REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA
SEZIONE LAVORO
composta dai Magistrati:
Dott. Concetta Maiore Presidente
Dott. Maria Clara Sali Consigliere
Dott. Enrico Rao Consigliere rel.
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 823/2016 R.G.
tra
RISCOSSIONE SICILIA s.p.a. (cf: 00833920150), già SERIT SICILIA s.p.a., rappr. e difesa, per procura in calce all’atto di appello, dall’avv. P. C.;
appellante
e
C. G. rappresentata e difesa, per procura in calce alla memoria di costituzione, dall’avv. Orazio Esposito;
appellata
e
INAIL – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul lavoro (cf: 01165400589), rappresentato e difeso, per mandato generale alle liti, dall’avv. M. Gigliola Marino.
appellato
All’udienza di discussione del 7.02.2019, sulle conclusioni delle parti, come in atti, la causa era decisa tramite lettura del dispositivo.

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’1.04.2016 il Tribunale di Catania, in accoglimento del ricorso in opposizione proposto da C. G. in data 25.01.2011, dichiarava estinto per prescrizione il credito per premi Inail riferiti agli anni 2001 e 2002, e relative somme aggiuntive, portato dalla cartella di pagamento n. 293 2003 0017157 35, disponendo la riduzione in parte qua dell’iscrizione ipotecaria effettuata sui beni immobili della ricorrente da Riscossione Sicilia s.p.a.
Per il primo giudice era infatti maturata, alla data di comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria (16.12.2010), la prescrizione successiva alla notifica della cartella (avvenuta il 2.09.2003), da ritenersi soggetta al medesimo termine
quinquennale previsto dalla l. 335/1995, essendo peraltro inammissibile la documentazione prodotta dall’agente della riscossione, costituitosi tardivamente in giudizio, volta a sostenere l’interruzione del termine prescrizionale.


Appellava la sentenza Riscossione Sicilia s.p.a., con atto del 22 settembre 2016, cui resisteva la C.
Si costituiva altresì l’Inail, aderendo alle ragioni di gravame dell’agente della riscossione ed eccependo comunque il difetto di legittimazione quanto al procedimento di riscossione.

All'udienza di discussione del 7 febbraio 2019 la causa veniva decisa come da separato dispositivo, in calce trascritto.

Motivazione

1.) Con un primo motivo di impugnazione, Riscossione Sicilia s.p.a. censura la sentenza (qui in sintesi) per non aver ritenuto inammissibile il ricorso di primo grado con riferimento all'eccezione - poi accolta - di intervenuta prescrizione
successiva alla notifica della cartella di pagamento, che il tribunale ha qualificato quale opposizione all’esecuzione, ma che, invece, integra una eccezione di merito soggetta al termine di decadenza di cui all’art. 24 d.lgs. n. 46 del 1999, termine, nella fattispecie, non rispettato.
Con altro motivo, censura la sentenza per aver ritenuto applicabile, nel caso di specie, il termine di prescrizione quinquennale previsto dalla l. 335/1995, laddove invece i crediti oggetto di cartelle notificate, ma non opposte nei termini di legge, sono soggetti al termine ordinario di prescrizione decennale, così come avviene per i crediti portati dalle sentenze di condanna passate in giudicato, ex art. 2953 c.c.
Con un terzo motivo, lamenta che ha errato il giudice a ritenere non documentata l’esistenza di atti interruttivi della prescrizione successivi alla notifica della cartella e, segnatamente, a ritenere inammissibili, in relazione alla propria tardiva costituzione in giudizio, i documenti prodotti in primo grado, ossia l’interrogazione partite del 16.03.2012, allegata all’estratto di ruolo, dalla quale risultano gli sgravi intervenuti in data 27.1.2005 e 13.9.2007. Soggiunge che tale documentazione è rilevante ai fini della decisione per la “possibilità di considerare tali sgravi dotati di efficacia interruttiva della prescrizione” - rilevabile d’ufficio - e la relativa istanza quale atto di riconoscimento ex art. 2944 c.c.
Con un quarto motivo, infine, censura in ogni caso la sentenza per aver ritenuto che alle somme aggiuntive richieste in cartella si applichi il termine di prescrizione quinquennale previsto dalla legge n.335 del 1995 per le obbligazioni contributive di riferimento, anziché l’ordinario termine di prescrizione decennale.

2.) Le doglianze, sopra sinteticamente riassunte, non sono meritevoli di accoglimento.
Il primo motivo di gravame risulta fondato su argomenti - oltre che smentiti dalla costante giurisprudenza di legittimità - palesemente viziati sul piano logico, dal momento che, ove l’eccezione di prescrizione successiva alla notifica della
cartella esattoriale di pagamento fosse, come in assunto, essa pure soggetta al termine di decadenza di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n.46/1999 (termine, si rammenta, decorrente “dalla notifica della cartella di pagamento”), essa allora non sarebbe mai - per definizione - concretamente spendibile (e sarebbe inutile interrogarsi sulla durata, quinquennale o decennale, della relativa durata).

