Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente proposto, la (Omissis) spa, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. (Omissis) e presso il suo studio elettivamente domiciliata, impugnava il rifiuto tacito di rimborso sull'istanza spedita con raccomandata A.R. e ricevuta dall'Agenzia delle entrate il 17 dicembre 2019, con cui la società aveva chiesto il rimborso di € 67.200,00, relativamente all'imposta ipotecarla afferente all’atto di permuta del 30 ottobre, 2019 a rogito Not. (Omissis) di Prato, Rep. 52.690, Racc. 27.412, con cui la società ricorrente aveva ceduto in permuta beni del valore di € 2.240.000,00 alla società (Omissis) s.r.l. Unipersonale, ricevendone in cambio, e allo stesso titolo di permuta, beni del valore di € 3.340.000,00.

La permuta era stata assoggettata alla seguente tassazione:
per i beni di valore € 2.240.000,00, ad € 200,0, per imposta fissa di regitstro, ad € 67.200,00, per imposta ipotecaria, ad € 32.400,00, per imposta catastale;
per i beni di valore di € 3.240.000,00, ad € 200,00, per imposta fissa di registro, ad € 97.400,00, per imposta ipotecaria, ad € 32.400,00, per imposta catastale .

La società ricorrente sosteneva che l'importo di € 67.200,00 per imposta ipotecaria sui beni di minor valore non fosse, tuttavia, dovuto, in quanto, l’art. 2 del D.lgs. 347 del 1990, che disciplina l'imposta ipotecaria, rimanda alle regole dell'imposta di registro, per cui andava applicata la previsione dell'art. 43, comma 1, lett. b), d.p.r. 131 del 1986, secondo cui la base imponibile è costituita "per le permute, salvo il disposto del comma 2 dell'art. 40, dal valore del bene che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta".
Disposizione che costituisce applicazione del più generale principio indicato all'art. 21, comma 2, d.p.r. n. 131 del 1986, secondo cui "se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa", quando non vi è dubbio che, nella permuta, le prestazioni dei permutanti sono avvinte l’un l’altra da un vincolo di necessaria derivazione strutturale.

La ricorrente faceva presente di conoscere l'orientamento espresso dall’Agenzia delle entrate nella circolare 2/E del 2014, sull'applicazione dell'imposta proporzionale ipotecaria per entrambi i trasferimenti dei beni oggetto di permuta, ma osservava che tale orientamento, oltre a vincolare, come noto, solamente l’Agenzia delle entrate, e non altri, era errato e palesemente in contrasto con la disciplina dell’imposta ipotecaria, perché basato su una norma, l'art. 11, comma 1, DPR n.633 del 1973, che riguarda, invece, l'IVA, con Disposizione giustificata dalle peculiarità di quell'imposta, perché presuppone che la tassazione dell'uscita del bene dal circuito dell'impresa, arte o professione, non possa essere determinata isolatamente, ma dipenda dalla tassazione dell'entrata del bene ceduto in tale circuito, posto che, se l'ingresso e la permanenza del bene in tale circuito hanno determinato una detrazione od una deduzione, è evidente che l'uscita debba rettificare tali detrazioni o deduzioni, determinando un'unica base imponibile influenzata dal transito del bene (o, in termini aziendalistici, dal contributo apportato dal bene) per tale circuito.

La società ricorrente chiedeva, pertanto, alla Commissione adita di ordinare alla parte pubblica resistente il rimborso, in favore della ricorrente, della somma di € 67.200,00 per i titoli e le causali indicate in ricorso, con gli interessi in misura di legge dal pagamento fino al soddisfo, e con la vittoria delle spese.

