REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo - Presidente -
Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere -
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere -
Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17614-2013 proposto da:
FEUDI DELLA MEDUSA SOCIETA' AGRICOLA S.R.L. , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso l'avvocato PAPPALARDO FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato RACUGNO GABRIELE, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO FEUDI DELLA MEDUSA SOCIETA' AGRICOLA S.R.L., in persona del Curatore dott. Z.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 7, presso l'avvocato ALTIERI GIORGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato DEMURO STEFANO, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
contro
TNT GLOBAL EXPRESS S.P.A.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 31/2013 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositata il 10/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/10/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato FRANCESCO PAPPALARDO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato STEFANO DEMURO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Motivazione

1.- Il tribunale di Cagliari, con sentenza del 17 gennaio 2013, su istanza di TNT Global Express S.p.A. ha dichiarato il fallimento di "Feudi della Medusa società agricola s.r.l.", avendo ritenuto sussistenti i presupposti di cui alla L. Fall., artt. 1 e 15, nel testo in vigore dal 1 gennaio 2008.
Il tribunale ha dato atto che un primo creditore, la Puxeddu Trasporti S.r.l., aveva depositato istanza di desistenza; mentre un secondo non era stato soddisfatto, nonostante la concessione di un congruo termine per l'adempimento. Lo stato di insolvenza si poteva dedurre dalla presenza di numerosi protesti per gli anni 2011 e 2012 per un ammontare complessivo superiore a 150.000,00 Euro.

Contro la sentenza di primo grado la società fallita ha proposto reclamo deducendo di essere soggetto non fallibile in quanto imprenditore agricolo e di non essere in stato di insolvenza.
Con la sentenza impugnata (depositata il 10.6.2013) la Corte di appello di Cagliari ha rigettato il reclamo. In relazione alla L. Fall., art. 1, la Corte di merito ha escluso che l'attività svolta dalla fallita fosse inquadrabile nell'agriturismo di cui all'art. 2135 c.c. e alla L. n. 96 del 2006. Ha ritenuto sussistente, poi, lo stato di insolvenza.

Contro la sentenza di appello la società fallita ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la curatela fallimentare intimata.
Nel termine di cui all'art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha depositato memoria.

2.- La Corte rileva preliminarmente l'inammissibilità della produzione documentale eseguita dalla società ricorrente il 22.10.2014, produzione non consentita dall'art. 372 c.p.c.
2.1.- Con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2135 c.c., L. Fall., art. 1, e L. n. 96 del 2006, art. 2); nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 4) nonchè omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5. Deduce che la società ha ad oggetto la produzione agricola con particolare riferimento al settore vitivinicolo e olivicolo, la trasformazione dei prodotti agricoli, la loro conservazione, la loro commercializzazione sul mercato nazionale e internazionale e la vendita al dettaglio o diretta oltre alle connesse attività agrituristiche, di turismo rurale e di ricezione, meramente strumentali ed accessorie rispetto all'esercizio della principale attività agricola, come attestato dalla destinazione degli investimenti quasi integralmente alle attività agricole (78%), con costi del 92% del totale per quella vitivinicola.
Lamenta che l'interpretazione dell'art. 2135 c.c. accolta dai giudici del merito sia in contrasto con la giurisprudenza di questa corte (n. 24995/2010), la quale ha escluso che al fine dell'individuazione dell'impresa commerciale abbiano rilievo parametri di natura quantitativa.
Deduce che gli immobili destinati ad agriturismo erano preesistenti sul fondo ed erano stati soltanto ristrutturati.

2.2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c.; nullità della sentenza e del procedimento nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
Lamenta che la corte di merito abbia totalmente omesso di valutare gli elementi probatori (bilanci e altre prove documentali) attribuendo valenza decisiva ad una presunzione "ipotetica" secondo cui in ragione dell'assunto lussuoso arredamento l'investimento per la realizzazione della parte recettiva "deve essere stato assai maggiore rispetto a quello dell'attività agricola tout court".

