SENTENZA EX ART. 281 – SEXIES C.P.C.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANA
SEZIONE LAVORO
in composizione monocratica, nella persona del Magistrato ordinario Dott. Mario Fiorentino, in funzione di Giudice del Lavoro, nella causa civile iscritta al n. 5746/2009 R.G.L. avente ad oggetto disconoscimento rapporto di lavoro in agricoltura - iscrizione elenchi agricoltura, promossa da F. G. (con l'Avv. C. M.), contro INPS (con l'Avv. R. V.), emette la seguente sentenza, che costituisce parte integrante del verbale di udienza al quale viene allegata.

Motivazione

Con l'odierno ricorso (che deve intendersi, in questa sede, integralmente richiamato e trascritto), parte attrice ha agito in giudizio avverso il provvedimento di disconoscimento del rapporto di lavoro agricolo (e di contestuale cancellazione dagli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli subordinati) emesso dall'INPS (in atti) e relativo alle 88 giornate di lavoro dichiarate per l'anno 2005 alle dipendenze dell'impresa "La Solare di C. E.".
Allega di avere lavorato alle dipendenze della predetta impresa, con mansioni di "bracciante agricolo con lavori stagionali vari", in "terreno sito in provincia di Catania con orario di lavoro dalle ore 7,30 del mattino sino alle ore 16,30 circa della sera (con pausa pranzo di un'ora dalle 12,00 alle 13,00) dal lunedì al venerdì".
Deduce la violazione dell'art. 7, legge 241/1990, atteso che l'istituto non ha notificato alcun provvedimento di inizio del procedimento amministrativo a suo carico, nonchè la violazione dell'art. 3, comma 1, della medesima legge, attesa la genericità dell'istruttoria condotta dall'Istituto e la lacunosità delle ragioni poste a base del provvedimento impugnato, la tardività dell'esercizio del potere di annullamento in autotutela, in violazione dell'art. 1, comma 136, legge 30.12.2004 n. 311, secondo cui "al fine di conseguire risparmi e minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può essere disposto d'ufficio l'annullamento di provvedimenti amministrativi illegittimi anche se l'esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L'annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dell'eventuale pregiudizio patrimoniale derivante e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall'acquisizione di efficacia del provvedimento anche se la relativa esecuzione sia perdurante".
L'Istituto, che ha provveduto al disconoscimento (v. provvedimento in atti), si è costituito con memorie (che parimenti si intendono trascritte), con le quali ha eccepito la nullità del ricorso ex art. 14, comma 1 bis D.L. 669/1996, convertito in Legge 30/1997, così come modificato ex art. 44, comma 3, lett b), L.326/2003, per nullità della notifica dello stesso (non essendo stato notificato presso la struttura territoriale dell'Ente nella cui circoscrizione risiede l'attore, sita in Adrano), l'inammissibilità ed improcedibilità ex art. 443 c.p.c., per difetto della domanda amministrativa, l'inammissibilità per decadenza di cui all'art. 22, Legge 1983 del 1970, avendo parte ricorrente depositato il ricorso dopo l'inutile decorso del termine decadenziale previsto dalla predetta normativa, l'inammissibilità del ricorso per maturazione dei termini decadenziali previsti dall'art. 4 della legge 438 del 1992, l'infondatezza del ricorso.
Sotto tale ultimo profilo l'Istituto ha evidenziato che, a seguito del Verbale di Accertamento ispettivo del 29.11.2007, tempestivamente versato in atti insieme al deposito del fascicolo di parte, sono stati disconosciuti i rapporti di lavoro dichiarati dall'impresa indicata nel provvedimento di disconoscimento, a seguito delle anomalie rilevate dall'esame delle denunce trimestrali, dalle quali emergeva una crescita abnorme del fabbisogno aziendale di manodopera.
Ha pertanto chiesto il rigetto del ricorso.
All'odierna udienza le parti presenti hanno concluso come da verbale in atti e la causa è stata trattenuta per la decisione.

Preliminarmente, va dichiarata l'inammissibilità della odierna produzione documentale dell'INPS (nota del 29.11.2007 di trasmissione della relazione ispettiva alla Procura della Repubblica, a firma del dirigente Savelli), atteso che trattasi documentazione di formazione anteriore, peraltro in parte superflua, in quanto già tempestivamente depositata contestualmente alla memoria di costituzione (v. verbale di accertamento del 29.11.2007, tempestivamente depositato insieme alle memorie di costituzione).