L'Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Prato, costituendosi ribadiva l'insussistenza dei presupposti del rimborso, posto che 1’art. 43, comma 1, lettera b), t.u. imposta di registro, non si applica agli atti di trasferimento soggetti, come nel caso, ad IVA. Ricordava, come precisato dalla Circolare n. 2/E del 2014, che l'invocato "principio dell'assorbimento" non opera per gli atti di trasferimento soggetti ad IVA, mentre trova applicazione l'articolo 11, comma 1 del DPT n. 633 del 1972, secondo cui "le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, vanno considerate come due distinte operazioni indipendenti l'una dall'altra, da assoggettare entrambe ad IVA, determinata sul valore normale dei beni oggetto dei trasferimenti", con la conseguenza che "nell'ipotesi di permuta di beni immobili, trovano applicazione l'imposta di registro nella misura fissa di euro 200 ciascuna due imposte ipotecarie nella misura fissa di 200 euro ciascuna, due imposte catastali nella misura fissa di 200 euro ciascuna, sempre che non si tratti di permute aventi ad oggetto beni immobili strumentali. In tale ultima ipotesi, infatti, ferma restando l'applicazione dell'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro, sono dovute le imposte ipotecaria e catastale nella misura proporzionale rispettivamente del 3% e dell'1 % per ciascun bene immobile", come appunto, si è verificato nel caso.

L'Agenzia delle entrate riteneva che non fosse neppure invocabile l'art. 21, t.u. registro, posto che, essendo la permuta dei beni immobili strumentali di cui si discute assoggettata ad IVA, in forza del cit. articolo 11, le due operazioni di cessione in permuta devono essere considerate distinte ed indipendenti .

L'Agenzia delle entrate chiedeva, pertanto, il rigetto del ricorso, con la vittoria delle spese. Fissata l'udienza di trattazione del merito la ricorrente depositava memoria con cui, in replica alle controdeduzioni dell'Ufficio, ancora ribadiva le proprie ragioni.
All'udienza, avendone fatto richiesta, intervenivano le parti, che illustravano ed insistevano nelle rispettive domande.

Motivazione

Visti gli atti, sentite le parti, la Commissione osserva che la permuta, come la vendita, costituisce un contratto di scambio caratterizzato da una causa unitaria (nella vendita prezzo contro cosa/diritto, nella permuta ( cosa/diritto contro cosa/diritto). In ambito tributario, l'incrocio delle prestazioni ti pico dei contratti di scambio, per la compravendita, conduce a valorizzare la "compera/vendita" della cosa, piuttosto che il
trasferimento del denaro, considerato neutro in quanto strettamente collegato all'unitarietà causale del meccanismo in cui il trasferimento del bene si realizza. Parimenti, per la permuta, sulla base della stessa logica, risulta lineare che essa sia colpita con l’imposta indiretta “unitariamente” anche se con riferimento al trasferimento del bene fiscalmente più rilevante, quanto al valore. In entrambi i casi, infatti, sarebbe del tutto incongruo scindere, ai fini della tassazione, i trasferimenti che concretano lo scambio, come se, per la compravendita, si volesse tassare sia il trasferimento della cosa e del diritto e sia il trasferimento del denaro, così, per la permuta, se si volessero tassare separatamente i due trasferimenti della cosa o del diritto.

Tale prospettiva sta precisamente alla base delle disposizioni sull’imposta di registro che valorizzano l'unitarietà dell'atto. Oltre all'art. 21, t.u. registro, per la permuta, è precisarne disposto dall'art. 43, comma 1, lett. b), che la base imponibile è costituita dal valore del bene che dà luogo all'applicazione della maggiore imposta” sì che l'imposta si calcola sulla base del valore di uno dei due beni oggetto di scambio, quello, appunto, di maggior valore.

Tale norma fa, peraltro, salvo il disposto dell'art. 40, comma 2, t.u. registro, secondo cui per le operazioni indicate nell'art. 11, d.p.r. n. 633 del 1972, "l'imposta si applica sulla cessione o prestazione non soggetta all'imposta sul valore aggiunto".
Questo significa che, nella relazione tra imposta di registro ed IVA, i due trasferimenti oggetto di permuta rilevano di per sé, scindendosi, di modo che, quando soltanto una delle due operazioni beni è soggetto a IVA, per esso si applica l'IVA, mentre, per l'altro si applica l'imposta di registro.
Tale fenomeno è correlato al fatto che, sempre quando si tratta di trasferimenti di beni soggetti ad IVA, l'IVA si applica su ciascun trasferimento, con analoga rilevanza autonoma di ciascuno di essi, soggetti entrambi ad IVA, come, infatti, dispone il cit. art. 11, al comma 1.

