REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta - Presidente -
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -
Dott. SCRIMA Antonietta - rel. Consigliere -
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9223-2013 proposto da:
L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA BORGHESE 3, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI PESCE, rappresentato e difeso dall'avvocato CANIGLIA CARLO con studio in BRINDISI, VIALE S.G. BOSCO 17 giusta procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
L.R., L.M.A.;
- intimati -
avverso la sentenza del 9 ottobre 2012 n. 792/2012 del TRIBUNALE di BRINDISI, R.G.N. 2642/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Brindisi, con sentenza del 9 ottobre 2012, ha rigettato l'appello proposto da L.M.A. e L.C. nei confronti di L.R. e avverso la sentenza del 5 ottobre 2006, con cui il Giudice di Pace di Brindisi aveva accolto la domanda proposta da L.R. nei confronti dei predetti suoi germani e volta alla condanna di questi ultimi al pagamento, in suo favore, ciascuno della somma di Euro 922,63, dai medesimi ricevuta, oltre che dall'istante, dalla Prefettura di Brindisi, quali eredi della madre S.S., a titolo di indennità di accompagnamento per la stessa. A fondamento della proposta domanda l'attrice aveva dedotto che le somme erogate dalla Prefettura in parti uguali tra i tre eredi sarebbero dovute spettare interamente a lei, unica ad aver provveduto all'assistenza morale e spirituale della madre, che aveva ospitato presso la sua abitazione sino al quando, nel 1996, non era deceduta mentre i convenuti, percependo e trattenendo i predetti importi, si erano arricchiti senza titolo e in suo danno.

Avverso la sentenza del Tribunale L.C. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, sulla base di un unico motivo.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Motivazione

1. Con l'unico motivo si lamenta "erronea e falsa applicazione dell'art. 2041 c.c., nonchè della L. n. 118 del 1971, art. 12, u.c. così come interpretato autenticamente dalla L. 13 dicembre 1986, n. 912, art. 1; dell'art. 112 c.p.c. e dell'art. 2909 c.c.; contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver il Tribunale ritenuto che correttamente il Giudice di pace, qualificandola quale domanda di arricchimento senza causa, avesse accolto la domanda attorea, sul rilievo che spettasse all'attrice l'intero importo liquidato dalla Prefettura a titolo di ratei dell'indennità di accompagnamento, in quanto tale indennità, finalizzata ad assicurare l'assistenza domestica dell'invalida, andava attribuita soltanto a L.R., avendo solo quest'ultima assicurato siffatta assistenza alla madre.
Il ricorrente, richiamando al riguardo la normativa di riferimento e la giurisprudenza di legittimità, assume che, "trattandosi di diritto proprio degli eredi, ovvero di diritto riconosciuto loro per legge", l'attribuzione delle somme in questione agli eredi dell'invalida non costituirebbe arricchimento senza causa e che la legge stessa escluderebbe che tali somme siano percepite esclusivamente dall'erede che si è fatto carico dell'assistenza dell'invalido.

1.1. Il motivo è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che "per il disposto della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, u.c. così come interpretato autenticamente dalla L. 13 dicembre 1986, n. 912, art. 1 gli eredi dell'invalido hanno diritto alle quote della pensione d'inabilità e dell'indennità di accompagnamento maturate dalla domanda amministrativa alla morte dell'invalido avvenuta in epoca anteriore all'accertamento dell'inabilità da parte della competente commissione provinciale. (C. Cost. 23 febbraio 1989 n. 61)" (Cass. 16/12/1995, n. 12879); è stato inoltre affermato che, "fermo restando che il credito inerente a prestazioni assistenziali dovute agli invalidi civili, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 196 del 1993, in applicazione di una regola analoga a quella dettata dall'art. 429 c.p.c., comma 3, è produttivo di interessi legali e di rivalutazione monetaria, qualora, peraltro, l'esistenza dei presupposti della prestazione venga accertata in epoca successiva alla morte dell'interessato o, comunque, la prestazione stessa venga liquidata non al diretto beneficiario, ma agli eredi, a questi ultimi, in relazione al periodo successivo al decesso del dante causa, venendo ormai in rilievo non già una situazione di assistenza sociale obbligatoria, bensì una tipica situazione successoria, non spetta la rivalutazione monetaria in base al predetto art. 429 cod. proc. civ., con la conseguenza che gli eredi che intendano ottenere, per detto periodo, il risarcimento del danno ulteriore ex art. 1224 c.c., comma 2, hanno l'onere di dedurre e provare il pregiudizio subito" (Cass. 29/03/2001, n. 4672; v. anche 27/10/1998, n. 10715).

Alla luce della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, risulta evidente che il diritto alle prestazioni assistenziali dovute agli invalidi civili nasce sulla base della domanda amministrativa e della sussistenza dei presupposti normativamente previsti e, facendo parte del patrimonio del titolare, a prescindere dal suo accertamento in sede amministrativa e o giudiziale, si trasmette per successione ereditaria anche in caso di morte dell'avente diritto antecedente all'accertamento dei presupposti; pertanto, sia nell'ipotesi appena ricordata, sia qualora le prestazioni in parola vengano comunque liquidate non al diretto interessato ma ai suoi eredi, viene in rilievo non una situazione di assistenza sociale obbligatoria bensì una tipica situazione successoria. Ne consegue che, nel caso di specie, sussiste il diritto degli eredi dell'invalida alla quota dell'indennità di accompagnamento liquidata in favore di ciascuno di essi, senza che possa ravvisarsi alcun arricchimento senza causa in relazione agli eredi che non abbiano provveduto all'assistenza della predetta.

2. Stante la fondatezza dell'unico motivo proposto, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Brindisi, in persona di diverso magistrato, che si uniformerà al principio di diritto che precede.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Brindisi, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2016


 

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