Vanno parimenti esaminate in via preliminare le eccezioni dell'Inps.
L'eccezione di nullità ex art. 14, comma 1 bis D.L. 669/1996 appare infondata, tenuto conto che l'Istituto si è costituito in giudizio, sanando dunque eventuali nullità dell'atto, e che il provvedimento impugnato, emanato dalla Direzione provinciale di Catania, è stato notificato anche presso detta Sede, nell'ambito della cui circoscrizione provinciale risiede parte ricorrente, a nulla rilevando che la parte non abbia notificato presso la sede di Adrano (in quanto quest'ultima costituisce una mera Agenzia di produzione dell'Istituto).
L'eccezione di improcedibilità ex art. 443 c.p.c., per difetto della domanda amministrativa, appare infondata in quanto nel caso in esame si verte in materia di ricorso avverso il provvedimento di disconoscimento, avendo peraltro parte ricorrente azionato il ricorso amministrativo, per come indicato nel provvedimento di disconoscimento, prima della proposizione della domanda giudiziaria.
Anche l'eccezione di inammissibilità per decadenza di cui all'art. 22, Legge 1983 del 1970, appare infondata, avendo parte ricorrente promosso il presente procedimento prima del decorso del relativo termine.

Nel merito, anche alla luce degli indirizzi da tempo espressi da questo giudice (v., ex multis, Trib. Modica, sent. 5 novembre 2010, n. 201; nello stesso senso, 4 giugno 2010 n. 135), il ricorso risulta infondato e va rigettato per le ragioni che seguono.
Giova premettere che, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, in materia di disconoscimento, grava sul lavoratore l'onere di provare la sussistenza del rapporto ex art. 2094 c.c.
In tal senso, la Suprema Corte ha affermato che "L'iscrizione di un lavoratore nell'elenco dei lavoratori agricoli svolge una funzione di agevolazione probatoria che viene meno una volta che l'INPS, a seguito di un
controllo, disconosca l'esistenza del rapporto di lavoro ai fini previdenziali, esercitando una facoltà che trova conferma nell'art. 9 del D.Lgs. n. 375 del 1993; ne consegue che in tal caso il lavoratore ha l'onere di provare l'esistenza,la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto di carattere previdenziale fatto valere in giudizio"
(Cass., civ. sez. lav., 12 giugno 2000, n. 7995; Cass. Civ. sez. lav. 19 maggio 2003 n. 7845). Tali principi sono stati da ultimo ribaditi da Cass. Civ. sez. lav. 28 giugno 2011 n. 14296.
Ad avviso di questo Giudice, l'onere di prova gravante sul lavoratore presuppone, sul piano logico, un corrispondente onere di allegazione.
In particolare, a fronte del disconoscimento del rapporto di lavoro, appare necessario che l'attore, in ossequio all'art. 414 c.p.c., indichi, preliminarmente, e in maniera quanta più dettagliata possibile (per quanto compatibile con la natura del rapporto controverso), i caratteri tipici del rapporto di lavoro subordinato oggetto di disconoscimento e di cui chiede l'accertamento (ovvero degli altri rapporti che legittimano l'iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, cfr. per quanto concerne i rapporti di piccola colonia, Cass. Civ. sez. lav. 28 giugno 2011 n. 14296, cit.), dovendosi rilevare che il lavoro subordinato in agricoltura è pienamente e direttamente riconducibile al "tipo" legale, di cui all'art. 2094 c.c., del lavoro subordinato nell'impresa (Cass., civ. sez. lav., 20 marzo 2001 n. 3975).
Or, sotto questo profilo, il ricorso si manifesta particolarmente generico, non allegando con sufficiente dettaglio, in punto di fatto, i caratteri tipici della subordinazione, nè quegli elementi, c.d. "sintomatici", che consentano quantomeno di potere presumere la sussistenza di un siffatto tipo di rapporto (ad es., la predeterminazione di eventuali orari di lavoro, l'eventuale predeterminazione dei turni, l'eventuale sottoposizione del lavoratore al potere disciplinare del datore di lavoro in caso di mancata osservanza degli stessi, l'assenza di autonomia organizzativa del prestatore, etc.), limitandosi ad affermare che parte ricorrente ha lavorato per un certo numero di giornate, e per un certo numero di ore giornaliere, alle dipendenze dell'impresa indicata in atti, "in terreno sito in Provincia di Catania", che il ricorrente nemmeno è in grado di meglio rappresentare.