2.3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 6, e art. 99 c.p.c., nullità del procedimento e della sentenza nonchè omesso esame di fatto decisivo, lamentando che sia stato dichiarato il fallimento (con sentenza depositata il 17.1.2013) nonostante che all'udienza del 15.1.2013 le parti avessero chiesto congiuntamente un rinvio per l'esistenza di trattative in corso e che l'accordo perfezionato fosse stato adempiuto con il pagamento di Euro 18.500,00 in data 18.1.2013, al quale aveva fatto seguito, il 23.1.2013, il deposito della desistenza da parte dell'unico creditore istante, TNT GLOBAL EXPRESS s.p.a.
Quest'ultimo, non insistendo nel proprio ricorso in occasione dell'udienza del 15.1.2013 e chiedendo termine per perfezionare l'accordo raggiunto, ha manifestato un comportamento incompatibile con la volontà di chiedere la dichiarazione di fallimento e il giudice avrebbe deciso ultra petita e in violazione della L. Fall., art. 6, e art. 99 c.p.c..

2.4.- Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 5, nonchè nullità della sentenza e del procedimento. Deduce che la corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto sussistente lo stato di insolvenza, peraltro includendo fra i debiti della società anche l'intero ammontare del finanziamento contratto con MPS, di Euro 7.500.000,00, a fronte di un credito esigibile di Euro 677.480,00, nonchè l'importo relativo a decreti ingiuntivi opposti concernenti crediti che, in sede di accertamento del passivo, non sono stati ammessi. I debiti verso fornitori erano dovuti a disordine contabile e sono stati da tempo definiti (dopo il dissequestro dei libri contabili) e la corte di merito non ha valutato i bilanci depositati.

2.5.- Con l'ultimo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4 e nullità della sentenza ex art. 156 c.p.c., commi 1 e 2, per difetto dei requisiti formali, contenendo la sentenza solo una motivazione apparente.

3.- Il nucleo della motivazione della sentenza impugnata è il seguente:
la struttura destinata alla ospitalità in esame non presenti affatto quelle caratteristiche di stretta connessione con l'attività agricola tale da far escludere la fallibilità della Feudi della Medusa società agricola S.r.l.
Si tratta infatti di una struttura di rilevanti dimensioni che mette conto essere partitamente descritta, partendo dalla definizione contenuta nei documenti prodotti: trattasi di un resort a cinque stelle di gran lusso, con annessa SPA e due piscine. Vi sono i seguenti ambienti: un salone denominato ____ di 550 mq; un ristorante chiamato ____, ove opera un'equipe composta da uno Chef coadiuvato da uno staff, in cui vengono servite pietanze assai raffinate, come può dedursi dall'esame del relativo menù in atti, assai poco consone al menù di un agriturismo; una sala congressi di mq. 152; una biblioteca di 120 mq; una champagnerie di 78 mq.; il c. d. tempio del vino di 660 mq.; il terrazzo ____ di 860 mq.; il terrazzo ____ di 1230 mq.; il terrazzo ______ di 300 mq.; il terrazzo ______ di 208 mq.: il giardino _____ di 1000 mq. ed il terrazzo cantina _____ di 600 mq.
Vi sono poi "10 magnifiche suite, molto spaziose e raffinate", arredate con estremo lusso, come può dedursi dall'esame dei documenti in atti, destinate all'ospitalità dei clienti.

Ritiene la Corte che tale tipologia di accoglienza sia quanto di più lontano dal concetto di agriturismo, connotato da una sorta di frugalità e semplicità, dovendosi poi escludere qualsiasi connessione con l'attività di coltivazione della vite, se si esclude l'utilizzo di locali destinati alla degustazione dei vini prodotti nell'azienda de qua.

3.1.- All'esame dei motivi va premesso che, secondo le Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, n. 8053/2014), l'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ratione temporis), introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Invero, la riformulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione.