D’altra parte è vero, piuttosto che, attenendo ad un fatto estintivo sopravvenuto alla formazione e notifica del titolo esecutivo (la cartella, appunto), detta eccezione integra motivo di opposizione all'esecuzione, ex art. 615 c.p.c., notoriamente non soggetto ad alcun termine di decadenza.
In tal senso la Cassazione ripetutamente (vedasi tra le altre SU 23397/2016, nonché sentenze n. 5060/2016, n. 4338/2014) ha affermato il principio secondo cui, nel caso di mancata, tempestiva, proposizione di opposizione a cartella esattoriale, la pretesa contributiva previdenziale ad essa sottesa diviene intangibile e non più soggetta ad estinzione per prescrizione, producendosi l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo, potendosi tuttavia prescrivere il diritto alla esecuzione coattiva del titolo, ormai definitivamente formatosi.

3.) Va, poi, ulteriormente rilevato, con riferimento al secondo motivo di appello, che - in aderenza al principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza n. 23397 del 17/11/2016 citata ed in seguito costantemente ribadito dal giudice di legittimità - la prescrizione successiva alla notifica della cartella di pagamento, è soggetta non già - come preteso dall'appellante - al termine decennale previsto dall'art. 2953 cod. civ., bensì a quello quinquennale, previsto dall'art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995.
Ciò in quanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo, derivante dalla mancata opposizione alla cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, non determina anche la cd. "conversione" del
termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l'art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c. , tale ultima disposizione applicandosi soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (in termini, Cass. SU citata).

4.) Il terzo motivo appare inconsistente.
In disparte che il primo giudice, nel ritenere inammissibile - in relazione alla tardiva costituzione in giudizio - la produzione documentale effettuata dall'odierna appellante in primo grado, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui l’omessa indicazione negli atti introduttivi del giudizio dei documenti e l’omesso contestuale deposito degli stessi determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, salvo che tale produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall'evolversi della vicenda processuale (Cass. S.U. n.8202 del 20.04.2005), non si comprende, in ogni caso, la rilevanza, ai fini della decisione, di detta documentazione, costituita da meri atti interni dell’agente di riscossione, peraltro successivi alla maturazione della prescrizione, quali la “interrogazione partite” del 16.03.2012 e l’allegato estratto di ruolo.
Ed infatti, fermo restando che - diversamente da quanto in assunto - i provvedimenti di sgravio parziale, di per sé, non possono avere alcuna efficacia interruttiva della prescrizione delle residue somme ancora dovute (ai quali fini
occorre sempre l’espressa richiesta di pagamento al debitore),
è decisivo rilevare che non risultano in ogni caso prodotti in atti né i provvedimenti di sgravio in questione, né le relative comunicazioni all’appellata, né infine le eventuali relative istanze dell’interessata.

5.) Da ultimo, il quarto motivo di gravame, volto a sostenere la prescrizione decennale delle somme aggiuntive, richiama precedenti giurisprudenziali (in part. Cass. n. 18148/2006) smentiti dalla successiva giurisprudenza di legittimità, tra queste Cass. n. 2620 del 2012, secondo cui il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione accessoria ex lege, ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura giuridica della obbligazione principale e deve essere assoggettato al medesimo regime prescrizionale dei contributi cui inerisce.
In proposito poi le Sezioni Unite n. 5076 del 13/03/2015, hanno evidenziato che “vi è, quindi, tra la sanzione civile di cui trattasi e l'omissione contributiva, cui la sanzione civile inerisce, un vincolo di dipendenza funzionale che in quanto
contrassegnato dall'automatismo della sanzione civile rispetto all'omesso o ritardato pagamento incide, non solo geneticamente sul rapporto dell'una rispetto all'altra, ma conserva questo suo legame di automaticità funzionale anche dopo l'irrogazione della sanzione, sì che le vicende che attengono all'omesso o ritardato pagamento dei contributi non possono non riguardare, proprio per il rilevato legame di automaticità funzionale, anche le somme aggiuntive che, come detto, sorgendo automaticamente alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito contributivo rimangono a questo debito continuativamente collegate in via giuridica”.
Questo Collegio ritiene di dover aderire all’orientamento da ultimo citato, anche considerato che l’ordinamento non può avere - oggettivamente - interesse a sanzionare l’omesso adempimento dell'obbligazione contributiva, quando è ormai
decorso il termine di prescrizione oltre il quale il contribuente non potrà più essere chiamato ad eseguire la stessa prestazione principale (e, quindi, quando ormai risulta, per legge, sacrificato lo stesso interesse alla costituzione presso l'ente gestore della provvista necessaria all'erogazione delle prestazioni previdenziali e assistenziali).

6.) In definitiva, il gravame va respinto, con la condanna dell’appellante al pagamento in favore della C. delle spese del presente grado, liquidate applicati i parametri previsti dal DM 55/2014, in ragione del valore della controversia indicato dall'appellante medesima, nonché distratte in favore del difensore, come da richiesta.
Spese compensate tra l’appellante e l’Inail, il quale ha aderito alle ragioni della impugnazione.
Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti, richiesti dall'art 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, per il versamento, da parte dell’appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello.

PQM

LA CORTE D'APPELLO
definitivamente pronunciando:
rigetta l’appello;
condanna parte appellante al pagamento in favore di C. G. delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in €.1.500,00, oltre rimborso 15% spese generali, Iva e Cpa come per legge, con distrazione in favore del difensore;
compensa le spese del grado tra le restanti parti;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte appellante dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso di appello a norma dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Catania, nella Camera di Consiglio del 7 febbraio 2019.
Il Consigliere estensore Il Presidente
(dott. Enrico Rao) (dott.ssa Concetta Maiore)


 

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