Tali carenze non possono essere colmate dal giudice, nemmeno facendo ricorso ai propri poteri d'ufficio, atteso che questi ultimi non possono essere utilizzati per sopperire alle carenze in punto di allegazione, "valendo il principio generale per cui il giudice - se può sopperire alla carenza di prova attraverso il ricorso alle presunzioni ed anche all'esplicazione dei poteri istruttori ufficiosi previsti dall'art. 421 cod. proc. Civ. - non può invece mai sopperire all'onere di allegazione che concerne sia l'oggetto della domanda, sia le circostanze in fatto su cui questa trova supporto" (Cass., civ., Sez. Unite, 24 marzo 2006, n. 6572, cit).
Ad avviso di questo giudice la rilevata carenza in punto di allegazioni – a fronte dello specifico disconoscimento operato dall'Istituto per insussistenza del rapporto - potrebbe giustificare, già di per sè la reiezione della domanda attorea, "dovendo il thema decidendum della controversia essere individuato, in ragione della prescrizione di cui ai n. 3 e 4 dell'art. 414 c.p.c. e della circolarità degli oneri di allegazione, di contestazione e di prova, in forma esauriente e chiara sulla base del solo atto introduttivo della lite", non potendo nemmeno "i documenti a esso allegati servire per supplire le carenze, stante la loro natura di mezzi di prova, volti come tali ad asseverare la veridicità e validità degli elementi di fatto e di diritto allegati in ricorso" (Cass. sez. lav. 28 maggio 2008 n. 13989).
A tal riguardo deve ricordarsi che la subordinazione si sostanzia in un vincolo di assoggettamento gerarchico consistente nella sottoposizione a direttive impartite dal datore di lavoro, in conformità alle esigenze aziendali (o datoriali) tali da inerire all'intrinseco svolgimento della prestazione e che l'elemento decisivo che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato dal lavoro autonomo è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro e il conseguente inserimento del lavoratore in modo stabile ed esclusivo nell'organizzazione aziendale (cfr. Cass., civ. sez. lav., 9/3/2009 n. 5645).
Pertanto, in punto di allegazione, ove la pane intenda dimostrare la sussistenza del rapporto subordinato, appare necessario che la stessa indichi in modo sufficientemente specifico quelle circostanze concrete, relative al rapporto per cui agisce in giudizio, che consentano di ritenere sufficientemente prospettati, in fatto, gli elementi tipici della subordinazione o quanto meno i c.d. elementi sintomatici della medesima.
Non appare sufficiente la mera generica allegazione di avere svolto attività lavorativa "alle dipendenze" di una determinata azienda o l'indicazione del numero di giorni lavorati o delle ore lavorate, posto che tali allegazioni – in specie per periodi di lavoro brevi (come nel caso che ci riguarda) - rivestono
carattere neutro (quando non meramente valutativo) e comunque non appaiono determinanti per sostenere, anche ove risultino provati, l'effettiva natura subordinata del rapporto.
Ne consegue che l'accertamento della sussistenza del rapporto di lavoro in agricoltura subordinato (necessaria per l'iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli subordinati e ai fini previdenziali invocati) appare precluso alla luce delle stesse allegazioni della parte, non avendo questa dedotto sufficienti elementi che consentano di configurare, già in astratto, la sussistenza di un siffatto rapporto (ovvero degli altri rapporti che consentono l'iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli).
Ma anche ove si ritenesse di potere superare tali rilievi, va evidenziato che nemmeno le prove acquisite nel corso del processo hanno potuto comprovare la sussistenza dei rapporti per cui è intervenuto il disconoscimento.
Innanzitutto, giova evidenziare l'inammissibilità delle prove orali dedotte, tenuto conto della genericità nonchè del carattere meramente valutativo delle circostanze formulate.
Non appare invero sufficiente dedurre che il ricorrente ha lavorato "alle dipendenze... ", atteso che tali deduzioni implicano un mero giudizio da parte del teste, mentre non recano alcun dato obiettivo, come tale concretamente verificabile, che consenta al giudice di effettuare le valutazioni che gli competono in materia di subordinazione.
Nemmeno la documentazione prodotta appare idonea a comprovare quanto reclamato in ricorso (parte attrice ha prodotto solo il Cud 2006), trattandosi di documentazione di formazione unilaterale, tenuto conto, peraltro, dell'inattendibilità degli atti provenienti dall'impresa ove la parte asserisce di avere svolto attività lavorativa, per le anomalie evidenziate nel verbale di accertamento in atti, nemmeno oggetto di generica contestazione da parte dell'attore.
