REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo - Presidente -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:

D.B.P., domiciliato in Roma, via Crescenzio, 58, presso l'avv. DEL BUFALO MARIA LUISA, che lo rappresenta e difende come da mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
Unicredit Credit Management Bank s.p.a., domiciliata in Roma, via Givanni Pierluigi da Palestrina 19, presso l'avv. PAGLIARI MASSIMO, che la rappresenta e difende, come da mandato in calce al controricorso;
- controricorrente -
contro
Agenzia delle entrate, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato che per legge la rappresenta e difende;
- intimata -
avverso il decreto n. 2146/2012 della Corte d'appello di Roma, depositato il 19 marzo 2012;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;
udito il difensore del ricorrente, Raffaella Nardi per delega;
Udite le conclusioni del P.M., Dott. SALVATO Luigi, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con il decreto impugnato la Corte d'appello di Roma ha confermato il rigetto della richiesta di esdebitazione presentata il 28 gennaio 2010 da D.B.P. dopo la chiusura per definitiva ripartizione dell'attivo del suo fallimento in data 6 giugno 2009.
Hanno ritenuto ì giudici del merito che, benchè sussistano i requisiti soggettivi dell'esdebitazione, la domanda di D.B. P. non possa essere accolta, per "la (oltremodo esigua) percentuale dei crediti soddisfatti",
risultando il totale dei pagamenti effettuati "complessivamente pari a Euro 56.878,00, a fronte di un totale dei crediti ammessi al passivo di Euro 3.884.494,92", vantati per lo più "dal ceto chirografario e rimasti totalmente insoddisfatti". Sicchè non si può "ritenere verificato un adeguato bilanciamento di interessi tra le ragioni del reclamante e quelle del ceto creditorio".

Contro il decreto ha proposto ricorso per cassazione D.B. P. sulla base di tre motivi d'impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso l'Unicredit Credit Management Bank s.p.a.

Motivazione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione della L. Fall., art. 142, lamentando che i giudici del merito abbiano negato l'esdebitazione sulla base di valutazioni estranee al dettato normativo della L. Fall., art. 142, destinato in realtà a favorire il fallito onesto ma sfortunato, indipendentemente da qualsiasi accertamento sull'entità dei pagamenti ottenuti dai creditori concorsuali.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 12 preleggi, nella interpretazione della L. Fall., art. 142.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione della L. n. 80 del 2005, art. 1, comma 6, n. 13, in relazione all'art. 12 preleggi, lamentando che l'interpretazione della L. Fall., art. 142, proposta dai giudici del merito sia in contrasto con gli specifici criteri della legge delega per la riforma della disciplina del fallimento, cui era rimasta estranea qualsiasi esigenza di bilanciamento tra le ragioni del fallito e le ragioni del ceto creditorio.

2. Il ricorso è infondato.
La L. Fall., art. 142, prevede al secondo comma che "l'esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali".
Il riferimento alla "soddisfazione", almeno parziale, dei creditori concorsuali attribuisce evidentemente al giudice un ambito di valutazione discrezionale quanto alla portata effettivamente satisfattiva, almeno parziale, delle ripartizioni. E infatti la parzialità può essere riferita non solo al numero dei creditori soddisfatti, sul totale di quelli ammessi, ma anche alla percentuale di pagamento dei singoli crediti; con la conseguenza che si sconta una inevitabile valutazione appunto discrezionale sulla idoneità della percentuale ottenuta dai creditori.


Sicchè, chiamate a chiarire il significato di questa norma, le Sezioni unite hanno riconosciuto "sufficiente che, con i riparti almeno per una parte dei debiti esistenti, oggettivamente intesi, sia consentita al giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, una valutazione comparativa di tale consistenza rispetto a quanto complessivamente dovuto" (Cass., sez. un., 18 novembre 2011, n. 24214, m. 619470).

Non v' è dunque nell'interpretazione recepita dai giudici del merito alcuna violazione dei criteri dettati dall'art. 12 preleggi.

Quanto ai criteri della legge delega, essi indicano le condizioni minime per la disciplina della esdebitazione, non precludendo al legislatore di porre condizioni ulteriori nell'esercizio della delega per la disciplina del procedimento e dei presupposti del beneficio.
Sicchè non è ipotizzabile nè un eccesso di delega, peraltro neppure dedotto dal ricorrente, nè una preclusione al riconoscimento di poteri discrezionali del giudice ai fini dell'ammissione.
Si deve pertanto concludere con il rigetto del ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 7.200, di cui Euro 7.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2015.
Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2015


 

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