4.- Alla luce di tali premesse, dunque, le censure motivazionali formulate dalla ricorrente sono inammissibili nella parte in cui pretendono una diversa lettura degli atti e una diversa valutazione degli elementi probatori così come quando denunciano l'omesso esame di documenti (bilanci) semplicemente per trarne una diversa conclusione quanto al requisito della prevalenza dell'attività agricola, nel mentre la Corte di merito - con motivazione esente da palesi vizi logici - ha escluso la connessione dell'attività di ricezione e ristorazione con quella agricola. Così correttamente applicando i principi enunciati in materia da questa Corte, secondo cui l'inquadramento dell'attività agrituristica (già disciplinata con la L. n. 730 del 1985, poi con il D.Lgs. n. 228 del 2001 ed interamente regolamentata di nuovo con la più recente L. n. 96 del 2006) in quella agricola è subordinato alla condizione che l'utilizzazione dell'azienda agricola a fine di agriturismo sia caratterizzata da un rapporto di complementarità rispetto all'attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento del bestiame, che deve comunque rimanere principale (ovvero - secondo la dizione dell'attuale L. 20 febbraio 2006, n. 96 - "prevalente") (Sez. 3, Sentenza n. 8851 del 13/04/2007).

D'altra parte l'art. 2135 c.c., comma 3 dispone che si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette ... alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
L'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata è agevolata dalla L. n. 96 del 2006, art. 5, comma 6, nel senso che per gli edifici e i manufatti destinati all'esercizio dell'attività agrituristica la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche è assicurata con opere provvisionali.

Va, dunque, confermata continuità all'indirizzo di questa Corte secondo il quale l'indagine sulla natura, commerciale o agricola, di un'impresa agrituristica, ai fini della sua assoggettabilità a fallimento, ai sensi della L. Fall., art. 1, va condotta sulla base di criteri uniformi valevoli per l'intero territorio nazionale, e non già sulla base di criteri valutativi evincibili dalle singole leggi regionali, che possono fungere solo da supporto interpretativo.

L'apprezzamento, in concreto, della ricorrenza dei requisiti di connessione tra attività agrituristiche ed attività agricole, nonchè della prevalenza di queste ultime rispetto alle prime, va condotto alla luce dell'art. 2135 c.c., comma 3, integrato dalle previsioni della L. 20 febbraio 2006, n. 96 sulla disciplina dell'agriturismo, tenuto conto che quest'ultima costituisce un'attività para-alberghiera, che non si sostanzia nella mera somministrazione di pasti e bevande, onde la verifica della sua connessione con l'attività agricola non può esaurirsi nell'accertamento dell'utilizzo prevalente di materie prime ottenute dalla coltivazione del fondo e va, piuttosto, compiuta avuto riguardo all'uso, nel suo esercizio, di dotazioni (quali i locali adibiti alla ricezione degli ospiti) e di ulteriori risorse (sia tecniche che umane) dell'azienda, che sono normalmente impiegate nell'attività agricola (Sez. 1, Sentenza n. 8690 del 10/04/2013).

D'altra parte, la L. n. 96 del 2006, art. 3, comma 3, dispone che i locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali e sarebbe del tutto antinomico assimilare a queste un resort a cinque stelle.
Talchè sono infondate le violazioni di norme di diritto denunciate con il primo motivo mentre sono inammissibili le censure ex art. 360 c.p.c., n. 5, denunciate con il secondo motivo.

5.- Quanto al terzo motivo, le censure - prima che infondate (posto che la desistenza è stata depositata dopo il deposito della sentenza dichiarativa di fallimento) -sono inammissibili, non risultando esse prospettate con il reclamo, giusta risulta dalla sentenza impugnata e non avendo la ricorrente precisato luogo e modalità di deduzione nel merito del relativo motivo.

Del pari inammissibili sono il quarto e il quinto motivo.
Quest'ultimo per l'assoluta genericità, quello concernente lo stato di insolvenza, invece, perchè veicola censure in fatto non deducibili in sede di legittimità.

6.- Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità - nella misura liquidata in dispositivo - seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese forfettarie (15%) come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 ottobre 2014.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2015


 

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