Orbene, in generale, questo giudice ritiene che la documentazione di formazione unilaterale, anche se proveniente dal presunto datore di lavoro, abbia scarsa rilevanza nelle controversie previdenziali attinenti al disconoscimento del rapporto di lavoro, per assenza dei requisiti tipici della subordinazione o per ritenuta insussistenza dello stesso, laddove venga appunto contestato il carattere fittizio del rapporto o l'insussistenza o l'assenza dei contenuti tipici di cui all'art. 2094 c.c., essendo evidente che in tali casi la documentazione rilasciata dal datore può rivestire solamente carattere indiziario (cfr. Tra le tante, Cass. 10529/1996, nonchè Cass. 9290/2000), e risulta scarsamente attendibile, per il potenziale eventuale coinvolgimento (e/o per la potenziale eventuale complicità) del datore di lavoro all'opera simulatoria.
In tanto un rapporto può essere instaurato fittiziamente a scapito degli Istituti previdenziali, in quanto il datore di lavoro abbia concorso nell'attività simulatoria, attraverso il rilascio delle baste paga e degli altri modelli la cui redazione rientra nel suo esclusivo ambito di competenza.
Pertanto, nelle controversie in questione, in specie ove le allegazioni risultino particolarmente carenti, la prova dell'effettività del rapporto o dei caratteri tipici della subordinazione non può essere desunta esclusivamente dalla documentazione predetta, alla quale, per le ragioni sopra esposte, non può che riconoscersi assai modesta rilevanza probatoria.
Altrimenti opinando, si consegnerebbe al datore di lavoro, che concorra nell'illecita opera simulatoria ai danni dell'Ente, il potere di precostituire addirittura le prove per il riconoscimento del rapporto in sede giurisdizionale.
Nel caso di specie, peraltro, come si evince dal verbale di accertamento, diversi elementi depongono per l'inattendibilità della documentazione rilasciata dall'impresa ove parte ricorrente asserisce di avere prestato attività lavorativa: la mancata presentazione, presso l'Agenzia delle Entrate, di documentazione fiscale per gli anni 2004, 2005, nonostante l'impresa abbia dichiarato all'Istituto di avere erogato retribuzioni pari a euro 581.245,00 nell'anno 2004 e 218.265,00 nel 2005 e di avere assunto 161 lavoratori nel 2004 e 39 nel 2005; il mancato versamento di contributi previdenziali, per come tariffati alla luce delle stesse denunce presentate; il mancato riscontro degli eredi del titolare dell'impresa alla convocazione disposta dagli ispettori dell'istituto al fine di esaminare la documentazione fiscale e previdenziale; l'impossibilità di riscontrare, a causa della mancata produzione della documentazione richiesta, il volume di affari in relazione alle retribuzioni erogate e ai costi sostenuti; la giovane età dell'impresa, iscritta il 29.1.2004 (v. verbale accertamento del 29 novembre 2007, in atti).
Tali elementi fanno propendere per la fondatezza della testi sostenuta dall'Istituto circa la fittizietà dei rapporti di lavoro denunziati (v., nota Direzione regionale INPS del 29.11.2007, in atti), in quanto appare inverosimile che un'impresa, iscritta nel 2004, dichiari di avere erogato retribuzioni nel 2004 e nel 2005 e di avere assunto un rilevante numero di operai negli stessi anni (nelle misure sopra specificate), senza produrre alcuna documentazione fiscale presso l'Agenzia delle Entrate, senza versare contributi all'Istituto previdenziale, senza osservare la corretta tenuta dei registri e dei libri matricola, senza consentire alcun effettivo controllo sul volume degli affari in rapporto ai costi sostenuti.
In ogni modo, quanto emerge dal verbale di accertamento dell'Istituto rende del tutto inattendibile la documentazione rilasciata dal datore di lavoro (cud 2006), in quanto documentazione proveniente da impresa gestita in modo alquanto negligente e di dubbia effettiva sussistenza.
Peraltro, fa riflettere che la parte non abbia nemmeno prodotto copia del contratto di lavoro relativo al rapporto a tempo determinato, nè abbia motivato in alcun modo la mancata produzione dello stesso, nè abbia prodotto alcuna busta paga (v. indice ricorso e fascicolo di parte).
