Civile Ord. Sez. 6 Num. 14964 Anno 2017
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: IOFRIDA GIULIA
Data pubblicazione: 15/06/2017

ORDINANZA
sul ricorso 13048-2016 proposto da:
A. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CRESCENZIO 2, presso lo studio dell'avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PASQUALE RUSSO, FRANCESCO PADOVANI;
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- resistente -
avverso la sentenza n. 6093/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/04/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA

Svolgimento del processo

La A. srl propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 6093/35/2015, depositata in data 20/11/2015, con la quale - in controversia concernente l'impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiori IRES, IVA ed IRAP dovute in relazione all'anno
d'imposta 2003, a fronte del disconoscimento di fatture passive emesse dalla società T. S. srl, facente parte del Gruppo societario T., costituito, secondo l'Uffício, al solo scopo fraudolento di sottrarre materia imponibile mediante- emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti, utilizzando la contribuente A., - è stato dichiarato inammissibile ricorso per revocazione avverso decisione della CTR che, in
accoglimento dell'appello dell'Agenzia delle Entrate, aveva riformato la decisione di primo grado, favorevole alla contribuente.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l'adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la ricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Motivazione

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione, ex art.360 n. 4 c.p.c., degli artt. 395 n, 4 c.p.c. e 64 comma 1 d.lgs. 546/1992, avendo i giudici della CTR erroneamente ritenuto che non integrasse errore percettivo revocatorio l'infondata supposizione del fatto che la A. facesse parte del Gruppo T.

2. La censura è infondata.
L'errore revocatorio, previsto dall'art. 395, n. 4, cod. proc. civ., deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell'assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all'utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi.

Questa Corte (Cass. 17443/2008) ha chiarito che "l'errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell'art. 395, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall'art. 391-bis cod. proc. civ., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali".

Ancora è stato specificato da questa Corte (Cass. 22030/2013) che "il vizio con il quale si imputa alla sentenza un'erronea valutazione delle prove raccolte è, di per sé, incompatibile con l'errore di fatto, essendo ascrivibile non già ad un errore di percezione, ma ad un preteso errore di giudizio".

Nella specie, il convincimento dei giudici della CTR, nella sentenza oggetto di impugnazione per revocazione, circa il collegamento tra la A., "per il tramite del suo rappresentante legale", con il "principale collaboratore del gruppo T., di cui faceva parte la T. S. srl", coinvolta nella frode carosello, è frutto, indubbiamente, di una valutazione delle risultanze processuali, come correttamente ritenuto dai giudici della revocazione nella decisione impugnata.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v'è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l'intimata svolto attività difensiva. Ai sensi dell'art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.

PQM

La Corte respinge il ricorso.
Ai sensi dall'art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso, in Roma, il 5/04/2017.
Depositata in data 15.06.2017


 

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