I trasferimenti oggetto di permuta rilevano, quindi, autonomamente in riferimento alla tassazione IVA. Aggiungendosi che, nel rapporto tra IVA e registro, in forza del principio di alternatività, quando vale la tassazione IVA su entrambe le correlate cessioni, l'imposta di registro è dovuta in misura fissa, come, infatti, è stato applicato nel caso.

Qui, invece, si tratta dell'imposta ipotecaria e, nella relazione tra l'imposta ipotecaria e l'IVA, le rrgole per la determinazione della base imponibile rimandano alla disciplina del registro, e non a quella dell'IVA, come precisamente disposto dall'art. 2, dlgs n. 347 del 1990.
Se, dunque, la circolare n.2/E del 2014, correttamente indica che "le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, vanno considerate come due distinte operazioni, indipendenti l'una dall'altra, da assoggettare entrambe ad IVA determinata sul valore normale dei beni oggetto dei trasferimenti", posto che, come visto, la disciplina IVA impone di scindere le due operazioni, non appare, invece, corretta la pretesa di utilizzare tale criterio anche per l'imposta ipotecaria, là dove si sostiene che tale imposta sarebbe dovuta su entrambi i trasferimenti in misura proporzionale da calcolare sul valore dei beni oggetto di permuta, proprio perché la scissione dei relativi trasferimenti rileva, come precisamente disposto dall'art. 11, d.p.r. n. 633 del 1972, ai fini IVA, e non per l'imposta ipotecaria. Non è, infatti, dato rinvenire nell'argomentazione contenuta nella Circolare l'indicazione di quale sarebbe il dato normativo che consentirebbe di applicare la scissione dei trasferimenti oggetto di permuta al di fuori della specifica disciplina IVA delineata dall'art. 11, d.p.r. n. 633 del 1972, e, in particolare, per l'imposta ipotecaria. Rilevando come, per l'imposta catastale, l'assoggettamento alla relativa imposta per tutti e due reciproci trasferimenti viene giustificata sotto tutt’altro profilo, ovvero l'essere entrambi soggetti a voltura.

Per l'imposta ipotecaria, dunque, occorre riferirsi, alle regole del t.u. registro, a cui la disciplina del d.lgs. n. 347 del 1990 rimanda, e, in particolare, a quanto disposto dall'art. 43, lett. B) come, peraltro, già in precedenza ritenuto dalla stessa Agenzia delle Entrate, con la Circolare 13 febbraio 2007, n. 8, in cui, infatti si evidenziava che "il presupposto per l'applicazione dell'imposta ipotecaria è la formalità della trascrizione"' che è unica anche con riferimento al negozio giuridico della permuta di beni immobili", e, sulla stessa linea interpretativa, con la successiva Circolare 29 maggio 2013 n. 18.

L'imposta ipotecaria dovuta è, dunque, quella calcolata sui beni oggetto di permuta di maggior valore, per cui l'importo di € 67.200,00 non risulta dovuto. Il ricorso va, pertanto, accolto e l'Agenzia delle entrate dovrà rimborsare detto importo alla società ricorrente, con interessi dal pagamento fino al saldo.

Quanto alle spese, vista la peculiarità della vicenda, su cui non risultano precedenti da parte della Suprema Corte e sono difformi le interpretazioni dei giudici di merito, ricorrono i motivi normativamente previsti per la loro compensazione.

PQM

La Commissione tributaria provinciale di Prato, sez. I, accoglie il ricorso, annulla il diniego impugnato e condanna l'Agenzia delle entrate a effettuare il richiesto rimborso. Spese compensate.
Prato, 26 ottobre 2020.


Scarica copia del provvedimento: CTP PRATO Sentenza n.103.2020

 

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