L'unico documento prodotto è costituito dal Cud ed appare del tutto insufficiente ai fini di causa.
In ogni modo, come già evidenziato, le rilevate carenze in punto di allegazione, non possono essere surrogate dalla documentazione prodotta, non potendo "i documenti ad esso allegati servire per supplirne le carenze, stante la loro natura di mezzi di prova, volti come tali ad asseverare la veridicità e validità degli elementi di fatto e di diritto allegati in ricorso" (Cass. Civ. Sez. lav. 28 maggio 2008 n. 13989)
Alla luce di quanta premesso, il ricorso appare infondato, non solo perchè privo di sufficienti allegazioni (e, ad avviso di questo decidente, già basterebbe per la reiezione dello stesso), ma anche perchè privo di idoneo corredo probatorio.
Per completezza, va evidenziato che non risultano conducenti alla materia i motivi dedotti da parte ricorrente, relativi alle presunte violazioni degli artt. 7, 3 legge 241 del 1990, nonchè dell'art. 1, comma 136, legge 20.12.2004 n. 311.
Quanto ai primi, si è già evidenziato come l'emissione di provvedimenti di disconoscimento costituisca una facoltà riconosciuta dall'ordinamento all'Istituto e che, in tal caso, è la parte tenuta a dimostrare la sussistenza degli elementi tipici del rapporto.
In ogni modo si osserva come la comunicazione del provvedimento di disconoscimento segna l'inizio del procedimento, in quanto solo a seguito dei ricorsi amministrativi previsti dall'ordinamento tale disconoscimento può dirsi definitivo.
Dunque risulta rispettata la finalità perseguita dall'art. 7 legge 241 cit.
Il provvedimento di disconoscimento, peraltro, appare motivato, atteso che esso specifica che lo stesso viene emanato a seguito di accertamenti ispettivi condotti dall'Istituto.
L'istruttoria condotta, come testimonia il verbale di accertamento, appare frutto di una disamina obiettiva e puntuale da parte degli ispettori.
Inoltre, si evidenzia che nessun legittimo e particolare affidamento può fondarsi sulla iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, tenuto conto che detta iscrizione costituisce un atto a contenuto vincolato, che consegue automaticamente alla presentazione delle dichiarazioni trimestrali rese dai datori di lavoro attraverso i modelli DMag/unico e simili.
Peraltro nel caso di specie il provvedimento di disconoscimento è intervenuto tempestivamente, se si considera che il rapporta di lavoro sarebbe intercorso nel 2005 (parte ricorrente nemmeno nè specifica i periodi di effettivo svolgimento), che gli accertamenti sono stati condotti nel 2007 (v. verbale di accertamento in atti) e che il provvedimento di disconoscimento è stato emanato nei primi mesi del 2009.
Non appare in ogni modo applicabile nel caso di specie il limite temporale di cui all'art. 1, comma 136, legge 30.12.2004 n. 311, atteso che tale norma fa riferimento a provvedimenti amministrativi espressione di potestà discrezionale (ancorchè tecnica) della P.A., emanati a seguito di apposita ponderazione da parte dell'amministrazione, che costituiscono atti presupposti di rapporti contrattuali o convenzionali stipulati dalla P.A. con soggetti privati (ad es., provvedimenti di aggiudicazione di appalti, etc.), mentre l'iscrizione nell'elenco dei lavoratori agricoli costituisce atto vincolato dell'Istituto, che sorge a seguito della mera proposizione della dichiarazione del datore di lavoro e che in ogni modo non dà luogo ad alcuno specifico rapporto od obbligo contrattuale o convenzionale da cui scaturiscano diritti soggettivi perfetti, tanto è vero che la mera iscrizione non costituisce elemento sufficiente ai fini del riconoscimento delle prestazioni previdenziali (Cass. civ. sez. lav. 5.6.2003 n. 9004; conf. 23.8.2004 n. 16585).
Alla luce di quanto premesso, il ricorso va rigettato.
Tenuto conto della complessità delle questioni affrontate, va disposta la compensazione delle spese processuali.

PQM

Il Tribunale di Catania, disattesa ogni ulteriore istanza, difesa o eccezione, così statuisce:
RIGETTA il ricorso;
COMPENSA le spese.
Così deciso e pubblicato, in Catania, il dì 11 luglio 2012
Il Giudice
Dott. Mario Fiorentino


 

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