali, liquidati in 5.748 euro, oltre spese generali, iva e cpa, compensando il resto; condanna, altresì, la RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. a rifondere l’INPS delle somme corrisposte al ricorrente per il suddetto titolo.
Messina, lì 14.2.2020
Il Giudice del lavoro
Valeria Totaro


 

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